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9. sarò io a farlo (A)

Hai dei piedi davvero strani, sai? Sono grandi e a punta e hanno sempre (anche d'inverno) quella linea divisoria tra il collo più abbronzato e la pianta d'un rosa carne tenue. Tu dici che sembrano i piedi di un orco e io, quando sei di buon umore, mi diverto a chiamarti Shrek.
Poi ci sono quelle volte in cui strisci in balcone e ti accendi una sigaretta con la tua candela al gelso preferita. Resti in silenzio a guardare il verde tra i palazzi e io so che stai passando in rassegna tutto ciò che non va in te e che i lettori non notano. Di solito poggi i piedi sul tavolino rotondo e io, mentre ti faccio compagnia, trattengo le parole per baciarti quella linea naturale di pelle.
Così, subito, tu torni a sorridermi perché ricordi che non c'è bisogno di vederti perfetta finché sarò io a farlo.
-A

Sabato, 27 Giugno

Continuo a studiare le carte che mi si aprono a ventaglio tra le dita. L'Estathe di fronte è patinato di condensa e una mosca gli fa la corte da minuti.
Riesco a sentire i secondi che rallentano ogni volta che una goccia di sudore mi solca le tempie.
"Ce la facciamo a pescare o abbiamo lasciato questo pianeta definitivamente?"
Giulia si bagna le labbra dopo aver parlato e sia Michela che Luca evitano di guardarmi mentre sorridono maliziosi.
"Scusate." accenno. Pesco una carta sperando che la smettano di torturami.
"È da un po' che non ci sei, in realtà." -mormora Michela- "Non ti si sente da lunedì. Che fine hai fatto?"
Roteo gli occhi e Luca dá una leggera gomitata alla fidanzata invitandola a non essere così petulante. Sotto gli occhiali da sole, sopra la folta barba rossiccia, mi pare d'intravedere un occhiolino.
"Vado a lezione, a differenza vostra."
"Sarà.." -ora è Giulia, che fa schioccare la lingua sul palato- "E la tua amica modella? Anche lei va a lezione?"
Come faccio a dirglielo, Ludo?
Che tu sei un problema solo mio?
Sistemo le carte mentre cerco di spostare l'attenzione altrove. Luca sblocca il telefono e lascia la questione alle donne, che non smettono di fissarmi. Arrossisco e Michela fa uno strano rumore di piacere.
"Eri con lei, vero?"
Le osservo entrambe: Giulia ha i ricci sfatti per l'umidità e i suoi occhi verdi vigili ed eccitati si mischiano alle foglie del giardino di casa sua, mentre Michela stringe le narici del suo naso lungo e arrossato.
"Siete una rottura di palle."
Quelle si battono il cinque e Luca scopre le carte sul tavolo, mandando tutto a monte prima di dare un bacio a Michela e stendersi sulla sdraio a bordo piscina.
"È inutile che vi fate film mentali." -chiarisco seccata- "Siamo solo amiche."
"Certo, e Luca ce l'ha piccolo."
"Dio, Michela.." mormora Giulia inorridita.
"Che c'è?" -alza le braccia- "Stavo solo facendo un esempio."
Scuoto la testa e finisco il tè.
"So come la pensate e mi fa piacere che facciate il tifo per me, ma non voglio che vi mettiate in testa cose che non esistono. Sto bene con lei ed è davvero strano quello che abbiamo, ma.."
"Ma?"
Michela si gratta le lentiggini e Giulia poggia il mento sugli avambracci.
