Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

3. hai dovuto ascoltare

Mi cantavi sempre quella canzone che faceva 'Ambra era nuda e io ero vestito' e ogni volta ti immaginavo senza niente addosso, di fronte allo specchio a fare mille smorfie per vedere se fosse comparsa quella nuova ruga di cui avevi sempre paura.
Ma per me restavi la più bella: all'inizio non lo capivi, finchè ho incominciato a sussurrartelo piano, con calma, e tu hai dovuto ascoltare.
-L

Venerdì, 17 Giugno

L'indirizzo che è stampato con un inchiostro un po' datato segna la stessa via che leggo sul cartello al di lá del parabrezza. Il cielo s'è un po' rabbuiato e rimane quella luce ocra che sembra sputare polvere sul naso della gente.
Slaccio la cintura e guardo la foto passandoci il pollice sopra.
Avevi gli occhi più dolci, prima.
La macchina mi avvisa quando si chiudono le portiere e io prendo la strada verso la palazzina di fianco al cipresso più alto del viale.
Un uomo sta spazzando all'entrata con una scopa di paglia e mi sorride con la fronte perlata di sudore.
"B'onasera."
Il portone del condominio è aperto e lui non indaga più del dovuto nel vedere il mio sorriso innocente. Salgo le scale con il passo leggero, trascinando le Balenciaga su per i gradini di granito.
Al secondo piano trovo la dicitura Azzurro M. e Sagretti L. sul campanello. Controllo il foglio che tengo tra indice e medio per evitare di stropicciarlo: è quello giusto.
Mentre busso alla porta, mi scappa da ridere - un cognome così azzeccato per te, che di azzurro non hai proprio niente - finché dall'interno sento avvicinarsi una voce concitata. Cerco il modo più rapido per togliermi il sorriso da deficiente dalle labbra e mi caccio la sigaretta elettronica in bocca.
"Oh."
La prima cosa che vedo è il top nero che le scopre la pancia e il resto dei tatuaggi che prima non avevo colto tappezzarle le braccia. Dietro di lei, quella che ipotizzo essere la madre tira fuori la testa da un vecchio borsone.
Aurora mi guarda con un sopracciglio tirato.
"Ero venuta per questo." -le dico allungandole la carta di identità- "Deve esserti caduto al bar mentre tiravi fuori gli spicci dal borsello."
Lei allarga le braccia al cielo e sospira profondamente con i pugni chiusi.
"Grazie a Dio, pensavo di averla persa."
Sua madre tentenna nell'avvicinarsi, finchè decide di uscire dalla mia visuale. Aurora se ne accorge e socchiude la porta alle sue spalle.
"Come hai fatto a trovarmi?"
"Beh.. C'è l'indirizzo."
Lei sposta lo sguardo sul documento e si mette a ridere: in un attimo le scompaiono gli occhi e io mi sento persa.
"Scusa, sono ancora in preda all'ansia.." -mormora- "Sai i miei.." - ci ripensa, scrollando la testa- "Grazie davvero."
"Nessun problema."
Solo ora che cala il silenzio, Aurora mi guarda: non come faceva prima. Mi guarda davvero e gli occhi le cadono sulla sigaretta che stringo tra le mani.
"Posso fare qualcosa per sdebitarmi? Che so.. Un caffè più pacifico di quello di stamattina?"
Ridiamo all'unisono e abbiamo un bel suono, insieme.
"Dovrei festeggiare il mio compleanno, a dire la verità."
Gli occhi le se illuminano e per un attimo ho l'impressione di vederci il mare come nei miei.
"Oh, beh allora.. Allora ti lascio alle tue amiche e.. E buon compleanno." dice, grattandosi la testa in evidente disagio.
Adesso le vedo anche il tatuaggio che ha nell'interno braccio: Federico non capisce un cazzo.
"Grazie, ma a dire il vero io.. " - perché cazzo non riesco a parlarti, mh?- "Nessuno degli amici che ho in cittá sa che compio gli anni. Loro pensano che sia un altro giorno."
Aurora rimane interdetta, indecisa se ridere di me o ridere con me: nel dubbio mi fissa le labbra e io sento uno scoppio sotto l'ombelico, come una caldaia che si accende.
"So di risultare invasiva, ma.."
"Non lo so. È pur sempre un venerdì 17."
Lei sembra pensarci prima di tornare a guardare la sua carta di identità.
Dillo.
"Quindi ora i motivi per sbeditarmi sono due." -dice poco prima di rientrare- "Uno per avermi riportato questo, e l'altro per esserti fidata di me."

