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Capitolo 13



Non voglio rimanere qui dentro, così provo ad alzarmi e, dopo vari tentativi, riesco a rimettermi sulle mie gambe.

Ariadne è uscita dalla stanza più o meno venti minuti fa e la metà del tempo sono rimasto a fissare la porta, accigliato, chiedendomi cosa diamine significasse quello che aveva detto.

"Forse non voleva che la baciassi?" penso, aggrottando maggiormente la fronte.

Ma allora, perché si è avvicinata in quel modo?

La prima cosa che mi è venuta in mente di fare quando si è avvicinata così, è stata baciarla. Una mossa puramente istintiva. Chi non l'avrebbe fatto? E cosa si aspettava che facessi?

Con questi pensieri, scendo le scale a piedi nudi. Mi accolgono subito dei bisbigli che, appena raggiungo la soglia del salone, cessano. Individuo subito Ariadne, ma nella sua espressione non c'è alcun segno di ciò che è successo poco fa. L'unica cosa che lo dimostra sono le sue labbra ancora gonfie.

Maira si alza subito dal divano bianco, muovendosi rapidamente verso di me con occhi sorpresi e felici. Con uno slancio butta le braccia al mio collo. Una fitta di dolore si propaga all'altezza delle costole, strappandomi un gemito rauco. Si allontana immediatamente da me, scusandosi imbarazzata e prendendo ad osservarmi attentamente, come per assicurarsi che io stia bene. Le sorrido e apro le braccia, per dimostrarle ancora una volta che sono tutto intero, poi le tendo verso di lei incoraggiandola ad abbracciami di nuovo. Stavolta lo fa con delicatezza, incerta su dove mettere le mani. Nasconde la sua faccia nell'incavo del mio collo.

«Ho avuto paura» mormora piano, il suo alito caldo si infrange sulla mia pelle.

«Sono qui e sto bene» sussurro in risposta, cercando di rassicurarla.

Passo in rassegna la stanza: Matt è seduto sul divano, si sta fissando le unghie con la solita espressione annoiata stampata sul viso. Alaric è in piedi davanti ad una sedia. Poso lo sguardo su Ariadne, che è seduta vicino a lui e per un attimo i nostri occhi si incontrano. È lei a distogliere lo sguardo per prima, assumendo un'espressione indecifrabile.

Maira si scioglie dall'abbraccio e mi invita a prendere posto sul divano, spingendo scherzosamente Matt per dirgli di scalare. Lui esegue con uno sbuffo infastidito, ma un sorrisetto divertito gli aleggia sulle labbra; quello che di solito si riserva agli amici intimi, sapendo che solo loro possono cogliere quella vibrazione ironica che lo caratterizza.

Percepisco il peso dello sguardo di Alaric, così, lo guardo a mia volta. Diverse emozioni gli dipingono la faccia: collera? Tristezza? Delusione? Non riesco a capirlo, perché in un attimo riprende il suo atteggiamento anonimo. E mi ricorda dannatamente sua figlia.

«Noel, ci dispiace per questo... inconveniente» dichiara, contrito. «In questo momento Adam è scomparso, ma lo troveremo e gli darò una punizione esemplare.» aggiunge assumendo una posa tirata.

"Cosa intende dire con 'punizione'?"

Istintivamente il mio sguardo cade su Ariadne. Sta fissando ostinatamente l'angolo del divano con così tanta intensità, che ho paura che prenda fuoco da un momento all'altro. Riconosco il disaccordo che alberga dietro la sua maschera d'indifferenza.

«Non c'è alcun bisogno di punire Adam.»

Con questa uscita, catturo la sua attenzione. Un moto di confusione la fa accigliare.

«È stata solo colpa mia» concludo e, quando lo faccio, sento Maira muoversi a disagio di fianco a me, facendo sbattere la sua spalla contro la mia.

