Epilogo
Di nuovo quell'uomo nella città di cenere. Un volto già visto in precedenza, illuminato dalle luci violente della mensa della scuola.
Uno strillo graffiò l'aria, seguito da un silenzio lugubre. Noel si svegliò di soprassalto e le coperte ricaddero sullo stomaco bollente. Gli occhi bruciavano mentre ispezionava l'ambiente circostante.
Il suo letto, la sua camera.
Totalmente confuso, posò lo sguardo su una tazza sul comodino, seguì con gli occhi gli ultimi fili di fumo che si intrecciavano danzando giocosamente tra loro, inerpicandosi fino al soffitto. Spostò i suoi occhi sulla finestra chiusa. Per un attimo, pensò fosse solo uno scherzo della febbre, ma quel grido rimbombava a lungo nella sua mente e, i postumi del silenzio che lo aveva interrotto, diventarono come una presenza raggrumata tutto intorno a lui. Si rimise in piedi, barcollante, e subito il freddo penetrò nelle sue ossa, facendole tremare incontrollabilmente. La testa era calda, le palpebre bruciavano e pesavano sugli occhi. Un lieve senso di vertigine lo fece fermare sulla soglia della camera. Guardò il corridoio, la porta chiusa della camera di Chris, quella semichiusa della stanza di sua madre.
Un altro urlo eruppe, spezzando la calma che si era appena formata.
Più lucido rispetto a prima, Noel scese le scale nel buio spezzato solo dal lucernario sopra alla porta. Indossò distrattamente un giacchetto leggero appeso vicino all'entrata mentre passava attraverso il corridoio scuro, fino alla cucina. La luce fredda della luna filtrava attraverso le tende, illuminando il tavolo e le sedie. Aprì la porta sul retro, girando la chiave nella toppa con tutti gli arti che tremavano per lo sforzo, i nervi scossi dall'inquietudine.
Quando coi piedi nudi pestò l'erba fresca e bagnata, un sibilo sorpreso fuoriuscì dalle sue labbra, ma non aveva la forza per tornare di sopra a prendere le scarpe. Il freddo fece ghiacciare la pelle sudata sotto la maglia. Rabbrividì, riprendendo a tremare dolorosamente quando i peli si rizzarono sulle sue braccia. Avanzò brevemente tra foglie secche e fili d'erba che gli solleticarono le dita. Guardò la vecchia struttura scrostata delle altalene, rischiarata dalla luce bianca della luna. Il prato luccicava come un cielo stellato. Sentiva le tempie rinfrescarsi nel vento lieve della notte. Non c'era niente fuori posto, nessun suono a confermare quello che aveva sentito prima. Scosse la testa, rigirandosi per tornare in casa, sotto le coperte, al caldo.
Quando, un suono strozzato e gorgogliante, arrivò alle sue orecchie; più flebile rispetto a prima, ma stavolta, era davvero sicuro di averlo sentito.
Ed era molto vicino.
Scrutò il bosco dietro casa con le palpebre socchiuse. Gli alberi erano solo delle sagome frastagliate più nere del cielo. Tutto era avvolto in un silenzio spettrale, tranne per il fruscio del vento. Le ombre sembravano addensarsi intorno a lui, vive e ronzanti. Senza nemmeno rendersene conto, era finito di fronte all'entrata del bosco.
Camminò cautamente su piccoli sassi e rametti che punsero i palmi dei suoi piedi, non ci fece particolarmente caso mentre proseguiva attraverso gli arbusti. Ai margini del suo campo visivo, qualcosa sfrecciava da una parte all'altra e, ogni volta che si girava per controllare se ci fosse stato effettivamente qualcosa, tutto tornava immobile. Un forte battito d'ali lo fece sussultare.
Rumori secchi di mandibole che si serravano e denti che strappavano tessuti, gli fecero chiudere forte le palpebre per un doloroso momento.
Riaffiorarono ricordi di sangue.
Le gambe si fermarono, avviluppate dal terrore. Aprì le palpebre per scacciare quelle immagini e, dei mugolii lievi riempirono le sue orecchie, spingendolo ad avanzare di nuovo. Forse qualcuno aveva bisogno di aiuto, non poteva farsi prendere dal panico per colpa della sua mente.
Finalmente, riuscì a scorgere qualcosa a tre metri da lui. Tra tronchi e sterpaglie, notò una lunga schiena ricurva, quella luce fredda ad evidenziarne le vertebre sporgenti.
«S-sta bene?» La sua voce risuonò roca e debole, come se fosse stata la prima volta che apriva bocca dopo un lungo periodo. Ed effettivamente, era proprio così.
L'artefice di tutti quei suoni smise di muoversi e, allo stesso tempo, cessò anche il rumore molesto di sottofondo, permettendo anche alla testa di Noel di rischiararsi.
«Ha bisogno di aiuto?» chiese un po' più forte.
Sempre di schiena, la testa scattò nella sua direzione.
Labbra livide macchiate di scarlatto sul volto cereo, occhi infossati, vitrei, denti schioccanti e acuminati. Ruotò lievemente le spalle, permettendogli di vedere su cosa era chinato.
Noel barcollò subito all'indietro. Le pupille tremavano su quella scena che aveva già visto, più volte.
Occhi spalancati nel vuoto, bocca ricolma di bolle di sangue. Quando un raggio della luna illuminò qualcosa di bianco e appuntito leggermente al di sotto del petto, un urlo terrificato cominciò a risalirgli dai polmoni.
Ma non uscì niente, il cuore in gola bloccava tutto.
Quella cosa si alzò lentamente, rivelando un corpo lungo e muscoloso. Delle escrescenze taglienti e affilate svettavano dalle punte delle sue dita. Lo guardò con occhi opachi, iniettati di sangue.
E, Noel perse l'ultimo briciolo di razionalità.
Con il dorso della mano premuto sulla bocca per impedire a qualcosa dentro di sé di uscire, cominciò a correre ancor prima di essersi rialzato, vacillò per l'improvviso capogiro che ne conseguì.
Non passò molto tempo che sentì i piedi pesanti e veloci di quella creatura battere sul terreno dietro di lui.
Il terrore crebbe ad ogni falcata che compiva verso casa, i pensieri fuggirono veloci, come in preda al panico. Con il respiro affaticato per la febbre, gli occhi lucidi, il sudore a imperlargli ogni centimetro di pelle e la carne scossa da tremiti di orrore; Noel correva.
Correva per la sua vita, cancellando tutto il resto.
Appesa al cielo come una giustiziera sanguinaria, la luna; radiosa falce tagliente e unica testimone di tutti gli avvenimenti.
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