Capitolo 2
-Va benissimo così, signorina Choi. Torni pure a posto.- dichiarò il professore di matematica con un'espressione indecifrabile.
Eunbi obbedì. Sapeva di aver avuto un brutto voto, ma ormai per lei era normalità.
L'insegnante si alzò, e disse: -Visto che abbiamo appena concluso quest'argomento, ho deciso che farete una presentazione in gruppo.- venne interrotto dagli alunni che esultavano, ma subito riprese: -I gruppi li ho scelti io.-
Gli studenti emisero in coro un verso di disapprovazione. Solo ad Eunbi non importava: lei non conosceva nessuno, uno valeva l'altro.
-Choi Eunbi, Kang Minah e Park Jein. Jo Hanseul, Deborah Lee e Kim Jinwoo....- e li elencò tutti.
La ragazza seduta al banco davanti si girò a guardare Eunbi e le sorrise.
Be', se non altro era capitata con una persona gentile.
-Avrete dieci giorni di tempo e non uno in più per completare il vostro progetto su uno degli argomenti che abbiamo studiato fino ad ora.- spiegò l'uomo.
Jein, dal canto suo, era abbastanza felice di fare il progetto con quelle ragazze, visto che non si era mai presentata l'occasione di conoscere nessuna delle due.
Chissà, magari sarebbero diventate amiche. Nemmeno immaginava, come le altre due, che cosa sarebbe successo dopo.
C'era però un problema: non aveva il numero o l'indirizzo di nessuna delle due, né tanto meno l'ID di Kakao o qualsiasi altro social. Per Eunbi non c'erano problemi, stesso quel giorno si sarebbero potute scambiare numeri e via dicendo, ma se Mina avesse preso più giorni di assenza non avrebbe avuto modo di contattarla. Ma questo sarebbe venuto dopo!
Eunbi, appena suonò la campanella, rimise la testa sul banco e ritornò tra le braccia di Morfeo.
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-MINAAAAAA!- urlò Sungjoon appena entrato dalla porta.
-Che ti urli, babbano?- lo riprese infastidita la ragazza dai capelli rosa.
-Awww, quanto mi sei mancata!- la provocò lui tirandole le guance, guadagnandosi un piccolo schiaffetto sulla mano.
-Tu a me neanche un po'.- rispose acida Mina.
-Mina del mio cuoricino, allora stasera rimani, vero?- chiese il ragazzo sfoggiando la sua espressione più tenera.
Mina sospirò. Se c'era una cosa che lei odiava, era la confusione e il baccano. Se poi a provocarli erano degli arrappati che bevevano e si comportavano come delle bestie (e in casa sua), lo detestava ancora di più.
-Ti pregoooooo!- la implorò il cugino.
-Aish, e va bene!- accettò Mina.
-SÌÌÌÌÌÌÌ! Lo sai che ti adoro, vero?- esultò lui abbracciando la cugina e riempiendola di baci sulle guance.
-Ma che sia chiaro: se uno dei tuoi amici prova solo a sfiorarmi, gli sfondo il cranio, capito?- soggiunse Mina.
-Non serve che lo faccia tu, me ne occuperò io stesso di quell'imbecille che si permetterà di toccarti! Comunque, devi essere perfetta, quindi oggi ti porto a fare un po' di shopping!- disse Sungjoon.
-Oppa, non vorrai costringermi a vestirmi da bagascia?- chiese la ragazza.
-No, certo che no! Poi attireresti troppi ragazzi e non va bene! Voglio solo che tu indossi un vestito elegante, che ti trucchi e che ti sistemi i capelli, imbruttirai tutte quante stasera, vedrai!- la rassicuró lui, e Mina annuì poco convinta.
La seccava parecchio dover partecipare alla festa, ma suo cugino ci teneva molto, quindi non aveva altra scelta.
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-Un po' più a destra, signorina!- disse Seungsoo, e la ragazza obbedì.
Jaein e Seungsoo stavano scattando delle foto, per un matrimonio. In realtà, quella era solo l'anteprima.
Per quel servizio fotografico erano andati in cima al Monte Namsan, poco distanti dalla Namsan Tower. Si trovavano su un belvedere, che dava sulla bellissima Seoul.
I due sposi erano molto giovani, dimostravano poco più di vent'anni. Sembravano molto carini insieme.
