𝟔
𝐁𝐢𝐚𝐧𝐜𝐚
«Sei pronta?»
«No, mi servono ancora una ventina di minuti!» urlo in risposta a Victor, che so mi sta aspettando febbricitante già da una mezz'oretta buona.
No, non sarò pronta tra una ventina di minuti, e non lo sarò nemmeno tra cinque ore.
È il mio primo evento di questo tipo, con la Moon non ne ho mai avuto il privilegio, forse perché mi consideravano di serie B, o forse semplicemente perché non ero ancora abbastanza famosa, e di buttare soldi inutilmente per un party del genere non avevano voglia.
E come dargli torto.
Evidentemente Hyper non ha problemi a sforare di un po' il budget, e qualche zero in meno sul loro conto non fa poi molta differenza.
Ma Dio quanto mi fa sentire in colpa questa cosa, non ho nemmeno iniziato.
Rifletto sull'importanza che mi stanno dando, mentre giro l'ultima ciocca di capelli intorno al ferro rovente. Mi sento una grandissima responsabilità addosso, non credo che firmare con loro mi avrebbe portato ad avere tutta quest'angoscia. Ma d'altronde cosa credevo?
È lavoro, a tutti gli effetti. Loro stanno puntando su di me, e io devo dimostrargli di meritarmi questo posto.
Nel mondo della musica c'è tanta competizione, se non dai il massimo, sei fuori. Si passa al prossimo artista, e di te non si ricorderà più nessuno.
«C'è un pacco per te»
Mi alzo di colpo. «Per me?» Un pacco? Non stavo aspettando nulla. O almeno credo. Potrei aver comprato qualcosa online nel sonno, o in un momento di sconforto e non ricordarmi niente?
Apro uno spiraglio della porta per sbirciare. Vedo Victor in piedi, con in mano una scatola nera. Guardo prima lui, poi la scatola. Poi di nuovo lui. Alza le spalle.
«C'è scritto» gira tra le mani un foglietto, anche questo nero «per la signorina Bianca Mills, da parte della Hyper Sonic Music.»
A sentir nominare quel nome spalanco di colpo la porta e glielo sfilo dalle mani, per poi richiudere la porta dietro di me, questa volta a chiave.
Perché mai l'Hyper dovrebbe mandarmi un pacco poco prima di un evento, oltretutto pagato da loro?
Poso la scatola sul mio letto e delicatamente, cercando di non rovinarlo, sfilo il meraviglioso fiocco argentato. Non sto nella pelle e ci ripenso, lo apro tutto d'un colpo.
Un vestito nero.
Aspetto qualche secondo prima di tirarlo fuori e scoprire che è un abito lungo, con uno spacco colmo di brillantini che tende anche questo all'argento.
Ma che diavolo?
Ammiro incantata il lavoro di precisione di quella sfumatura impeccabile.
Ma perché mai l'Hyper Sonic ha pensato di farmi un regalo simile? Non bastava già il party?
Dio se vogliono farmi sentire in colpa. È un messaggio in codice del tipo "se non ci fai tornare indietro più di quello che abbiamo speso per questo party ti spenniamo viva"?
Sono sicura che qui ci sia lo zampino di Emma, nessun'altro ha gusto come lei sui vestiti. Non potrebbe essere altrimenti, d'altronde a chi del team verrebbe mai di farmi un regalo del genere. Giusto una donna.
Mi appunto mentalmente di ringraziarla al mio arrivo.
Smetto di pensare e non perdo un secondo di più per indossarlo.
«O mio Dio.» sussurro guardando il mio riflesso allo specchio. Rimango stupita dalla bellezza, ancor di più adesso che lo indosso. Penso al lavoro stupendo che c'è dietro e ammiro la precisione con cui il tessuto mi avvolge i fianchi.
«Bianca, Dio. Non ce la faccio più ad aspettare, non mi dire che vorrai fare tardi anche al tuo fottuto party.»
Alzo gli occhi al cielo, raccatto la pochette e infilo velocemente i tacchi – onesti, per una non abituata a questo tipo di altezze – cercando di non finire a faccia a terra.
