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Stiles osservò imperscrutabile il campo da gioco. «Lacrosse... In pratica, hockey sul prato».
Allison fece una smorfia. «In pratica, ma con le reti sulle stecche. Non farti sentire dal coach».
Stilinski sorrise, vedendo Scott intento a riscaldarsi e a mettersi il casco. «Lo sapete, vero, che sto aspettando che mi spiegate come mai mi avete trascinata via da Economia l'altro giorno?».
Allison, alla sua destra, si morse le labbra. «Sì».
«E me lo direte?»
Lydia, alla sua sinistra, assottigliò lo sguardo. «No».
«Bene, molto bene», fece sarcastica.
Il coach Finstock soffiò nel fischietto e Stiles vide tante divise rosse e bianche buttarsi a terra a vicenda, scontrarsi, rubarsi la palla...
I loro movimenti erano selvaggi, liberi, le loro gambe possenti calpestavano il terreno verde come cavalli che correvano. E quando Scott segnò in una rete, venne invasa dall'adrenalina.
Lydia si sentì osservata. Alle sue spalle, trovò Erica e Boyd. Lei gli sorrise e lui scrutò Stiles.
Non andava affatto bene.
Anche Stiles rabbrividì per lo sguardo di qualcuno. A bordo campo, una delle ragazze che stava con uno degli atleti, la fissava.
Mosse le mani per fare il linguaggio dei segni.
Quando una porta non è una porta?
Con mani agitate, recuperò le pillole dallo zaino. Ingoiò e sorseggiò dell'acqua dalla bottiglietta.
Dio, basta. Basta. Basta.
Si contò le dita. Dieci.
Non era un sogno. E lei non si sarebbe sottomessa al suo inconscio.
«Voglio giocare», se ne uscì.
Allison e Lydia si scambiarono un'occhiata dietro la sua schiena. «Come?», chiese la bruna.
«Ad Atlanta la squadra di hockey della mia scuola non mi permetteva di giocare con loro, perché sono una ragazza. Magari qui siete meno sessisti».
«Hai capito come si gioca e quanto è violento questo sport?»
«Certo. Mi è bastato guardarli per dieci minuti. Sembra divertente».
La Banshee individuò il numero 14, Isaac Lahey, in mezzo ai giocatori. «Non penso sia una buona idea».
Stiles si mise in piedi. «Io ci provo».
Prima che le ragazze potessero trattenerla, lei si era già diretta sul campo.
«Greenberg, ti avverto, se rivedo un'altra volta quelle tue mutande perché non riesci a non farti cadere i pantaloncini della divisa, ti caccio via!», strillò il coach. Un colpetto alla spalla lo sorprese. «Stilinski. Che c'è?»
«Quando sono i provini per entrare nella squadra?»
Isaac, a fianco a una delle panchine per bere, origliò la conversazione. Così come Scott, il numero 11, in posizione con la stecca.
«Li abbiamo fatti stamattina, sei arrivata in ritardo».
«Ma io ero nell'ufficio del preside per fare il tour della scuola, dato che sono arrivata qui solo pochi giorni fa. Non può chiudere un occhio e farmi provare?»
Finstock la esaminò, dalle scarpe con schizzi di pittura alle dita sporche di colore. «Non ho mai avuto una ragazza in squadra. Hai mai giocato a lacrosse?»
Evitò di raccontare della sua imbranataggine. «No, ma ho vinto delle competizioni di ballo in passato. Quando mi concentro, ho dei buoni riflessi. Sono agile, so lavorare in gruppo e non ho paura dei ragazzi più grossi di me».
Finstock passò una mano sul mento. «In effetti non si è qualificato nessuno per la maglia 24. Ok, facciamo così. Ora vai a cambiarti e mi fai vedere quello che sai fare».
Le vennero dati una divisa, un casco, una stecca e delle scarpe. Stiles corse in direzione della scuola, emozionata.
Scott lanciò un'occhiataccia a Lydia ed Allison, alzando le braccia come a dire "Non dovevate controllarla?". Qualcuno gli diede una spallata e lui illuminò gli occhi, provocatorio. Isaac fece altrettanto nel superarlo.
«Coach», lo raggiunse. «È sicuro?»
«Io non faccio distinzione tra maschi e femmine, McCall. Se sai giocare, puoi entrare».
Doveva inventare una scusa e in fretta. «Non è questo. Non teme che possano ferirla?»
«È parte del divertimento. Ha scelto lei di provare, a suo rischio e pericolo».
«Coach». Gli andò più vicino. «È la figlia dello sceriffo».
