12
Stiles spalancò l'anta dell'armadietto riservato a lei e svuotò a terra il suo borsone. Si mise in ginocchio e cercò ciò che le serviva.
Ma non c'era.
No, no, no! Aveva lasciato le pillole a casa, maledizione.
E adesso?
Come poteva uscire da lì senza vedere quell'indovinello illustrato dalle loro dita? O con la capacità di leggere?
Improvvisamente provò un gran caldo. Si tolse il top, rimanendo in reggiseno, e si fece aria con le mani. Si slegò la coda, la chioma le cadde su una spalla. Poggiò la fronte contro un armadietto chiuso, facendo respiri lunghi e profondi, a occhi chiusi.
Poteva farcela. Era lei che dominava la sua mente, non il contrario.
Erano solo allucinazioni. Non erano reali.
O forse... niente lo era.
«È un sogno... è un sogno...» Aprì gli occhi e si toccò le dita, contandole.
Bene, era sveglia. Almeno quello.
Levò il tappo della bottiglietta, bevve l'acqua e si bagnò con essa il viso sudato.
Era stanca di dover affrontare quella situazione da sola. Era forte, lo sapeva, ma non abbastanza.
Parlarne con Joe e Cindy su FaceTime non era abbastanza. Forse era il caso di dirlo a suo padre.
Trasalì, due dita stavano tracciando un percorso sulla sua schiena, seguendo i nei.
Ridacchiò, riconoscendo il suo profumo. «Mi hai spaventata. Di nuovo».
Theo la prese tra le braccia e la portò a guardarlo in faccia. «Mi è sempre piaciuto tracciare i tuoi nei. Prima o poi, prenderò un pennarello e creerò una costellazione sulla tua pelle».
Stiles lo baciò con trasporto, rilassando i muscoli. Theo era suo amico. Non l'aveva mai giudicata per i suoi comportamenti strani. Con lui era al sicuro.
Ebbe un brivido. Una scarica elettrica le percorse la spina dorsale. La riconobbe.
«Ti voglio», sussurrò.
«Qui?»
Gli levò la maglietta e il cappello con visiera che indossava al contrario. «Qui. Adesso».
Il ragazzo non si fece pregare. Si slacciò la cintura e gettò via i suoi jeans. La morsicchiò e leccò sul collo, poi la sollevò.
Lei gli tirò i capelli e giocò con le sue labbra, tirandole e baciandole.
La porta si spalancò di colpo, spaventandoli. Stiles arrossì. «Scott, che cavolo!»
Il Vero Alfa, capendo cosa aveva interrotto, tremò per trattenere la sua ira. «Stiles, dobbiamo andare, il coprifuoco sta per scattare».
Lei indossò svelta i suoi vestiti di ricambio, poi venne presa per un braccio e portata via dal suo amico.
Nell'uscire dal camerino, incrociarono Derek.
Lui, seguito dal figlio, diede un'occhiata all'interno della stanza. Il lupo che era stato in compagnia di Stiles fino a poco prima si stava rimettendo i pantaloni.
Prima che potesse liberare un ringhio, lo fece l'adolescente al suo fianco. I suoi occhi si illuminarono.
«Eli», lo richiamò. «Eli, no!»
Troppo tardi.
Il ragazzo ruggì forte e si avventò su Theo, con tanto di zanne e artigli.
Anche Theo si trasformò, lottando per difendersi e colpendolo a sua volta per farlo desistere.
Eli venne spinto contro gli armadietti, facendo piegare il metallo. Theo venne lanciato contro i lavandini del bagno, spaccando la ceramica di uno.
Quando il suo nemico fu a terra, Eli gli salì a cavalcioni e strinse intorno alla sua gola. «Toccala di nuovo e ti ammazzo!»
Prima che potesse infliggergli quattro graffi profondi sulla gola, suo padre e Peter lo presero, portandolo alla porta.
«Andiamocene!» Peter li spinse tra la folla.
Vennero raggiunti dai tre Beta e Derek li condusse alla Camaro.
«Dove sono quei gemelli?»
Isaac aveva il fiatone. «Scomparsi. Sono scappati quando hanno capito che Stiles se n'era andata».
L'Alfa serrò mandibola. «Vogliono lei. Lo sapevo che sarebbe capitato».
«Capitato cosa?», chiese Boyd.
Erica indicò Eli. «E lui chi è?»
Padre e figlio si osservarono e l'uomo sbuffò. «Va bene. Devo dirvi una cosa».
Peter rise silenziosamente e si sedette al posto del passeggero. «Questo sarà molto divertente».
Allison, seduta al posto del passeggero della macchina di Lydia, mostrò a Scott, intento a guidare, un messaggio da suo padre.
Lei lo aveva avvisato sul fatto che ci fossero dei licantropi sconosciuti e che avevano cercato di avvicinarsi a Stiles.
Chris Argent, nel messaggio, consigliava di non portare assolutamente Stiles a casa fino a quando non avrebbe dato loro il via libera. Avrebbe avvisato lui stesso lo sceriffo.
«Allora?», sbottò Stiles, seduta sui sedili posteriori con la biondo fragola. «Mi dite che succede o no? Li ho visti quei tre al Jungle. Volevano parlarmi, giusto? E c'era anche quell'altro tizio, quello che mio padre odia».
Scott fiutò la frustrazione che arrivava dalla sua amica. «Come sai che tuo padre lo odia?»
«La scorsa settimana era a casa nostra. Stavano litigando e papà gli ha puntato la pistola alla fronte. Non mi sembra molto un comportamento da amici».
I tre si guardarono, confusi. Che ci faceva Derek a casa Stilinski?
Allison si schiarì la gola. «Dunque... pattinaggio?»
