Prefa-Zione
Questa storia ha inizio il 15 agosto 2018, nel libro come nella realtà.
Ero in ferie nella casa della mia infanzia in Abruzzo. Seduto all'ombra del chiosco di fronte casa, guardavo mia nipote Noemi e quel cespuglio che ha in testa. É la seconda dei quattro figli di mia sorella e, siccome sono pigro, ho numerato i nipoti e lei la chiamo spesso nipote numero due.
Noemi é una piccola talpa cresciuta tra il tintinnio di due cucchiaini.
Da piccola aveva delle storie che non raccontava a nessuno se non a loro, ma non stavano lí semplicemente ad ascoltarla: erano sopratutto delle chiavi magiche, delle quali si serviva per visitare un misterioso castello. Riuscii a farmi raccontare del castello solo dopo anni e anni passati ad osservarla in silenzio, senza fare troppe domande, perché doveva essere sola per accedere a quelle stanze e perché bastava che si accorgesse della mia presenza per far dissolvere nel nulla quelle mura... così come scoppia una bolla di sapone quando appena la sfiori.
Allora mi chiedeva "Zio, che fai?", tra lo stupore divertito e l'imbarazzo. Forse non era imbarazzo ma la necessità di mantenere un segreto, di rispettare un patto che le permetteva di visitare quel luogo misterioso ad eccezione che non ne parlasse ad anima viva.
Volevo solo assicurarmi che fosse un posto sicuro, che tra la penobra di certi angoli non strisciassero strane creature e che, sopratutto, riuscisse sempre a ritrovare la strada verso casa.
Un giorno me lo descrisse: il percorso che ripeteva ogni volta per arrivare all'ingresso, come riuscisse a raggiungere l'ultima stanza che aveva visitato per proseguire da lì il suo viaggio. Ecco perché aveva bisogno sempre di più tempo!
Gli scaffali ordinati pieni di libri che tirava fuori e leggeva, custodi di racconti incredibili e che non poteva raccontare neppure a me e dei quali, sorpresa, era lei stessa l'autrice!
Da lì presi a regalarle libri, libri veri, con la carta e l'inchiostro e le storie e tutto il resto. Per un periodo (breve) riuscii anche a convincerla a riportare qualcuna di quelle storie custodite in un luogo così irraggiungibile, su della carta vera.
Che nipote incredibile che sei, nipote numero due!
Ma torniamo al chiosco. Poco dopo ci raggiunge Jennyfer, nipote numero uno, sedici anni.
È in quella fase della vita che ho sentito chiamare "adolescenza" da genitori romantici, "passerà" da quelli ingenui e "Cristo santo nascondi i coltelli" da quelli che alla fine sopravvivono. Mia sorella e mio cognato sono ancora vivi ma deve per forza trattarsi di culo.
Ci sono cose che non bisognerebbe dire a una adolescente, perché a quell'età tutto quello che hai da dire è per loro stupido, inutile o imbarazzante.
Eppure tra me e lei (di solito) c'è qualcosa che mi permette di andare oltre, senza paura: cinquecento chilometri di distanza. Prova a tirare qualcosa a cinquecento chilometri di distanza, non puoi farcela. Zero.
Quando siamo separati da quella distanza, dunque, posso dirle cose imbarazzanti, tipo che è stata la cosa piccola più bella che abbia mai tenuto in braccio. Che l'ho tenuta in braccio finché ho potuto e poi per mano, finché ha voluto.
L'ho tenuta d'occhio mentre si allontanava e non ho gridato "tana libera tutti" quando è iniziata la partita a nascondino, perché non era da me che voleva essere trovata.
Ma le dico sempre che "Zio c'è". Tipo Dio, insomma, solo meno permaloso.
Ecco, parlandovi di loro vi ho parlato delle due protagoniste principali di questa storia. Spero che vi aiuterà ad affezionarvi, ma non troppo. Non sai mai come va a finire, quando leggi un horror.
ZIO POMODORO-FRITTO
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