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𝟐

𝐁𝐢𝐚𝐧𝐜𝐚

«So che può sembrarti inappropriato, ma te lo chiedo per correttezza, come mai hai abbandonato il progetto con la Moon Records? I numeri c'erano tutti, credo tu abbia superato da tanto il milione con l'ultimo singolo, giusto?» La vera domanda sarebbe: perché proprio volerlo fare con affianco lui?

Eccomi qui, in una delle tante sale di registrazione dell'Hyper Sonic, a conversare con Stephen Chapman, fondatore di questa casa discografica. Mi aspettavo di parlare direttamente con Kai, ma ho scoperto soltanto ora che bisogna almeno passare prima per Stephen essendo, a tutti gli effetti, colui che si occupa dei vari contratti e accordi. Non entravo qui dentro da un paio di anni.

Tutto deve passare prima per Stephen.

Adesso capisco questa frase. Ci tiene come se fosse un figlio, e d'altronde essendo una delle più importanti e conosciute nel panorama musicale, capisco perfettamente il suo volersene occupare in prima persona. E' con lui che mi sono accordata per questo incontro. Ciò non esclude che potrebbe entrare da un momento all'altro Kai Bagley da quella porta, per partecipare anche lui. Fa pur sempre parte del team. Potrebbe tranquillamente prendere il posto di Stephen, se solo volesse. Le carte in tavola per diventare proprietario dell'Hyper ce le ha tutte.

Nella testa passano immagini di me e Kai, e di lui che mi prende a novanta sul tavolo del suo ufficio con sopra la targhetta che riporta: "Kai Bagley, owner of HyperSonic Music" e Dio se mi eccita anche solo la visione.

Ok, concentrati Bianca, stai per firmare un contratto.

Prendo un respiro cercando di riprendere un colorito decente in volto. Provo a spiegargli le mie motivazioni, e perché credo che la sua etichetta sia molto più valida per la mia voce rispetto alla mia ex, e di conseguenza, perché mi troverei bene a lavorare con loro. «Si è vero, è andata pure troppo bene, ma quella che canta non è la Bianca con cui stai parlando in questo momento, in questa stanza. Hanno voluto creare un personaggio che andasse bene per il mio pubblico, per gli adolescenti come me, ma... sono stanca di fingere. Sono stanca di cantare canzoni che non mi rispecchiano, o che mi fanno sembrare quella che non sono.» Penso a Escape, il mio primo EP, al tempo che ho dedicato a quel progetto, e anche a tutti i testi che ho scritto e che sono stati scartati. Ma realmente, quanti dei miei testi sono piaciuti alla Moon?

Il fatto che io non riesca a trovare una risposta concreta a questa domanda risponde invece alla domanda appena posta da Stephen.

Io ero solo una voce per loro, non ero parole. Non ero nient'altro che un burattino da palcoscenico. Un burattino con una bella voce, almeno. Non sono mai servite parole a loro, mi davano il loro canzoniere ed era subito: "vedi tu quale che può fare al caso nostro", nemmeno al caso mio, ma al nostro. La verità dietro noi neo-cantanti, quelli scoperti sui social, pescati in qualche angolo dell'internet, è che qualsiasi casa discografica essa sia, non interessa far crescere quella piccola stella, ma approfittare di quel breve momento di gloria e ricavarne il più possibile. Ed è quello che è effettivamente successo a me. Non interessava loro fare di me la cantante dei prossimi decenni, lavorare su testi nuovi, da zero, e creare hit mondiali, ma solo far uscire quel pezzo che girerà, si e no, un mese, farlo esplodere ovunque e poi passare al prossimo. Dio, come avrei voluto prendere quel plico di testi non miei e gettarli il più lontano possibile, ma come può una come me permettersi tanto?

Una novellina, una nuova nel campo.

Dovresti ringraziare chi ha anche solo deciso di ascoltare un secondo del tuo brano e pensare che potessi lavorare nel mondo della musica.

Quanto odio sentirmelo dire. Succede troppo spesso.

«So anche che cambiare... adesso... è molto rischioso. Sono agli inizi, e con questa decisione potrei mandare all'aria quel poco che ho creato, ma voglio essere sincera anche con loro. Con i miei fan.» Fan che probabilmente perderò decidendo di cambiare etichetta discografica, ma sento di fare un torto a me stessa e alla mia voce. Se non mi muovo adesso non avrò più modo di tornare indietro e iniziare d'accapo.

Il nostro discorso viene interrotto bruscamente dal suo ingresso in studio. «Posso?» io e Stephen ci giriamo entrambi di colpo.

