Chiedilo a quel signore
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15 agosto 2018
(Ai giorni nostri, nella vecchia casa del Signor Chi)
Noemi aveva ragione, avrebbe fatto meglio a non pensarci ma sua sorella Jennyfer non avrebbe potuto fare altrimenti. Quel pensiero era un predatore silente, attendeva semplicemente il momento giusto per venire allo scoperto.
- Too late - sorrise guardando la sorella minore, che non dava l'impressione di apprezzare il suo goffo tentativo di sdrammatizzare.
- Rilassati, è un acquazzone estivo, dagli dieci minuti e vedrai che smette! - aggiunse Jennyfer.
- Che hai detto? - urlò Noemi - Chi hai detto che finirà a fette?
Il vento si era alzato, lo scroscio di quell'acquazzone era impressionante e aveva cominciato anche a tuonare.
- S m e t t e! Quali fette. Sei scema? Dai mi sto innervosendo... A n d i a m o!
- Va bene, e n t r i a m o - e sgusciò dentro senza troppa convinzione.
- Ma che...!? Cosa?... Dove diavolo vai!? - corse dietro alla sorella.
La sala d'ingresso era in evidente stato di abbandono e la polvere ricopriva ogni millimetro della superficie esposta, eppure mobili, quadri e lampadari erano ancora al proprio posto, conservando la sontuosa dignità che neppure il tempo era riuscito a scalfire.
- Cieca e pure sorda - disse Jennyfer colpendo Ugo, senza tuttavia distogliere lo sguardo dallo spettacolo che le si presentava davanti agli occhi.
Le pareti erano coperte da carta da parati dai motivi floreali, resi quasi irriconoscibili dalla muffa e dall'erba che si era fatta strada tra crepe e fessure. I lampadari in ferro battuto pendevano dal soffitto, alto almeno quattro metri, ricoperti di ragnatele e nidi di Cincia mora. Il pavimento aveva enormi piastrelle in graniglia, simili a quelle che la nonna aveva in cucina e che strofinava almeno due volte a settimana. Sulla parete di fronte all'ingresso, un enorme camino dominava l'ambiente con figure di putti incisi nel marmo e che si protraevano con le mani al cielo.
Noemi toccò il volto di uno di essi e percorse con un dito il tratto che dall'occhio scendeva alle gote paffute, disegnando il solco di una lacrima.
- Non è al cielo che mirano - facendo notare alla sorella che l'inclinazione dei volti e gli stessi sguardi erano rivolti nella direzione opposta.
- Sembra piuttosto che stiano fuggendo - e nel pronunciare quelle parole, scansò l'enorme parascintille in ferro battuto che ostruiva la scena, facendolo cadere a terra e generando un frastuono che riecheggiò in tutte le stanze dell'edificio.
I piedi di quelle figure infantili erano avvolti da protuberanze, simili a enormi tentacoli, che spuntavano dalla grata posta al centro del camino e che si estendevano in modo uniforme lungo tutta la superficie.
Seguendo il percorso tracciato da ognuno di essi, Noemi si accorse che alcuni terminavano senza aver raggiunto il proprio obbiettivo e questo creava nello spettatore un senso di disagio: era così sbagliato desiderare che venissero afferrati, sacrificandoli a favore della simmetria?
In risposta al baccano appena generato, dal piano di sopra si udì un tonfo secco e rumore di ali e forse il tintinnio di tante piccole unghie e...
- ...e forse stai dando di matto, calmati adesso - intervenne Jennyfer.
- Perché prima hai accennato a quella storia, Jenny? E perché prima che tu lo facessi, né io né te abbiamo avuto la minima esitazione a rifugiarci sotto il portico proprio di questa casa? E perché, per giunta, siamo entrate qui dentro... sapendo di chi era questa casa?
-... di chi è, questa casa - la corresse.
- È accaduto di nuovo - riprese - lo sai, è così che fa. Tabula rasa, cancella tutto fino alla sua prossima mossa. E come al solito ce ne accorgiamo solo quando ci siamo dentro fino al collo, quando é lì lì per afferrarci come con questi qui - indicando i putti - come il giorno del mio compleanno, quando abbiamo conosciuto Maria e le gemelle.
- Sì, lo so - annuì convinta Jennyfer, afferrandole le spalle e fissandola negli occhi nel tentativo di calmarla.
- È così, ma oggi la facciamo finita...
- Hai capito!? - le urla di sua sorella maggiore, erano ora rivolte al soffitto e Noemi, che non era riuscita a calmarsi quando era stata lei a chiederglielo, si impose di farlo trovandosi di fronte alle lacrime che scendevano dagli occhi di Jennyfer, ormai in preda alla rabbia e al terrore.
Noemi, che in quel momento non riusciva ancora a comprendere la portata di quelle emozioni, venne scansata di peso e quasi perse l'equilibrio, ma si voltò in tempo per vedere Jennyfer salire a due a due gli scalini dell'enorme scala, che si intravedeva nella stanza adiacente a quella in cui ora era rimasta sola.
- Noemi tu resta lì - urlò interrompendo la salita e appoggiandosi alla ringhiera pericolante - no anzi, vai via. Vai fuori da qui! Io vado a riprendere Giorgia!
Pronunciò quel nome con la voce spezzata e Noemi si accorse di piangere. Si accorse di tremare. Si accorse anche di odiare se stessa per non aver ricordato quel nome.
- Chi... è... G...iorgia ?
- Chiedilo a quel ssssignore... - le sussurrò una voce all'orecchio.
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