11
Non era la prima volta che Scott McCall si intrufolava di nascosto nel locale Jungle. Nemmeno la nuova maniglia con lucchetto antiscasso l'avrebbe fermato.
Accompagnato dal suo branco, cercò la postazione del DJ. Un po' complicato, date le luci abbaglianti, il caos che provocavano i fumogeni e i ragazzi che si strusciavano sulla pista.
«Pure se riuscissi a fiutarla, sarebbe inutile. Ci sono troppe persone».
Lydia indicò una delle scale che portava agli spalti con poltrone e tavolini. «Magari da là sopra riusciremo a scorgerla».
Scott mosse di scatto la testa. «Ragazze, ce n'è un altro. Un altro licantropo».
Allison si guardò attorno. «Intendi Derek? È qui?»
«È qualcun altro. Qualcuno che non conosco. No, aspettate. Sono due. Tre. Quattro. Cinque».
«Un nuovo branco?» Lydia si irrigidì.
Scott annaspò. «No. Uno di loro è Peter».
Allison li condusse al piano di sopra, facendosi spazio tra i corpi che ballavano.
Lydia esaminò i clienti del Jungle. «Riesci a capire chi sono gli altri quattro?»
Scott digrignò i denti. «Troppi odori».
Allison scorse un movimento. «Ehm, ragazzi...», fece cenno verso l'entrata. Erano apparsi Derek e il suo branco.
«Peter non è con loro?», chiese Lydia.
Scott usò la sua vista ultra sviluppata e la fece scorrere sul pubblico. C'erano adolescenti. Molti, moltissimi adolescenti. Desiderosi di sfogarsi prima del coprifuoco.
Individuò Stiles, danzava sul posto con le cuffie e gestiva la musica.
Peter Hale era in disparte, contro una colonna, e fissava Stiles.
Altri due lupi, gemelli Alfa, stavano andando da lei.
Un altro ancora si faceva spazio tra i ballerini.
L'ultimo lupo era poggiato contro una parete. Lui e Stiles si sorridevano di rimando.
Intravvide qualcosa. Qualcosa di molto strano.
La pelle di Stiles pareva brillare, come se avesse addosso i raggi solari.
Probabilmente erano le luci del locale.
Fece appena in tempo ad incrociare lo sguardo di Derek. Il moro fece un cenno con la testa ai suoi Beta, i quali andarono alla postazione del DJ.
Scott scattò. «Andiamo!»
Derek scostò con poca grazia i minorenni che si stavano muovendo al ritmo dettato da Stiles.
I suoi sensi si misero in allerta, c'era un licantropo vicino a lei.
Un ragazzo biondo, giovane. Mai visto a Beacon Hills. E Stiles gli sorrideva.
«Percepisco la tua puzza di gelosia da qui».
Si voltò, trovando Peter.
«Credevo non volessi partecipare alle azioni del branco».
L'uomo squadrò le spalle. «È così infatti, non può fregarmene di meno. Sono venuto solo per avvertirti. Il tuo piccolo prezioso segreto è in pericolo».
Derek lo sovrastò, spingendolo contro il muro tenendolo per la maglietta. «Che significa?»
Sorrise leggermente. «Significa che lui è tornato a Beacon Hills e la sta cercando. Anzi, si trova proprio qui, in questo preciso istante». Sollevò il mento per indicargli la ressa.
L'Alfa individuò i suoi Beta, stavano circondando Stiles a sua insaputa e tenevano d'occhio il lupo sconosciuto.
Ma lì, in mezzo alla pista, c'era un ragazzo. Camicia a quadri, capelli castani leggermente lunghi, occhi sul verde e nei vicini alla bocca.
Eli. Suo figlio.
Che accidenti ci faceva lì?
Manteneva la visuale su Stiles. Le pupille stavano brillando d'oro.
Derek inghiottì un'imprecazione nel vederlo camminare a passo svelto verso di lei. Ritrasse gli artigli e corse. Sentì Peter avvisarlo di altri due intrusi.
Ora la questione era una sola. Chi avrebbe raggiunto per primo Stiles? Scott, Eli o quei due fratelli?
