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Capitolo 4 - Gran Fermento a Rovotorto [Revisionato SENZA ILLUSTRAZIONI]

Un Gurubashi, tutto felice, passeggiava sulla strada per Rovotorto.

Aveva sul fianco la sua amata mazza chiodata che riposava dalla buona caccia.

In realtà, non aveva avuto neanche tanto bisogno di usarla.

La manona destra teneva saldamente i piedi legati della preda numero uno: un Cavaliere, che dopo aver ricevuto mazzate e umiliazioni, era stato legato e adesso veniva trascinato per i piedi sulla strada. Una strada tortuosa e piena di pietre appuntite, di rovi e di escrementi di animali.

Il Cavaliere commentava il trattamento con insulti e bestemmie varie.

Sulla spalla sinistra, la preda numero due: una principessa vestita da cavaliere, con un sogno in tasca e tanta saliva.

Sì, saliva.

Altrimenti non si spiegava come, dopo mezz'ora, ancora stesse parlando di razze troll, dei Loa e delle caratteristiche di ogni tribù, e chiedendo consigli a lui su quale fossero le migliori.

Tutte cose che al Gurubashi annoiavano, ma sopportava serenamente le sue farneticazioni, pregustandosi la ricompensa che il suo re gli avrebbe sicuramente dato.

La fanciulla era saldamente trattenuta sulla spalla del troll, con la testa rivolta in avanti, cosicché poteva rivolgersi alla sua guida e chiacchierare con lui lungo tutto il tragitto.

"... Io so di non essere fisicamente un Troll e di essere nata umana, però lo sono nello spirito! Lo sento! Un giorno vorrei entrare in una delle tribù dei troll... ed essere ufficialmente dichiarata come una di loro. Ha... Ecco . L'ho detto." confessò Lort.

Sembrava non parlare da un secolo, e confessare i suoi interessi a qualcuno era una vera liberazione.

Finalmente riprese fiato, e si allungava a toccare con la punta dell'indice la zanna da mammut.

Sembrava davvero a suo agio in quella posizione, per essere inconsapevolmente un ostaggio.

"Vuole diventare un Troll? Chest è scema. Scema co'core proprio!" pensò il Gurubashi.

"A proposito, non mi hai ancora detto come ti chiami!" esclamò ad un certo punto lei, volgendo il suo sguardo verso il testone del suo portatore.

Dapprincipio, era titubante nel risponderle .

Ma tanto, pensò, dopo averla consegnata al re, chi l'avrebbe vista più?

"Jehn'naroh." rispose lui, imbronciato.

"Jehn'Naroh? - ripeté lei, scandendo le lettere - te l'ha dato la tua tribù?".

"Sì. Dalle tue parti si traduce più o meno come ... o' Schiattamuort. Puoi chiamarmi Jehn." spiegò Jehn.

A Lort gli si spalancarono gli occhi: "Supponiamo che chiedessi di entrare in una delle tribù. Che superassi le prove, e riuscissi a farmi accettare... Loro mi darebbero un nuovo nome?".

Jehn rivolse lo sguardo verso di lei, inarcando il sopracciglio destro.

Ma allora non stava scherzando. Davvero voleva andare lì a chiedere di entrare tra i Troll?

La pace, il desiderio di diventare troll, e soprattutto l'idea di entrare in una tribù di troll.

Cominciava davvero a fargli pena per quanto fosse ingenua.

"Eccerto. Tutti lo ricevono. In base ad una loro... caratteristica speciale." rispose lui.

La ragazza squittì sottovoce e per la gioia prese a calci la schiena del suo accompagnatore.

Il Gurubashi si dovette fermare un attimo per il dolore alla scapola.

Per poco non stava per tirare un bestemmione.

"Scusa!" esclamò Lort sorridendo imbarazzata.

"Non fa niente..." rispose lui, sorridendo a denti stretti.

Sir Lou intanto era più carcassa sanguinolenta che uomo.

Ma riuscì a sussurrare un "Non temere, principessa... vi salverò..." prima di svenire ancora.

Jehn proseguì trascinando con sé i suoi prigionieri.

Fortuna che mancava poco alla meta.

"Chissà quale potrebbe essere il mio nome da troll..." mormorò trasognante Lort.