Ariadne scuote la testa con disappunto. Mi sembra di cogliere un sorriso, ma non sono sicuro, perché la sua testa è china verso il pavimento. Suo padre, invece, si lascia cadere sulla sedia con un sonoro sospiro, passandosi la mano tra i capelli brizzolati. Questo gesto lo fa invecchiare di almeno dieci anni; sembra davvero esausto.

«Bene, allora non ci sarà alcuna punizione» mormora, sollevato.

«Cosa intende con punizione?» gli chiedo, però spostando lo sguardo su tutti i presenti.

«Intende una paternale e, credo volesse anche sospenderlo da alcuni incarichi» spiega Matt.

Alaric ha stampata in faccia la stessa espressione di mia madre quando mi vede rincasare tardi o quando le nascondo le cose: pura preoccupazione genitoriale. Così, capisco che quest'uomo considera Adam e Matt suoi figli tanto quanto Ariadne. 

Dedico una rapida occhiata a Maira, la rabbia la sta avvolgendo, a dimostrarlo ci sono le sue unghie premute con forza contro i palmi. Le passo una mano sulle dita, cercando di scioglierle dalla tensione. Al solo tocco sobbalza e subito dopo si rilassa. Mi rivolge un sorriso appannato.

«Aria» chiamo con voce ferma, facendola scattare sulla sedia.

«Voglio partecipare anche io alla ricerca di Adam»

Non so nemmeno da dove provenga questa idea esattamente, so solo che mi sento giusto un po' in colpa per la sua scomparsa improvvisa. Soprattutto per gli effetti che comporta: tutti sono tesi e sembrano pensare al peggio. Una piccola parte di me strilla indignata: "Niente, nemmeno le cose peggiori che avresti potuto dirgli, giustificano un atteggiamento simile." Cerco di scrollarmela di dosso.

Maira mette una mano sulla mia e la stringe forte, a riprova di quello che ho appena pensato. Davanti a me, Ariadne guarda suo padre con una muta richiesta negli occhi. Lui fa ricadere le mani che erano posate sulle sue tempie e mi scruta per un attimo. Tengo il mio sguardo fisso sul suo, senza alcuna esitazione. 

Sta valutando le opzioni, sta valutando me

Alla fine, annuisce vigorosamente. Ariadne non sembra convinta, ma non dice nulla.

«Avrai bisogno di una notte di riposo però. Domani Ariadne si assicurerà che tu sia guarito e nel caso noi non... dovessimo trovarlo stasera, potrai partecipare alle ricerche.»

La stretta di Maira si serra ancora di più sulla mia mano, facendomi voltare verso di lei. Un cipiglio preoccupato le dipinge la faccia. Le sorrido nuovamente per tranquillizzarla, ma non sembra funzionare.

«Ariadne, scalda gli avanzi di ciò che ha preparato la signora Graham» ordina Alaric, facendola scattare in piedi.

«Dopo cena preparatevi» fa saettare gli occhi da Matt ad Ariadne, chinandosi verso di loro, «dobbiamo assolutamente trovare Adam.»


Siamo seduti attorno al bancone in acciaio della cucina. Tutti tranne Alaric, che ha dichiarato di non avere fame e, dopo questo annuncio, si è dileguato nel suo studio. Maira rimarrà con me questa notte, nella stanza degli ospiti; nel caso dovessero 'sorgere delle complicazioni' riguardo alla mia guarigione.

Ariadne sta scaldando il pasticcio di carne e, quando il timer suona, sembra non rendersene minimamente conto pensierosa com'è. Il suono elettronico riecheggia nella cucina come un canto in un cimitero desolato. Matt si alza e le tocca una spalla dolcemente prima di tirare fuori la teglia dal forno poi, le lancia uno sguardo affettuoso mentre appoggia il tutto sul bancone. Lei sembra riscuotersi dal suo sogno ad occhi aperti e prende a fare le porzioni per ognuno di noi.