Faceva molto freddo quel giorno: dopotutto, a fine novembre non ci si poteva aspettare un sole che spaccava le pietre, ed erano già fortunati a non essere stati sorpresi dalla pioggia. Per loro, però, il clima non era un problema. Tranne che per la sposa, la quale indossava un abito (ovviamente quello che avrebbe messo il giorno delle nozze) che era scollato sulla schiena e le braccia erano coperte solo da una sottile stola in tulle.
-Guardala negli occhi.- disse Jaein che teneva il flash della telecamera dritto. Anche lei, che aveva due felpe e un piumino addosso, si stava ibernando. Non osava immaginare il freddo che quella poveretta vestita in quel modo potesse sentire.
-Perfetto! Adesso prendile il viso e fai come se volessi darle un bacio sulla fronte.- soggiunse il fotografo.
Jaein era apprendista di Seungsoo da un po' di mesi. Voleva imparare tutti i segreti del mestiere di un fotografo, e il ragazzo li conosceva abbastanza bene da poterglieli insegnare.
Si trovavano bene a lavorare insieme ed erano una bella squadra. Ora, però, non vi fate strane idee: Jaein vedeva Seungsoo come un fratello maggiore e viceversa.
-P-Possiamo fa-fare u-una p-p-pau-sa?- chiese infreddolita la ragazza vestita di bianco.
-Certo, signorina!- rispose cortese Seungsoo abbassando la fotocamera.
Jaein subito le portò un plaid e glielo posò sulle spalle.
Il suo pensierò era rivolto a Nabi, però. Non sapeva se la madre dell'amica fosse tornata, e in quel momento non poteva telefonarle. Non voleva che la ragazza malata rimanesse da sola per troppo tempo.
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-Rimarrai zitella a vita, Jiah.- commentò Sooyoung.
Erano entrambe sedute fuori al tavolino di un bar, e Jiah sarebbe dovuta andare a lavoro una decina di minuti più tardi. Aveva appena rifiutato le avances di un bel giovane interessato a lei. Ovviamente, i commenti di Sooyoung non erano mancati... come biasimarla, del resto?
-Me ne farò una ragione.- replicò Jiah poco interessata ai discorsi dell'amica.
-Insomma, Jiah! Sei bellissima, ci sono ragazzi che farebbero carte false pur di uscire con te, e tu li butti giù uno dopo l'altro?- obiettò Sooyoung.
-Se mia madre avesse buttato giù quell'uomo, magari ora non saremmo in queste condizioni.- ribattè Jiah.
Quella frase zittì Sooyoung, che preferì chiudere lì l'argomento.
-Posso portarvi qualcos'altro?- domandò una cameriera. Era una ragazza molto magra e anche bassina, la frangia che le copriva la fronte, non sembrava avere un portamento molto femminile.
Quella stessa ragazza, fece una strana impressione a Jiah. Anzi, aveva decisamente catturato la sua attenzione. Le sembrava quasi di averla già vista. Strano, visto che era la prima volta in tutta la sua vita che entrava i quel bar.
-No, grazie.- dibattè Sooyoung, e la cameriera se ne andò.
Jiah osservò la ragazza allontanarsi, abbastanza stranita a causa di quella sensazione.
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-MEI, SEI PRONTA?!- urlò Key dall'altra parte della casa.
Quella sera sarebbero dovuti andare al pub lui, Mei e Minji. Meo, ovviamente, ci stava mettendo un sacco di tempo a prepararsi.
-Ho fatto, ho fatto!- replicò lei uscendo dal bagno.
La bellezza della ragazza, però, batteva il tempo d'attesa. Indossava un bellissimo abitino color celeste molto chiaro, le maniche erano a tre quarti e arrivava più o meno sul ginocchio. I capelli erano sciolti e mossi, il trucco leggero ma non invisibile e i tacchi color carne non troppo alti ma neanche troppi bassi.
La bellezza fresca e sofisticata della ragazza, mai vestita in modo pacchiano, succinto o volgare, erano sicuramente la prima cosa che notava chi la vedeva per prima volta.
-Su, andiamo!- esclamò Minji uscendo per prima dalla porta, seguita dagli amici.
