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Come la pioggia d'estate

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15 agosto 2018
(Ai giorni nostri)

- Com'è quel detto che ripete sempre nonna? - chiese Jennyfer strizzando meticolosamente la lunga treccia che le scendeva sulla spalla sinistra, mentre tentava di scansare sua sorella per guadagnarsi l'angolo più asciutto del porticato.

- La prima acqua di agosto rinfresca il bosco - replicò la ragazzina, puntando i piedi e cercando di difendere la posizione.

Noemi, sua sorella minore, aveva una memoria di ferro. Jennyfer era convinta si trattasse di un premio consolatorio assegnatole dal fato o da un dio o dal magico ippopotamo rosa creatore di ogni cosa... insomma, dall'entità di turno che, nel giorno della sua nascita, avrebbe dovuto premurarsi che tutti i pezzi fossero al posto giusto. Noemi invece era venuta fuori con cinque decimi di vista in meno, motivo per cui in famiglia era stata ribattezzata Talpemi (un incrocio tra una talpa e una Noemi).

Talpemi aveva quattordici anni, due in meno di sua sorella maggiore, e un cespuglio biondo che nelle giornate con umidità atmosferica nella norma, avreste potuto chiamare "capelli".

Il giorno di ferragosto, quella bomba d'acqua le aveva sorprese di ritorno dal centro commerciale, distante poco più di un chilometro da casa della nonna, e l'umidità era almeno del cinquantasei per cento superiore alla norma; dunque no, non erano più capelli bensì una forma di vita semi cosciente che soggiornava sulla sua testa.

- Ci vorrà almeno un'ora prima che smetta di piovere. Hai dato da mangiare a Ugo? Lo sai che a stomaco vuoto diventa irritabile...

Ugo era il nome con cui Jennyfer si riferiva ai capelli della sorella, nei giorni di pioggia.

- Mal che vada gli diamo gli arrosticini, tanto se non li mettiamo in frigo nel giro di due ore saranno comunque da buttare...

Quel giorno le ragazze erano state mandate in missione dalla nonna, con l'obbiettivo di svuotare il reparto macelleria e portare a casa cinque chili di arrosticini e due chili di olive all'ascolana, in vista della grande festa di ferragosto: la comunità in cui vivevano era la tipica realtà paesana, composta da gente che si guardava le spalle a vicenda (per reciproca protezione e per sparlare in santa pace, senza rischiare che l'oggetto delle proprie vernecchie potesse sentire e dunque offendersi). Era un evento che, di anno in anno, veniva affidato a rotazione a tutti gli abitanti del paese, di quartiere in quartiere e quella volta per la contrada Accattapane, era il turno della loro nonna.

Uno degli innegabili vantaggi derivanti dal vivere in un paesino dell'entroterra abruzzese al confine con le Marche, era il poter godere di simili prelibatezze senza che le due pietanze entrassero in conflitto tra loro.
In qualsiasi altro luogo al mondo arrosticini e olive all'ascolana non avrebbero mai potuto dividere la stessa tavola senza dar vita a una cruenta faida interregionale. Gli arrosticini avrebbero trafitto il cuore di macinato e pane grattugiato delle olive all'ascolana, così come avrebbero fatto eventuali commensali abruzzesi col cuore dei marchigiani presenti. Nessuna persona sana di mente avrebbe mai invitato un abruzzese e un marchigiano alla stessa tavola! Non al di fuori della zona neutrale chiamata con tono altisonante, solo da Noemi, il confine...

- Stai di nuovo immaginando una faida tra abruzzesi e marchigiani? - la interruppe Jennyfer.

- Touché - rispose impettita.

Fu in quel momento che realizzarono di essersi rifugiate nel fatiscente porticato della casa abbandonata del Signor chi.

- Io non ci credo a quella storia - disse Jennyfer, esprimendo ad alta voce un pensiero che fino a quell'istante non sapeva neppure di aver formulato. Un pensiero che stentava a riconoscere come proprio e che, inatteso come quella pioggia estiva, per un attimo la lasciò senza fiato.

Talpemi la fissò incredula, sua sorella non avrebbe dovuto neppure pensarci: conoscevano entrambe le regole del gioco, sin da piccole, da quando gli anziani del paese avevano cominciato a recitare una vecchia filastrocca con l'intento di tenere i bambini lontani da quel luogo.

Prima scompare il suo nome poi il suo volto e poi il suo odore. Ti va se ti dico chi sono? Chiedilo a quel signore!

Se la filastrocca da sola bastava a fartela fare nelle mutande, i gesti che l'accompagnavano la rendevano davvero raccapricciante.

Prima scompare il suo nome. Le mani del bambino vengono accompagnate alle orecchie, perché non senta (e qui l'anziano di turno muove le labbra accrescendo la sensazione di sordità).

Poi il suo volto. Mentre il bambino mantiene le mani sulle orecchie, il vecchio alza la voce e gli chiude gli occhi con una mano, così che non senta e non veda.

E poi il suo odore. Con la mano libera il vecchio tappa il naso, il bambino non vede, non sente e può respirare solo con la bocca.

Ti va se ti dico chi sono? Il vecchio afferra di scatto le mani del bambino e le discosta dalle orecchie. Lo stupore è enorme anche quando te lo aspetti, perché di colpo riacquisisci tutti i tuoi sensi.

Chiedilo a quel signore. Il vecchio fissa un punto dietro al malcapitato che, afferrato per le spalle, viene voltato di scatto.

È in quel punto preciso che tutti, ma proprio tutti, da piccoli si mettevano a urlare "Chi? Chi? Chi?", certi di trovarsi prima o poi davanti a un mostro orribile, un uomo dai denti marci, un ombra evanescente o un enorme broccolo puzzolente cosparso di senape.
Questa cosa del broccolo non era proprio spaventosa ma era la cosa più simile a uno spavento che Talpemi avesse mai provato durante quel rituale, non essendo un soggetto particolarmente impressionabile.

Almeno fino al giorno del suo tredicesimo compleanno, la prima volta che a recitare la filastrocca non fu una vecchia sdentata all'angolo di una via, ma sua sorella.

GHOST§TRACK

Estratto di una conversazione whatsapp contenuta nei cellulari delle ragazze

sushi-doodles: dici che nonna ci viene a cercare?

the-loney-ghost: non credo proprio.

sushi-doodles: 😱

the-loney-ghost: ma perché chattiamo. Sono proprio qui al tuo fianco...

sushi-doodles: non voglio svegliare Ugo... Non ha il sonno leggero? 🤣

the-loney-ghost: 😒

sushi-doodles: 😔

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