" 'Nzallanuta, ecco quale sarebbe il tuo nome..." pensò il troll, e fece bene a non dirglielo.


Finalmente, giunsero davanti alle mura.

Erano fatte con lunghi pali di legno appuntiti, su cui erano stati conficcati le teste dei nemici, umani e non solo.

Alcune erano marcite dal tempo e mostravano i bianchi crani, altre erano state dilaniate dai corvi e avevano ancora qualche pezzetto di carne addosso, altre ancora invece erano fresche di qualche settimana.

Anzi, dal colorito dei volti ancora roseo, pare che alcune fossero stata mozzate da poco, in giornata.

Il portone d'ingresso era fatto allo stesso modo, con in più tante gigantesche zanne, appartenute a chissà quali creature, conficcate a proteggere e minacciare i nemici esterni con le loro punte sporche di sangue.

Nel dubbio che tutti questi dettagli non sembrassero abbastanza minacciosi, su cui erano infilzati carcasse umane: braccia, gambe e persino gabbie toraciche addobbavano la facciata come un inquietante albero di Natale.

Al di sopra di esso si innalzava una torre di vedetta.

"Oh! Luhi-Jiiiin! Luhi-Jiiiin! Vecchio e' merd!" urlò a squarciagola Jehn, facendo tappare le orecchie a Lort.

"Ooooh! E che 're? Chi va là?" dalla vedetta spuntò un altro troll.

Sembrava molto più vecchio di Jehn, di carnagione verde scura, con un paio di zanne storte, la barba grigia brizzolata e la testa pelata.

"Song' Jehn'naroh! Porto roba p'ò Re! Aprimi!" urlò Jehn.

Il vecchio guardiano prima sbadigliò, poi strizzando i suoi occhi stanchi (probabilmente stava facendo la pennichella), allungò il collo per vedere meglio il suo interlocutore.

Una volta riconosciuto, rise a colpi di tosse e urlò : "Jehnà, che hai purtat? Altri guai?".

Fu allora che Lort alzò la testa in alto e salutò.

"Buon pomeriggio, signore!" trillò lei, sorridendo.

Il troll strabuzzò gli occhi, e da verde scuro divenne verde pallido.

Tirò da chissà dove un rudimentale binocolo e lo puntò in basso.

Riconobbe nello strano fagotto sulle spalle di Jehn la figura di un'umana.

E non di un'umana qualsiasi, ma la figlia del re nemico!

Il poveretto fece un salto dallo spavento e per poco non gli cadde il binocolo dalle mani.

Saltò in aria in tempo per recuperarlo e rimase per qualche secondo a fissare la scena sotto di sé.

Jehn'Naroh... aveva fatto prigioniera la figlia del re nemico!

"Maronna r'o Carmine!" bestemmiò lui, e sparì dentro.

Lentamente, le porte davanti a loro si aprirono, alzando un bel polverone.

Così, i tre entrarono.

Non doveva essere piacevole per Jehn essere osservato da migliaia di troll in quel modo.

Tutti i Troll che incrociavano la loro stessa strada, non potevano fare a meno di fermare le loro attività quotidiane per contemplare quel fenomeno.

Un troll che trasporta due umani ancora vivi, di cui uno abbastanza importante, la figlia del re nemico.

Non era una cosa che si poteva vedere tutti i giorni.

E questo faceva male al carattere asociale del Gurubashi dalla pelle cobalto.

Lort invece era entusiasta: si guardava intorno, riconoscendo tutte le razze di troll che incontravano, Amani, Zandalari, Lanciascura, persino qualche orco e goblin di passaggio.

Salutava a destra e a manca, e se ne usciva con qualche esclamazione del tipo "Quanti troll! Uh, c'è uno sciamano, coi suoi totem! Ecco un Amani... uh! Guardie di Zandalar!".

Un gruppo di giovani troll, intenti a giocare in uno strano gioco, dove si passavano a calci una palla di pezza, si fermò quando uno di loro incrociò il suo sguardo con quello di Lort.

La indicò e si lasciò sfuggire un "We cumpà! Cumpà! Umani!".

Lui e tutti i suoi compagni si levarono dalla strada per far passare Jehn, che era sempre più infastidito dalle reazioni di stupore degli abitanti.