Il pub in cui volevano andare era abbastamza famoso nella zona, nonostante non fosse molto grande o sofisticato. Era conosciuto soprattutto per il cibo che offriva, per la simpatia del personale e per gli ottimi prezzi. Certo, Mei non badava a spese, ma comunque quel posto serviva degli ottimi cibi (panini e non), senza contare che proprio accanto a quel locale c'era un negozio di caramelle, che lei adorava.
Si accomodarono al tavolo prenotato, e una delle inservienti subito chiese: -Desiderate ordinare?-
Si trattava di una ragazza magra e di statura media. Molto bella, dall'aspetto gentile, dolce e premuroso. A Mei sembrava di aver già incontrato quella ragazza. 'Forse all'università', pensò.
Era una serata molto movimentata. Dopotutto, di venerdì sera cosa ci si poteva aspettare?
Mei, però, aveva avvertito una sensazione molto strana. Come mai aveva l'aveva provata? Che fosse quella ragazza?
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Rikki si trovava nel camerino delle ragazze. Aveva indossato dei pantaloni neri classici, una camicia bianca e dei tacchi neri. I suoi capelli erano raccolti in un ordinato chignon, portava un paio di orecchini abbinati alla collana e agli anelli. Il trucco non era il classico trucco "scenico", cioè pesante; per volontà della ragazza, la quale aveva richiesto alla truccatrice di non realizzare un make up esagerato, aveva un trucco poco appariscente.
-Rikki, il direttor Lee ha chiesto di te.- la chiamò una sua compagna.
Rikki, che già sapeva perchè era stata chiamata, si diresse verso l'uscita del teatro. Proprio lì trovò il maestro in compagnia di un ragazzo, alto e bellissimo.
Rikki si bloccò davanti a quel giovane, il quale a sua volta la guardava. Non troppo alto ma nemmeno basso, i capelli tinti di azzurro e gli occhi grandi e neri, così profondi che Rikki penso di poterci cadere.
Era, poi, vestito in modo elegante: una camicia bianca, un paio di pantaloni neri e dei mocassini, con tanto di orologio color argento al polso destro. Nella sua semplicità, quel look gli dava un'aria elegante e fine, che entrava in contrasto con i suoi capelli colorati e i piercing che portava all'orecchio.
-Oh, eccoti! Rikki, ti presento mio figlio Taeyong. Taeyong, lei è Rikki, la nostra pianista. Spero che non sia per te un disturbo fargli fare un giro in teatro, Rikki.- disse il direttore.
La ragazza si riprese e balbettò: -N-No, ce-rto che no.-
L'uomo sorrise: -D'accordo, allora vi lascio soli. Mi raccomando, Taeyong!- e fece l'occhiolino al figlio, mentre si allontanava.
La ragazza non capì quel gesto, forse era troppo occupata ad ammirare la bellezza del ragazzo che le stava di fronte.
Anche Taeyong, dal canto suo, era rimasto stupito dalla ragazza: così semplice, ma splendida.
Non se ne trovavano tante di ragazze di quel tipo. Lui ne aveva conosciute molte, nessuna peró era splendida come quella che suo padre gli aveva presentato. In realtà, gli aveva parlato molto di lei, suo padre. Gli aveva detto che era bellissima e che ne sarebbe rimasto affascinato, ma lui non ci aveva dato peso, vedendolo solo come un tentativo dell'uomo di vederlo finalmente sistemato, con una bella ragazza che avrebbe saputo prenderai cura di lui.
-Allora,- cominciò lui cercando di sembrare quanto meno nervoso possibile -vogliamo andare?-
-S-Sì, da do-ve vogliamo iniziare?- mormorò Rikki.
-Mmm....Non lo so, decidi tu!- rispose il ragazzo.
E così fu il giro: lui che cercava di conversare e conoscere meglio Rikki, e lei che cercava di non parlare con Taeyong e di non far capire che stava morendo dall'imbarazzo.
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'Mmm.... mi sembra di averla già vista, quella ragazza...' meditò Yeojin.
Aveva appena raccolto le ordinazioni del tavolo 103, e una delle persone sedute lì aveva attirato la sua attenzione. Si trattava di una ragazza bella, dai capelli lunghi color castano chiaro, la pelle chiara e luminosa, gli occhi color nocciola a mandorla. Aveva l'impressione di averla gi incontrata da qualche parte.