Matt si massaggia la pancia con una nota di soddisfazione negli occhi. «Vi avviso per evitare future controversie e gelosie inutili: un giorno sposerò la signora Graham»

Segue una risatina da parte di Maira e una da parte mia, che consiste più in un lieve sbuffo dal naso. Nessuno ha quasi toccato cibo, tranne lui.

«Matt, dobbiamo andare» lo richiama Ariadne dopo un attimo, continuando a scrutare il vuoto.

Il ragazzo si alza subito in piedi e si stiracchia.

«Prendi tutto ciò che è necessario. Ho un brutto presentimento...» prosegue, facendo scivolare gli occhi lucidi verso una piccola finestrella posta al di sopra del lavandino.

Il ragazzo esce dalla cucina a passo svelto, mentre lei prende i piatti da sotto i nostri nasi e li poggia nel lavello.

«Ci penso io» si offre Maira al mio fianco, facendola voltare verso di lei.

Subito sposta il suo sguardo su di me e le faccio un cenno affermativo con la testa, per dirle che ci avremmo pensato noi a ripulire. Fa un mezzo sorriso riconoscente nella mia direzione e si dilegua anche lei. Mi alzo in piedi, ignorando il dolore pulsante alle costole e raggiungo Maira che sta già insaponando i piatti.

«Tu sta seduto, posso fare da sola»

La guardo di traverso. «Non dire scemenze, voglio darti una mano».


Seduto sul letto di prima, scruto Maira di fronte a me, posizionata scomodamente su una poltrona dall'aria consunta. Ha il mento sopra le ginocchia e mi tiene d'occhio costantemente.

«Non fare la maniaca» ironizzo, facendola sbuffare.

L'atmosfera cambia improvvisamente. Giocherella pensierosa con un filo che pende dalla cucitura dei suoi pantaloni.

«Cosa è successo veramente tra te e Adam?»

Era così palese che mi scoprisse che nemmeno mi sorprendo. Mi conosce e sa quando dico bugie o modifico i fatti.

«Quello che ho già detto: l'ho offeso e lui ha reagito.» Alzo il mento nella sua direzione.

Solleva lo sguardo scettico su di me, «Così tanto da farti legare ad una statua per essere preso a violentemente a calci? Non credo.» Arcua un sopracciglio, il tono di voce reso basso dall'incredulità. «Non che non ci avessi pensato già un migliaio di volte anche io, ma...» aggiunge con un sorriso insolente che mi fa ridacchiare.

«Non oseresti.»

Ripete ciò che ho detto, scimmiottandomi e facendomi ridere ancora, poi mi sdraio e prendo a fissare le tende del letto a baldacchino.

«Vieni qui» la invito battendo la mano sul materasso di fianco a me.

«Non credo sia una buona idea...» Il suo tono mi fa girare la testa nella sua direzione.

Un cipiglio preoccupato le tende i tratti del viso, rendendolo affilato.

«Non voglio che tu dorma su quella poltrona preistorica...»

Non risponde.

«O vieni qui di tua spontanea volontà, o ti ci porto con la forza. Sta a te decidere.»

«E va bene... va bene.» bofonchia, ma un sorrisino aleggia sulle sue labbra.

La seguo con lo sguardo mentre fa il giro del letto per mettersi alla mia sinistra. I capelli sono trattenuti in una coda bassa, gli occhi sono leggermente arrossati dalla stanchezza. Si siede sul bordo del letto per togliersi le scarpe, poi si sdraia completamente, girandosi nella mia direzione.

«Com'è andato l'allenamento?» chiedo piano.

Questi momenti mi ricordano quando eravamo più piccoli e di notte creavamo dei fortini con i cuscini e le coperte sul mio letto. Ci nascondevamo all'interno con una torcia e bisbigliavamo per non disturbare il sonno dei miei genitori. Sembra quasi una vita fa.

«Ho scoperto di avere una certa dote con arco e freccia»

«Davvero?» Mi volto a guardarla. Il suo viso è a un palmo dal mio, nonostante questo, si tiene lontana da me, come se ci fosse una linea invisibile a dividere gli spazi.