"Ma ieri non ha fatto altro che parlare del suo ex e non credo che volesse fare colpo."
Scuoto il brick dell'Estathe per scoprire che è vuoto, incapace di sopportare questo tipo di silenzi e di sguardi senza nemmeno muovere un dito.
Te lo diceva sempre la nonna, no?
I silenzi ci fanno sentire la veritá e le persone non vogliono mai trovarsi sole con la veritá.
Mentire è l'unica scusa che ci fa vivere felici.
Il bracciale dorato di Giulia sbatte con la sua trama sottile sul tavolo ogni volta che lei si muove per preparare una sigaretta e io la fulmino con lo sguardo, perché non voglio che mi ricordi lei.
Guardo il fumo che si perde al di sopra degli ombrelloni chiusi a formare piccole nuvole su uno sfondo indaco: anche il sole, oggi, ha diritto al suo riposo.
"Voglio conoscerla." -dice Michela spezzando la quiete caliginosa- "Devo vedere se hai ragione o se è tutta una scusa per non provarci."
"No." -batto le mani sul tavolo e le indico entrambe- "No e no. Non voglio che la spaventiate con le vostre idee del cazzo."
"E io non voglio che tu viva col sogno di Carlotta tenendoti amiche tutte quelle che ti piacciono per paura che scappino via e ti feriscano ancora."
Michela ansima dopo aver ululato senza mai prendere fiato. Giulia non fa una piega e mi offre il suo Mojito fatto in casa: sa di rucola e zucchero di canna.
"Questa ragazza.. Non so, Auri, vi siete viste a malapena tre volte, ma è come se la aspettassi da un po'. Si nota, non so neanche io da cosa, forse da quanto poco ne parli."
"Come se volessi tenertela tutta per te." aggiunge Giulia.
"Esatto, è come se fossi gelosa dell'idea finta che hai di lei e non vuoi parlarne perchè hai il terrore che gli altri ti mettano di fronte alla veritá. Sei stata giá male per colpa di quegli stronzi e ora che ne hai trovata una decente non vuoi rovinare tutto, questo lo capisco, ma.."
"Niente ma. Siamo amiche e lei non mi interessa, tutto qui."
"Ma" -continua Michela guardandomi male- "autoconvincerti che sia solo un'amica per evitare di provarci non ti renderà felice. Sì, beh, potrete uscire a fare i vostri aperitivi del cazzo quando volete, ma non durerai a lungo, Auri."
Mi finisco il Mojito incatenando gli occhi ai loro in segno di sfida.
"Siamo solo amiche."
Michela sorride, ma il suo sguardo è fermo come l'orizzonte.
"Sai, prima è stato così facile dire che Ludovica non ha alcun interesse per te, ma tu.."
"Tu non hai detto niente." ora Giulia.
"Perchè sai che non è così." ora Michela.
"E hai paura di ammetterlo a te stessa." ora, di nuovo, Giulia.
Il tempo si ferma come in una pellicola di Nolan e io penso, per un attimo, di avere in mano una bacchetta stellata che riesce a togliermi dagli impicci. Le tele degli ombrelloni si muovono lente alla leggera brezza che increspa la seta d'acqua della piscina e Federico si è appisolato.
Ormai è inutile mentire: il silenzio mi ha inondato le orecchie.
"Va bene, lei non è quello che io voglio che sia, ma se ci tenete tanto, potrete vederlo con i vostri occhi."
Giulia spegne la sigaretta nel posacenere col sorriso tra le labbra.
Stavo scommettendo che loro si sbagliavano, ma in realtà speravo che avessero ragione.

[...]