Un troll fabbro, che batteva il martello su un'altra delle sue opere d'arti belliche, si girò per salutare Jehn.

Quando si rese conto di cosa portava sulle spalle, rimase così sconvolto che lasciò cadere il martello sul suo pollice.

Un piccolo troll, poteva avere tra i quattro e i sette anni (è difficile dirlo, nascono robusti per costituzione!) mostrò le zanne da latte per lo stupore, quando vide la fanciulla umana.

Lort, girandosi verso di lui, sorrise intenerita da quelle orecchie a sventola e gli occhioni coperti da tutti quei capelli arruffati , e lo salutò facendogli "ciao" con la mano.

Il piccoletto allora voleva inseguirli, ma la madre, una troll alta e corpulenta, lo tirò via per un braccio rimproverandolo: "Nun t'avvicinà! Gl'ha stà cummè!".

"Ma mammà, hai visto? Ci sono due umani!" replicò lui, indicandoli.

"O' sacc, e nun è cosa e' te accostà a loro ! So' pericolosi! So'malamente! Dammi la mano e jammuncenne!" e bestemmiando e lamentandosi su come una madre come lei, tra mille problemi, si deve preoccupare pure degli umani che gli invadano pure la casa, si allontanò trascinandosi il pargolo.

Non potendo lasciarsi sfuggire alle orecchie le ingiurie di quella abitante (non poteva non farlo, anche se ormai distante, quella troll in pratica stava urlando!), Lort ci rimase piuttosto male.

Si era resa conto di aver sì attirato l'attenzione, ma non nel senso buono che si aspettava.

Cercò di giustificare dentro di sé la sua reazione come quella di una madre che ha paura e vuole proteggere suo figlio.

Il buon senso le disse di non esagerare con le sue manifestazioni di entusiasmo, così smise di guardarsi intorno e tenne la testa bassa per tutto il resto del percorso.

Dopo una buona mezz'ora, tra presentazioni alle guardie, accompagnamento su un lungo corridoio e attesa, Lort si ritrovò davanti alle porte della sala del trono che si aprivano davanti a sé.

Sebbene avesse raccomandato a sé stessa di stare calma e di mantenere un certo comportamento maturo e civile, come era abituata a fare in qualsiasi incontro ufficiale , il suo cuore non poteva smettere di battere sotto la cotta di maglia e la corazza elfica per l'emozione.

Stava per incontrare il re Rastakhan, il grande re di Zandalar.

Perché, quando aveva sentito lo scatto delle porte che si aprivano, una terribile sensazione di panico era iniziata a salirle dentro di sé?

Forse era stato uno sbaglio presentarsi così, senza neanche una veste decente, con umili abiti da condottiero, per parlargli? Era degna di parlargli?

Forse quella di proporre la pace tra i due regni era davvero la peggiore idea che le fosse venuta in mente?

Ci fu un momento di silenzio lungo tutta la sala del trono.

Rastakhan sembrava una statua di pietra, con le dita intrecciate davanti a sé e l'aria torva che le riempiva la fronte di pieghe.

Né Jehn né Lort proferivano alcun suono.

Il sorriso di Jehn, con cui si era presentato con la principessa al suo re, diventò piano piano un ghigno nervoso.

Iniziò a sudare.

Non era quella la reazione che si aspettava.

A Lort stava venendo un attacco di tachicardia.

Perché non reagiva?

Le dita si sciolsero dall'intreccio, e quelle della mano destra massaggiarono le palpebre del re, che fece un lunghissimo sospiro di rassegnazione.

"Potete allontanarvi, signori, e chiudervi la porta appresso?" chiese il re, rivolto ai suoi consiglieri.

Quando si erano presentati, il re stava finendo una riunione, e non era riuscito a sciogliere la seduta che Jehn era entrato, con aria trionfante, e aveva mostrato il suo bottino al sovrano, facendo cascare a terra le mascelle di tutti i presenti.

E adesso, senza commentare le parole del loro signore, si affrettarono ad andarsene.

"Voi, portate via l'omuncolo. Mettetelo... in galera, vah!" ordinò rivolto alle guardie, con un debole cenno della mano sinistra.