«A quanto pare ho una buona mira, anche con i coltelli da lancio» dichiara orgogliosa.

«Non ti sei fatta male, vero?» chiedo, aggrottando le sopracciglia.

«Che bassa opinione hai di me.»

Sorrido, non riuscendo ad impedirlo. «Sai, da come impugnavi quella padella la scorsa volta...»

Mi arriva un pugno leggero sul braccio.

«Stai zitto, idiota» Sento il suo sorriso mentre parla.

Ridiamo un po' insieme nei minuti consecutivi e, gradualmente, ammutoliamo. Lasciandoci invadere da un silenzio colmo di domande e pensieri.

«Tutto questo... sembra una follia» penso ad alta voce.

Un fruscio proviene dal cuscino dove Maira posa la testa e intuisco che ha sollevato il viso verso di me.

«Per me no, non è stata una grande sorpresa.» sentenzia piano, «ho sempre saputo che nascondevi qualcosa di strano» le parole escono a rilento per via di uno sbadiglio.

«In che senso?» chiedo con la fronte corrugata.

Un breve risolino la scuote. «Nel senso che sei uno stramboide

«Se proprio vuoi parlare di stramboidi-» ribatto prontamente. 

Ma la sua voce stronca il mio discorso. «Hai sempre avuto qualcosa di... diverso, l'ho sentito dalla prima volta che ti ho visto. Non so come spiegartelo.» il suo tono si fa serio e, dopo una manciata di secondi, riprende a ridacchiare, ma è una risatina sfiatata, esausta. «Vedi? Mai fidarsi di 'quello nuovo'.»

Sorrido, pur sempre tenendo lo sguardo fisso sopra di me e la conversazione sembra di nuovo finita. Con la mente ripercorro le sue parole più volte. 

"Certo, di diverso ho gli stupidissimi incubi, per non menzionare soprattutto le strabilianti allucinazioni."

Il suo respiro tra i capelli mi fa venire i brividi. Mi giro con tutto il corpo verso di lei per scoprire che è crollata in un sonno profondo. Ha un braccio lungo il fianco e una mano posata morbidamente sul cuscino. La osservo in tutti i suoi dettagli. Maira è come una sorella per me, fa scattare immediatamente il mio lato protettivo e affettuoso, un po' come con Chris. Me ne sono sempre preso cura, ho sempre cercato di renderla felice e spensierata ma, mi rendo conto che probabilmente l'ho soltanto ferita nascondendole tutto quello che mi stava succedendo. Le sue palpebre hanno un fremito e, contemporaneamente, mormora qualcosa nel sonno, con bocca impastata. Chiudo gli occhi anche io, provando a scivolare in un sonno senza incubi.

Un pallido raggio di sole mi scalda il viso, costringendomi a svegliarmi. Sbatto più volte le palpebre, cercando di superare il solito disorientamento iniziale che consegue dopo il sonno.

Un mio braccio sta a penzoloni sul lato sinistro del letto, davanti alla mia faccia c'è quella di Maira, che dorme ancora. Una sua gamba è posata sulle mie e il mio braccio destro è sui suoi fianchi.

"Ora come faccio a sgarbugliarmi?"

Poggio il gomito sinistro sotto di me e provo a sgusciare fuori dal letto, stando attento a non svegliarla. Ma, quando la sua gamba ricade sul materasso vuoto, un tremolio scuote le sue palpebre che dopo poco si sollevano. Mi guarda per un attimo attonita, poi si ritrae di scatto.

Finalmente libero, mi alzo in piedi, notando con gioia che non sento più alcun dolore. Mi stiracchio lasciando sfuggire uno sbadiglio. Maira è seduta a gambe incrociate sul letto e mi osserva sbalordita, le palpebre ancora gonfie dal sonno.

«È sparito tutto» mormora.

«Buongiorno anche a te.»

Continua a guardarmi incredula. La coda, ormai scompigliata, le ricade su una spalla e dei ciuffetti sfuggiti alla presa dell'elastico le incorniciano il viso.

