𝟑
𝐁𝐢𝐚𝐧𝐜𝐚
La mattina dopo mi presentai in sede venti minuti prima dell'appuntamento. Avevo comunicato a tutti la notizia, e Victor per festeggiare aveva organizzato una cena a casa sua. Nulla di che, giusto una scusa in più per rimanere a dormire da lui. A detta sua avremmo sicuramente avuto modo di festeggiare come si deve, anche se non era nei miei piani. Ho lasciato dormire Victor ancora un po', mentre io scappavo a casa mia per prepararmi. Non potevo certo permettermi di fare ritardo, sarebbe bastato anche solo un minuto in più per subirmi le sue lamentele, ma niente. A quanto pare nemmeno quello andò bene. D'altronde deve sempre trovare un motivo per riprendermi.
«Ti avevo detto puntale, non in anticipo.» mi canzona sorridendo, passandomi dietro le spalle, per poi sedersi. Alzo gli occhi al cielo e penso che questo è solo il primo giorno, e se voglio farlo funzionare dovrò sopportare anche questo.
Vorrei ci fosse qualcuno a darmi una pacca sulla spalla. In bocca al lupo a me!
Vorrei prenderlo a pugni e fargli scomparire quel sorriso del cazzo dal volto. Sono solo le dieci del mattino, già inizia?
Sarà dura lavorare con lui. Molto.
Con un cenno rapido mi fa intendere di accomodarmi sulla sedia accanto alla sua, e nel farlo ammiro la t-shirt, rigorosamente nera, fasciargli il petto. E' sempre stato molto attento al suo aspetto fisico, immagino abbia continuato a frequentare la palestra. «Bene, da quale pezzo vogliamo iniziare tra quelli che hai ascoltato ieri?» attacco cambiando discorso, sono qui per questo, non per discutere con lui. Voglio mettermi subito a lavoro, sono stata per troppo tempo ferma ed ho un bisogno disperato di registrare, mettermi le cuffie e registrare la stessa traccia più e più volte.
«Da nessuno.» E' bastata una semplice frase per rovinare da subito il mio umore. Mi giro per guardarlo meglio in volto, ma non sembra avere nessun tipo di reazione. Che fosse stronzo questo già lo sapevo, ma non così dannatamente stronzo. Ieri mi aveva dato un anticipo con quel suo "cani e porci", pensavo che almeno di mattina fosse meno spigliato, invece no. Lui è sempre così.
«Scusami» lo fermo «non te ne piace nemmeno uno di quelli che hai sentito?» chiedo confusa. Ha persino preso appunti, cosa diavolo ha scritto?
«Ti ho mai fatto intendere il contrario?»
«No però io pens-»
«Pensavi male.» mi interrompe secco e lapidario.
«Non mi hai fatto intendere il contrario perché non hai proprio detto nulla.» sputo piena di rabbia.
«Partiamo da zero» le mie lamentele vengono ignorate completamente, beh, sicuramente sarà facilissimo lavorare con lui, con queste premesse.
«Zero?!» sbotto, allontanandomi da lui. Non credo di avergli dato in mano delle hit stratosferiche, ma nemmeno materiale da cestinare.
«Si, se vuoi diventare una cantautrice dobbiamo partire da zero.» Lui continua imperterrito con la sua teoria, facendo non so cosa al computer, forse sta lavorando a qualche pezzo che ha inciso con Fya, o a una sua composizione. Ma questo adesso non mi interessa.
«E quello che ho scritto?» insisto, non voglio credere che nemmeno uno di quei pezzi non sia degno di essere lavorato e inciso. Conosco bene Kai da sapere quali sono i suoi gusti e sapere cosa apprezza e cosa no, non per essere modesta o cosa, ma ho pur sempre studiato con lui. Ci sono tutti i suoi insegnamenti in ciò che ho scritto.
«Carta straccia, devi ancora lavorare tanto.»
«Non si salva nulla?» vorrei piangere, ho perso giornate intere a scrivere quei pezzi, ci ho messo l'anima e non riesco ad accettarlo. Non posso accettare questo trattamento, non un'altra volta.
Lui non fiata, continua a lavorare indisturbato al pc ad una traccia, che continua a non essere la mia. «E allora spiegami perché ieri non hai detto nulla, nemmeno che quello che stessi ascoltando ti facesse cagare?» esplodo sapendo che Kai sarebbe capace di dire se un pezzo fa cagare, senza troppi giri di parole, eppure lui non l'ha fatto. Non si è degnato nemmeno di dirmi una parola a riguardo.