La voce di Rastakhan sembrava affaticata da tante emozioni.

Emozioni non proprio positive.

Le guardie trascinarono fuori il Cavaliere e chiusero la porta.

Di nuovo calò il silenzio tra di loro, interrotto solo dal ringhio sommesso che il re faceva.

Dopo averlo fissato per un po' quel suo volto fumante di rabbia, Lort ci provò.

Inspirò per darsi sicurezza, e disse: "Signore, potevano...".

"JEHNÀ, TU ADDA AVÈ NON UNA, MA MILLE MALEDIZIONI VUDÙ 'NCOPP A CAPA, E NISCIUN SCIAMAN T'ADDA POTÈ SALVÀ!!! JA SCHIATTÀ MAGNAT DA REZAN IN PERSONA! T'HANN SEPPELÌ SENZ'A CAP, ACCUSSÌ BWONSHANDI NUN T'ADDA POTÈ RICONOSCERE! JA MURÌ STROZZAT CUN'UOSS E POLL 'NGANN! ".

Re Rastakhan sembrava impazzito.

Si era alzato dal suo trono, urlando come un furibondo, e scendeva velocemente le scale, puntando il dito contro il povero Gurubashi, che da blu era diventato azzurro.

La reazione improvvisa aveva fatto tremare tutti e due.

Appena raggiunto il piano terra, non senza aver un paio di volte rischiato di inciampare per le scale in preda alla furia, spinse Lort di lato, abbastanza da farla cadere a terra, e si avvicinò ancora di più a Jehn, che fece diversi passi indietro.

In quel momento era più piccolo del re.

A pochi millimetri dalla sua faccia, praticamente facevano naso e naso, il re lo guardava in cagnesco, ringhiando e ansimando come una bestia.

"Che ci fa la figlia del re qui?" gli urlò in faccia, riprendendo fiato con uno sguardo omicida.

Jehn aprì la bocca tremante per parlare: "I- i- io... l'aggia truvat dint'a foresta..." .

Ma il re lo interruppe di nuovo: "MA RIESCI A CAPÌ LA GRAVITÀ DELLA SITUAZIONE? C' HAI CONDANNATI TUTTI QUANTI, JEHNNÀ! PROPRIO PRIMA DELLA SFIDA DEI LOA! COMM'È CAZZ T'È VENUT A MENTE 'RA RAPIRLA? A CHEST'ORA SUO PADRE AVRÀ MOBILITATO IL SUO ESERCITO PER SALVARLA!".

"Ma non mi ha rapita!" si oppose all'improvviso Lort.

I due si zittirono e il re si girò verso di lei con un rantolo.

La fanciulla si rialzò e, sentendosi minacciata dallo sguardo del troll incoronato, la voce le uscì flebile.

"Non... Mi ha rapita..." deglutì lei, nervosa.

Cercò tra le tasche della sua borsa da viaggio, ma se la sentì tirare via da qualcuno.

Una delle guardie gliel'aveva levata da dietro le spalle e l'aveva avvicinata al re.

"N-no! Ehm... Stavo solo prendendo..." balbettò lei, insicura.

"Svuotala!" ordinò il re alla guardia, che rovesciò tutto il contenuto a terra, con lo sgomento di lei.

Un cumulo di cianfrusaglie si ammucchiò ai piedi del re: un quaderno e un diario di viaggio, spazzola e spazzolino da denti, sapone, dei ricambi d'abito e intimi (questi il re lasciò alla proprietaria la libertà di riprenderseli, risparmiando così l'imbarazzo),e infine una pergamena.

"Ecco... Stavo per prendere quella..." mormorò Lort, mentre recuperava rapidamente la sua roba e la riponeva dentro la borsa.

Intanto, Rastakhan prese la pergamena. La srotolò senza nemmeno chiedere, e iniziò a leggere.

"È la missiva firmata da mio padre, che dichiara che lui sa che sono qui e che vengo in missione.".

"Missione? - ripeté il re, alzando gli occhi dallo scritto con aria diffidente - Che tipo di missione?".

Ci mise un po' a rispondergli.

Sentendosi l'occhiata del re degli Zandalari addosso, un'occhiata gelida e piena di sufficienza verso una misera umana come lei, i dubbi sulla riuscita della sua missione si fecero sentire.