Prese Boyd per una spalla e indicò Isaac e Erica. «Di' loro che dovete fermare due lupi. Sono gemelli Alfa. Vai!»
Il ragazzo partì all'attacco, avvertendo gli altri due del pericolo. Usando il loro olfatto, trovarono i due nuovi arrivati in città. Erica conficcò gli artigli nel petto di Aiden, sbarrandogli la strada, e lo portò in disparte, in uno dei corridoi bui e deserti. Isaac e Boyd trascinarono Ethan in un altro corridoio.
Derek intercettò suo figlio e gli impedì di guardare ulteriormente Stiles. «Non dovresti essere con tua zia in Sudamerica?»
Eli ringhiò, le zanne sporte. «Perchè? Perché non mi hai avvertito? Perché non me l'hai detto? Ho dovuto scoprirlo da Deaton».
Ok, emissario di due branchi o no, avrebbe mutilato il veterinario per questo.
«Da quanto sai di lei? Quando ti chiesi se fosse possibile, mi hai mentito, non è così?»
Derek sospirò. «Ho scoperto che è viva solo da pochi anni e non ci volevo credere. Non ci riuscivo. L'ho fatto solo dopo averla vista di persona, due settimane fa».
«Due settimane? È qui da due settimane? E non ti sei degnato di dirmelo? Avevo tutto il diritto di saperlo!»
«Pensi che non lo sappia? Lo so! Ma devi capire come stanno le cose. Lei non sa di me, figurati se sa di te. Volevo proteggerti».
Eli mostrò gli occhi da lupo. «Non ho bisogno di essere protetto da lei».
«Non intendevo quello». Lo spinse delicatamente indietro. «Ora vai a casa e non farti vedere così. Ce ne stiamo occupando noi».
«Chi, tu e Peter?»
«Io e il mio branco».
Il giovane Hale sollevò le sopracciglia. «Hai un branco? Da quando? Papà, quanto altro non mi hai raccontato? Sanno di me?»
«Ne parliamo a casa, dirigiti al loft. Peter ti darà l'indirizzo».
Si sottrasse alla sua stretta. «Voglio parlare con lei. Non me ne vado senza di lei».
Derek gli puntò un dito contro. «Vuoi che ti porti via di peso e ti rinchiuda nella mia macchina? Perché posso farlo».
Eli gli prese il polso, gli artigli in bella vista. «Non sono più un bambino».
«Eli. Non farlo».
Il ragazzo ruggì e lo spinse contro una colonna. Derek tentò di spingerlo lontano dalla calca e portò entrambi nei bagni.
Lo lasciò graffiarlo sulle braccia. Sfruttò un momento di debolezza e gli conficcò la testa sotto l'acqua fredda di uno dei lavandini.
«Cora lo sa che sei qui?»
Eli si scansò e si allontanò da lui. «Perché mi stai facendo questo? È tutta la vita che desidero un momento del genere, non puoi portarmela via!»
«Ne sono consapevole. Ma lei non sa nulla. Dobbiamo darle tempo e spiegarle ogni cosa».
Eli respirava faticosamente. «No. Mi spiace, ma sono stanco di aspettare. Non sono più disposto a farlo».
Peter si fece largo e li esaminò, sfregando le mani. «Allora? Come sta procedendo questa riunione di famiglia?»
«Puoi dirgli anche tu che non è una scelta saggia avvicinarsi a Stiles?»
Eli non riuscì a calmarsi. «Voglio solo parlarle. A lei non farò nulla. Ma al lupo con cui stava flirtando... Sì, a lui potrei staccare un braccio. O entrambe».
Peter sporse il labbro inferiore e annuì. «Tale padre, tale figlio. Sento la stessa rabbia omicida su entrambi».
Derek frenò i suoi pensieri, rendendosi conto di un fatto. «Peter, perché sei venuto? Se avessi voluto avvertirmi di Eli, ti saresti limitato a telefonarmi. Tu non ti sposti da un luogo all'altro senza una ragione personale».
Lo zio finse un'aria innocente.