[...]

Aurora dice che questo è il locale che preferisce dell'intera Firenze e io, gettando gli occhi al di lá della ringhiera, mi lascio guidare dalle luci che mi spiegano il perché.
"Vuoi.. Vuoi cambiare posto?" domanda dietro le ciglia lunghe.
Io scrollo la testa e ordino un Long Island facendo finta di scrutare il paesaggio con gli occhi che rimbalzano su di lei non appena distoglie le sguardo. Ha i capelli raccolti male e una canotta nera, come il trucco che sfoggia, fin troppo aderente perfino per il cameriere.
"Buon compleanno, allora." dice alzando il bicchiere.
Sei in imbarazzo, lo vedo.
Ma ti piace essere qui, vedo anche questo.
E non so il perché.
Aurora tira un sorso dalla cannuccia e poggia la bevuta sul tavolino: ha gli occhi bassi e si sta chiedendo cosa ci faccia qui. Le mie pupille corrono dal tatuaggio che ha sulla spalla fino a quello sulla coscia: la faccia di un lupo la protegge lasciando scoperto il ginocchio e guidandomi più in basso verso le caviglie fine.
"Eri mai venuta qui?"
Il cuore mi bussa sul petto e appiccico gli occhi all'ombrellone con su scritto Rooftop Bar.
"Non esco spesso, a dire il vero. Nessuno dei miei amici mi ha fatto conoscere la cittá." -mi correggo- "La vera città."
Aurora alza un sopracciglio e le labbra le si allargano: ora sembrano ancora più spesse.
"Como." basta dirle.
Gli occhi corteccia le diventano muschio sotto il pallore di una vecchia lampada. Stringe un po' le gambe accavallate, come se volesse chiudersi a sè e non fare entrare più nessuno.
"Mio padre dirige un'importante azienda, lassù. Sai, quando si dice che la Lombardia è tutta nebbia e fabbriche, la si è descritta per metá."
Aurora mi ascolta interessata, o forse finge solo interesse. Devo farle pena: il mio ventiquattresimo compleanno in un rooftop bar qualsiasi.
La mamma me l'aveva detto: sei troppo diversa da tuo padre. Finirai per farti degli amici veri.
"E.. Ed è un pezzo grosso?" -domanda come una bambina- "Tuo padre, intendo."
Mi viene spontaneo sorridere e Aurora si morde il labbro inferiore come se si fosse accorta di aver commesso uno sbaglio: adesso ha il rossetto un po' sbavato.
Io mi accorgo di troppe piccole cose con te.
"Abbastanza per costringere mio fratello a intraprendere la sua strada."
Bevo un sorso di Long Island e quello mi calma subito. Aurora poggia la mano sul tavolino e gli anelli che ha alle dita fanno un rumore metallico.
"E tu?" -domanda, distendendo la schiena contro i cuscini- "Voglio dire.. Cosa ci fai qui?"
"Cosa ci faccio qui anche se ho la strada giá spianata?"
"Beh.." e annuisce con mezzo sorriso.
Tu non devi essere come tutti gli altri, penso.
A te non hanno regalato mai niente, neanche un po' di felicità.
"Non mi piacciono le aziende, figuriamoci starne a capo." -le dico tranquilla- "O meglio: mi piace comandare. Oh, se mi piace.. Forse mi piace solo l'idea di avere sempre ragione. Ma capisci che queste non sono le qualità di un buon capo."
Aurora mi ascolta come se le stessi recitando la Divina Commedia a memoria.
"Ho tanti difetti e mi vanto spesso, che diciamocelo, è già uno di quei difetti che nessuno sopporta. Ma per questo ho il pregio di saperli riconoscere."
Lei si morde un'unghia e io faccio un tiro dalla sigaretta elettronica.
"Quella non è la mia strada. L'ho capito quando mi hanno comprato il primo vestitino di marca. Era solo il mio quinto compleanno e giá non avevo buoni amici, ma.." -ci penso e rido di me, mentre Aurora fa una smorfia strana, quasi compassionevole- "Sapevo che questa sarebbe stata la mia strada. L'obiettivo, la lucina prima dello scatto, l'essere solamente se stessi di fronte ad una macchina."