Lo vedo alzare gli occhi e sbuffare. Allunga il braccio verso la mia sedia, posa la mano sul bordo, tra le mie gambe, per tirarmi verso di lui. «Ti credi già arrivata piccola mocciosetta. Pensi che tutti cadano ai tuoi piedi, non è così?» mi sussurra a pochi centimetri dalla mia bocca. Odio quando fa così, quando si avvicina così tanto a me, che mi fa venire voglia di perdere il controllo.
Vuoi giocare? Bene allora, giochiamo.
Mi avvicino ancora di più a lui, senza pensarci due volte. Le mie gambe sono tra le sue, e adesso il suo pollice è esattamente dove volevo stesse. Potrei scivolare più avanti con il sedere, ed è proprio quello che faccio. Il suo pollice preme contro i miei jeans. Non ci siamo mai spinti così tanto prima. Voglio giocare al suo stesso gioco, mettendomi anche in ridicolo se ce ne dovesse essere bisogno: ed eccomi qui. «Tu sei il primo. Infatti, non fai tutte queste storie quando mi chiedi di mandarti una mia foto su instagram.» inclino leggermente la testa, pronta a spingermi ancora di più contro il suo pollice se dovesse ribattere. Il mio sguardo punta, involontariamente, su quel punto esatto dei suoi pantaloni, e noto subito quel rigonfiamento. Bingo. Non riesce proprio a nasconderlo, non ci prova nemmeno. Sorrido vittoriosa. «Non è così?»
Lui si tira indietro, riesco a sentirlo borbottare qualcosa, mentre si massaggia il pollice, nemmeno andasse a fuoco. Io mi tiro indietro soddisfatta, spingendo la sedia il più lontano possibile da lui. Kai non ha mai saputo nasconderlo, ed è forse proprio per questo motivo che continuiamo a stuzzicarci.
Dopo qualche colpo di tosse, e una rapida bevuta d'acqua, Kai ritorna concentrato. «Ho questa base, te la giro via AirDrop.» fa, armeggiando al computer. «Vai a farti un giro, o rimani qui, è indifferente. Hai tempo mezz'ora per portarmi un pezzo.»
Sento il telefono vibrarmi nella tasca dei jeans. Sta scherzando, spero. Lo sa benissimo che in mezz'ora un pezzo non si scrive, o almeno, non un pezzo decente. Questo è il suo modo di vendicarsi per l'umiliazione appena ricevuta, lo so.
«Quanto? Una strofa, o un ritornello?» chiedo speranzosa.
«Tutto. Lo voglio completo.» mi ordina, senza rivolgermi nemmeno uno sguardo.
In quell'esatto momento io non ci vedo più, mi alzo di scatto e lui, spaventato, sposta lo sguardo dallo schermo a me. Gli punto contro la penna, sapendo di non essere per niente minacciosa, ma d'altronde non avendo di meglio, mi limito a farlo con la prima cosa che mi è capitata in mano.
«Io così non voglio lavorare. Non sono il tuo fottuto burattino che sforna parole. Le canzoni non si scrivono così.»
«Credo di conoscere abbastanza bene il mio lavoro da sapere che in mezz'ora può uscire un pezzo degno di triplo platino. Quindi porta il tuo culo fuori da questa stanza, e vai a scrivere.» Lo fisso interdetta. Sono ad un passo dallo scoppiare al piangere davanti a lui, strappare il pezzo di carta firmato da meno di ventiquattro ore e andarmene. «Subito.»
Lo sta facendo apposta.
Vuole rendermi la vita difficile.
Vuole farlo diventare un incubo.
Va bene Kai Bagley, vediamo chi l'avrà vinta.
Così, offesa e incazzata, esco da lì per infilarmi in una stanza, la prima che trovo libera. E' una piccola aula, con un pianoforte, nient'altro. Mi siedo sullo sgabello, e poso l'iPhone sul leggio.