«Giusto, non avevi mai visto i miei poteri in azione.»

«Oh sì che li ho visti.»

Ah, le allusioni di prima mattina.

«Però, questa volta eri conciato davvero male» Si alza anche lei e viene nella mia direzione per osservarmi meglio.

Alzo la maglia per controllare i lividi sulle costole, ma sono completamente spariti. Così, abbasso la maglia e poso di nuovo il mio sguardo nel suo. Un color porpora prende a spandersi sulle sue guance mentre indugia ancora con gli occhi sul mio addome.

«Incredibile» sussurra infine.

La porta si apre rivelando un Matt insolitamente afflitto con delle ombre scure sotto gli occhi.

«Raga-... oh, ops... ho interrotto qualcosa?» balbetta velocemente, facendo poi riaffiorare il suo tipico sorriso malizioso sulle labbra. Una fossetta appare su una guancia.

«No» risponde Maira roteando gli occhi al cielo, «cosa dovevi dirci?»

«Che la colazione è pronta»

Un odore invitante di uova si diffonde dalla cucina. Matt prende del pane tostato e ci spalma sopra una generosa porzione di burro. Sembra sovrappensiero. Ariadne, mentre cucina, fa avanti e indietro dal fornello al frigo e, nei momenti in cui sta ferma, batte il piede a terra senza sosta.

«A che ora siete tornati ieri?» chiedo prendendo una fetta di pane tostato e spalmandoci sopra della marmellata alle fragole, la patina rossa che si forma mi fa pensare per un attimo al sangue. Lo stomaco si ribalta in un secondo mentre tento di scacciare il pensiero.

«Verso le tre di notte» risponde il ragazzo.

«Ci sono... novità?» domando facendo scorrere il mio sguardo preoccupato su Aria. 

I capelli le coprono il profilo del viso rendendomi difficile indovinare cosa si cela nella sua espressione. Il suo piede prende a battere per terra ad un ritmo più frenetico. Lui scuote semplicemente la testa, lo sguardo basso.

Maira si incuriosisce della mia reazione; passa alternativamente gli occhi da me ad Ariadne, osservandoci con attenzione. Non le ho voluto dire niente, anche perché non ho ancora chiarito la situazione che si è creata tra me e lei ieri, in quella stanza.

E poi, non sono tenuto a raccontare a Maira di ogni ragazza che bacio. Oltretutto so che non approverebbe, tra le due c'è un po' di tensione.

Ariadne mette le uova nei nostri piatti e si va a sedere al suo posto, chiudendosi in un silenzio rigoroso, senza toccare cibo. Questa volta è Matt a scoccarle un'occhiata carica di preoccupazione, ma non apre bocca, si limita a mangiare quello che ha nel piatto.

«Dopo colazione devo controllare a che punto sono le ferite» mi avvisa improvvisamente Ariadne, con tono incolore.

So che si sta riferendo a me, perciò annuisco e basta mentre infilzo un pezzetto di uovo che continua a sfuggirmi.

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Aria sta tastando diversi punti sul mio corpo con occhi seri e concentrati. Siamo di nuovo nella stanza degli ospiti, Maira e Matt sono al piano di sotto a sistemare la cucina. Ariadne mi tocca il retro della testa con la punta delle dita, senza degnarmi di uno sguardo.

«Togliti la maglia» ordina con voce roca dopo un lungo silenzio.

Si schiarisce la gola e mi osserva mentre sfilo la maglia dalla testa, facendo come mi ha detto. Rimane un attimo zitta a studiare minuziosamente ogni mio lembo di pelle. Seppur ingiustificata, una scintilla di calore mi sconquassa le vene.

Si mette in ginocchio e prende a tastarmi la pancia.

«Ti fa male se spingo qui?» chiede.

