Capitolo 34 - L'ultima serata
Il gruppo si avviò a cena.
Rivedere lo stesso troll che quella mattina era stato portato a palazzo incatenato camminare libero tra degli adolescenti indifesi fece spaventare i passanti.
Ci furono pure un paio di madri del gruppo, addirittura, che si scontrarono con il maestro per il fatto di mettere insieme ai propri figli un essere abominevole e pericoloso come un troll.
Sir Lou , con il suo carisma, mise la sua buona parola da cavaliere che ai suoi alunni non sarebbe successo nulla di male, ma che anzi questa esperienza sarebbe stata, a suo parere, educativa per loro.
" Educativa un corno!- strillò una madre, che si avvicinò minacciosa al Gurubashi e gli urlò- non m'interessa se mi fai qualche fattura voodoo o qualunque diavoleria voi troll fate!".
Nonostante avesse solo un metro e cinquanta di altezza, Jehn la fissò inquieto.
"Se osi uccidere mio figlio o tutti questi ragazzi io e tutta Katel' Seas, ti daremo la caccia e ti faremo a pezzi!" lo minacciò furiosa.
Il Gurubashi era non poco sorpreso da questa madre umana violenta e iperprotettiva verso un figlio che aveva superato l'età per stare attaccato alle sue mammelle.
"Prima di tutto io, signora...- iniziò Jehn, badando bene alle parole da usare- nun so' fare le magie voodoo quindi fatture nun le posso fare.".
Deglutì.
"Secondo... se anche fosse, nun mi sognerei mai di farlo ad una madre. A' mamma è sacra, e nun si tocca! E complimenti p'a grinta, signora. Dico davvero.- si pronunciò Jehn, ammirato- mi ricordate tanto mia madre... E terzo ho giurato di... ".
SBATABAM!
La donna aveva appena dato un potente schiaffo, caricando tutta la forza che aveva sul palmo della mano, sulla guancia del troll.
"Ecco! Queste te le dava tua madre, brutto mostro?" sbraitò lei.
Il suo ceffone era stato così forte da farlo barcollare, lasciandolo troppo inebetito e scioccato per parlare.
Insomma, ci volle un po' per placarla, la signora si sfogò e se la prese un po' con tutti.
Non risparmiò neanche alla figlia del suo re la predica, che era intervenuta per cercare solo di prendere le difese del amico.
"E anche voi, principessa! - si permise di dire la donnona- portare questa minaccia qui! Se fossi in vostra madre ve le darei anche a voi!".
"Ma non lo siete.- rispose lei a tono- quello che ho in progetto io è solo per il bene vostro. Perciò dovete solo avere fede e offrire a lui la stessa fiducia e diritti che gli sto dando e difendendo io!".
Fu solo dopo quest'ultima affermazione che la madre si girò e se ne andò.
Tutti la guardarono allontanarsi mentre ciabattava via, muta e allibita.
"Mammamà oh!- esclamò Jehn, massaggiandosi la guancia, visivamente illuminato- mandate lei in guerra! Vincete sicuro con le manate che dà!".
E detto questo, mostrò la guancia a loro: si era formato un grossa macchia rossa, coi segni delle dita della nerboruta sopra.
Miracolosamente, la sua frase e l'ematoma ruppero la tensione che si era creata nel gruppo, facendo ridere tutti.
A parte questo, la cena si fece.
In pratica avevano il locale solo per loro, visto che nessuno osava cenare in presenza di un troll.
Sir Lou era molto generoso con i suoi allievi: Piatti a base di carne, verdure cotte e poi i tortini di carne della taverna riempirono la tavola, e non sopravvissero a lungo di fronte alle loro bocche affamate.
Gli amici umani di Lort si mostrarono sorprendentemente solidali con l'insolito ospite, chiedendogli curiosità e cose sul suo mondo, e visto la segreta ammirazione per la sua forza bruta, chiedevano che allenamento avesse fatto per diventare così forte.
Jehn rispondeva a loro con aria disinvolta ed esperta.
La paladina lo guardava con tanto d'occhi mentre spiegava le mosse facendosi aiutare con le forchette e i cucchiai.
Sembrava rispondere con grande interesse, soddisfatto di ricevere così tante orecchie che lo ascoltavano.
Lort non ci voleva credere.
Approfittò di un attimo in cui lo lasciassero in pace per avvicinarsi al suo orecchio e sussurargli: "Stai sorridendo...".
Le folte sopracciglia del Gurubashi fecero un arco sopra i suoi occhi.
"Dici a me?" rispose il trollone, imbronciandosi di nuovo.
"Sì sì." annuì lei, gongolando.
"Tsk. Non sto sorridendo.".
"Non mentire. Ti stai divertendo, si vede." ridacchiò lei, gongolando come una donnola.
il Gurubashi la fissò imbronciato.
"Non c'è niente di male ad essere felici ogni tanto, sai. Magnate n'emozione...".
il Gurubashi le infilò a forza un pezzo di tortino in bocca.
"E tu magnate n'ata fetta!".
Smangiucchiando il pezzo succulento rifilato a forza in bocca, si mise a fissarlo sorridendo.
"In fondo piace anche a te ricevere tutte queste attenzioni, dico bene, ragazzone blu?" pensò.
Non poteva che essere più che contenta.
Vedeva il suo compagno d'avventure ridere delle battute dei suoi amici e insegnare qualche espressione in trollese a loro, e sentiva che un futuro pacifico per il suo regno e quello degli umani era possibile. Era vicino.
"Proprio come pensavo. Mi sono un po' indebolita. Devo fare subito il bagno."
Pensava lei, mente si faceva aiutare dalla sua vecchia governante a togliere la corazza.
La sua vecchia badante, intanto che la spogliava e raccoglieva i suoi indumenti sporchi, chiacchierava a tutto spiano, rimproverandola per aver fatto preoccupare così tanto suo padre.
"Avreste dovuto trovare un modo per rassicurare vostro padre, mia cara! Chessò... mandare un messaggero, una lettera ... almeno una cartolina!" diceva lei.
Ma come sempre, Lort faceva solo finta di sentire, pensando a quanto non avesse dato propriamente il meglio di sè durante la lotta con il suo fratello d'armi.
Le botte ricevute sulla ferita non le avevano fatto perdere l'invulnerabilità.
Era instancabile per carattere, riusciva a resistere anche notti e giorni senza aver bisogno manco di sedersi a riprendere fiato.
Tuttavia, benché ancora non lo accettasse questo, non era inarrestabile.
Se si sforzava troppo, persino lei arrivava a quella condizione che i comuni mortali chiamano "stanchezza", uno stato assolutamente naturale di indebolimento fisico e mentale che li piglia dopo una lunga giornata di lavoro.
Il suo spirito di paladina sempre vigile e attento a vegliare a difendere i deboli e portare la Giustizia nel mondo non lo accettava.
E allora intervenivano le sue gambe stanche, o suo padre, o chi si occupava di lei a fermarla.
Per fortuna il mondo in cui viveva era pieno di luoghi magici e terapeutici, come le terme di Pandaria, le cui acque hanno fortissime proprietà rigeneratrici,capaci di rimarginare in una sola goccia le ferite più gravi.
Il re Samuel aveva importanti legami pacifici con i popoli di quelle isole, e come unico pegno erano gli scambi dei beni di prima necessità, come cibo e riso.
E l'importazione di quelle miracolose acque.
Era un'esclusiva sola e unica di quel regno ricevere il distillato benefico di quelle acque cristalline, spedite in apposite boccette di vetro, e destinate tutte a sua figlia e guarire la sua condizione.
"L'acqua è pronta, Loretta. Ti aiuto ad entrare." le disse la premurosa badante, dopo aver controllato la temperatura dell'acqua nella profonda vasca da bagno.
Lort, completamente nuda, si diede un'ultima occhiata allo specchio.
Nonostante avesse ventuno anni, aveva un corpo ancora immaturo, fianchi larghi e petto poco sviluppato, nonostante negli anni si fosse concentrata ad allenarsi alle gambe e alle braccia per ovvi motivi.
Non era il tipo che badava all'estetica o a quelle che lei chiamava "sciocchezze da dame di corte", per lei contava solo potenziare i muscoli al combattimento.
Ma quanto desiderava avere un corpo che rispecchiasse il suo spirito da leader combattivo!
Un corpo agile, scolpito e maestoso come quello di una troll.
Come quello di Zannuncino.
Il pensiero del Capitano con le protesi ai denti le fece cadere l'occhio sul plesso solare.
La cicatrice si era allargata e arrossita.
Sembrava quasi pulsare.
Le si gelò il sangue nelle vene.
Con calma, la fanciulla entrò nella vasca e vi si adagiò, immergendosi anche la testa per bagnarsi i capelli.
La badante stappò una boccetta di vetro, quella con le acque delle Terme di Pandaria, e con cautela, fece cadere nella vasca tre gocce.
In pochi secondi, Lort già si sentì meglio, mentre la cicatrice guariva da sola, immersa nell'acqua.
Chiuse gli occhi e lasciò l'acqua miracolosa agire, rilassando i muscoli e respirando profondamente.
"Loretta?".
Lei si drizzò a sedere, coprendosi le vergogne.
Si era resa conto che quella non era la voce della cara badante ma era suo padre.
"Papà!" urlò lei infastidita, girandosi nella sua direzione.
Il padre era in piedi davanti alla porta della sala da bagno, con una mano tesa sugli occhi.
"Tranquilla. Avevo già coperto gli occhi. Clotilde?" esclamò il padre, e subito la serva intervenne distendendo la tenda per la privacy.
Chinò umilmente la testa verso il suo re, e si ritirò nell'altra stanza.
Tranquillizzata, Lort tornò a stendersi.
"Non posso farmi nemmeno più il bagno curativo in pace..." biascicò lei, innervosita.
"Non ti sei presentata a cena. E questo era l'unico momento in cui ti potevo finalmente parlare. Avrò diritto pure di stare un po' con mia figlia, dopo una settimana di vuoto!".
Lort aprì la bocca per rispondere, ma si rende conto di quanto avesse ragione, e allora cambiò risposta.
"Sir Lou ci ha offerto la cena e allora mi sono trattenuta con lui e i miei ex compagni." Si giustificò lei, vedendo distrattamente gli alluci che si agitavano sott'acqua.
"Lo so. Ma... c'era anche lui ?" chiese il padre, prendendo una sedia e sedendosi accanto alla tenda.
"Chiamasi Jehn, vostra maestà.- lo corresse - Abbiamo lottato, abbiamo chiacchierato... e poi lui ha fatto la mia imitazione ai miei amici e tutti si sono...".
"Hai detto a Jehn il motivo per cui hai bisogno di una guardia del corpo e che non deve capitarti neanche per sbaglio di ricevere un proiettile o una freccia in mezzo alle costole?". La interruppe il padre, riprendendo le antiche raccomandazioni da genitore ansiolitico.
Aveva pronunciato il nome del Gurubashi con profondo disprezzo.
La ragazza sbatté la mano in acqua facendola schizzare dappertutto.
"Sì! sì, l'ho fatto!" sbraitò lei, scocciata.
"Lort! Ti secca tanto pigliare qualche accortezza in più verso te stessa?" la rimproverò il padre.
La chiamava con quel nomignolo raramente, soltanto quando per avere tutta la sua attenzione era costretto ad abbassarsi ai suoi standard.
"Blrrrblblblblrr...."borbottò lei, immergendosi sott'acqua fin alla punta del naso, per soffocare la parolaccia.
Il re sospirò.
Poteva vedersi con lei solo in quel frangente, e poi lei il giorno dopo sarebbe partita di nuovo.
Non voleva sprecare quel poco tempo insieme mettendosi a litigare.
"Lo so, ti sto addosso- disse, in tono più rassicurante- lo chiedo solo per sicurezza. Sicurezza mia soprattutto, che non riesco a dormire se so che mia figlia si trova là fuori, tra troll - pipistrello e pirati!".
"Proprio per questo che ho bisogno di curarmi e recuperare energie..." disse lei, analizzando le doppie punte tra i capelli bagnati.
"Si ma... puoi farlo anche mentre parli con me. Ti infastidisce così tanto passare un po' di tempo insieme?"
Il tono con cui l'aveva chiesto era profondamente dispiaciuto, da cane bastonato.
Si permetteva di usarlo soltanto con lei ovviamente. In presenza d'altri era freddo e deciso.
La ragazza volse uno sguardo alla tenda, lasciandosi prendere dai sensi di colpa per essere così dura con lui.
"No papà. Mi fa piacere passare del tempo insieme... quando non mi ricordi di essere semi-invulnerabile. Ogni. Singola. Volta. Lo so che sono a rischio! Ogni giorno che passo fuori dalle mura è un rischio per me! Ma, sai com'è: siamo in guerra!".
Ci fu un attimo di silenzio tra di loro.
Purtroppo, c'era la guerra. E non dipendeva da loro.
"Dimmi un po'. Come si è comportato il Gurubashi di fronte alle... altre persone?" chiese il padre, con tono deciso, come sempre, che trapelava però non poca titubanza.