Quando suonano alla porta, Giulia non ha ancora terminato di distribuire le bevande sulla grande tavolata del salotto secondo un ordine chic ma non snob, come dice lei. Ha usato la tovaglia che Leonardo - quel famoso cugino architetto con i pettorali abbronzati e la barba da matusalemme - aveva sporcato al suo ultimo compleanno, rovesciandoci sopra tutto il rosè dopo aver riso troppo per una battuta di Lorenzo, compagno di pallonate e stronzate di Luca.
Loro, con la piccola aggiunta di Emanuela - vecchia e nuova fiamma di Lorenzo - e di qualche altro sbarbato invitato con lo scopo di riempire l'ambiente, sono ancora fermi quando il campanello gracchia una seconda volta.
"Ti ci devo lanciare con la fionda? Va ad aprire alla tua amica invece di fissare la porta come una deficiente." farfuglia Giulia, che mi passa accanto con due bottiglie per braccio. È un po' sudata ma non ha messo il trucco a coprire la lieve abbronzatura e mi intima di staccare i piedi con due o tre su, su e hop alternati.
Stai per vomitare?
Ma è solo un'amica, no?
Michela e Luca mi sorridono incoraggianti: lui le cinge la vita da dietro, invece lei pesca delle patatine dalla mano per cacciarsele in bocca.
Trascino le infradito sulle piastrelle come fossero piombo e mi giro un'ultima volta verso di loro. Luca mi fa un ok con la mano grande e pallida, così apro la porta.
Hai la bocca di Michelangelo.
Ludovica ritrae l'indice della mano sinistra pronto a suonare una terza volta mentre con la destra regge un involucro cartonato.
"Non me la cavo molto in cucina." -accenna un sorriso timido porgendomi la torta- "Ma il pasticcere mi ha assicurato che è una favola."
Tentenno nell'alleggerirla del peso, incapace di toglierle gli occhi di dosso. I suoi capelli bagnati e tirati all'indietro mi ricordano le acconciature da red carpet, mentre il viso pulito, la collana di conchiglie e il vestito a fiori la fanno sembrare un'innocente vacanziera.
"Non dovevi, davvero. Giulia ci ha riempiti di cibo e credo che distribuirà i rimasugli ad ognuno mano a mano che ce ne andiamo."
Ludovica ride mostrando le gengive chiare e gli incisivi non perfettamente allineati e quando lo fa, la vedo esposta a mille occhi indagatori. Ecco perché accosto la porta dietro di me.
"Grazie per l'invito. Non pensavo avessi parlato di me alle tue amiche."
Beccata.
Cazzo.
"Beh, sì, te l'ho detto. Si parla bene con te."
Ludovica si sistema una spallina dell'abito giá in ordine: forse anche lei sente bruciare dietro la nuca e tutte le copertine del mondo non ci rendono supereroi.
"Giá, io.. Sai, ho parlato con una persona e ci ho pensato a lungo. Forse avevi ragione, io ho bisogno che tu non mi guardi nel portafoglio e tu hai bisogno che io ti guardi negli occhi, però.. Però non è solo questo e.. Dio, sono patetica, la smetto."
La torta mi sta gelando il palmo della mano, ma vedere le guance di Ludovica colorarsi leggermente mi scalda tutto il resto.
"Non sei affatto patetica." e lo dico così sincera che lei ricomincia ad avere gli occhi severi.
"Non so, volevo che tu sapessi che c'è tanto altro a parte il mio portafoglio per cui devo ringraziarti." -si umetta le labbra con la punta della lingua- "È bello sentirsi parte di un gruppo e nessuno prima di te l'aveva reso possibile."
Faccio per dirle che non serve, che se solo volesse, io sarei il suo gruppo per il resto della vita, a patto che continui a guardarmi con questa stessa tonalità dolce di blu, ma la lingua mi si inceppa quando una folata di vento mi soffia sulle spalle.
"Cosa ci fate ancora qui?" -miagola Giulia con le dita attorno alla maniglia- "Auri, invita la tua amica in casa, su! Non farla aspettare sul pianerottolo."
"Ludovica, giusto?" -subentra Michela, che le porge la mani- "Scusala, non è sempre così rustica, basta saperla prendere. Vieni con me, ti aiuto io."
E mentre la prende sottobraccio, cercando di non incrociare il suo sguardo spaesato e il mio cinico, sento che le chiede qualcosa riguardo il suo lavoro, come "abbiamo molto da discutere io e te, sai?".

[...]

