Capitolo 20
Ci stiamo dirigendo alla villa con lo zaino in spalla per un altro addestramento. Sono passati dei giorni da quella chiacchierata con Ariadne e, a parte la mia determinazione, niente è cambiato dopo quella sera: io e mia madre ancora non ci parliamo, la tensione che creiamo rende tutto troppo silenzioso. L'unica nota positiva è che ora riesco a manipolare discretamente i miei poteri.
Svoltiamo l'angolo e inspiro l'aria fresca di questa giornata, qualche nuvola fumosa è dipinta su un cielo altrimenti terso, come un adesivo incollato contro un vetro. La villa si erge sulla nostra sinistra, enorme e perfetta come sempre.
La solita macchina aspetta davanti al vialetto e Maira mi saluta prima di andarci incontro. Trattengo un sospiro; anche oggi, mi tocca andare nella direzione opposta alla sua.
«Aspetta!» Sento gridare dalla voce di Ariadne.
Scende di fretta dal lato del passeggero, sbatte la portiera e mi viene incontro. Nel frattempo la macchina si mette in moto.
«Cambio di programma» annuncia, una volta fermata davanti a me.
«Che significa?»
«Significa che da oggi, inizierai l'addestramento fisico. Così ha deciso Alaric.»
"Finalmente!"
Ero stanco di stare rinchiuso tra quattro mura a guardare un manichino, escludendo quelle volte in cui uscivamo nel patio di nascosto per testare la mia velocità: Ariadne lanciava delle palline da tennis in aria e dovevo colpirle prima che toccassero terra.
Mi sorride contenta, i lineamenti distesi. Chissà a cosa è dovuto tutto questo buon umore.
«Andiamo, forza.»
Mi dà un colpetto sul braccio esortandomi a seguirla.
Sorpassiamo il Morrison Riverfront Park. Gli alberi sfilano velocemente al nostro fianco rendendoli una macchia verde indistinta. Realizzo che stiamo uscendo dalla città quando sorpassiamo il cartello in onore di Kurt Cobain, ma pochi metri più avanti, Matt fa svoltare la macchina in una stradina serrata che punta dritto nel fitto del bosco. Procede più lentamente su questo tratto di strada, evitando alberi e rami particolarmente robusti.
Continuiamo ad andare avanti a lungo, tanto che mi chiedo se non ci siamo persi, finché non parcheggia l'auto.
«Sarebbe questo il posto?» chiedo incredulo.
Ariadne solleva gli occhi al cielo, posso vederla dallo specchietto retrovisore.
«Aspetta e vedrai.» risponde.
Scendiamo dalla macchina e camminiamo per un po' seguendo il terreno deformato dai segni delle gomme delle auto. Poi proseguiamo nel sottobosco, tra rocce e ramoscelli ricoperti di muschio. Gli uccelli cinguettano forte e in completa sincronia. Guardo gli abeti e i pini, le alte fronde che si stagliano in alto, verso il cielo.
Tra la fitta schiera di questi tronchi dalle cortecce scure, inspirando l'aria fresca e selvatica del bosco, è come se stessi scambiando un sorriso d'intesa con mio padre.
Superati un paio di arbusti, giungiamo davanti ad una specie di edificio. In mezzo a tutto questo verde sembra completamente fuori posto. Qualche passo in avanti rivela che l'edificio in realtà è un enorme container. La vernice blu si sta scrostando dalle pareti, rivelando il ferro arrugginito sottostante.
Ariadne sbircia compiaciuta la mia reazione.
«Niente male, vero?» chiede Matt, ironico.
Ci fermiamo davanti ad un portone industriale, poco più in là è parcheggiata la moto di Adam. Si è ufficialmente ripreso a quanto ne so, le uniche volte in cui l'ho visto stava scendendo le scale diretto al campo. Tutte le volte che incrociava anche solo per sbaglio il mio sguardo, le sue labbra si stringevano in una linea dura, gli occhi colmi di diffidenza.
La ragazza bussa a pugno chiuso sul portone e questo, dopo un paio di minuti di silenzio che mi hanno fatto temere in uno scherzo di cattivo gusto, si apre rivelando un'ampia stanza.
Adam è fermo sulla soglia, un sorriso sghembo sulle labbra e la spada della scorsa volta rivolta con la punta contro al pavimento. Vista così da vicino, sembra ancora più micidiale. Un luccichio freddo e diabolico la avvolge, come a confermare i miei pensieri.