Eccolo lì, sull'uscio della porta che titubante aspetta un secondo prima di entrare con la sua camminata disinvolta all'interno della sala, catturando l'attenzione di entrambi. Soprattutto la mia. Dio benedica i jeans strappati e attillati. Non volendo, faccio cascare l'occhio proprio su quel punto.

Bianca, alza subito gli occhi per l'amor di Dio, non siete soli in questa stanza.

T-shirt rigorosamente nera, come i jeans. Avessi mai visto un briciolo di colore addosso a lui, forse l'ho visto indossare una maglietta blu navy, non altro.

E così decido di godermi la vista, dopo tutti quegli anni, ammirando le sue braccia, le unghie perfettamente laccate anche queste di smalto nero, gli anelli, sempre gli stessi, con l'aggiunta di un teschio al medio della mano sinistra. Poi arrivo al suo viso, e mi accorgo che mi sta sorridendo. Ma non un sorriso di quelli che si riservano agli amici, ma quelli post scopata, aggiungerei la migliore del mondo.

Se solo ne avessimo mai avuto l'occasione.

«Chi si rivede» il signorino non aspetta nemmeno che io mi alzi per salutarlo come due persone adulte farebbero, non mi vuole nemmeno sfiorare per sbaglio la mano, che già si è sistemato sul divanetto davanti a noi, divaricando le gambe. Ho già detto "Dio benedica i jeans attillati"? «Bianca Mills»

Bastano quelle due semplici parole. Il mio nome e cognome sulle sue labbra, per farmi impazzire.

«Kai, ciao.» devo averci messo qualche secondo di troppo, perché vedo Stephen confuso spostare lo sguardo da me a lui.

«Non ti dico di accomodarti, dato che hai già fatto tutto tu, come tuo solito.» lo riprende Stephen, manco fosse suo padre. Kai, solo ora, rivolge lo sguardo al suo capo, facendo scomparire quel sorriso beffardo dal volto.

Il lavoro prima di tutto, vero Kai Bagley?

Sorrido sotto i baffi. «Adesso che ci sei tu possiamo procedere.» riprende lui, ritornando sull'argomento centrale di questa riunione.

Procedere? Di già? Ma sono qui solo da una decina di minuti.

«Cosa abbiamo qua?» chiede Kai, sfregandosi le mani lentamente. Molto lentamente. Parla di me come se davanti avesse un tipo di carne pregiata, e non una persona o se vogliamo essere precisi, una sua ex allieva. Inclino leggermente la testa e mi perdo a pensare a cosa sarebbero capaci di fare quelli mani mentre, con una lentezza disarmante, continua a sfregarle tra di loro.

Stephen gli lancia un'occhiata, credo che non gli sia piaciuto nemmeno a lui il suo modo di approcciarsi. «Bianca vorrebbe diventare una dei nostri.»

«Intendi lavorare qui?» chiede confuso.

Lo guarda sconsolato. Stephen è già pieno. «Kai... vuole firmare il contratto con l'Hyper

«Cosa mi sono perso? Problemi con la Moon?» sbotta divertito con tono di sfida. Cerco di trattenermi, e non alzare gli occhi al cielo. Ci metto tutta me stessa, davvero. Non mi mancava questo lato di Kai. Quello perennemente in sfida con tutti, l'egocentrico e modesto Kai Bagley.

Quello che lui non è mai riuscito a nascondere è stato il fastidio nei miei confronti dopo aver firmato con la Moon, conosciuta per essere la rivale dell'Hyper da decenni. Me lo disse chiaramente, un giorno su Instagram, tra una foto e l'altra.

Infastidita dal suo tono di sfida rispondo: «Ho deciso di abbandonarla. Almeno adesso sarai contento.» Stephen, il terzo incomodo di questo assurdo e patetico teatrino, ci guarda sempre più confusi, non comprendendo le nostre allusioni. Menomale, aggiungerei.

Kai, infastidito per aver tirato fuori una delle nostre discussioni "private", cambia drasticamente espressione, poggiando la schiena contro il muro e allungando le lunghe gambe verso di me. E' così ipnotico, ogni suo movimento, qualsiasi cosa fa con quel corpo. Dopo un lungo, interminabile minuto sbotta: «Dovremmo valutarla, prima di fare entrare cani e porci, non possiamo di certo macchiarci la reputazione.»

Sbianco. Riesco a sentire tutte le certezze con cui ero entrata qui dentro qualche minuto fa diventare polvere. Questo no, non glielo permetto. Assurdo, cani e porci? Ma chi crede di essere?

«Credo tu stia esagerando Kai, non stiamo parlando di una sconosciuta.» Kai sposta lo sguardo su Stephen, quasi infastidito per essere stato interrotto. «Stiamo parlando di Bianca, l'abbiamo in pratica vista crescere ed è stata formata qui dentro, se non è pronta lei, chi potrà mai esserlo?»