Lasciò però perdere quella sensazione, e si dilettò nel suo lavoro. Portò in cucina il foglietto con sopra scritte le ordinazioni e lo lasciò allo chef. Tornò poi in sala, dove accolse una coppia che aveva prenotato il tavolo 105.
-Lee Sechan.- disse il ragazzo non appena vide la cameriera. Teneva a braccetto una bella ragazza, la quale sembrava non proprio a suo agio in quel posto. Era vestita in modo molto elegante, ma non eccessivo. Un vestito azzurro, delle scarpe dello stesso colore. Semplice ma d'effetto, proprio come piaceva a Yeojin.
-Sì, seguitemi.- replicò cortesemente, per poi accompagnare la coppia (secondo lei tenera) al tavolo.
Il turno, quella sera, fu davvero stancante. C'era moltissima gente, un sacco di prenotazioni e tanti, ma tanti tavoli da servire, semza contare i clienti indecisi che le facevano perdere molto tempo. Be', almeno il giorno seguente sarebbe stato di riposo. Anzi, proprio il giorno dopo, lei, Wheein, Kevin e Dokyun avrebbero fatto un bel giro a Hongdae. Era molto eccitata: era da tantissimo tempo che non usciva con i suoi amici e con la sua cotta, soprattutto senza la preoccupazione del lavoro e di null'altro.
Yeojin, poi, aveva assolutamente bisogno di prendere una boccata d'aria fresca: tra l'università e il lavoro era sempre stressata e non aveva mai tempo da dedicare a sé stessa e le persone a lei care. In più, in quel periodo voleva tantissimo adottare un animale domestico; più precisamente, voleva un chihuahua e voleva chiamarlo Axel, un nome che adorava.
Ma se non aveva tempo per sé stessa, figuriamoci per un cagnolino. Rimandava continuamente, dunque, l'adozione del chihuahua che tanto desiderava.
Stanca ed esausta, Yeojin tornò a casa non prima di mezzanotte. Essendosi anticipata un po' di studio, all'una e mezza era già sotto le coperte a ronfare, immersa in un sonno profondo e senza sogni.
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-Tenga, signora, questi sono per lei.- disse Nushen alla vecchia proprietaria del suo appartamento porgendole un piatto con dei biscotti al cioccolato dall'aria deliziosa.
L'anziana sorrise sorpresa e afferrò dolcemente il piatto, facendo alla taiwanese: -Grazie, tesoro, sei proprio gentile!-
-Oh, non è niente. Buonanotte, signora Han.- rispose la ragazza facendo per dirigersi verso il suo appartamentino.
-Nushen,- la chiamò la donna -ho fatto un po' di thé ai frutti di bosco, ti va di assaggiarne un po'?-
Alla taiwanese sembrava molto scortese rifiutare quella proposta, senza contare che le avrebbe fatto piacere fare e avere un po' di compagnia.
Accettò, quindi. Entrò nel monolocale dell'anziana, che era esattamente uguale al suo come spazio, ma decisamente non per l'arredamento.
-Accomodati pure sul divano, cara.- fece la signora Han.
Nushen si sedette sul divanetto color prugna, sito dietro tavolino marrone e di fronte al mobile con la televisione.
-Ecco qui il tuo thé. Vuoi un po' di dolcificante, o lo preferisci senza?- chiese dolcemente la vecchia.
-Una puntina di dolcificante, per favore.- replicò Nushen.
La signora addolcì subito il thé, e la ragazza lo gustò. Era la prima volta che assaggiava quel tipo di thé, e le garbava parecchio.
-Come ti trovi qui a Seoul?- domandò la donna.
-Benissimo, signora. È una città meravigliosa.- dibattè Nushen posando sul tavolino la tazzina vuota.
-Non hai nostalgia della tua città?- chiese ancora.
Nella mente della ragazza si fecero strada i ricordi che aveva nella sua città natale. Sua sorella, i suoi genitori, i suoi amici, sentiva la mancanza di tutti loro. Ma sapeva che la distanza non era un problema, e che i legami più stretti sono indistruttibili.
-Più o meno.- rispose lei.
La donna capì che non voleva toccare quell'argomento, quindi decise di lasciarlo perdere. Continuò così quella serata, la signora Han mostrò a Nushen una decina di album di fotografie, e la ragazza stette ad ascoltare tutti gli aneddoti che l'anziana le raccontava.
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Sojin si svegliò pian piano, nel silenzio della sua casa vuota, alle 16:59.