«Era ora» esordisce.
Gli altri entrano mentre Maira aspetta fuori con me, scrutandomi in volto.
«Andiamo» mi sprona piano.
Sguscia anche lei all'interno di quello spazio dispersivo.
Mi fermo al centro di quell'infinita stanza; l'interno non dà segni del decadimento e dell'abbandono che c'è all'esterno.
Scorgo subito un piccolo frigo e un tavolo con delle sedie in plexiglass a sinistra dell'entrata. Molto più avanti, c'è un piano rialzato e ai muri sono appese delle file di bersagli che occupano tutto il resto della parete. Uno strano odore impregna l'aria, come di chiuso e vernice.
Un'occhiata veloce in giro mi fa capire che non ci sono delle finestre, però sul soffitto ci sono due grandi lucernari, oltre alle lampade al neon che creano una luce cruda e asettica. Noto altre due grandi pedane al lato opposto della stanza e, il resto di quell'ampio spazio, è totalmente occupato dalle armi.
Armi ovunque.
Lame affilate di ogni genere, balestre, archi, alcune sembrano falci, coltelli a forma di artiglio e lunghi bastoni in fibra di carbonio.
Mi sembra di essere entrato di colpo in un altro mondo.
«Tutto ok?»
Matt si affianca a me, seguendo la traiettoria del mio sguardo.
Una domanda sorge spontanea: «Perché delle armi così antiche?»
Mi squadra con evidente sdegno, «Armi antiche?» ripete offeso. «Queste sono il meglio del meglio, moderne ed efficaci.»
Forse non mi sono spiegato bene.
«Quello che volevo dire è: le armi da fuoco non sono più efficienti?»
I suoi occhi si assottigliano divertiti, «Certo, se vuoi farti sentire dall'intera città mentre spari a delle creature ancora sconosciute al genere umano scatenando una probabile terza guerra mondiale, accomodati pure.» risponde ironico.
"Giusto."
«Matt»
Il ragazzo si volta verso Aria, che avanza verso di lui con passo fluido e modulato. Il sorrisetto divertito scompare dal viso del ragazzo.
«Ti occuperai di Noel per oggi, potete andare sul retro per cominciare l'addestramento. Io penserò a Maira, deve allenarsi ancora sulla pedana di lancio.»
«Cos'è la pedana di lancio?» li interrompo subito.
Ariadne indica il piano rialzato con tutti i bersagli predisposti in fila.
«Dobbiamo lavorare ancora sulla sua mira» spiega.
«Va bene» acconsente Matt, poi si sporge a destra e a sinistra, come se stesse cercando qualcuno. «Adam...?» corruga la fronte.
«È uscito, dice che vuole riposarsi.»
Lo stanno tenendo d'occhio dopo quello che è successo la volta scorsa.
Matt annuisce una sola volta, poi si gira di nuovo verso di me, entusiasta, «Seguimi».
Faccio un cenno ad Aria e il mio sguardo si ferma involontariamente su Maira sistemata su quella pedana di lancio. Ha un arco tra le mani e lo tende come a testarlo, per un attimo rimango stordito, come se quella fosse la cosa più inusuale che abbia mai visto. Mi sembra così sbagliata quell'arma nelle sue mani; ma, la maneggia in un modo che contrasta in pieno con quella sensazione che mi prende lo stomaco.
Raddrizza la schiena e, con un portamento che non le avevo mai visto addosso, fa scivolare le dita lungo la l'asticella della freccia, tendendo l'arco. Dopo una manciata di secondi la scocca, centrando perfettamente il bersaglio.
Mi affretto a seguire Matt, pur non staccando gli occhi da lei, ancora assente. Quando Ariadne la raggiunge, distolgo finalmente lo sguardo. Il ragazzo davanti a me apre una porta che non avevo notato prima, tenendola aperta per farmi passare. Guardo le mie scarpe calpestare erba e terriccio mentre questa si richiude con un cigolio alle mie spalle.
Ecco cos'è il campo: un grande quadrato d'erba recintato da dei muri.
Tutto qua.
«Ho dimenticato una cosa, aspetta qui.»
Matt sparisce oltre la porta, senza aspettare una mia risposta. Mi guardo brevemente intorno, scorgendo dei fantocci in legno con dei segni profondi, probabilmente creati da qualcosa di affilato. Tutte le attrezzature qui fuori sembrano più datate e usurate. La recinzione è così alta da permettere di vedere solo squarci di cielo e qualche punta degli alberi.