"E le macchine non possono mentire." mormora, fissando il fumo che si perde tra il cielo sereno.
Sorrido come se non facesse male e avvicino la bevuta a quella di Aurora, che rinnova gli auguri.
È strano essere qui, insieme, oggi.
Conosco a malapena la sfumatura dei tuoi occhi, ma questo è uno dei Venerdì 17 più assurdi che mi potessi aspettare.
I sandali color pelle le cingono i piedi curati e io riesco a scorgere un giglio rosso e viola sopra il malleolo.
"Non devo sforzarmi troppo per capire dove sei nata."
Aurora segue la linea dei miei occhi e passa l'indice sopra il tatuaggio.
"Sta cittá m'ha cresciuta come 'na grulla." -scherza- "La mi' famiglia è fiorentina fino alla punta dei capelli. Pensa che mia sorella fino ai cinque anni sapeva parlare solo in dialetto."
"Hai una sorella?"
Le soffio dolcemente il fumo vanigliato in viso e lei addolcisce lo sguardo.
"Giá. È uno dei pochi motivi per cui non sono andata via di casa." -Aurora mi chiede di fare un tiro e io glielo concedo- "Lei è ancora piccola e dice di aver bisogno di me fino alla maturità. I miei.." e scrolla la testa, sciogliendo i capelli che le toccano le spalle.
"Rapporto conflittuale anche il tuo?"
Beve il suo drink e il vetro patinato di acqua fa scivolare una goccia sul dorso della mano, correndo sino al gomito.
"Ti dispiace se non rispondo? Non ho voglia di annoiarti con le mie solite paranoie proprio oggi."
Scuoto la testa, cercando di dirle che non esistono problemi tra noi, prima d'essere interrotta dall'arrivo di un ragazzo alle mie spalle.
"Cecco!"
Aurora scatta sul divanetto e corre ad abbracciarlo. Non vedo bene da qui, ma lui sembra molto più alto di noi.
"Com'è che sei qua? È da un po' che non ti si vede." è l'ultima cosa che riesco a sentire, prima che le mie orecchie rifiutino di ascoltare.
La gola mi brucia e finisco il Long Island tutto d'un fiato.
Tu, noi, lui, è.. È tutto sbagliato.
Io, sotto quest'ombrellone, ora, sono sbagliata.
Non so nemmeno come sono arrivata qui, io..
Perchè diavolo sto festeggiando con una che nemmeno conosco?
Mi sono solo fidata dei tuoi occhi e di quel lupo del cazzo che hai sulla coscia.
Non so neanche perchè ti ho guardato così a fondo.
"Lei è Ludovica." dice al tipo, facendo suonare il mio nome troppo bene tra le sue labbra.
E non so perchè sto pensando alle tue labbra, dio.
Tiro dalla sigaretta e il ragazzo mi scorre di fronte, allungando la mano.
"Cecco."
"Ludovica, piacere di conoscerti."
I suoi ricci neri un po' arruffati si muovono al vento e Aurora gli fissa i denti allineati che la mettono in imbarazzo.
"Torno dagli altri. È stato bello rivederti." -conclude lui dopo minuti di silenzio- "Chiamami quando hai un pomeriggio libero. Non mi dispiace mai se ci sei."
Aurora annuisce e basta, aggiustando una ciocca dietro l'orecchio bucato fino a metá padiglione. Poi torna a sedere e si scola il Long Island tutto di colpo come avevo fatto io.
"Lui.."
"Il mio ex."
Vedo un cameriere passare e gli faccio la V con le dita: lui fa sì con la testa e torna con altre due bevute.
"Pensavo venissi più spesso qui." le chiedo, ricordando di come aveva insistito per portarmi su questa terrazza.
"Beh, forse è passato qualche mese." -ammette- "Mi ricordava troppo lui e io volevo che uscisse dalla mia testa."
"Perché non siamo andate da un'altra parte, allora?"
"Non so." -scrolla le spalle- "Volevo fare una buona impressione."
"Su di lui?"
"Su di te."

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro