14. fuori di prigione (A)
Dicevi sempre che avresti fatto tutto per me. Io ti guardavo alzando gli occhi al cielo, come se non ti credessi davvero, perché non mi sono mai piaciute le frasi da Bacio Perugina, ma tu inclinavi un po' la testa e mi ripetevi che avresti fatto tutto, tutto, anche uccidere qualcuno se solo fosse capitata l'occasione buona.
Ogni volta avevi gli occhi sempre un po' più duri e io cercavo rifugio nell'ironia. Un giorno ti ho detto che avevo faticato troppo per convertirti e che non valeva sudare tanto per poi lasciarti in pasto ad un carcere femminile. Eri troppo bella per tutte loro.
A te non era mai piaciuta Alex Vause: io lo sapevo e pensavo che mi avresti regalato quel tuo sguardo da ultimo avvertimento. Invece, mi avevi pizzicato la punta del naso dicendo:
"Ho giá la mia Riccia fuori di prigione."
-A
Sabato, 18 Luglio
Lo sferragliare dei cavalli s'interrompe non appena Ludovica gira la chiave in senso antiorario. La radio continua a mandare l'ultima canzone di Daddy Yankee e io sento di averne già abbastanza dell'aria di festa.
Fisso lo sguardo sul braccialetto d'oro rigido che le avvolge il polso: sembra una manetta.
Non hai parlato molto da quando sono qui.
Se vuoi puoi riportarmi indietro e tenermi tra le tue quattro mura come la rosa della Bestia.
Forse appassirò anch'io un giorno.
"Mi dispiace." sospira, coprendosi la fronte con una mano.
Le vorrei dire di non rovinare il trucco, perchè Dio quant'è bella così, ma dalla gola non esce proprio niente. Mi faccio accarezzare dalle debolezze e riesco solo a far cadere gli occhi sulle sue cosce nude: sono così diverse dalle mie.
"E per cosa?"
Aspetto che risponda, ma lei vuole che la guardi sul serio. Ha gli occhi rifiniti di nero e d'argento e io m'accorgo che potrei tradire chiunque per quelli.
"Per non avere il coraggio di essere quella che vorrei stasera."
Avvicino delicatamente le dita al suo volto, con il poggiatesta che mi culla mentre sorrido un po' storta. Faccio scivolare l'indice sulla sua fronte, prendendo la traiettoria piuttosto larga, e le accomodo i capelli dietro l'orecchio, anche se il caschetto non se la sente proprio di stare al suo posto.
"Non preoccuparti."
Sei troppo bella perchè io mi aspetti qualcosa da te.
"Spero che le cose cambino." -sospira, lasciando andare anche lei la testa contro il sedile- "Un po' di tempo."
Le sorrido ricordandomi con quale tono di voce aveva scomodato queste parole la prima volta. Lei era girata e io avevo il timpano incollato alla sua cassa toracica, quindi tutto risultava ingigantito, ma quando aveva pronunciato quella frase, era come se le parole si fossero perse in un sussurro.
Mi sporgo dalla mia metà dell'abitacolo per baciarle la guancia e noto che ha ancora l'istinto di irrigidirsi.
"Perlomeno non si è tirata indietro" penso e alzo di riflesso una spalla.
"Una cosa." -mi ferma prima che possa aprire la portiera- "Non fidarti troppo di quello che dicono. Sono divertenti e sono delle tipe a posto, ma sanno essere delle vere figlie di puttana quando vogliono."
I rumori, ho sempre capito tutto con i rumori. A volte ci ho anche saputo parlare. Adesso sono loro a parlare per me.
Prima il tintinnio metallico che fa la borsetta, poi il claff delle portiere e il cic della chiusura automatica. Il rincorrersi dei tacchi sull'asfalto, il fruscio delicato del nuovo caschetto di Ludovica che cerca in ogni modo di farsi notare, lo sst che fanno le nostri mani quando lei mi aiuta a salire sul marciapiede. I sospiri che escono dalle labbra mentre ci accodiamo alla fila, i bassi che smuovono le casse e l'insegna bianconera sopra i nostri nasi, il tectec delle sue unghie contro lo schermo del telefono. Poi, come se stessi studiando un sogno che faccio da un po', il silenzio: gli orecchini lunghi e stretti di Ludovica riflettono le luci blu marchiate Blanco Beach Bar e mi accecano a tradimento, qualcuno mi spinge da dietro, il buttafuori fa l'occhiolino, il tipo davanti mastica la gomma troppo rumorosamente, una signora si lamenta mentre cerca di passare con il passeggino. Un fischio sordo, lungo, immobile, e Ludovica che a rallentatore porta il telefono all'orecchio. Annuisce, si guarda intorno. Tutto ritorna ad avere il proprio rumore.