" Egregiamente. Non ha offeso nessuno, e non ha picchiato nessuno." Rispose la figlia, allungando un braccio per prendere la spugna sul tavolino accanto alla vasca.
"Sì. a parte schiaffeggiarti sul petto." Aggiunse il re, a cui non sfuggiva nessuna notizia.
"Non l'ha fatto apposta, e poi non lo sapeva. Ma ora sto bene.- lo giustificò Lort- e, incredibile ma vero, gli altri si sono comportati bene con lui. Non c'era bisogno di alcun ceppo o catena per tenerlo legato. Potevi pure farlo dormire nella sala degli ospiti, quella vicino alle mie stanze!".
"hahaha... e tu credi davvero che io lasci riposare nella stanza proprio accanto a quella di mia figlia un essere grande, grosso e maschio come lui?" disse lui in tono sarcastico.
"Maddai... Povero Jehn. Chissà come se la sta passando con sir Lou." Mormorò Lort, strofinandosi la spugna sulle braccia.
"E' la prima volta che faccio entrare un troll nel mio regno. – stavolta fu Samuel a giustificarsi- I consiglieri si sono messi nelle orecchie tutto il giorno. L'unico modo con cui ho potuto zittirli e farlo tenere d'occhio dal tuo maestro.".
"Cavolo!- pensò Lort, a voce alta, interrompendo la spugnatura- allora Jehn aveva ragione: sir Lou ci ha tenuto d'occhio tutto il tempo...".
" Loretta, non sappiamo fino a che punto lui possa essere capace di controllare il suo istinto da guerriero.- disse il padre.- stavolta puoi ammettere anche tu che non si tratta di pregiudizio il mio. E' pur sempre un berserker...".
Ancora una volta, la principessa dovette ammutolirsi.
"Tuttavia, da quello che mi è stato riferito... Sta mantenendo fede al giuramento.".
"Mi ha... sorpreso..." disse lui con tono sommesso, distogliendo lo sguardo da lei.
Lort tirò un po' la tenda ed espose il viso per sguainargli un sorriso trionfante.
"Te l'avevo detto!" cantilenò lei, ridacchiando.
Sotto i baffoni Samuel non potè fare a meno di ridere, singhiozzando.
Fin da piccola, quando sua figlia sorrideva lo faceva sempre ridere.
Lei chiuse la tenda, e continuò a massaggiarsi con la spugna.
"Ma... insomma che tipo è?" domandò incuriosito, con un po' d'imbarazzo.
" Rude. Un po' introverso. Non so ancora tantissimo sulla sua vita. No aspetta! Mi correggo. Non so niente sulla sua vita.".
Il padre inarcò un sopracciglio.
"E l'hai proclamato fratello d'armi senza conoscerlo?" chiese, con non poco disappunto.
"Sì! Perché non mi ha abbandonato. – spiegò Lort, come se fosse una cosa normale- E' il primo troll che ho incontrato, sai, senza avermi ancora ucciso, e che mi parla tra un pestaggio e l'altro.".
"hehehe, certo. Quindi ti pesta..." ridacchiò il padre nervoso.
"Huhuhu, ci ha provato, lui. Ma non c'è mai riuscito!".
"Già. Non è neanche capace di proteggerti."notò lui.
Cominciò a lasciarsi prendere dal panico.
Non tanto per la pericolosità di quel troll, ma per l' incredibile inettitudine e svogliatezza che aveva dimostrato.
"S-sei sicura di volerlo portare con te nella tua missione, Loretta? No perché potresti proteggerti pure da sola, con quella barriera lì..." chiese, con aria confidenziale.
" Papà!- esclamò lei- mi ha detto che vuole prendere sul serio il suo ruolo di protettore, adesso!".
"Maddai! – tossì, nervoso – ha già fatto troppo! Magari avrà una sua vita...".
"Mh. Non credo. Prima di essere stata affidata a lui era... mmm... come posso dirlo in maniera delicata? – rifletté Lort – Un... precario mercenario."
"Ah." confermò il padre, cominciando a rendersi conto del tipo di persona che quel Gurubashi fosse.
Del tipo pericoloso, ma che non aveva nessuna voglia di seguire sua figlia, che stava solo obbedendo (male) all'ordine di un superiore.
Probabilmente non provava nemmeno chissà quale interesse per lei.
Ma Loretta invece?
"A te... piace?" chiese, titubante.
"Oh sì. molto.".
Per poco Samuel non cadeva dalla sedia!
Recuperò l'equilibrio un attimo prima di cascare all'indietro.