Felice di aver finalmente dormito in santa pace, guardò l'orologio appeso al muro.
-Ah, sono le cinque.... LE CINQUE?!- si alzò di scatto e corse a prepararsi.
Alle due aveva un corso all'università, e l'aveva saltato. Doveva essere alla biblioteca alle cinque meno venti circa, ed era in ritardo. Come sempre, del resto!
Raccattò velocemente un jeans e una maglia bianca e andò in bagno.
Un po' di correttore, un filo di mascara e un pochino di lucidalabbra, giusto per non andare a lavorare sembrando una barbona, e una pettinata veloce ai suoi capelli lunghi e scuri.
Indossò le scarpe da ginnastica bianche (o meglio, erano bianche prima che le comprasse, visto che le metteva praticamente tutti i giorni ed erano diventane nere) e filò via, ma non senza prendere il suo piccolo e inseparabile zainetto nero con dentro chiavi, cellulare, portafoglio, caricabatteria portatile, auricolari, una barretta di cioccolato, un'agendina (rigorosamente di Hello Kitty) e un pacco di fazzoletti.
Si stava già preparando psicologicamente alla lavata di testa che le avrebbe fatto la sua collega Minseo. Aveva ragione a fargliela, visto che era sempre in ritardo e le toccava coprirla ogni volta.
Lei e Minseo andavano abbastanza d'accordo, ma quest'ultima era molto precisa, e spesso ricordava a Sojin che andava bene qualche ritardo, ma tutto ha un limite.
-SCUSA SCUSA SCUSA!- implorò Sojin appena entrata nella biblioteca.
Minseo la guardò come a dire 'È senza speranza!', per poi dire:
-Fa nulla, ma cerca di essere puntuale domani. Ciao.-
Non appena la collega se ne andò, Sojin posò la sua roba e si accomodò dietro alla scrivania della bibliotecaria. Quel giorno c'era pochissima gente, ed erano quasi tutti studenti che si dilettavano nelle ripetizioni delle più varie materie.
Fu molto noiosa quella giornata: niente di nuovo, tutto uguale agli altri giorni.
Avrebbe dovuto godersi quei pochi giorni da persona normale che le rimanevano, perchè presto la sua vita sarebbe stata totalmente sconvolta...
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-Capisci?! Con quella battona di Deborah!- si lamentava Hanseul.
Lei e Jein, quella sera, si erano incontrate in un pub con Minghao, WinWin e Jeonghan. Stavano discutendo sul lavoro di gruppo e sulle persone con cui avrebbero dovuto studiare.
-Io sono capitato con Kyangsook, quello che si lava una volta ogni tre anni.- obiettò a sua volta WinWin seccato.
-Be', io sono andata abbastanza bene, no? Eunbi e Mina non sono male come compagne.- dibattè Jein.
-Appunto! Perchè a WinWin un demente che puzza e a me una troietta da quattro soldi?!- commentò Hanseul.
-Hanseul, piano coi termini! L' insulto più pesante che ti concedo è "birbantella".- la rimpoverò scherzosamente Minghao.
-Ma che vuoi capire tu, vecchio plebeo!- esclamò di rimando Hanseul.
-Vecchio io? Guarda che ho diciannove anni, mica novanta!- controbattè Minghao.
-E io che ne ho ventuno dovrei avere la badante?- si intromise Jeonghan, il quale stava "lavorando". Sì, perchè il suo turno sarebbe finito circa dieci minuti più tardi, ma lui aveva un po' anticipato.
-Hanseul ha ragione. Non potete capire i problemi di noi giovani studenti!- intervenne WinWin.
Jein guardava la scena divertita. E pensare che, la prima volta che aveva visto ciascuno dei suoi amici, sembravano addirittura "normali". Se solo allora avesse saputo che quelle persone erano così disagiate, probabilmente sarebbe scappata in Norvegia.
Diede uno sguardo all'orologio e vide che erano le sei. La nonna l'aspettava per la cena. In particolare, prima di uscire la donna aveva accennato un "Torna presto, devo dirti una cosa molto importante".
Non ci aveva dato molto peso all'inizio, però riflettè bene sull'espressione e il tono serio dell'anziana, i quali non promettevano di certo buone notizie, fece sì che la ragazza si inquietò e incuriosì allo stesso tempo.