"Ehi, ragazze!" -sento dire alle mie spalle- "Che ci fate lì come due carote? Ma guardate come siete belle.."
Rimango immobile, mentre Ludovica sgrana gli occhi come se fosse stata beccata dalla polizia. I passi si fanno sempre più vicini, finchè scorgo con la coda dell'occhio una mano comparire sulla sua spalla: ha le unghie chilometriche smaltate di verde acido.
"Non ce la fai proprio ad arrivare in ritardo, eh.." mormora una di loro in tono sarcastico, prima di baciarle le guance.
Che cazzo fai?
Vuoi rimanere impalata così per tutta la sera?
Gira quel culo e salutale.
"Non iniziare a rompere, Mere." sbuffa Ludovica con mezzo sorriso, per poi far calare il silenzio.
Ora c'è solo il tamtam del mio cuore.
"Questa è Aurora. Aurora.."
Incollo le palpebre più su che posso, girando di fretta su di un piede per non fare la figura della snob.
Ludovica nasconde una mano dietro la schiena di una bionda ancora più ossigenata di lei, che la supera di almeno tre dita e ha una vita così stretta da fissare la cintura all'ultimo buco. I suoi occhi verdi mi s'incollano addosso in un millesimo di secondo e riescono a inquadrarmi senza mai abbassarsi.
"Piacere, Meredith."
Mi porge la sua grande mano secca molto più pallida e pulita della mia, in cui riesco facilmente a perdermi.
"
Su, entriamo." mi dice, costringendomi a camminare verso l'entrata senza che possa finire di presentarmi.
"Ma c'è la fila.."
E giuro di non aver visto mai un sorriso così bello riuscire a gelare tutti i sentimenti.
"Tesoro, credi che venga qui senza avere prenotato un tavolo?" -mi chiede, aspettando anche che le risponda- "Su, su! Ho detto di andare."
[...]
Le altre due hanno detto di chiamarsi Barbara e Lucia. La prima mi siede di fianco e ha il vizio di ciondolare le gambe fino a farmi salire l'ansia. È l'unica che indossa i pantaloni - un bel taglio elegante, stretto sulla vita e largo alle caviglie - di una tonalità di nero di tre gradi più scura della sua pelle. È da quando ci siamo presentate che cerco di ricordarmi come è fatto il suo viso, ma da qui che sono riesco solo a vedere il casco di ricci che lo circondano, buono a mostrare le punte più chiare - di un beige indurito, direi - e gli zigomi un po' sporgenti.
Lucia è seduta accanto a Ludovica, che mi sta di fronte, mentre Meredith si agita in continuazione per ordinare e consumare da bere dall'alto del suo posto a capotavola. C'è qualcosa di strano in lei che mi mette i brividi.
Mando giù un sorso di chissá cosa da uno dei bicchieri che mi stanno di fronte, mentre Lucia gonfia palloncini con la gomma da masticare e le altre discutono dell'ultima collezione di Fendi.
Tu.. Muovi le orecchie in modo diverso.
E poi non ho mai visto il tuo sguardo essere così teso.
Come un filo che tiene il bucato.
"E tu?" -gli occhi giallognoli di Lucia sono su di me- "Che fai nella vita?"
"Giá.. Ludovica non parla spesso delle sue amiche, ma se riesci a sopportarla, devi avere sicuramente qualcosa di speciale."
Forzo le labbra a restituire un sorriso a Meredith, che pare aver addolcito lo sguardo, mentre Ludovica accavalla le gambe e mi guarda come mai aveva fatto fino ad ora. Un misto di erotismo e cattiveria che non ha il suo sapore.
"Beh, io studio." -dico cercando di rimanere tranquilla- "Non è proprio quello che vorrei fare, ma.."
"E cosa studi?"
È Barbara a chiedermelo e a svelarmi per la seconda volta il suo volto. Guardo i suoi occhi neri a forma di nocciola e le labbra gonfie di un rosa affumicato, pensando che tutto ciò che compone quel viso abbia una sua dolcezza immacolata.
"Giurisprudenza, ma.. Ecco, è una lunga storia. Mi sentirei più a mio agio sulla pagina di una rivista, però questi non aiutano molto." -mostro loro i tatuaggi, alzando di poco il vestito a metá coscia- "E poi la mi' mamma non s'è impegnata molto a farmi un po' più alta."
Scopro i denti per richiudere subito la bocca. È come se tutti avessero perso le parole nelle fessure dei tombini che si trovano per strada e mi guardassero con un misto di compassione e vergogna.
Di nuovo i rumori: il silenzio, il bumbum dei cassoni, lo ffii dei sospiri che escono dal naso di Barbara e il check che fa il vetro mentre Meredith poggia il bicchiere sul tavolo. L'unico rumore che sento distinto, però, è il graffio che mi lasciano gli occhi di Ludovica: sanno dell'amore che vorrei.
"Mi dispiace, tesoro, ma vedi.." -Meredith alza di nuovo il bicchiere con una mano, mentre l'altra guida la mia verso una bevuta- "Sono loro a rimetterci."
Mi fa un occhiolino spingendo i vetri l'uno contro l'altro e le altre si uniscono al brindisi. Da lì tutto torna ad avere un suo suono confuso nella marmaglia generale.
"Beh, Mere, te c'avrai pure ragione, pe' caritá di'ssignore.." -biascica Lucia, maltrattando la gomma da masticare insieme all'accento fiorentino- "Ma Ludo ce la poteva pure mette 'na 'bbona parola co' Federico, no?"
Continuo a sorseggiare tranquilla, divertita dal fatto che Ludovica non sa reggere molto la pressione. Ora è lì lì per mandare tutto il Gin per la gola, mentre Lucia le chiede che cazzo abbia detto per farle andare di traverso il drink. Barbara mi scambia un'occhiata e pare sorridere sotto i baffi.
Forse tu sei l'unica a valerne la pena qui.
Mi ricordi qualcuno di bello che ho già visto in un film.
"Ma no, non hai fatto niente, però che cazzo ragazze.. Ve l'ho già detto di non mettere in giro certe voci. Poi la gente inizia a credere che io possa fare questo e quello e non mi sta bene." pare pensare.
"Ma sì, perché no?" -chiede Barbara, attaccandosi alla cannuccia- "Federico ascolta sempre i consigli che gli dai."
"Barb.." -interviene Lucia, che tempera lo sguardo sempre più malizioso- "Dì le cose per bene."
"Ragazze, smettetela."
Adesso hai parlato, però.
O sento la tua voce che rimbomba nella mia testa?
Ludovica sbuffa mentre cerca di pizzicare la coscia alle due che le siedono a fianco, mentre loro si mimano qualcosa con la bocca e ridono come delle bambine. Io rimango dietro le quinte e mi calpesto un piede ogni volta che la stoffa del vestito le aderisce perfettamente all'ombelico.
"Andiamo, Ludo, se ne sono accorti anche i muri che ha un debole per te. Ammettilo, non c'è niente di male."
"Ma quale debole? Per favore.."
"Ma sì, ragazze." -parla Meredith, facendo tacere tutte- "Smettetela. Se lui vuole intingere il biscotto, non è mica colpa sua."
È strano, mi sembra di essere in un film. La camera si aggiusta verso di me, poi si sposta su Ludovica e continua a girare senza sosta mentre noi rimaniamo immobili. In sottofondo c'è silenzio o una canzone di Chopin al minimo del volume, se preferite, e tutti i più piccoli movimenti, come lo sbattere delle ciglia o il semplice respiro, vengono montati a rallentatore. È davvero strano, perchè, in realtà, intorno non si riesce a sentire altro che non siano i bassi che ti entrano dentro e le risate sguaiate delle altre sedute al tavolo. Ma io non percepisco niente di tutto questo: esiste solo il silenzio.