«Bisogna valutarla comunque, e non si discute.» Ma perché si sta comportando così da... stronzo, sì, è la parola giusta per lui. Non può pensarlo davvero. Sa benissimo come canto, ha seguito il mio, seppur breve, percorso anche se ero a detta sua "nelle mani sbagliate".

«Kai, ti ricordo che quello che prende le decisioni qui dentro, sono io.» gli fa notare Stephen.

«E io poi devo fare tutto il lavoro sporco dell'Hyper, con i tuoi fenomeni da baraccone. Dobbiamo valutarla, come tutti gli altri. Deve meritarsi quel pezzo di carta, così come tutti quelli che entrano qui. Non faccio l'elemosina a nessuno.» Non ho mai sentito Kai rivolgersi in questo modo al suo superiore. E ancora più assurdo pensare che Kai mi ritenga un "fenomeno da baraccone". Cazzo, è stato anche lui ad insegnarmi. Fortunatamente Stephen è sempre stata una persona tranquilla, ma porca troia Kai, come ti viene in mente di deriderlo così? Se non fosse per lui non avresti un lavoro, almeno un po' di rispetto per una persona più adulta.

Rimango stupita e interdetta. Parla come se non mi avesse mai ascoltato, come se non conoscesse la mia voce.

Stephen sta per ribattere ma lo blocco, poggiando educatamente la mano sopra la sua. Mi sussurra uno "scusami", come se dovesse farlo lui per gli atteggiamenti barbari del suo collega. Con un cenno del capo gli faccio intendere che non c'è bisogno, apprezzo comunque il gesto. Mi alzo in piedi, e Kai non pensa due volte a fare lo stesso, sovrastandomi del tutto e incutendomi anche un po' paura, ma non glielo darò di cerco di certo a vedere. Mi ero dimenticata quanto fosse alto. «Ha ragione, va bene. Facciamolo. Valutatemi.»

L'altro, dopo aver respirato quell'aria di sfida, decide di darsela a gambe. «Ok, io mi tiro fuori. Kai, fai quello che pensi sia giusto, mi fido di te.» Con gli occhi incollati l'uno all'altro, Stephen si alza e abbandona la sala lasciandoci completamente soli, entrambi non curanti della sua decisione. Mi sembra di aver già vissuto questo momento prima.

Rimaniamo così, in piedi, uno davanti all'altro. Gli occhi incollati a quelli dell'altro.

E una voglia matta di essere presa qui dentro.

Con due dita sotto il mento mi alza il viso. «Brava, bimba

Bimba. Mi ha chiamato bimba?! Prima mi deride davanti ad un'altra persona e poi mi prende per il culo chiamandomi bimba? Con un gesto brusco scanso la sua mano. E' passato dal non voler nemmeno stringermi la mano... a questo?

Ne hai di coraggio, bastardo.

Prendo un respiro e faccio un passo avanti. Forse non avrei dovuto, dato che mi ritrovo un po' troppo vicino a lui, se non a qualche centimetro dal suo petto. Si, il suo petto. Se solo piegasse un pochettino di più la testa... «Sei qui per valutarmi, fai il tuo lavoro e non rompere ulteriormente i coglioni.» rispondo a tono, alzando la testa per guardarlo dritto negli occhi.

Ed è proprio quello che fa. Piega la testa e per poco le sue labbra sfiorano le mie. So che lo ha fatto apposta, non vedeva l'ora di mettermi a disagio. Ci sta riuscendo. Bastardo, un'altra volta.

«Facciamolo.» sussurra, come se nella stanza non ci fossimo solo io e lui.

Ho bisogno di un minuto buono per ritornare lucida e capire che non sta parlando di sesso, ma di sentirmi cantare. Quest'uomo mi fa diventare una rimbambita col nulla, odio quest'effetto che ha su di me.

Mi allontano, prendo i testi e la chiavetta e glieli spingo con forza contro il petto. «Eccoti il materiale, valuta.» Devo rimanere lucida se voglio arrivare a fine giornata con qualcosa di concreto. Sono venuta per questo, non per farmi trattare a pesci in faccia dallo stesso tipo che, negli ultimi anni, non ha fatto altro che toccarsi con le mie foto.

Ne ha di coraggio dopo tutto il materiale che gli ho girato.

Lui si gira tronfio con la mia roba tra le mani. Si accomoda sulla sedia che qualche minuto prima occupava Stephen e si mette a lavoro, senza aprire più bocca. Sistema i fogli davanti a se, infila la pennetta usb al pc e dopo essersi infilato le cuffie al volo inizia ad ascoltare, seguendo passo dopo passo le parole sui fogli.