«Mi stai nascondendo qualcosa?»
«Perché, tu non mi stai nascondendo che vuoi segretamente avere Stiles in modo affatto platonico? Anzi, affatto segretamente. La puzza del tuo desiderio è intossicante».
«Visto? Per questo dovremmo uccidere il ragazzo che è con lei».
«No!», sgridò Derek il figlio.
Peter sospirò. «Sei cambiato, nipote. Mi domando se sia un bene».
«Stiles!»
La ragazza alzò il capo e sorrise a Scott e alle ragazze. «Ciao! Vi state divertendo?»
Lydia guardò l'orario. «Stacchi tra poco, vero?»
«Due minuti e finisco il turno, sì».
Scott le mise una mano sulla spalla, ma lei lo spinse via.
«Non ci parlo con te. Sono ancora arrabbiata per il lacrosse».
«Lo so e hai ragione, ok? Hai assolutamente ragione. Puoi finire prima e venire con noi, così ne discutiamo?»
«Venire dove?»
«Uhm, a pattinare. Conosciamo un posto. È abbandonato, ma è facile infiltrarsi», suggerì Allison.
Stiles li spiò tutti e tre con la coda dell'occhio. «Volete dirmi che succede? Continuate a comportarvi in modo ambiguo. Se entro in una stanza, cambiate argomento o smettete di parlare. Mi portate via dalla classe se ci sono Lahey e gli altri. Non volete che giochi a lacrosse. Cosa c'è che non va?»
La rossa cercò di placare gli animi. «D'accordo, qualcosa c'è. Tra noi e Isaac, Boyd ed Erica ci sono dei trascorsi e non ti vogliamo vicina a loro. Sei nostra amica ora, vogliamo solo il tuo bene».
Stiles spostò le cuffie da un orecchio. «Non è solo questo. Smettetela di mentirmi, sento che mi state trattando coi guanti bianchi. O mi dite la verità o lunedì chiedo spiegazioni direttamente a loro». Riprese a gestire il suo remix.
I tre ragazzi continuarono a richiamarla, ma lei li ignorò. Era a lavoro, si stava divertendo, non voleva innervosirsi.
Il suo sguardo, come attirato da una forza, si innalzò. Tra i ragazzi che danzavano e bevevano, ce n'era uno. Guardava lei, l'espressione assente.
Sentì il gelo invaderle le ossa nel vederlo parlare il linguaggio dei segni.
No. No, non qui, non adesso.
Fissò la sua loop station. Non doveva guardarlo, se ne sarebbe andato.
Ritentò, stavolta trovò un altro tipo. Anche lui la osservava. Anche lui faceva ripetutamente quei segni.
Un altro ragazzo. E poi un altro e un altro, un altro, un altro...
Smisero tutti di ballare. Gli occhi su di lei.
Giro in senso orario sull'indice sinistro. Apertura coi profili dei palmi. Pollice che scivolava via da sotto il mento. Ancora apertura.
Le bruciò il naso, stava per piangere. Spinse le cuffie contro la sua testa, tentando di distrarsi con la musica. Niente.
Perché? Perché? PERCHÉ?
Quando una porta non è una porta?
Quando una porta non è una porta?
Quando una porta non è una porta?
La canzone sparì, un fischio le perforò i timpani. Si rese conto di non aver mai risposto.
Quand'è accostata.
Una mano apparve nella sua visuale, Scott le stava parlando. Lei notò la sua maglia.
Con orrore, si accorse di non riuscire a leggere le scritte che c'erano sopra.
Che cavolo... La sua dislessia non era a questo punto. A volte confondeva le parole nei libri e faceva fatica, ma non ci vedeva al loro posto numeri o lettere straniere.
C'era un'unica spiegazione. Stava sognando. Per forza. Si ricordava di essersi svegliata quella mattina?
Tom, il suo collega maggiorenne che le doveva dare il cambio, le picchiettò la spalla per avvisarla che era pronto.
Stiles gli lasciò l'occorrente e corse in direzione del camerino, scossa.
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Chi sta cominciando a capire, dica io!
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