Ma, soffiandola via e prendendo un bel respiro, rigida come un palo, disse in un fiato: "Una missione di pace!".

"Di che?" chiese lui, scorbutico.

Ancora riprese fiato (sentiva di star diventando paonazza, ma sperava tanto che fosse solo una sua impressione) spiegò:

"Re Rastakhan, io, Principessa Lort Vuich, vengo qui in veste ufficiale di successore legittimo al trono di mio padre, con la volontà mia e solo mia, non del padre mio, di portare la pace tra i nostri popoli. Troppi anni a farci la guerra, ci hanno privato di uomini e di troll siccerto valorosi, ma che meritavano una tempo di vita migliore di quello che la violenza della guerra gli ha privato. Non può continuare così. Il mio popolo merita uno standard di vita migliore, per tutte le classi, così come il vostro popolo merita che le sue madri facciano riposi tranquilli, perché sanno che i loro figli sono al sicuro. - pensava alla madre col figlio incontrati per strada - vi chiedo di prendere visione della mia proposta. È tutto.".

Si sentiva le orecchie roventi.

Male! Con quello sapeva con certezza di essere diventata fucsia in faccia,nonostante la serietà e la sicurezza del tono con cui aveva parlato.

"Sei un libro aperto, bimba mia... " le diceva sempre la sua governante, quando scopriva con una rapida occhiata l'ultima marachella che aveva combinato.

Quanto odiava la sua incapacità di nascondere le emozioni, anche di fronte a persone importanti come il Re Rastakhan.

"Heh...hehe...hehehehe...".

Nel frattempo, le parole di Lort portò come prima, spontanea reazione da parte del re, una fragorosa risata.

"Bwahahahahahaha, 'a pace? Tu? Hahahahahaha!".

Rideva così tanto che a stento si reggeva in piedi, e si appoggiò a Jehn, che per tutta risposta, rise nervosamente insieme a lui.

"Cazzo ti ridi? Stai ancora 'nguagliat ! " sbraitò lui improvvisamente, rivolgendosi a Jehn con aria scorbutica.

Il Gurubashi riabbassò le orecchie penitente.

Rastakhan ritornò a guardare Lort "E accussì... tuo padre ha mandato te al posto suo... Per portare la resa? Che codardo!" nelle sue parole c'era solo disprezzo e disgusto.

" Ma no! Non è così!- dichiarò Lort acquistando coraggio- non è stato lui a mandarmi qui, e non sto portando una dichiarazione di resa!".

Il troll alzò un sopracciglio dubbioso.

La fanciulla batté una mano al petto, e la corazza fece un suono metallico e acuto che diede valore alle parole che pronunciò:

"Io ho scelto di venire qui. Io ho il progetto in mente di portare la pace nel vostro regno. Io mi sto prendendo tutta la responsabilità. Non c'entra niente mio padre in questa storia, anzi. La volontà di mio padre... Non si è ancora espressa in giudizio riguardo a questo.".

Non perse mai il contatto occhi con il suo nemico mentre diceva queste parole.

È una cosa che le avevano sempre detto di fare, se voleva vincere una battaglia legale.

Oltre al fatto di credere pienamente in ciò che si dice, per vincere una conversazione, anche se a fatti sembra ancora impossibile.

Il re lo perse il contatto occhi, ma solo perché gli veniva da ridere per quanto la richiesta fosse ridicola.

"Non è possibile...- mormorò lui, asciugandosi le lacrime agli occhi - è uno scherzo... Non può essere altro."

"Vi assicuro che non lo è." sibilò Lort tra i denti.

Fu una reazione involontaria, ma a Rastakhan non piacque affatto, perché la sentì come una provocazione.

Non era sua intenzione arrabbiarsi, ma Lort era un tipo sensibile, e cominciava ad averne abbastanza delle sue risate.

Voleva essere presa sul serio.

Il re Rastakhan abbassò leggermente la testa verso di lei, per guardarla più da vicino.

"Ah si? Non lo è? - ripeté Rastakhan minaccioso - picceré... ti sarai resa conto spero che la situazione non verte proprio a tuo favore in questo momento, e non solo perché sei la figlia di un regnante dell'Alleanza. Mi riesce difficile prendere sul serio 'na criatura comme te. Cosa sei disposta a fare per il tuo obiettivo ?".