Attivo il timer a trenta minuti, e riproduco più e più volte la sua base. E' una melodia prettamente pop, adatta a me. E' una traccia ancora spoglia, solo pianoforte. Chissà se quando l'ha scritta ha pensato alla mia voce, o a quella di un'altra. Magari quella di Fya, del resto lavorano insieme. Vengono osannati da ogni testata giornalistica da quasi due anni. C'è sempre un posticino dedicato alle loro facce, nemmeno fossero la coppia dell'anno. Si parla di Fya in ogni dove, come fosse la nuova stella dell'industria musicale. E' sicuramente molto brava, ma non posso negare che vedere, ogni giorno, una notizia di lei con accanto la faccia di Kai mi manda il sangue al cervello. Ancor di più vedere quanti suoi fan sperano in una loro possibile storia d'amore.
Cerco di cancellare dalla testa la loro immagine, e riprendo a lavorare. Crede di essere intelligente e furbo il signorino, ma io lo sono di più. Così, decido di scorrere tra le note del mio cellulare, dove trovo subito alcuni dei miei testi, tra cui alcuni di quelli presentati ieri. Quelli che lui definisce "carta straccia". Prendo casualmente uno dei tanti testi e decido di lavorarci su, cambiando qualche parola per adattarlo metricamente alla base.
Alla sua merda di base. Dio persino Victor saprebbe scrivere di meglio. E so benissimo che è fatto apposta. Mandarmi una base inascoltabile e scarna pensando di complicarmi il lavoro, bastardo figlio di puttana.
Copio il testo originale su un pentagramma trovato tra le pagine di un libro di solfeggio in uno dei vari scaffali nell'aula. Aggiungo le vare modifiche, come se ci avessi davvero lavorato in questa mezz'ora. Con qualche cancellatura e sbavatura. Ammiro compiaciuta l'opera ben riuscita.
Allo scoccare della mezz'ora, il mio telefono vibra. Una notifica da Instagram.
Mio Dio, se è assillante. Non vedeva l'ora di scrivermelo. Me lo immagino, con il messaggio già pronto, aspettava solo il momento per mandarmelo.
Non aspetto un secondo di più ed entro nello studio senza nemmeno bussare, non soddisfatta del lavoro svolto. Perché non l'ho davvero svolto. Non credo di poter rendere nulla in mezz'ora. I pezzi che scrivo li vivo, ci passo giornate intere, settimane, se serve. Li riscrivo, e li abbandono. In mezz'ora posso giusto appuntarmi due parole.
Piccolo remainder per il futuro: non entrare mai più senza bussare se c'è Kai nella stanza.
Ad attendermi c'è Emma, seduta in braccio al suo compagno, con la lingua nella sua gola. Pietrificata, faccio finta di essere catturata da una strana macchia inesistente sul soffitto pur di non continuare a guardare quello spettacolo. Non riesco a muovermi, tutto del mio corpo è completamente bloccato, anche il respiro. Non sento nulla, se non una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Una sensazione che non dovrei minimamente provare, che vorrei far sparire all'istante. E' passato così tanto tempo dall'ultima volta che li ho visti insieme, che mi ero completamente dimenticata di lei, di com'era fatta, e della sensazione che provavo stando nella loro stessa stanza.
Ha avuto mezz'ora per stare con lei, una mezz'ora intera per farci letteralmente di tutto, ma casualmente, per lui questo era il momento migliore per infilare la lingua nella bocca della sua ragazza. Guarda caso nell'esatto momento in cui io dovevo tornare in studio. Un'enorme e sfortunata casualità, giusto Bianca?
Emma balza in aria quando mi nota, a pochi passi da loro, ricomponendosi da quello che a breve sarebbe diventato un vero e proprio rapporto sessuale sul posto di lavoro. Anche se a tutti gli effetti il "posto di lavoro" è di loro proprietà.
Si, ma pur sempre un posto di lavoro. Cazzo.
«Bianca!» lei, come se non fosse successo nulla, mi viene incontro saltellando come una dodicenne. Dio, fai che non mi venga a dare un bacio sulla guancia. Non voglio sapere dove è stata quella bocca, oltre alle labbra di Kai. Emma ha quasi quarant'anni e a volte mi chiedo se si comporti così per una ragione ben precisa, come ad esempio sembrare più giovane per illudere la gente ma soprattutto per compiacere Kai.
Poco importa, perché tanto è lei che fino ad un attimo prima era seduta su di lui e non te, Bianca.
Mi stringe in un abbraccio, che fingo di ricambiare con piacere, anche se i miei occhi sono puntati su quell'uomo. Se il mio umore non era dei migliori, questo scenario non ha fatto altro che peggiorarlo. Questa scena mi rimarrà impressa in testa per tutta la giornata, se non per i prossimi giorni. «Ho saputo che sei finalmente dei nostri.» si allontana per guardarmi meglio. Già, ahimè, e me ne sono già pentita.