Traccia 1, traccia 2, traccia 3, senza fermarsi tra una brano e l'altro. Li ascolta, li studia e li analizza. Senza mai aprire bocca per dire anche solo che non gli piacciono. Almeno quello. Credo possa considerarlo una vittoria. Prende una penna e su un foglio immacolato inizia ad appuntarsi qualcosa. Io, ancora in piedi, cerco di scorgere anche solo una parola, fallendo. Si porta la penna in bocca, mordendo nervosamente il tappo. Posso essere affascinata dalla sua dentatura perfetta, per Dio?

Dopo un tempo che sembra infinito, Kai si gira, ha ascoltato tutte e 28 le track. Ha letto tutti e 28 i testi, alcuni anche più di una volta. Mi da indietro il mio materiale e abbandona anche lui la sala portandosi dietro i suoi appunti, lasciandomi completamente sola con i miei pensieri.

E questo cosa significa? Che gli hanno fatto così pena che non ha parole per descrivere l'obbrobrio appena ascoltato? Ma poi che cazzo di modi sono? Lasciare una persona così, senza dare nemmeno una spiegazione.

Passano dieci minuti, e di Kai ancora nulla. Per cercare di smorzare un po' la tensione decido di fare una cosa che ho sempre sognato fare. Mi siedo al posto di Kai, e inizio a studiarmi ogni singolo pulsante, dal primo all'ultimo, senza ovviamente toccare nulla per paura di fare chissà quale disastro. I soldi per ripagare i danni non ce li avrò nemmeno tra trent'anni.

Mi giro per un altro quarto d'ora sulla sedia, finché presa dalla curiosità decido di dare uno sguardo ad alcuni dei vari "bottoni" posti più in alto. Per farlo, però, devo allungarmi, quasi piegandomi in avanti.

Che cosa affascinante, peccato che continuo a non capire l'utilità di tutti questi tasti. Mi allungo un altro po', poggiando una mano su alcuni di loro, cercando di non fare troppi casini.

Un colpo di tosse mi fa girare di scatto. Kai è appena rientrato, e chissà da quanto era lì ad osservarmi piegata in avanti sulla sua postazione.

Mi ricompongo tornando sulla mia sedia. «Sei qui da tanto?» chiedo nascondendo il viso dietro un ciuffo di capelli.

Lui, ancora in piedi, come fosse imbambolato, risponde senza guardarmi, con gli occhi ancora rivolti sulla console dove un attimo prima ero piegata. «Abbastanza.» Credo che sotto sotto abbia anche apprezzato.

Dopo due minuti buoni, Kai si avvicina a me e senza fiatare, posa un foglio di carta davanti a me, con una penna nera affianco. «Domani alle 10:00. Puntuale.» Guardo prima lui e poi il pezzo di carta.

Lui li rimane in piedi, accanto a me e aspetta di vedermi compilare quel foglio. Quello che, per lui, già un tempo avrei dovuto firmare con loro. Con lui.

Non ho nemmeno bisogno di leggerlo, so già più o meno cosa trovarci scritto, d'altronde non è il mio primo. Spero però sia il mio ultimo.

Mi piego in avanti, dandogli le spalle, per firmare meglio quello che sarà il contratto più importante della mia vita. Non c'è bisogno che mi giri, so già che gli piace ciò che vede. Il mio fondoschiena contro di lui. Non ci penso due volte, non sento nemmeno il bisogno di dargli prima una letta che firmo. Sento il suo respiro farsi sempre più pesante mentre sfioro impercettibilmente con una natica la sua coscia.

Lo so che vorresti prendermi adesso, qui, in questa posizione.

La cosa peggiore è che te lo lascerei fare.

Quando mi alzo, lui è ancora lì, con un ghigno soddisfatto dipinto sul suo volto. Mi allunga la mano. «Benvenuta all'HyperSonic Music.»

Kai non aspettava altro che questo momento. Vedermi firmare questo contratto davanti ai suoi occhi.

Non è ancora finita.

Non è mai finita, tra me e lui.

E questa, per lui, è l'occasione giusta per prendersi ciò che è sempre stato suo.


𝐢 𝐧 𝐬 𝐭 𝐚 𝐠 𝐫 𝐚 𝐦 : @𝐛𝐞𝐚𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐮𝐬𝐡𝐞𝐫𝐬, @𝐛𝐞𝐚.𝐫𝐞𝐚𝐝𝐛𝐨𝐨𝐤𝐬

𝐭 𝐢 𝐤 𝐭 𝐨 𝐤 : @𝐛𝐞𝐚𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞.𝐫𝐮𝐬𝐡𝐞𝐫𝐬, @𝐛𝐞𝐚.𝐫𝐞𝐚𝐝𝐛𝐨𝐨𝐤𝐬

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