Gli occhi di Lort brillavano di determinazione.

"Qualsiasi cosa, sire." rispose decisa.

Sulle labbra del re comparve un ghigno maligno.

"Seguimi".

Era una richiesta inutile, perché in pratica fu lui a avvolgerle un braccio per una spalla e trascinarla, delicatamente, con sé.

"Vorrei mostrarti lo stadio mio...".

A Lort brillarono gli occhi. Lo stadio di Rovotorto! Dove si sarebbero sfidati i Campioni dei Loa!

"Con vero piacere!" esclamò lei, schiarendosi la gola per trattenere l'entusiasmo.

Vedendosi ignorato, Jehn pensava di ritirarsi.

Ma come si girò verso l'uscita, le guardie gli bloccarono il passaggio.

"Dove pensi di andare, Jehn'naroh?" chiese Rastakhan, senza nemmeno girarsi a vederlo.

"Ehm... pensavo non vi servissi più.. - balbettò lui- Ormai il debito è saldato...".

"Saldato!? Ma quando mai? - disse il re, in tono beffardo – anzi... pecchè non vieni anche tu? Avrai un posto d'onore. Accanto a me.".

Detto questo, con la mano libera fece cenno di seguirlo.

"Accanto al re? Solo per avermi accompagnato fin qui? Uau Jehn'Naroh! Non lo rifiuterei per nulla al mondo!" esclamò Lort, ingenuamente felice per il suo primo amico troll.

Come se lui avesse molta scelta!

Il povero Gurubashi deglutì.

Con aria mogia mogia, seguì il suo sovrano.

Lo stadio era immenso, una vera opera di architettura e ingegneria, che faceva dubitare del fatto che fosse fatto da un popolo così primitivo e tradizionalista come quello dei troll.

Potevi sentire le urla dei tifosi e dei combattenti caduti a chilometri di distanza, cosicché quello che non era riuscito a procurarsi il biglietto all'ultimo momento piangeva e moriva d'invidia.

A meno che non ci fosse stata qualche bagarino troll che glieli vendeva al triplo del loro valore.

Dopo il buio dei corridoi in cui il re li portò, arrivarono al palco riservato alla famiglia reale.

La luce del sole invitò Lort ad affacciarsi lungo il parapetto, col cuore pieno di gioia.

I palchi, che in quel momento erano ancora vuoti, a parte qualche spettatore di passaggio, la accolsero.

Sotto di sé la vasta arena, dove qualche combattente si allenava.

Nessuno dei famosi campioni era presente, e questo la rammaricò un po'.

Ma per il resto era emozionata di essere lì.

"Magnifica, non è vero?" convenne il re.

Risvegliata dall'estasi, la ragazza annuì imbarazzata.

Lo sguardo le cadde su due lottatori.

Uno maneggiava un mazzafrusto, con la palla appuntita grossa quanto la sua testa,e la sferrava in testa al suo avversario, e quest'ultimo rispondeva colpendolo allo stomaco col suo tirapugni.

"Come mi piacerebbe allenarmi con loro...".

Si chiese se l'avesse solo pensata oppure anche detta quella frase.

Ma dall'espressione stupita del re e sconvolta di Jehn, capì di aver pensato ad alta voce.

Il re scoppiò a ridere, mentre Jehn la guardava come a dire: "Ma che fai sul serio?".

"Bene. Perché volevo proporti qualcosa di simile..." esclamò il re, sedendosi comodamente al suo posto.

Jehn e Lort strabuzzarono gli occhi.

"Vuoi che firmi la pace tra i nostri regni?" domandò il re, con lo sguardo fisso sull'arena.

"S-sì..." balbettò Lort.

"Prima devo vedere se ne vale la pena... Dimostrami la tua forza. Se riesci a sconfiggere tutti quei troll, forse ci potrei pure fare 'nu pensierino." propose Rastakhan, con un sorriso malefico.

A quel punto, Jehn dovette dissentire: "Ma sire! C'è una differenza abissale tra lei e loro! Che ne sapimm' se sap' cumbattere?".