Da questa posizione è costretta a levare il viso verso l'alto per guardarmi. Abbasso lo sguardo a mia volta, desiderando intensamente di non averlo fatto. I suoi occhi sembrano delle pozze di oceano mentre esamina la mia reazione ogni volta che mi tocca. Per un attimo vacillo nel vederla così, inginocchiata davanti a me. Un'altra esplosione scoppia in una serie di brividi lungo tutto il corpo. Cerco di ricompormi, ricordandomi che sta solo controllando a che punto della guarigione sono.

«No» dico semplicemente, la bocca completamente asciutta. Risollevo velocemente gli occhi, cercando di concentrarmi sulla parete davanti a me.

Le sue dita riprendono a tastarmi e, finalmente, mi decido a spezzare questa tensione.

«Non sapete proprio dove sia Adam?» la domanda esce esitante.

Le sue mani indugiano a lungo in un punto al di sotto delle mie costole, per poi riprendere a muoversi.

«Ho una mezza idea di dove possa essersi cacciato, ci andremo stasera... sono sicura che sarà proprio lì.» l'ultima frase la sussurra piano e con più intensità, come quando si esprime un desiderio alla prima stella cadente che divide in due il cielo.

«Aria, io...»

«Qui ti fa male?» chiede di nuovo, premendo con forza al di sotto del mio petto.

«No...» continua a massaggiarmi in punta di dita, «ascolta... volevo sapere cosa è successo esattamente ieri.» la mia voce risuona insicura alle mie stesse orecchie.

Il suo sguardo si posa nuovamente sul mio viso e un bollore improvviso avvolge la mia testa.

«Sì, dopo il bacio... non capisco cosa sia successo» cerco di spiegare.

Si rialza rapidamente, incrociando le braccia al petto. Grazie al cielo, in quella posizione era un'enorme distrazione.

«Le costole sono completamente guarite, ciò non vuol dire che tu non debba fare comunque attenzione.»

E con questo, lascia intendere che vuole evitare il discorso. Quindi, annuisco semplicemente, rimettendomi la maglia. Ariadne apre la bocca come per dire qualcosa poi la richiude. Vado verso il letto per rimettermi le scarpe e alle mie spalle, la sento prendere aria.

«Lo volevo, Noel» parla velocemente, facendomi voltare nuovamente verso di lei.

Mordicchia subito il labbro inferiore. I suoi occhi mi dicono che sta combattendo una battaglia interiore: sta pensando se dirmi o meno quello che pensa.

«Lascia perdere, fa lo stesso» Cerco di celare il mio disagio.

«No, aspetta» Prende un altro respiro, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi e stringendo i pugni.

«Non voglio nulla che abbia a che fare coi sentimenti, ma... sento di essere legata a te, in qualche modo» riprende a parlare abbassando la voce.

Sollevo un sopracciglio interrogativamente, non capisco dove voglia arrivare.

«Si può dire che mi... interessi.» ammette piano. Volge gli occhi poco più in basso su di me, evitando di guardarmi direttamente.

Un brivido corre su tutta la mia pelle mentre un piccolo sorriso si fa strada sul mio viso.

«Quindi... ti interesso.» scandisco lentamente, ribadendo il concetto. In buona parte per prendere atto di quello che ha appena detto e un po' perché, devo ammetterlo, mi diverte più del dovuto vedere la cascata di emozioni che si dipingono sulla sua faccia: si alterna una volta l'imbarazzo, l'altra il cipiglio deciso di chi vuole riacquistare il controllo sulle sue emozioni. E l'effetto è esilarante.

Le sue pupille scattano altrove, distaccandosi definitivamente dalla mia figura.

"È il suo modo per dirmi che le piaccio?"

Vorrei ridacchiare, ma mi trattengo. Voglio incoraggiare questo suo comportamento aperto; se le rido in faccia potrebbe fraintendere e ho paura che si chiuda ancora di più. 

Rifletto velocemente sul da farsi. «Anche tu mi piaci, Aria.» ammetto, sincero.

Il mio sorriso si amplia quando vedo il muscolo del suo avambraccio sussultare piano in risposta.

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