«Eccomi»
Matt si fa sempre più vicino. Ha qualcosa di lungo posato sui palmi aperti. Tiene quell'oggetto con così tanta delicatezza, che per un attimo penso che si tratti di qualcosa di vivo. Lo guardo interrogativamente e, dopo qualche lungo secondo, trae un sospiro sconsolato.
Rimuove la sacca che ricopre gli oggetti, rivelando due spade perfettamente identiche. Me le porge sospingendo leggermente le mani in avanti. Con esitazione, allungo la mano verso l'impugnatura di una. Non ho mai toccato delle armi in vita mia, a parte quel coltellino trovato nello studio di mio padre, che ora porto sempre con me.
Serro le dita sull'elsa. Saggiandone cautamente l'impugnatura. Tralasciando la strana sensazione, è molto comoda, come se fosse stata fatta su misura per le mie mani. La sollevo con cautela. Pensavo fosse più pesante.
Alzo la punta verso il cielo e la faccio roteare sul posto, esaminandola: il filo è così affilato da sembrare invisibile. Deglutisco all'idea di dover ferire qualcuno con una di queste.
Un debole raggio di sole illumina la spada, che subito lancia dei bagliori dalle tonalità dell'arcobaleno.
«Il filo della lama è fatto di corindone.» spiega Matt, ammirandola con me.
Non ho la più pallida idea di cosa sia.
«È un minerale molto resistente, con degli ottimi pregi... uno di questi, è l'ottima conducibilità dei poteri.»
La punto verso il basso, ancora a disagio. Non vorrei mai sgozzare qualcuno per sbaglio.
«E... per quale motivo mi dovrebbe servire un'arma fatta di corindone?» chiedo sovrappensiero.
Matt fissa la spada gemella che ha tra le mani con uno strano cipiglio, schiude le labbra per dire qualcosa, ma un tonfo lo precede.
Subito il ragazzo scatta sull'attenti, guardando verso l'entrata con gli occhi assottigliati e concentrati. Un lamento, seguito da un altro colpo violento, lo fa correre all'interno, lasciando la porta spalancata. Sento qualcosa di strano, una sensazione che ho percepito molte volte: alla festa di Hailey, nel mio quartiere e quando ci hanno attaccato alla villa.
Il cuore batte più veloce all'idea di vedere ancora uno di quei cosi. Poi, con il respiro incagliato in gola, mi ricordo che c'è Maira qui. Mi fiondo subito dentro, imitando Matt, la spada ancora stretta in pugno, il terrore a divorarmi lo stomaco.
I miei occhi vagano in tutte le direzioni, ma di loro nemmeno l'ombra.
Il portone è aperto però e riesco a sentire dei rumori provenire da fuori. Mi affaccio e immediatamente sento Ariadne abbaiare degli ordini.
Quello che vedo mi fa congelare il sangue: ce ne sono tre. Tre Aberranti.
La bocca si secca subito.
Uno di questi ha atterrato Adam e ora lo sovrasta. Con uno scoppio di ritardo, collego i rumori di colluttazione sentiti in precedenza a quello che sto vedendo ora.
Ariadne sta coprendo Maira mentre combatte contro uno di loro, avanzando pericolosamente vicino all'entrata. La esamino scrupolosamente, accertandomi che non si sia fatta del male. Maira dal suo canto, non sembra capire cosa stia succedendo; ha gli occhi sgranati, più grandi del solito e si fa sbatacchiare qua e là dalla ragazza di fronte a lei senza nemmeno reagire. Tra le mani stringe distrattamente l'arco e una freccia.
Matt, tira dei fendenti con la spada a un altro di questi che sbarra la strada per raggiungere Adam.
Con una straziante immobilità, guardo Maira riprendersi e strattonarsi dalla presa di Aria. Corre sorpassando l'Aberrante e puntando verso quello che sta ingabbiando il ragazzo. I suoi capelli ondeggiano sinuosamente, assecondando i suoi movimenti. Si butta sulle ginocchia sorpassando in scivolata la bestia che ostacola Matt, e tende l'arco allo stesso tempo.
Dopo un momento di assoluto disorientamento, le mie gambe scattano subito in quella direzione.
«Maira!»
Tutto si muove velocemente. Il mondo sembra roteare per poi fermarsi sul proprio asse.