"E che me vulisse fà crerere? Che chella spada che tiene è solo ppè bellezza?". Il sovrano indicò la guaina in cui Lort portava ancora la spada.

" Oh no! Aspettate!" Lort pose le mani dinnanzi.

"Cos'è? O verj è?".

"Ma no, io... So combattere con la spada! - confermò Lort - solo che... Questa la uso per difesa! Per combattere con loro, avrò bisogno di qualcosa di meno... Mortale ecco.".

I due troll la guardavano confusi.

"Non voglio uccidere nessun troll." spiegò Lort.

I due troll si guardarono.

Avevano davanti un'altra pacifista che si contraddice. Chissà perché i pacifisti fanno sempre così, nevvero?

Che poi... uccidere un troll? Lei?

Se sopravvive è già un miracolo.

Il re cominciava a stancarsi, perciò approvò dicendo: "Vabbuó, una volta giù, dirò che ti sarà concesso di scegliere qualsiasi arma tu voglia...".

"Beh, se allora le condizioni sono queste..." disse lei, strofinandosi le mani e sporgendosi al parapetto con aria sorniona .

Stava misurando la distanza da lì a terra con gli occhi.

Come se niente fosse, scavalcò il parapetto, e così, ancora a mezz'aria, urlò entusiasta: "...Sfida accettataaa!".

I due troll strabuzzarono gli occhi sconvolti.

"No! Sei pazza?!" urlò Jehn.

Lort fece un volo di almeno una decina di metri, ma cadde come se il salto l'avesse fatto da poco meno di due, piegando le ginocchia e rialzandosi dritta ed elegante a braccia allargate, come un atleta.

L'impatto fece alzare un gran polverone, e tutti i combattenti si fermarono e si girarono a fissare scioccati.

I tifosi che incoraggiavano i guerrieri in campo si zittirono scioccati alla vista di un'umana nell'arena.

Il re si sporse col sudore sulla fronte.

"Oh Buon Samedi! Allora vuó schiattà, picceré!" mormorò tra sé.

Lort si girò e alzò lo sguardo verso la platea reale con un sorriso beffardo.

"Sono pronta, Maestà! Mi annunci!".

Ripresosi dallo shock, Rastakhan si schiarì la voce.

Già sapeva come spiegare ai suoi sudditi la presenza di un'umana nel loro territorio: umiliandola pubblicamente. Non ci pensava nemmeno di dichiarare la pace tra i due regni, e ai suoi sudditi avrebbe fatto più che piacere dare una lezione pubblicamente alla principessa.

Con voce tuonante, prese la parola: " Fedeli tifosi, Sfidanti e Guagliù! 'na notizia inaspettata!!! Ma bella assaj... ".

La sua voce prese un tono di scherno: " Il re nemico c'ha voluto fare 'nu regalo... Speciale! C'ha mandato sua figlia! La principessa Lort... e 'o sapete che vulisse portà? 'A... pace! ".

Disse la parola pace facendo le virgolette con le dita.

Dopo qualche secondo, tra gli appalti risuonarono le risate.

" 'Sta cosa che nun se vede manco an' terra... A' pace!" scoppiò a ridere insieme agli altri.

Qualcuno dagli spalti urlava insulti del tipo.

"Aeh! N'ata pacifista e' merd!".

"Umana merda!".

"Tornatene a casa!".

" Vavatenne ohi ! A' pace na vulimm' !"

Jehn, a braccia incrociate al petto, la fissava con aria distaccata.

"Mi fa proprio pena vederla trattata accussì..." pensò, scuotendo la testa.

Lort volse il suo sguardo attorno a sé.

L'aveva previsto un trattamento del genere.

Ma avrebbero cambiato idea.

Facendo segno di silenzio, il sovrano continuò: "Buoni Buoni! Lasciamo le avversità a casa, per oggi! Ij song' buono, signori, e voglio che tutti si divertano! Perciò... Chi vuole vedere qualcuno dei nostri eroi... scassarla di mazzate?".

La folla esplose in un boato di gioia.

Anche i combattenti si sfregavano le mani, pronti a romperle tutte le ossicine.

Lort li guardò con sprezzo del pericolo.

"Forza! Chi di voi eroi vuole cominciare?". 

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