Lo stesso giorno in cui Emma mi fece questa proposta assurda del party le mandai un rapido messaggio dicendo che avrei accettato la sua proposta ad una sola condizione: non invitare troppa gente. O almeno, invitare solo il team, tutti i miei parenti e amici, Fya, e se proprio indispensabili, qualche giornalista. Due o tre, non di più. Una cosa tranquilla.
Ma quello che ho davanti agli occhi in questo momento è tutto il contrario. Stiamo parlando di Emma, adora fare le cose in grande. Cosa mi aspettavo?
«Bianca!» giro la testa, e vedo Emma arrivare alla mia sinistra con un bicchiere di non-so-cosa in mano. Beh, a quanto pare la festa è iniziata già da un po', chissà a quanti drink è già arrivata. La conosco abbastanza bene da sapere che non sarà l'unico. «Finalmente sei arrivata, giusto in tempo.» Con solo quarantacinque minuti di ritardo...si Emma, giusto in tempo. A naso direi quinto drink.
E per tornare a casa? Sono ancora in tempo?
«Pochi invitati, vero?» la rimprovero. Mi guardo intorno, ancora sconcertata dal numero spropositato di gente presente. «Da dove hai tirato fuori tutta questa gente?» le chiedo, davvero curiosa della risposta.
«Potrei aver girato l'invito a tutti i contatti salvati sul mio telefono» la guardo sconvolta, e lei alza le spalle come se non fosse colpa sua. Menomale che non ho dovuto tirare fuori un dollaro per questa festa.
«Emma...» mi lamento. Non era così che pensavo di festeggiare. L'avevo avvisata.
«Dai Bianca, non fare storie! È un modo per conoscere nuova gente, non credi?»
La fulmino, e lei divertita si porta il bicchiere alle labbra.
Si avvicina a me «Fattelo dire tesoro, questo vestito ti sta da Dio!» le sue mani sfiorano un lembo del vestito, ne studia il materiale.
Solo in quel momento mi ricordo del vestito e di doverla ringraziare. «Anzi, a proposito. Ti volev-»
Emma non mi da nemmeno il tempo di finire la frase. «Dove lo hai comprato? È Armani?»
Chiudo la bocca confusa. Non è stata lei?
Mi fissa, in attesa di una risposta.
«Non so, ho preso la prima cosa che ho visto nell'armadio.»
Controllo che Victor sia il più lontano possibile in modo che non possa sentire la conversazione. «Forse l'ho preso l'inverno scorso con i saldi.» tiro fuori la prima balla, sperando di convincerla, anche se in questo momento nella mia testa c'è solo un pensiero: chi diamine mi ha comprato quest'abito?
«Oh tesoro, questo» indica il mio vestito «non è la prima cosa che hai visto al volo. Questo è un signor vestito. E ho bisogno di sapere dove diamine hai trovato questa meraviglia scontata. A me non capitano mai queste occasioni, uffa.»
Lei ride. «Non è che mi presteresti il tuo uomo? Solo per fare shopping, non per altro.» conclude poi con un occhiolino, per risultare innocua. Rido distrattamente alla sua affermazione, anche se un pizzicore prende a darmi fastidio in gola – dato dalla gelosia?
Emma mi posa una mano sulla spalla, come per scusarsi, mentre si allontana da me per andare a scambiare due chiacchiere con non-so-chi. Se non fosse per lei questa festa sarebbe morta.
Ne approfitto per raggiungere Victor. Interrompo la sua animata conversazione con un ragazzo per avvisarlo. «Amore io vado a prendere una boccata d'aria, torno subito okay?» Victor mi risponde con un semplice sorriso per poi ritornare a parlare col ragazzo. La sua freddezza mi lascia un attimo spiazzata, ma lascio passare. Non ho voglia di rovinarmi questa serata, ci penserò stasera al ritorno.
Victor in queste situazioni è completamente differente dalla persona che conosco da anni, si trasforma proprio. Credo sia l'ambiente, o almeno, voglio sperare sia quello.
Mi giro intorno, completamente spaesata. Dove posso andare?