Ludovica abbassa la curva che descrivono le sue labbra e lo stesso fanno gli occhi, che non so cosa vogliano dirmi esattamente.
C'è più uno "scusa per non avere avuto il coraggio di parlare di te" o un "giuro, non ho mai fatto niente con quel tipo e non ti sto prendendo per il culo"?
Nel dubbio, alzo mezza spalla e metá bocca, come due bracci della bilancia che si fanno forza per mantenere l'equilibrio.
"Ma smettetela con questa storia del cazzo." -sbraita, versandosi da bere- "Non c'è mai stato niente e mai ci sará."
Lucia stringe le labbra all'infuori, ruotando gli occhi e i capelli dorati attorno all'indice, mentre Barbara strappa la bottiglia a Ludovica, che ha già riempito il bicchiere.
"Vacci piano con questa roba, Ludo. E poi cavolo, lo sai che stiamo solo scherzando."
Lei sbuffa e mormora qualcosa prima di attaccarsi alla cannuccia. Meredith sembra esser riuscita a sentirla e io, d'un tratto, non so più dove appoggiare le mani.
"Ehi, ma che hai stasera?" -le chiede allargando le braccia- "Meglio se andiamo a ballare, va."
Il corpo chilometrico di Meredith mi fa ombra e a dirla tutta, m'incute subito un certo timore. Per questo affondo le dita nel cuscinetto su cui siedo, pronta a farvi da leva, ma Ludovica rimane a sedere per tutto il tempo in cui le altre due chiome dorate se ne vanno verso la pista, giù, sotto gli scalini.
"Io raggiungo le altre." -mi urla Barbara nell'orecchio- "Cerca di convincerla a venire, ok? È meglio per tutte."
Faccio di sì con la testa e in un attimo i suoi tacchi scompaiono e ci lasciano sole. Ludovica continua a guardare per terra e a muovere il piede come un martello pneumatico, su e giù contro la gamba accavallata.
"Ehi.." -sussurro, capendo solo dopo essermi avvicinata che non può sentirmi da qui- "Vieni, dammi qua."
Le tiro via il bicchiere mentre lei cerca di opporre resistenza. Solo dopo pare accorgersi che sono stata io, tra le tante, ad aver allungato la mano e il suo sguardo cambia.
"Scusa."
"Non devi scusarti."
È solo quando la sua mano si posa sulla mia che perdo il controllo dei sensi e non capisco bene se mi abbia dato un bacio in fronte o se l'ho semplicemente sognato.
"Andiamo prima che Mere ingaggi dei sicari."
[...]
"Ne vuoi una?"
Mi lascio spaventare dall'arrivo di Barbara, che ride teneramente dopo aver fatto sfiorare le nostre braccia. Rallento il ritmo, tirando indietro i capelli sudati, e guardo il pacchetto che tiene tra le mani.
"Puoi prenderla, non mordo mica."
Sfilo la sigaretta e me la caccio in bocca. Lei pensa ad accenderla e la fiamma le illumina per un attimo il viso oscurato dal buio del locale.
Somigli a Berta Vázquez.
Rimaniamo a dondolarci sulle caviglie ai margini della pista, sperando - forse lo è anche nel suo caso - che questo momento di quiete non finisca mai.
"È sempre stata così legata quando uscivate a ballare?"
Mi giro a guardarla chiedendomi se stia facendo sul serio, ma Barbara rimane come un soldato, con il mirino degli occhi puntato su Ludovica, che sta due metri più avanti e si dondola a fatica in mezzo alle altre.
"Non siamo mai andate a ballare insieme."
Lei si gira immediatamente, stupita, ma questa volta sono io a non contraccambiare lo sguardo.
"Strano.. Ludo ama questo posto."
Mi stai mentendo, Berta?
O è lei ad avermi sempre preso per il culo?
Perchè la ragazza di cui parlate non è quella che ho conosciuto, non ha posti preferiti e non ha amiche con cui esce tutte le sere.
O forse hai ragione e non parla di me perchè vuole vivermi dentro una palla di vetro dove la neve non smette mai di cadere e le bugie non possono uscire.