Voleva, quindi, sapere quanto prima cosa turbava la sua adorata nonna. Ci teneva molto a lei, non voleva che si stressasse o innervosisse.
-Ragazzi, io vado. Ci si vede!- disse salutando gli amici e alzandosì. Imboccò poi la via di casa.
Viveva con la madre di sua madre da sempre. Da piccola, Jein e i genitori vivevano lì per via dei problemi economici. Era stata concepita quando i suoi ancora andavano al liceo, quindi avevano sedici anni di differenza ciascuno.
Quando, all'età di quattro anni, la sua mamma e il suo papà scomparvero nel nulla. Indagini e inchieste non mancarono, ma dei due non vi era traccia: come se si fossero volatilizzati. La bambina venne quindi adottata da sua nonna, ma solo dopo che da questa venne allontanato ogni sospetto. Era stata, infatti, una delle prime persone ad essere accusate per alcuno incongruenze del suo alibi, ma non ci volle molto per capire che non era lei la colpevole e scagionarla.
Jein fu affidata alle cure della signora, dunque, e così fu per i quattordici anni seguenti.
Le doveva tutto, insomma.
Jein, in quel periodo aveva riflettuto molto sulla scomparsa dei suoi genitori. Aveva aspettato invano che tornassero, o che qualcuno le dicesse dov'erano. Ma niente, nessuno gli aveva restituito i suoi genitori. Le mancavano tanto, tantissimo. Quei pochissimi anni che aveva passato con loro erano stati i più belli di tuta la sua vita. Non sapeva se fossero vivi o morti, se stessero bene o meno, non ne aveva idea.
Arrivò a casa con tutte le riflessioni che le annebbiavano il cervello.
-Oh, Jein, sei qui.- le disse la nonno non appena la vide.
-Ciao, nonna. Allora, che cosa mi devi dire?- andò dritta al punto, senza aspettare che la donna tirasse in ballo l'argomento.
La vecchia fece un bel respiro, ed invitò la nipote a sedersi sul divano accanto a lei. Cominciò poi il racconto: -Vedi, Jein, devo dirti delle cose che ti ho tenuto nascoste troppo tempo. Non posso più aspettare. Tu sei ancora giovane, ti spaventerai, ma ti prometto che andrà tutto bene.- l'inquietudine di Jein aumentò, e sentì l'ansia crescere.
La nonna continuò: -Ascoltami bene. Esiste una forza oscura, che non ha nome. È fatto di odio, è odio. Quest'energia negativa è potentissima. Potrebbe distruggerti, o prenderti come fece con i tuoi genitori quattordici anni fa.-
Jein trasalì: -Che stai dicendo? Nonna, che ti succede? Non stai bene?- era preoccupata. Non aveva mai sentito nessuno blaterare in quel modo. La signora, poi, non avrebbe mai messo in mezzo la figlia scomparsa e nè tantomeno ne avrebbe parlato così per un semplice scherzo.
-Lo so che non stai capendo nulla Jein, ma non interrompermi, altrimenti sarà ancora più difficile per te comprendere quello che sto dicendo.- affermò la donna, che soggiunse: -Questa creatura, vuole sterminare ogni essere vivente esistente. Ma non può, perchè ci sono dieci ragazze pronte a sconfiggerlo. In realtà, sono delle ragazze normali, ma in ciascuna di loro vive uno spirito potentissimo: l'energia di ognuna delle Sephiroth. Questi spiriti sono tutti diversi l'uno dall'altro, e sono anche le leggi della vita: Hod, che sarebbe lo Splendore; Chokmah, interpretata come Saggezza; Malkhut, la Corona; Chessed, la Benevolenza; Keter, che ha il significato di Regno; Tiferet, la Bellezza; Nezach, l'Eternità; Ghevurah, il Rigore; e infine Yessod, il Fondamento. Ognuna delle ragazza a cui appartengono questi spiriti possiedono dei poteri, che gli permettono di contrastare la sua avanzata. Vedi, Jein, quest'essere comincia da una persona. Si impossessa del suo corpo e piano piano elimina totalmente il bene che c'è il quella persona, per poi assorbirne il male e diventare più forte. Più diventa forte, meno possibilità ci sono per gli esseri viventi di sopravvivere. Le dieci Sephiroth, con i loro poteri e con l'aiuto dell'energia vitale che accompagna gli spiriti che abitano le loro anime, hanno l'obiettivo di annientare questa forza negativa. Questa creatura maligna, però, può contrastarle a sua volta. Non può impadronirsi dei loro corpi come fa con le persone normali, ma può prenderle per sempre, può farle scomparire nel nulla. Nessuno sa dove vanno quando succede, ma non si hanno più loro notizie quando capita. Esistono anche altre forze che si contrappongono a questo frammento di oscurità, ma le più forti sono le Sephiroth. Le prime ragazze ad ospitare questi spiriti, durante l'era Joseon, riuscirono a creare una dimensione parallela in cui imprigionarlo, ma lui è riuscito a scappare per ben due volte. L'ultima volta che venne visto in questo mondo fu esattamente quattordici anni fa. Una delle dieci ragazze e il suo compagno, il quale possedeva un'altra energia "parallela" a quella delle Sephiroth, si sacrificarono per rinchiuderlo in questa dimensione, e da allora si persero le loro tracce. Adesso, Jein, quella forza malvagia sta per liberarsi. Bisogna fermarlo. Tu, Jein, devi fermarlo. Tu sei una delle Sephiroth.-
Jein ascoltò attentamente ogni singola parola della donna che le stava di fronte.