Dopo aver girato a vuoto per un minuto e mezzo, e aver sbattuto contro quattro o cinque persone, trovo finalmente quello che sembra l'ingresso ad un terrazzino. Non so se è accessibile, ma finché non vedo nessuno arrivare ne approfitto per allontanarmi da quella calca di gente, sperando che il tempo passi più velocemente.
Mi lascio andare contro il bordo del terrazzo, anche per riposare i piedi già stanchi.
Prossima volta, pensaci su due volte prima di mettere i tacchi.
«Come sta andando?» mi giro di colpo, spaventata. Kai è in piedi a pochi passi da me. È la prima volta che lo vedo dall'inizio della serata. A differenza degli altri giorni, stasera porta una camicia sbottonata di due bottoni. Sempre rigorosamente nera. «Non hai portato con te il tuo cagnolino?» continua lui, cercando di catturare la mia attenzione. Non ha mai nascosto il suo astio nei confronti di Victor, e non lo ha nemmeno mai nascosto. Ha sempre ritenuto fosse un arrampicatore sociale, e questo lo so soltanto perché spesso mi capitava di origliare a qualche loro conservazione – per loro si intende Kai e Stephen – e, non so come, era uscito anche il suo nome.
«Come scusa?» chiedo, ridestandomi dai miei pensieri. Maledetti quei due bottoni.
«Quel tipo con cui stai.» mi fa un cenno verso la pista, e noto subito la figura alta e slanciata del mio ragazzo tra un gruppo di quelli che credo siano giocatori di basket. Victor ne approfitta sempre a questi eventi, e io lo lascio fare. D'altronde non ho proprio voglia di passare questa serata con lui al mio fianco. Sarebbe la scusa migliore per accalappiare giornalisti con le loro macchinette fotografiche per mettere la mia faccia e quella del mio ragazzo sulle loro testate giornalistiche da quattro soldi, ed è l'ultima delle mie volontà. Victor lo sa, e non insiste nemmeno.
«Victor.» preciso, come se non sapesse a memoria il suo nome e il suo cognome, forse anche meglio della sottoscritta.
«Mmh si, credo sia lui.» sorseggia il suo scotch, facendo finta che la cosa non lo possa toccare minimamente.
«Si, ho portato anche lui. Problemi?»
«Dovrebbero esserci?» Si mette a sedere sul bordo del terrazzo, con una gamba leggermente alzata.
«Non so, dovresti dirmelo tu, dato che me lo hai chiesto.»
Lui risponde con una semplice alzata di spalle, giusto per farmi innervosire, e ci riesce pure bene.
«Comunque bello il vestito. Ti sta molto bene.»
Sto per ringraziarlo, quasi in automatico, ma un pensiero mi balena improvvisamente in mente. «Non mi dire...»
Un ghigno compare al lato della sua bocca.
Non posso crederci.
È stato lui.
Vorrei strapparmelo di dosso e tornare a casa per indossare, questa volta davvero, la prima cosa che mi capita agli occhi nell'armadio.
Rimango a guardarlo a bocca aperta, mentre lui soddisfatto prende un altro sorso della sua bevanda e mi ammira nel suo abito. L'abito scelto da lui.
Che cosa diamine gli è passato per la testa?
Perché mai avrebbe dovuto fare una cosa del genere?
Lui che fa una cosa carina? Solo se vuole qualcosa in cambio.
I miei pensieri vengono totalmente sostituiti dalla visione di lui davanti ad una qualsiasi vetrina di un negozio, mentre ammira questo vestito e pensa a come potrebbe starmi addosso.
O a come potrebbe levarmelo.
No, no, no, no, no.
«Tranquilla, non c'è bisogno che mi ringrazi.» in un altro contesto, avrei avuto la risposta pronta, ma dalla mia bocca non esce nulla. «O almeno, avrai modo di farlo più avanti.»
Perché sono ancora qua? Perché non ritorno dentro dal mio ragazzo, o a festeggiare? Perché io sono qua per questo, per il mio ingresso nella Hyper. Lì dentro ci sono più di mille persone, tutte per me – o almeno dovrebbero.
«Ti stai annoiando?» lo guardo storta, anche per il repentino e inaspettato cambio di argomento. Cos'è adesso questa curiosità?