Guardò la silhouette di sua figlia che si alzava dalla vasca con aria stravolta.
Forse aveva inteso male.
"I-in... in che senso?" balbettò lui, sentendosi i quarant'anni d'età tutti addosso in una sola volta.
L'ombra di Lort si bloccò col braccio a mezz'aria nell'atto di infilarsi la manica dell'accappatoio.
Scostò la tenda, fissando il padre con aria basita.
"In quale senso credi che a me possa piacere?" domandò lei.
"Beh... Sai com'è? Prima hai fatto..." e imitò il gesto delle mani a cuore.
"Papà!- sbraitò lei, aprendo del tutto la tenda con un gesto violento- ma sei impazzito?".
"E va bene, va bene, dicevo così per dire!".
"Tu non dici mai le cose così per dire!" lo apostrofò lei, avvicinandosi a lui.
"Jehn mi piace come amico! Amico e fratello d'armi, papà!" urlò lei, paonazza sia per i vapori d'acqua calda che per l'imbarazzante insinuazione.
"Ho capito! Ma adesso calmati per l'amor del cielo!- si difese il padre, alzandosi in piedi- non te la prendere così tanto! Sono cose che succedono, tra compagni di viaggio sai... si condividono i pensieri, i sentimenti...".
La figlia inarcò un sopracciglio.
"E' per caso successo qualcosa tra te e il tuo fratello d'armi?" provò lei con aria provocatoria.
"Ma che dici?".
"Massì, quel Nylos... di cui mi parlavi tanto... era il tuo fratello d'armi, no? Quando facevi l'avventuriero e non eri ancora re?".
Il padre gli aveva raccontato delle sue avventure in passato con Nylos, un elfo che aveva salvato una volta e che era diventato il suo compagno d'avventure.
Erano in tre, lui , Nylos, e un'altra loro compagna, una donna per cui erano stati per un po' di tempo persino rivali in amore.
Fino a che, una volta divenuto re di quel piccolo regno, le loro strade non si divisero.
Samuel si stabilì lì, insieme a quella loro amica che divenne sua moglie, la madre di Lort.
Nylos accettò la "sconfitta" augurandogli ogni bene, e continuò il suo viaggio da solo.
"Ah già. Nylos...- Samuel scoppiò a ridere, sommerso dai ricordi- Ma no, Loretta... è come un fratello per me.".
"Non ho più sei anni. Delle tue tendenze omosessuali me ne puoi parlare senza problemi eh!".
L'uomo la spinse via provocato, continuando a ridere.
Anche Lort si mise sinceramente a ridere insieme a lui.
Samuel poggiò la sua fronte rugosa su quella liscia e giovane della figlia.
"Ha... cosa mi hai rievocato, tesoro...- mormorò il padre, nostalgico- ho passate tante insieme a lui... e a tua madre.".
La fanciulla sollevò lo sguardo su quello del padre.
Tra i suoi occhi stanchi il velo della tristezza si era sostituito a quello della nostalgia.
"Quindi capisci? Per me Jehn è un amico.- spiegò Lort,tornando all'argomento di prima- Non so nemmeno se gli sto simpatica, ma ho fiducia in lui.".
Si allontanò da lui per lasciarsi asciugare i capelli da Clotilde.
"E comunque oltre l'affetto non posso provare nient'altro. Lo sai.".
"Loretta! Ancora con questa storia!" la vecchia governante si era permessa di rompere il suo umile silenzio con quella libera e annoiata esclamazione.
"Lo sai anche tu, Clotilde! Non voglio e non devo impegnarmi in relazioni amorose!" insistette Lort con irremovibile fermezza e serietà.
"Sì. Lo so." mormorò la vecchia, spegnendo il discorso tra le grinzose labbra dopo il rimprovero della sua padrona.
Si zittì e si mise ad asciugare i capelli della sua principessa con un panno.
Il re abbassò il capo nel palmo della mano, con aria di nuovo irritata.
Stavano andando così bene!
"E' inutile che ti innervosisci.- disse la ragazza, rivolgendosi al padre- Devo salvare il mondo qui. Figurati se ho tempo per fidanzarmi. A che scopo se sono sterile?".
Clotilde alzò il capo sconvolta per l'orribile frase detta dalla sua Loretta.
Gliel'aveva detto mille volte di trattare certi argomenti con discrezione, ma lei niente!
Quando era arrabbiata, Lort diceva le cose come stavano senza troppi giri di parole.