«Esattamente.» sposto lo sguardo al tipo dietro di lei, rivolgendogli uno dei miei sorrisi più finti.
«Sono così contenta di rivederti qui dentro, dovremmo festeggiare questo tuo ritorno» si gira verso il suo compagno «non credi anche tu, Kai?» non le risponde, le degna giusto di un mezzo sorriso tirato.
«Non credo ci sia bisogno.» Non credo di voler festeggiare questo mio ingresso nell'Hyper, soprattutto non con loro.
«Oh Bianca, quante cose ti devo ancora insegnare. Non c'è bisogno effettivamente di un motivo per festeggiare, sai? Però qui ce lo abbiamo eccome, e dovresti approfittarne.» mi suggerisce, esaltata, nemmeno fosse per lei la festa.
«Non credo...non riuscirei ad organizzarla in questo momento.»
«Tesoro, non ti preoccupare per quello. Ci sono io!»
Per Dio, no.
«Ma no Emma, non ti voglio scomodare.» le provo davvero tutte ma Emma non sembra volerne sapere. Non ho proprio la voglia di vederla gironzolarmi intorno mano nella mano con lui. Non li voglio proprio vedere insieme e basta.
Non con la consapevolezza di avere sul mio - ma anche sul suo - telefonino, chat, ma soprattutto foto, che non dovrebbero esserci. Che due "amici" non dovrebbero scambiarsi. Aggiungerei due amici entrambi fidanzati.
Il compagno, anche lui ormai al limite sbotta: «Emma, stavamo lavorando.» Vorrei ringraziarlo, ma non muovo nemmeno un muscolo. Non gli darò mai questa soddisfazione.
«Hai ragione, scusatemi.» recupera la sua giacca di palle dal divanetto. «Kai prova a convincerla tu, per favore, ok?» gli lascia un bacio innocente sulla guancia, mentre a me giusto una pacca amichevole sulla spalla. Prima di chiudersi la porta dietro di se lancia un altro bacio volante a Kai, per poi lasciarci completamente soli. Finalmente. Posso riprendere a respirare.
Non so cosa sia successo in questo lasso di tempo, so solo che vorrei non aver provato nulla di tutto ciò. Perché è sbagliato, perché Emma è una delle mie più care amiche, perché Kai è stato il mio insegnante, e adesso anche mio superiore e lavoro con lui. Perché siamo entrambi fidanzati. E' tutto sbagliato.
Fortunatamente Kai non tira fuori l'argomento per tutta l'ora a seguire, non credo che riuscirei a sopportarlo. Credo che anche lui si sia reso conto dell'effetto che mi ha fatto, e mi chiedo: Cosa pensava di ottenere facendomi entrare in un momento del genere? Che mi incazzassi? Che gli facessi una scenata di gelosia? Così su due piedi, davanti a lei?
Si, avrei voluto. Lo avrei fatto.
Ma ha sortito l'effetto opposto. Sono rimasta in silenzio per tutto il tempo, ad ascoltarlo darmi consigli e no, non ha notato la somiglianza al testo di ieri. Kai è una persona che di certo non si fa scappare una cosa del genere, e se è capitato vuol dire che anche lui, come me, non ci sta completamente con la testa.
Dopo tre ore piene di brainstorming e tre fogli pieni di appunti e disegni più che discutibili, Kai spegne il computer. «Per oggi può andare bene così.» si stiracchia portando le mani dietro al collo, allungandosi. La maglietta si alza un po', il giusto per farmi ammirare il bordo dei boxer neri sotto i jeans, e una leggerissima peluria partire dall'ombelico e sparire dentro questi. La mia immaginazione parte da quella visione, e da tutto ciò che potrebbe nascondere lì sotto. «Per quanto riguarda la festa...» vengo riportata alla realtà dalla sua voce.
«No Kai per favore, non mettertici anche tu.»
«Lo sai come è fatta Emma, non ti darà tregua finché non cederai, quindi ti conviene accettare e darle modo di organizzarla.» Sto per ribattere ma lui mi blocca. «Fallo per me.» che suona più come un "fallo per me perché sennò chi la sente".
Non ho bisogno delle sue suppliche, non ci sarà nessuna festa. «Io non ho intenzione di organizzare un bel niente.»
«Non è un problema, lo farà lei al posto tuo.» cerca in tutti i modi di convincermi.