Maira scocca la freccia verso l'Aberrante e questo, con un sibilo, si gira verso di lei. Continua a tenere sotto di sé il ragazzo che strepita per liberarsi.
Così, faccio la prima cosa che mi viene in mente. Spingo Maira indietro con un braccio, facendola cadere a terra. Corro verso il mostro che mi fissa a fauci aperte, sollevo la spada con entrambe le mani e l'abbatto con violenza sul suo muso schiacciato.
Qualcosa di caldo e bagnato mi esplode in faccia, mentre un urlo stridulo e lacerante mi perfora i timpani. Apro gli occhi di scatto, incurante del liquido appiccicoso che mi entra negli occhi. È ancora vivo, anche se ferito, e si sta girando minacciosamente verso Adam, che a sua volta si dibatte ancora di più.
Lascio cadere la spada e, con una furia immaginabile, carico la mia energia. Tutto strepita e schiocca attorno a me, l'aria stessa si addensa.
L'Aberrante si rivolge di nuovo nella mia direzione, gli occhietti rossi sono spalancati e, con un verso cupo, richiama i suoi compagni. Nel giro di un attimo i rumori fragorosi della battaglia cessano.
Rilascio l'energia accumulata attraverso folgoranti tuoni, direttamente sul taglio profondo da cui ancora escono delle stille di liquido nero.
I fulmini esplodono sul mostro e questo produce subito delle urla strazianti tra gli sfrigolii della carne che cuoce. Delle scosse lo scuotono da dentro, facendolo saltare sul posto. Le grida diventano sempre più acute, come l'avviso di una teiera prima che salti in aria, finché non si sente più alcun rumore. Adam scivola via da sotto la bestia, scalciandone il corpo sussultante.
Gli altri due Aberranti fuggono scambiandosi dei versi, mentre spariscono nel fitto del bosco.
Crollo a terra, completamente sfinito.
Gli occhi bruciano e, per quanto voglia sfregarli, non posso farlo: ho le mani completamente ricoperte da quel liquido, così come i vestiti.
Non c'è bisogno che mi guardi attorno per intuire di avere gli occhi sbarrati di tutti puntati addosso. Li sento trafiggermi come piccoli ami sotto la carne.
Maira gattona al mio fianco in un fruscio di foglie secche, scavando nel terreno umido.
«Noel, mio dio.» la sua voce si tinge di una nota sgomenta.
Guardando la pozza del colore della pece a macchiare il terreno, respirando l'odore di carne bruciata che ancora impregna l'aria, dei brividi di raccapriccio mi scuotono. Riaffiora alla mente il modo in cui la spada è affondata nel mostro, senza alcuna ostruzione; a come la punta ha scavato violentemente in quel tessuto sudicio. Senza riuscire a contenermi, tremo ancora di più.
I muscoli non ne vogliono sapere di mettersi in azione, il respiro affannato mi graffia la gola.
Mai avrei pensato di essere capace di uccidere qualcosa.
Una pacca sulla spalla mi scuote, facendomi alzare il mento verso la persona che mi ha riportato alla realtà. È Adam, il viso imbarazzato e contrito sotto i graffi e lo sporco.
«Grazie ragazzino...» dice con una voce che non sembra la sua, evitando accuratamente di guardarmi.
I suoi occhi si spostano su Aria. La sua mascella ha un guizzo quando questa lo fissa di rimando, omicida.
Si rivolge di nuovo a me, le palpebre semichiuse sugli occhi sfuggenti, «S-se non fosse stato per te... probabilmente ora sarei cibo per Aberranti.» Stringe tra i denti con forza quella confessione, come se gli procurasse dolore fisico ammettere che l'ho salvato.
Purtroppo, questa sua ammissione non sortisce alcun effetto. Per quanto voglia anche solo fare un sorriso compiaciuto, il mio corpo non ha intenzione di rispondere ai comandi. Matt cerca di trattenersi dal ridere alla vista di quell'ammasso di muscoli che viene bacchettato da Ariadne.
Questa gli fa un cenno soddisfatto, facendolo sbuffare, dopodiché se ne va a grandi passi, oltraggiato da tutta questa situazione.
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Scusate... sono tremendamente in ritardo, lo so. Potete picchiarmi se volete, non mi ribellerò. Questo è il penultimo capitolo, la prossima settimana pubblicherò sia l'ultimo che l'epilogo.
Tenetevi pronti, perché proprio quando concluderò questo primo libro, inizierà la storia.
(sono già stressata.)
Alla prossima!
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