Decido di assecondarlo rispondendogli, o forse lo faccio per non pensare al fatto che l'abito che indosso è stato scelto accuratamente da lui. La cosa più assurda è pensare che mi calza perfettamente, come se non fosse il primo. Come se fosse abituato. «Un po'. Non conosco gran parte di questa gente, e mi sembra che tutti siano qui per tutto, tranne che per me.» Per il nervoso non mi rendo conto di aver rubato dalle sue mani il suo bicchiere, per portarmelo poi alle labbra. «Ma questo è thè alla pesca!» sbraito, tentata di risputarlo nel vetro.
Mi leva il bicchiere, prima di prendere un altro sorso, soddisfatto della sua bevanda. «Avrei un modo per migliorarti la serata, se solo tu volessi.» ignora completamente la mia ammissione e mi guarda con un ghigno perverso sul volto.
«Stammi lontano.» lo guardo dalla testa ai piedi schifata, pur sapendo che ne sarebbe capace, e lo saprebbe fare anche piuttosto bene.
Glielo lascerei fare.
Non posso negare che pur non avendo fatto effettivamente nulla, ha comunque sempre dimostrato di avere un'ottima fantasia.
«Stavo scherzando, mocciosetta.» alza le mani, allontanandosi di qualche passo, prima di versare il suo thè dentro ad un vaso. Ma perché poi dovrebbe bere del semplice the alla pesca, con tutti gli alcolici presenti lì dentro?
Non ci voglio pensare, non mi interessa. «Comunque anche se non sembra, sono tutti qui per te. Per festeggiare insieme a te il tuo ingresso nell'Hyper. Sarà la prima notizia che vedrai domani sui quotidiani. Dovresti esserne contenta.» Ah, quindi mi stava ascoltando.
«E' proprio quello il problema. Non vedo l'ora che finisca tutto quanto.»
«Come mai tutta questa avversione per i giornalisti?»
«Sono asfissianti, ti perseguitano, non vedono l'ora che tu faccia qualcosa di stupido per poterlo spiattellare ai quattro venti sui loro giornali da quattro soldi.»
«Abituatici.» è la sua risposta. Secca, senza un briciolo di compassione. Forse è per questo che ho sempre apprezzato il suo modo di lavorare, la sua schiettezza e freddezza davanti a certe situazioni. Kai lavora in questo mondo ventiquattrore su ventiquattro, e sa meglio di me come comportarsi. Credo che questo suo carattere – si, da stronzo - sia dato anche da questo.
«Grazie, davvero. Sempre d'aiuto tu.» Scuoto la testa spazientita. Cerco nella mia borsetta il pacco di sigarette e l'accendino. Di spalle, accendo la prima sigaretta della serata.
«Non sapevo fumassi.» sbotta lui, colpito? sorpreso? Non saprei dirlo, ma quell'espressione sul suo volto fa intendere che non si aspettava di vedermi con una sigaretta tra le labbra. Vorrei ricordargli che ho l'età per poterlo fare, ma mi fermo in tempo.
stati insieme, fuori dall'Hyper. Non pensi?» lo stuzzico incrociando le gambe, e sfruttando quel meraviglioso spacco a mio vantaggio. Chissà se ha pensato anche a quello, mentre passava la sua carta per comprarlo.
I suoi occhi scivolano per un secondo sulla mia figura per poi ritornare dritti nei miei. Noto la sua fronte corrucciarsi. «Non dovresti.» Com'è che da un momento all'altro sembra preoccuparsi della mia salute?
«Cosa?»
«Fumare, non dovresti. Non fa bene alla tua voce.»
Mi protendo in avanti, per sbuffargli il fumo sulla sua faccia. Lui, chiude gli occhi infastidito, senza però far trapelare nessuna reazione. «Grazie papino, ma non ho bisogno che tu mi faccia la ramanzina. Non mi interessa il tuo pensiero.»
«Ripetilo.» lo guardo storta. «Ripeti quello che hai detto prima.»
«Non voglio che tu mi faccia la ramanzina?» faccio un tiro, sfidandolo.
«Quello che hai detto prima.» continuo a non capire, finché non mi si accende la lampadina. «Mio Dio mi fai schifo.» sbotto lanciandogli il pacco di sigarette contro il petto. «Pervertito.» borbotto tra me e me.