«Kai io non-»
«Cosa?»
«Non so cosa ha intenzione di organizzare Emma, non so quanta gente pensa di invitare ma io non credo di potermelo permettere economicamente parlando.» Mi vergogno tanto ad ammetterlo, soprattutto davanti a lui, ma con ciò che ho guadagnato e messo da parte con la Moon non riuscirei mai a coprire le spese di una festa di quel calibro. Conosco abbastanza bene Emma da sapere che le feste organizzate da lei non sono riservate ad una cinquantina di persone, come d'altronde avrei fatto io. Saranno mille se non di più, non so proprio cosa aspettarmi da lei. Mi ricordo gli ultimi party release di Fya a cui partecipai. Arrivavano anche a cinquemila, e questo non mi fa stare per niente tranquilla.
No, non potrei mai permettermelo.
«Non ti preoccupare, non è un tuo problema. Sarà tutto a spese dell'Hyper.»
Mi alzo dalla sedia per andare verso il divanetto e sistemare nella mia borsa tutto il materiale su cui abbiamo lavorato. «Non credo di volermi già indebitare con voi.»
«Normale prassi. Non è la prima volta che organizziamo eventi di questo tipo. Ogni tipo di spesa è a carico nostro.»
«Tanto saremo in pochi, giusto voi dell'Hyper e qualche mio amico.» Sperando di convincerlo a lasciarmi la lista degli invitati a me, e non ad Emma.
Lui scoppia a ridere, cogliendomi totalmente impreparata. «Oh, Bianca. Non conosci abbastanza Emma da sapere che lei inviterà tutti gli esponenti più importanti del mondo della musica, attori, sportivi, ma soprattutto giornalisti.»
«Dio no.» mi accascio disperata sul divanetto, coprendomi il volto con le mani.
«Dio si.» Sposto le mani per guardarlo meglio. Lo vedo sorridere, anche se cerca di nasconderlo con le dita che porta alle labbra.
«Non vedi l'ora, vero?» gli faccio, inclinando leggermente la testa. Lui scoppia a ridere gettando dietro la testa. Studio la sua reazione, ma la mia lucidità sparisce del tutto quando lo vedo darsi la spinta con i piedi per avvicinarsi a me con la sedia. Ci ritroviamo nuovamente alla stessa distanza di prima, con l'unica differenza che lui sta più in alto rispetto a me per via dell'altezza del divanetto su cui sono seduta.
Si protende in avanti, e come ipnotizzata lo guardo allungare la mano sul mio viso, per spostarmi un ciuffo di capelli e girarselo tra le dita. «Si non vedo l'ora di metterti in imbarazzo davanti a tutti.»
Ci metto qualche secondo di troppo per rispondere, troppo presa a contemplare la sua mano che sfiorava distrattamente la mia guancia. «Tutto qua? Vuoi semplicemente farmi mettere in imbarazzo?» sussurro tutto d'un fiato, per paura di farmi fregare dalla mia voce.
Lui sposta il mio sguardo dalla ciocca di capelli con sui sembrava divertirsi parecchio. La sua mano scivola sul mio collo, mentre lui si avvicina vertiginosamente a me. Sento il suo respiro caldo sulla mia fronte. Sento il cuore esplodermi nel petto, e una fitta improvvisa nel basso ventre. «No, non solo. Ma il resto non te lo dirò.» La sua mano si stringe intorno il mio collo, cogliendomi di sorpresa. Il gesto improvviso non mi spaventa, e lo lascio fare. Lui colpito per la mia reazione, sorride soddisfatto. «Brava la mia ragazza.»
Mi fa alzare leggermente la testa, in modo che possa arrivare con la bocca al mio orecchio. «Te lo mostrerò.»
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𝐢 𝐧 𝐬 𝐭 𝐚 𝐠 𝐫 𝐚 𝐦 : @𝐛𝐞𝐚𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐮𝐬𝐡𝐞𝐫𝐬, @𝐛𝐞𝐚.𝐫𝐞𝐚𝐝𝐛𝐨𝐨𝐤𝐬
𝐭 𝐢 𝐤 𝐭 𝐨 𝐤 : @𝐛𝐞𝐚𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞.𝐫𝐮𝐬𝐡𝐞𝐫𝐬, @𝐛𝐞𝐚.𝐫𝐞𝐚𝐝𝐛𝐨𝐨𝐤𝐬
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