'Sarà meglio che chiami il dottor Hong!' pensò. Non era possibile, stava dicendo cose che non stavano né in cielo né in terra.
-No, Jein. Sono seria, non è uno scherzo, e non sto delirando. Non chiamare nessuno.- affermò la vecchia più seria che mai.
'M-Ma... Come ha fatti a sentirmi?' meditò ancora.
La nonna abbozzò un mezzo sorriso: -È il tuo potere. Ti ho detto che le Sephiroth hanno dei poteri, e mi sembra ovvio che questo sia il tuo.-
Alla ragazza dai capelli rosa tornarono in mente tutte le volte in cui pensava delle cose, e le persone le rispondevano. Credeva di essere pazza, in quei casi.
O, ancora, quando sentiva le risposte della gente, per poi sentirsi dire che non avevano proferito parola. Stava addirittura pensando di consultare uno psicologo, data la frequenza di questi episodi.
Seguendo quell'ipotesi, i conti tornavano.
-No. Non è possibile. Stai blaterando un mucchio di stupidagini, nonna.- mormorò con un'espressione indecifrabile, quasi incredula.
-Jein, che tu ci creda o meno, è la realtà.- fece l'anziana accarezzando la schiena della nipote, la quale si scanzò di scatto.
Era atea, sì, ma l'unico pensiero che le venne fu: 'Più che dal dottor Hong, mi servirebbe un prete o un monaco buddhista.'
Chiunque, sentendo quel pensiero, avrebbe riso. Ma Jein non scherzava, era seriamente convinta che un qualche spirito maligno avesse compromesso i ragionamenti di sua nonna.
-Jein, credi che ti mentirei?- chiese la donna.
No, le aveva sempre detto la verità. Mai una bugia, neanche se a fin di bene. Di questo la ragazza era sicurissima.
Guardò sua nonna negli occhi.
'Nonna, non è una menzogna?' meditò.
'No, tesoro. Devi credermi.' replicò, stavolta in mente, e quello fu ciò che fece capire alla diciottenne che sì, quella era la pura verità.
-Come ti ho detto, Jein, ci sono altre nove Sephiroth. Trovarle sarà compito tuo. Sono qui, a Seoul, e devi scovarle tutte al più presto, prima che sia troppo tardi.- le spiegò in ultimo la signora.
Jein aveva la mente piena di pensieri. Si alzò, e senza dire una parola se ne andò.
Si coricò, anche se non erano nemmeno le otto, ma aveva bisogno di assimilare il tutto.
Il suo fu un sonno profondo, ma tormentato ed inquieto.
Quello, però, era il suo destino, e l'avrebbe dovuto accettare.
Ehi! Questo qui è il secondo capitolo della storia (E GIURAH!). Non è nulla di che, lo so. E so pure che ci ho messo molto a scriverlo.
Voi che ne pensate, Jein dovrebbe adempiere ai suoi doveri o dovrebbe far rinchiudere sua nonna in un manicomio?
Vi chiedo di commentare dicendomi il vostro pensiero, e vi mando un bacio!❤❤❤
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