Si piega per raccogliere il pacchetto da terra. Non so se siano i suoi pantaloni vertiginosamente stretti, che piegandosi si sono tirati accentuando le sue forme , o questa visione di lui dall'alto che mi fa eccitare così tanto. «Queste le prendo io.» se le gira tra le mani, guardandole schifato, nemmeno avesse una bustina di erba in mano.
«No. Ehi!» mi allungo per riprenderle. Le infila con un gesto rapido nella tasca posteriore dei pantaloni.
Divertito mi fa un cenno con la testa come a dire: Vienile a prendere, se hai il coraggio.
Oh, Kai. Pensi che possa fermarmi quello?
Non hai idea della persona che hai davanti.
Faccio un passo avanti, mi punto davanti al suo viso. Senza staccare gli occhi dai suoi. Porto il braccio dietro la sua schiena. Infilo due dita nella sua tasca, e lentamente tiro fuori le mie sigarette. Sorrido. Credeva davvero che non ne sarei stata capace? Mi tiro indietro di un passo, riponendole nella mia pochette.
Compare sul suo viso un ghigno sfacciato. «Se volevi toccare potevi dirmelo prima.»
«Grazie, ma non ci tengo.»
«Sicuramente.»
Arrivata alla fine della mia sigaretta, mi avvicino a lui. Voglio che mi veda fare anche l'ultimo tiro. «Dovresti comunque smettere di fumare.» riprende lui, alzo gli occhi al cielo. Ancora continua? Da un momento all'altro ha così tanto a cuore la mia salute? Allontano la sigaretta dalla bocca per gettarla nel suo bicchiere ormai vuoto.
«Uno. Non mi interessa? Due. Fumo raramente, solo in situazioni di stress.» non mi rendo conto della mia confessione ad alta voce. Non ho intenzione di condividere con lui determinati particolari della mia quotidianità. Ormai è andata così, mi tengo pronta per le sue domande.
«Questa lo è?» chiede curioso, inclinando leggermente il capo.
«Potrebbe.» cerco di rimediare al mio errore.
Sento la sua mano posarsi sul mio fianco. Sobbalzo al contatto inaspettato.
«La mia proposta è ancora valida.» Mi allontano sempre più disgustata. Lo sento ridere.
Lo odio, lo odio, lo odio.
Alzo lo sguardo, si sistema. Le gambe leggermente divaricate, e Dio solo sa cosa mi sta trattenendo.
«Sparisci.» gli ordino, più per la mia salute mentale che per il fastidio vero e proprio di averlo lì davanti a me.
«Sennò?»
«Chiamo Victor.» lo sfido, anche se mi rendo conto da sola che paragonarli è molto comico. Gli basterebbe aprire bocca per dare una pista a Victor. Non c'è proprio competizione, e lo so benissimo.
Anche qualcuno lì sotto lo sa bene.
Bianca!
«Che paura.» Lo fulmino con gli occhi. «Victor sa fare questo?»
In un angolo del balconcino, al buio, lui mi prende dai fianchi e con uno strattone mi avvicina a lui portandomi contro il suo petto. Adesso le mie gambe stringono la sua.
Mi dimeno, colpendolo ripetutamente ma lui non mi da modo di scappare.
«Cos'è? Hai paura?» Infila il ginocchio tra le mie gambe, spingendolo contro i miei slip. «La tua figa sta letteralmente piangendo per me. Riesco a sentire quanto sei bagnata anche con i pantaloni addosso.» Sobbalzo a quel contatto così intimo. «Ti ho regalato questo vestito perché quando l'ho visto nel negozio ho pensato solo ad una cosa» sento le sue labbra solleticarmi il lobo dell'orecchio «a quanto sarebbe stato soddisfacente levartelo.»
Lo sento spingere contro di me, continuo invano ad allontanarmi da lui, ma ne approfitta per tenermi ancorata e farmi strusciare sulla sua gamba. «Stai soltanto peggiorando la situazione, Bianca. Dispettosa, come una bambina.»
«Non sono una bambina.» ringhio infastidita.