Accarezzo il bordo appena tagliente del bicchiere di plastica su cui Leonardo mi ha versato un cocktail di sua invenzione. Io ci sento del rum bianco e una leggera punta di cocco, ma lui insiste nel dirmi che non ho il palato abbastanza fine per riconoscere tutti gli ingredienti.
Fuori si è fatto completamente buio e a parte qualche risata troppo fragorosa, la festa procede tiepida e frizzante come dell'acqua col limone. Michela e Luca, dopo essersi concessi la loro ora insieme, hanno radunato il gruppo dei ragazzi e delle ragazze per sparlarsi a vicenda. Tra le ultime c'è anche Ludovica e c'ero anche io, fino a poco fa, quando sono strisciata via con la scusa della gola secca. In realtá mi sentivo soffocare da tutti quei treni che mi passavano per la testa e che facevano un gran casino con il loro sferragliare. Giulia e Michela ne avevano uno tutto loro, con quello starnazzare tipico di chi aspetta che le cose vadano al gusto loro, mentre Ludovica ne guidava un altro su cui sarei salita volentieri.
È da un po' che la guardo da lontano mentre gioca con la ragnatela che la divide dal mio mondo.
Forse ci rimane intrappolata.
E se la buca? Se la buca è un bel casino, no?
"Malefica."
Sento picchiettarmi sulla spalla, ma so giá che solo lei può chiamarmi in questo modo. La stringo al petto come se non la vedessi da una vita e quando poggio il mento sulla sua spalla, accucciandomi un po' per adattarmi alla sua altezza, Luca mi saluta con le chiavi appese ad un dito.
"Grazie." gli mimo con le labbra e lui ricambia con un sorriso.
"Non volevo venire, ma Michi ha insistito tanto.." -piagnucola con gli occhi grandi e dolci- "Ha parlato di una certa Ludovica."
"Dio mio.."
Roteo gli occhi al cielo e Gaia sghignazza versandosi un bicchiere di vino. Io le faccio il muso duro e lei mi rassicura che è grande ormai, che devo smetterla di contare quante dita di rosso manda giù.
"È lei?"
I suoi occhi marroni - di una tonalità più chiara della mia, quasi beige, come quelli della mamma - si perdono tra il gruppo di liceali maturate disperse ai piedi della piscina. Non posso sapere se stia guardando la persona giusta, ma so che l'ha capito.
"Da qui sembra una stupida barista del Rooftop." mi scappa detto.
Finisco di bere il cocktail e ci sento dentro anche dell'ananas e della pera: forse Leonardo aveva ragione.
"E invece?"
"E invece cosa?"
"Sembra una stupida barista, invece?"
Aggrotto la fronte con le sopracciglia che si avvicinano agli occhi, ma Gaia rimane a fissare il gruppetto che ride senza pensare a noi. Lei conosce già la risposta, così sospiro e volgo anch'io lo sguardo verso di loro.
Ludovica è seduta sulle piastrelle del bordo con gli stinchi che toccano l'acqua e ne smuove la superficie lentamente, come se le facessero male le ginocchia. Giulia le sta parlando ad alta voce e da qui riesco a sentire le altre domandarle tutto del suo lavoro. Lei sorride, annuisce, muove piano le mani come se fosse perfettamente a suo agio. Eppure io la vedo: se ne sta un po' in disparte, dentro, sotto il vestito.
"So che non dovrei dirtelo, ma è da un po' che non guardi nessuno così."
"Così come?"
Gaia manda giù un sorso che le riempie tutta la bocca e strizza gli occhi quando il vino le brucia in gola.
"Come guardavi Carlotta."
La afferro per un polso, pronta a trascinarla via dove nessuno può sentirmi mentre le dico che non si possono tirare fuori certe bestemmie. Poco prima, però, Gaia spalanca gli occhi verso il corridoio alle mie spalle: le ragazze stanno trottando verso di noi, pronte ad accogliere la piccola di casa con gli stupidi brindisi da festa. Solo una manca all'appello e anche Gaia l'ha notato.
"Non puoi non cercare di essere felice, ricordi?"
Glielo dicevo sempre quando il babbo mi sgridava perché indossavo degli shorts troppo corti. Mentre le rimboccavo le coperte, volevo assicurarmi che crescesse forte come io non sarei mai stata e quella frase era la fiaba che le raccontavo per farla addormentare.

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