«Ci ero arrivato da solo, non ci sono altre persone a Beacon Hills con quel cognome».
«Se si farà male, non teme suo padre?»
L'insegnante esitò, solo per un attimo. «Lo sceriffo comprenderà. È lacrosse. Ci si rompono le ossa? Quasi sempre. Si mira alla vittoria? Ovvio. Lei potrebbe essere una buona arma segreta, se è capace di giocare».
«Coach, ci pensi bene».
«L'ho già fatto».
«Ma coach...»
«Ehi», lo interruppe. «Se hai qualche problema con Stilinski e lei riesce ad entrare in squadra, vedi di risolverli. Sei il capitano, McCall. Dai l'esempio». Lo lasciò lì.
Scott sospirò e avvertì una presenza dietro di lui. Stiles, in divisa e con casco e stecca nella mani, lo guardava ferita.
«Stiles, io...»
«Lascia stare». Si diresse in campo, indossando il casco.
Voleva giocare e farsi degli amici. Forse Scott sentiva che stava invadendo la sua zona. Non erano amici?
Il coach fischiò. «Cambio di programma. Schema 5-1. Vediamo se la nuova arrivata ha la stoffa per la squadra».
Un portiere, due difensori e tre attaccanti si posizionarono su metà campo. Stiles, di fronte a loro, strinse la stecca.
«Palla a Stilinski. Se riesci a segnare, sei dentro», urlò Finstock.
Il resto della squadra, come i componenti in campo, ridacchiava. Erano interessati da quello che stava per capitare.
Scott, seduto a una panchina, venne affiancato da Isaac. «Ti ha sentito, eh? Hai ferito i sentimenti della principessina dello sceriffo».
«Piantala. Sparisci».
«Sei al corrente del fatto che devi starle attaccato costantemente, giusto? Io e gli altri stiamo solo aspettando il momento perfetto e tu non dovresti perderla di vista. Neanche. Per un. Secondo».
Scott trattenne un ruggito. «Che accidenti vuole fare Derek? Perché vuole morderla fino a tal punto? Ha già te, Boyd, Erica e Malia. Non gli bastate?»
«Malia non fa parte del branco. La conosci, è una tipa solitaria. E sta progettando di andarsene a Parigi, ora che ha finito la scuola. Inoltre, Derek non ci ha detto di voler dare il morso a Stiles. Ci ha solo ordinato di portarla da lui».
Scott contrasse la mascella. «Perché? Che vuole da lei?»
Isaac mostrò sfacciatamente quanto la faccenda lo stesse divertendo. «Be', lei è una bella ragazza e lui è solo da parecchio tempo». Gli sorrise serafico. «Fa' due più due».
Scott, scioccato, puntò gli artigli sull'avambraccio del Beta. Premette e Isaac gemette. «Non può fare sul serio. È una ragazzina».
«E lui è un Alfa. Stiles non fa parte di nessun branco. Se Derek l'avvicina, tu la perdi».
Nel frattempo, sul campo, Stiles inspirò ed espirò piano. Poteva farcela. Non era tanto diverso rispetto a quando correva nei parchi ed evitava gli alberi.
Strinse la stecca e dopo... la osservò. Il cuore galoppò, i suoni si dispersero.
L'occhio della sua mente le fece un brutto scherzo e al posto della stecca vide... una spada. Una katana.
Un fischio. Dei corpi che le venivano incontro. La palla nella sua rete.
E Stiles agì.
Fece delle finte per evitare gli attaccanti, superò i difensori e con uno di loro fece scontrare le stecche, spingendolo via.
In quell'istante, un'immagine le apparve davanti agli occhi.
Non era umano. Era una specie di demone. Completamente in nero, con una maschera d'argento e gli occhi gialli luminosi. La sua spada si era scontrata con quella di Stiles.
Respinse nella testa quella sua immaginazione scatenata e tirò, segnando.
«Sì!», esultò il coach. «Eccola! Ecco il nostro numero 24».
Scott guardò Lydia ed Allison. Tutti e tre non erano per niente felici di questa notizia.
Stiles festeggiò con la squadra e andò agli spogliatoi femminili, rifilando a Scott uno sguardo deluso.
Lui, con un macigno nel petto, si allarmò. Erica si era alzata e la stava seguendo. Senza perder tempo, fece cenno alle sue amiche di andarle dietro.
Isaac batté le mani. «Complimenti al nostro nuovo acquisto. Non credi?»
«Tu e gli altri, statele lontano».