«Dimostrami il contrario, allora.» Continua a sfidarmi, nonostante la situazione imbarazzante in cui mi sta mettendo. Sto per rispondergli a tono, ma mi blocca sul nascere. «Masturbati per me.» Rimango spiazzata a quel suo ordine.
«Kai, che cazzo ti salta in mente?» cerco di allontanarmi, spingendo le mani contro il suo petto, ma le sue mani mi stringono intorno alla mia vita, bloccandomi.
«Voglio che ti strusci contro questo ginocchio, e mi fai sentire quanto desideri cavalcarmi.»
«Ma sei ubriaco o cosa? Kai, sono fidanzata.» gli ricordo. «Lo sei anche tu.» Purtroppo, ricordo questa volta a me stessa con rammarico.
«Non credo che ti sia mai importato, giusto? D'altronde non sei ancora scappata, quindi vuol dire che ti piace quello che sto facendo, quello che stai provando. Non è così?» non rispondo, e lui ne approfitta per spingermi ancora di più il ginocchio tra le mie cosce. Sussulto. Mi chiedo come faccia lui ad avere tutta questa tranquillità in corpo, e a fare questo, in un posto in cui c'è la sua compagna. Chissà se ha conquistato anche lei cosi. La risposta è una sola: deve averlo già fatto prima, e non teme più nulla. Quando io me la sto facendo letteralmente addosso per paura che possa spuntare Victor da un momento all'altro, d'altronde siamo entrambi spariti da un paio di minuti, prima o poi uno dei due, o Victor o Emma, inizierà a preoccuparsi, e l'ultima delle cose che vorrei questa sera è dover litigare con il mio ragazzo per colpa sua.
Si rende conto che sono sovrappensiero e ne approfitta per strusciare il suo ginocchio contro la mia intimità. Non volendo, un verso strozzato scappa dalla mia bocca. Colpita alla sprovvista, mi porto la mano alla bocca per la vergogna. Ho appena mugolato davanti a Kai. Per colpa del suo cazzo di ginocchio.
Fosse stato per un dito, no Bianca, un fottuto ginocchio!
«Oh si, mocciosetta, è proprio così che voglio sentirti.» Mi scosta delicatamente la mano dalla bocca. «Non vergognarti.» Lo guardo, come ammaliata, prendere la mia mano e passarci il pollice sopra.
«Per una sera dimenticati di tutto, e goditi questo momento.» inclinando la testa e respirando sul mio collo. Mi irrigidisco al contatto delle sue labbra umide contro la mia pelle. Non ho ben chiaro cosa stia facendo in questo momento, ma glielo lascio fare. «Nemmeno io vorrei essere qui, e tu lo sai.» continua, certo che io abbia capito a chi si stia riferendo. «Tanto vale rendere questa serata meno amara.» tira un lungo sospiro, che sento poggiarsi caldo sulla mia pelle. «Insieme.» Alla fine cedo alle sue parole. È solo per una notte, non stiamo facendo nulla di male. Non dobbiamo andare oltre. Non è poi così grave. Mi auto convinco che non lo sia. Ho bisogno di questo, ho bisogno di staccare. E Kai mi sta dando la possibilità di farlo.
Giro la testa verso l'ingresso del terrazzo, per essere sicura che sia una cosa fattibile. «Non c'è nessuno, tranquilla, non ci vedrà nessuno da questa angolazione. Siamo ben nascosti. Devi solo sperare che non arrivi qualcuno con la torcia del telefono accesa, puntata su noi due.»
Appoggio le mie mani sul suo petto e mi lascio trascinare dai suoi movimenti lenti, accompagnandomi con il bacino. Lui infila una mano nei miei capelli e mi spinge contro la sua fronte. Sento il suo respiro, ma non ci baciamo. Le nostre labbra si sfiorano impercettibilmente, più e più volte, per colpa dei nostri movimenti.
Non ho intenzione di farlo, sarebbe troppo. Anche se la voglia è tanta. Vorrei così tanto sentire le sue labbra sulle mie e conoscere il loro sapore.
«Scopati questo ginocchio come se ci fosse il mio cazzo ad accarezzarti tra le cosce.»
«Kai...» mugolo con il fiato corto.