Lydia concordò, recependo che c'era un motivo se non potevano riportare la ragazza a casa. «Io ci sto. Stiles?»
Lei batté le palpebre, sconcertata. «Ok, ho capito, vi siete messi d'accordo per prendermi in giro. Piantatela di sviare le mie domande. Che volevano da me?»
Scott strinse il volante, cambiando strada per andare alla pista di pattinaggio abbandonata. «Volevano parlarti, sì. Quell'uomo che era con loro... Il suo nome è Derek Hale».
Stiles rimase di sasso. «Hale? Vuoi dire come...?»
«Esatto, come la Riserva degli Hale. Lui e tuo padre non si sopportano per svariati motivi, principalmente per ragioni legali».
Lei ridacchiò. «State scherzando? È un fuori legge? Senza offesa, ma penso proprio che mio padre non sia il tipo da portarsi dietro rancori che riguardano il suo lavoro».
Lydia sospirò. Mentire su una faccenda del genere le provocava l'emicrania. «Non è così semplice. È più di questo. Non conosciamo tutta la storia, ma siamo cresciuti qui e ci ricordiamo perfettamente che, fin da quando noi eravamo bambini, tra loro due le cose andavano male».
Stiles corrugò le sopracciglia. «Fin da quando eravate bambini? Un attimo, Derek non mi sembra così tanto più grande di noi. Ha dei precedenti di quando era adolescente?»
Allison scosse la testa. «Non lo sappiamo».
Stiles poggiò il capo contro la portiera. «Per questo mio padre è così iperprotettivo? Non vuole che parli con Derek?»
«Già», fece Scott.
«E Isaac e gli altri sono suoi amici».
«Se così si può dire».
Si massaggiò le tempie. «Va bene, se è per evitargli un infarto a causa mia, cercherò di evitarlo. Anche se non ne comprendo il motivo».
Lydia fissò fuori dal finestrino. Potevano gestire la cosa. Avevano affrontato Peter, Jackson, Gerard... Rifilare bugie continue a Stiles non doveva essere complicato.
Era per il suo bene, si convinse. Ma su che cosa le stavano mentendo?
Cosa non aveva detto loro lo sceriffo?
Una mosca si posizionò sul vetro. Lei lo colpì leggermente per mandarla via, senza risultati. Venne raggiunta da un'altra. E poi ancora. E ancora e ancora e ancora.
Lydia sgranò gli occhi. Nonostante fossero fuori, lei riusciva perfettamente a sentire il loro ronzio.
Oh, no.
Gli insetti aumentarono, si moltiplicarono. Andarono al finestrino di Stiles, di Allison, al parabrezza, impedendole di vedere ovunque.
Nessun altro le notò, a parte lei.
«Scott. Accosta».
Le mosche si unirono, potenti nel loro verso, e formarono sul suo finestrino una maschera orripilante. Due lucciole si aggiunsero all'immagine, illuminandosi come occhi.
«Scott, accosta!»
Il ragazzo frenò di colpo, facendo balzare tutti. Lydia si precipitò fuori e corse verso il bosco, non sentendo i suoi amici chiamarla a causa dei ronzii.
Si fermò, l'unica luce erano i fari della macchina, e il suo grido da Banshee creò un eco che perforò l'aria e interruppe le mosche nella sua mente.
Scott levò le mani dalle orecchie, gemendo dolorante e diede un'occhiata dietro. «Stiles». Toccò la mani della sua amica, aveva gli occhi chiusi. «Stiles!»
«È svenuta».
Scott sottrasse di scatto le dita. «Ma che...»
I due si allontanarono quanto poterono. La pelle di Stiles, più per la precisione le sue vene, si stava illuminando di poco. Come se il suo sangue, nel fluire, stesse trasportando oro.
Ecco cosa aveva visto Scott al Jungle.
«Avevi ragione, non è umana».
Il Vero Alfa ansimò. «Forse, con questo dettaglio, Deaton può scoprire prima che cos'è».
«Scott!»
Guardarono la Banshee. Era ancora tra gli alberi e delle figure oscure, armate di spada, la stavano circondando.
Il ragazzo si tolse la cintura e corse da lei. «Lydia!»
Una delle creature, fatte di tenebre e ombre, la prese dalla nuca e scrutò coi suoi occhi giallognoli. Lo stesso colore delle lucciole.
La ragazza venne poi lasciata sul terreno, gelida e con un segno dietro l'orecchio sinistro. Quegli strani ninja erano evaporati.
Scott la sollevò e la riportò nell'auto, accendendo il condizionamento al massimo.
Entrambe le ragazze ripresero conoscenza. «Cos'è successo?», mormorò Stiles.
Allison si tolse la giacchetta e la usò per coprire Lydia. «Ehm, abbiamo avuto un piccolo incidente».
«Stiamo tutti bene?»
Lydia deglutì e si toccò il segno sulla pelle. Un cinque all'incontrario. «Sì. Stiamo bene. Magari prendiamo qualcosa da mangiare dai distributori alla pista».
Scott le spostò i capelli dalla fronte. «Vuoi ancora andarci? Te la senti?»
«Sì. Lì non ci troverà nessuno», sussurrò. «Dubito che Derek sappia pattinare».
Lui annuì, non molto convinto, e tornò al suo posto.
Allison gli bisbigliò: «Cosa diavolo erano quei cosi?»
«Non lo so. Mi sa che faremo visita a Deaton prima del dovuto e dovremo costringere Stiles a venire con noi».
«E come?»
«Ennesima bugia», disse amaramente. «Deve controllarla, forse ha già visto una cosa simile».
La ragazza fece una smorfia. «Deaton è un veterinario», gli ricordò. «Stiles non ci cascherà».
Scott boccheggiò. «È pur sempre un dottore».
No, non era il migliore dei loro piani.
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