«E se lei volesse conoscerci? Non puoi proteggerla per sempre. Sii sincero con te stesso, il nostro branco è più sicuro. Noi non ci nascondiamo le cose».
Aggrottò la fronte. «Di che stai parlando?»
«Ah, non te l'ha detto? Mh, strano».
«Cosa? Chi?»
«Lydia. L'ho sentita l'altra notte, non abitiamo lontano l'uno dall'altra. Ha urlato. Sta per capitare qualcosa. O qualcuno sta per morire. Dai retta me, lascia Stiles a Derek. Non vuoi che rischi la vita, o sbaglio?»
Il Vero Alfa si alzò e lo fronteggiò. «Di' a Derek che non l'avrà mai».
Il Beta sorrise più ampiamente, gli diede un'altra spallata e lo lasciò solo nel verde. O meglio, credeva di essere solo.
«Oh, Scott». Il ragazzo girò su sé stesso, cercando Derek che gli parlava. «Dovrai imparare a lasciarla andare. Non sei in grado di badare a lei. Sarai anche un Vero Alfa, ma sei un incapace. Non sai tutto della tua specie. Presto Beacon Hills sarà pericolosa e tu avrai troppo da fare per occuparti di lei. Dalla a me».
Ansimò, furioso. Nonostante gli avesse detto di starle alla larga, lui era lì. E probabilmente aveva visto tutto. «Dovrai passare sul mio cadavere per arrivare a Stiles».
Silenzio. Finché... «Come vuoi».
Scott si ritrovò a terra e Derek Hale gli portò gli artigli alla gola. «Potrei ucciderti adesso. Potrei diventare l'unico Alfa di Beacon Hills. Ma non lo farò. Per tutto quello che abbiamo passato. Ti chiedo solo lei».
Scott respirò difficilmente. Qualcosa non quadrava. Cos'era quella fissazione per la sua amica? «Cosa sai... che io... non so?», raschiò senza voce.
Derek ebbe un capogiro. Per un secondo, scordò ciò che li aveva fatti allontare. Ricordò di quand'erano stati un unico branco, prima di mordere Isaac, Erica e Boyd, quando i suoi occhi si illuminavano di blu e non di rosso.
Poteva fidarsi di nuovo? Scott poteva davvero aiutarlo a proteggerla?
«C'è un motivo se le creature sovrannaturali sono attratte da lei. Lei è...»
Il suono familiare di una 45 a cui veniva tolta la sicura fece voltare entrambi.
Chris Argent mantenne la pistola su Derek. «Allontanati da lui».
Hale, preso in scacco, obbedì. In pochi secondi, svanì via.
Scott tossì e Argent lo aiutò a rialzarsi. «Grazie. Sei qui perché te l'ha chiesto Noah?»
«Non posso dire no ad un vecchio amico. Voi la proteggete a scuola, io la proteggo fuori».
Scott ripensò allo sguardo di Derek. Per un attimo, aveva rivisto il suo amico. «Tu lo sai perché non vuole Stiles vicino al branco Hale? Te l'ha mai spiegato?»
«No. Ma se Noah dice di tenerla al sicuro da loro, io mi fido».
«Quanto andrà avanti questa storia?»
«Finché non andrete al college, suppongo. O finché Derek non rinuncerà al suo potere di Alfa».
Scott gli diede ragione. In seguito ripensò alle parole di Isaac.
Lydia aveva gridato. La domanda era... perché?
Scott si incamminò per andare a cambiarsi, quando calpestò qualcosa.
«Il quaderno di Stiles». Doveva esserle caduto dallo zaino.
Lo raccolse. Era aperto ad una pagina e lui divenne di pietra.
Lupi. Decine e decine di lupi in quei fogli.
Di sicuro una coincidenza. Poi voltò un'altra pagina e si ritrovò faccia a faccia con un Kanima.
Merda.
«Che c'è?»
Fece vedere ad Argent il disegno. «È Jackson».
Chris, raggelato, sfogliò il quaderno. Deglutì all'ultima pagina. C'era un licantropo, in alto a destra la Triskele degli Hale. «E questo è Derek».
Fuori dai boschi, in un punto alto da dove si poteva vedere l'intera Beacon Hills, un uomo respirò l'aria.
«Lei è qui», mormorò.
Si girò e si rivolse ai due ragazzi senza maglietta. «Andate a prenderla».
Loro ringhiarono e corsero via.
L'uomo si mise degli occhiali da sole, allungò il bastone da passeggio per ciechi e si ritirò nella foresta.
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Sempre Kitta_Angel
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