Alza lo sguardo verso di me. «Si, bimba?» Lo guardo negli occhi, poggiando tutto il mio corpo contro il suo. Sento il suo pene, ormai duro, spingermi contro la coscia. Mi avvicino con il bacino, desiderosa di avere di più. Di sentirlo.
«Cosa stiamo facendo?» gli chiedo, pur assecondando i suoi movimenti.
«Ci stiamo distraendo entrambi da questa serata noiosissima. Lo sento che vuoi di più. Sento quanto sei bagnata.»
«Kai, ti prego.»
«Sei così bagnata che il mio cazzo scivolerebbe dentro di te.»
«Smettila, per favore.» lo imploro, ogni fibra del mio corpo vibra anche solo al suono della sua voce.
«Ma tu sei così piccola, non riusciresti a prenderlo tutto senza piangere perché sei stretta da morire.»
«Stai zitto, cazzo.» impreco tra i denti, quasi al limite. Perché deve rendere così difficile anche un orgasmo?
«Sei arrivata, piccolina. Manca poco.» Vorrei rispondergli a tono, dirgli che non deve essere lui a dirmi quanto mi manca a raggiungere l'orgasmo, ma ogni muscolo del mio viso sembra rifiutare un qualsiasi mio comando. Stringo tra i palmi il bordo della sua camicia, aprendola ancora di più sul collo. Lascio che l'orgasmo mi travolga tutto il corpo, per poi scoppiare in un mugolio soffocato tra le labbra. Mi accascio ansimante contro il suo petto. Sono appena venuta. Sono appena venuta sul suo ginocchio.
Tutto questo per colpa di Kai Bagley.
Non riesco a fiatare, e mi beo ancora un secondo prima di allontanarmi da lui, di quella visione. La fronte imperlata di sudore, e quel sorriso perennemente stampato sul volto.
«Sei stata bravissima.» Lo fulmino con gli occhi mentre cerco di riprendermi da quello che è stato il miglior orgasmo degli ultimi mesi.
«Sai cosa vuol dire questo?» tenendomi ancora avvinghiata a lui. Alzo di poco lo sguardo, per sentire un'altra stronzata uscirgli dalla bocca.
«Che mi devi un orgasmo.» borbotto un "fanculo" per poi subito dopo allontanarmi da lui.
«Che state combinando voi due?» ci giriamo improvvisamente.
«Bianca mi stava sistemando la collana, si era incastrato ad un bottone della camicia.» È Kai tra i due ad avere la risposta pronta, chissà quante volte gli è capitato di inventarsi una balla sul momento.
«Si, un minuto e torniamo.»
«Cazzo.» sbotto entrando nel panico. Chissà da quant'è che stava lì, e da quando stava guardando.
«Si, la prossima volta avrai anche quello.»
Lo guardo spiazzata, mentre si sistema il colletto della camicia. Non ce la fa proprio.
Mi prendo qualche secondo di più per prendere fiato, e ritornare a respirare normalmente.
«Bianca.»
«Cos'altro vuoi Kai?» mi giro sbottando.
Lui non fiata, ma indica il punto della sua gamba su cui un attimo prima ero avvinghiata. Per via del buio, ci metto qualche secondo per notare una strana macchia brillare sul tessuto dei suoi pantaloni.
Cazzo.
Paralizzata, con gli occhi sgranati lo guardo abbandonarmi sul balcone per ritornare in sala, tronfio del souvenir che gli ho lasciato sul pantalone.
Bastardo.
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𝐢 𝐧 𝐬 𝐭 𝐚 𝐠 𝐫 𝐚 𝐦 : @𝐛𝐞𝐚𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐮𝐬𝐡𝐞𝐫𝐬, @𝐛𝐞𝐚.𝐫𝐞𝐚𝐝𝐛𝐨𝐨𝐤𝐬
𝐭 𝐢 𝐤 𝐭 𝐨 𝐤 : @𝐛𝐞𝐚𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞.𝐫𝐮𝐬𝐡𝐞𝐫𝐬, @𝐛𝐞𝐚.𝐫𝐞𝐚𝐝𝐛𝐨𝐨𝐤𝐬
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