"Loretta, non m'importa che tu sia sterile.- rispose paziente- m'importa che tu non resti da sola."
"Oh, non sarò mai sola. Ho i miei compagni." Esclamò lei, facendo spallucce.
"... sì ma, non ci saranno per sempre. Hanno le loro vite da vivere, vanno e vengono. Alla fine ci dev'essere qualcuno che ti resti accanto nelle difficoltà della vita e che si prenda cura di te...".
"Sapessi quante volte ho sentito di persone che si sentono sole e infelici pur non essendo mai sole...- rispose lei fredda- ...e poi, sono un cavaliere: mi prendo cura io di me stessa.".
Approfittando di quel momento in cui non poteva muoversi sotto le cure della balia, si avvicinò di più a lei.
Le prese la testa per le mani e disse: "Tutti abbiamo bisogno di stare con qualcuno. Non imporre a te stessa di stare in solitudine, quando poi nemmeno tu la vuoi.".
Di fronte al sorriso sicuro del padre e quei suoi occhi così caldi, la freddezza dei suoi atteggiamenti si sciolse un po' .
Maledizione.
Amava la sua indipendenza.
Si allenava sempre, fisicamente e spiritualmente, per mantenere la sua libertà.
Ma la cosa a cui sin da piccola non era mai riuscita ad abituarsi era proprio quella condizione.
Quella che ci piglia sempre a tutti noi a fine giornata, dopo intense ore di lavoro, ritirandosi nella propria stanza vuota.
Forse è anche per questo che era sempre la prima ad arrivare e l'ultima ad andarsene.
Per ritardare l'inevitabile incontro con la solitudine a fine giornata.
"Non posso permettere che altri muoiano per difendermi. Non posso vedere le persone a cui tengo di più soffrire." mormorò, non incrociando lo sguardo del padre.
Istintivamente, posò la mano all'altezza del plesso solare.
"So cosa mi aspetta. So che questa storia finirà prima o poi. E voglio che la mia finisca bene: dando il mio contributo, in questo mondo così caotico.".
A quelle parole, il sorriso del padre si allargò.
"Cosa ho fatto per generare un corpo così fragile per un'anima tanto audace e generosa?" pensò, baciandole la fronte.
" Non posso proprio impedirti di partire, vero?" disse.
Sorridendogli, la fanciulla scosse la testa.
"Allora vai, Loretta. Rispetta la missione e poi torna a casa. Spero che dopo questa avrai giorni più sereni, dove potrai pensare anche un po' a te stessa.".
Le riempì di baci la faccia, facendola ridere.
Lei lo abbracciò, stringendolo forte a sé.
"Su su, adesso scusate, ma devo permettermi di separarvi!- intervenne la balia, allontanandola dal suo re- la principessa deve vestirsi, altrimenti si prenderà un malanno.".
Il re così, ridendo sotto i baffi, si avviò alla porta.
"Buonanotte, Loretta. Ti voglio bene." la salutò lui, facendole l'occhiolino prima di chiudere la porta alle sue spalle.
Rimaste sole, le due donne si sistemarono: Lort si mise a prepararsi per la notte, la sua balia invece mise a posto i suoi vecchi indumenti.
"Clotilde? Metti qualche scorta della mia medicina nella borsa. Devo portarmele con me.".
"Sì, principessa." affermò lei sorridendo.
Ma scuoteva la testa seriamente preoccupata, mentre osservava la maglia macchiata di sangue che teneva tra le mani.
"Andrà bene, Clotilde.- mormorò Lort, come se avesse letto nei suoi pensieri- anche se qualcuno penserà che stia facendo tutto questo per puro egoismo... sii almeno tu l'unica a credermi che sto operando anche per il bene del regno. E che andrà tutto bene.".
La vecchia si volse, sospirando.
" Non penso che tu stia operando egoisticamente, Loretta cara. Mi sto solo facendo venire l'ultimo capello bianco sulla nuca pensando al tuo bene.- ridacchiò lei, aggiustandosi la crocchia- che posso dire, in fondo? Sono solo un'umile serva. Solo... sta' attenta, ti prego.".
La principessa le sorrise.
Alzò la mano e allargò il palmo, invitando quella che era stata la sua unica figura materna a stringergliela.
Obbedì a quella sua silenziosa richiesta.
Consolare la custode di una vita intera fece sentire ancora meglio la fanciulla.
La sua mano diafana e raggrinzita non poteva sapere che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe teneramente sfiorato le sottili dita della sua principessa.
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