"Non le piace molto parlare di sè, di quello che ama e di tutto il resto." rispondo.
Barbara tira dalla sigaretta come se non potesse finire mai e acconsente.
"Non so da quanto vi conoscete, ma insomma.. Sarà passato" -si mette a contare con le dita, ridendo dolcemente- "quasi un anno da quando l'ho incontrata la prima volta. Era nello studio di Federico, aveva i capelli molto più lunghi di così e il viso truccato con un filo di fondotinta. Sembrava un agnellino. Lui me la presentò dicendo che da quel giorno sarebbe stata dei nostri."
Si ferma per un secondo, aprendo di nuovo il pacchetto. Mi offre un'altra sigaretta, ma io devo ancora finire l'ultima.
"Aveva ventitrè anni, ventitrè anni cazzo, e non era più una bambina. Federico, quello stesso pomeriggio, ci aveva convocato per dirci che si era presa un po' di tempo dopo aver finito le superiori per scegliere questo mestiere e che dovevamo andarci piano con i nostri scherzi, i nostri commenti e quelle stronzate che dicevamo sempre, perchè anche se la ragazza era convinta di fare quel lavoro, era ancora piccola, acerba, inesperta." -si blocca, scaricando la cenere a terra con un sorriso un po' più amaro- "Noi avevamo solo un anno in più, Aurora, e quando eravamo arrivate lui non aveva avuto quella stessa premura. Ecco perchè molti pensano che ci sia di più di quello che sembra."
"E tu? Anche tu lo pensi?"
Barbara sgrana gli occhi, come se non pensasse davvero che sarei riuscita a parlare, o come se le sembrasse di discutere da sola.
"No, io.. Sai, ora che ci penso, non me lo sono mai chiesta veramente, ma non ho neanche mai creduto sul serio che ci fosse una relazione o qualcosa del genere. È come se condividano un segreto, una cosa che li unisce in modo strano, ma.." -scuote la testa piena di ricci- "Beh, ritornando al discorso, da quella chiacchierata di un anno fa, non ho più avuto notizie su di lei. Riesci a crederci? Tralasciando le stronzate sulle serie TV, le collezioni e qualche altra cazzata che si dice per riempire il tempo, le uniche cose che so di lei sono le parole di Federico quando ce la presentò. Quindi non preoccuparti se non parla molto di sè, è l'abitudine."
Butto la sigaretta a terra, schiacciandola sotto il plantare. Il fumo mi attraversa le narici mentre lo trattengo più del dovuto e finisco per tossire quel che ne rimane.
Vedi, Berta, continui a parlarmi di un'estranea.
Vuoi dirmi che non vi ha mai parlato di suo padre, di Giorgio, di Scorsese?
"E a voi sta bene così? Uscire senza conoscervi davvero?"
Barbara allontana la sigaretta dalla bocca e la tiene tra le dita finchè non ha finito di parlare.
"Sai, è difficile che tu lo capisca, ma per alcuni tipi di rapporti basta sapere lo stretto necessario dell'altro. Noi ci vediamo solo in studio, ci facciamo compagnia alle feste, alcune volte ci ritroviamo a casa di qualcuno per vedere un film. E per così poco, non serve conoscere i segreti e i problemi di ognuna. Complicherebbe solo le cose."
Pendo dalle sue labbra carnose per tutto il tempo che lei impiega a sforzare la voce, nel tentativo di sovrastare il baccano che fa il dj con un remix latino arrangiato male. Studio i suoi zigomi morbidi, le ciglia lunghe e arcuate, il naso dritto che finisce con una punta rotonda e pienotta, ammettendo a me stessa, senza troppi giri di parole, che potrei perdere la testa per una così.
Un ragazzo a pochi passi da noi si avvicina timido offrendole da bere e lei lo ringrazia con un bacio sulla guancia. Lo osservo mentre se ne va via incredulo, con la mano ancora incastrata tra i peli della barba.
Fa lo stesso effetto a tutti, amico.
Non prendertela.
Barbara guarda prima me, facendomi l'occhiolino, poi il suo drink, che puzza di limone, e infine la pista. Di colpo scoppia a ridere, rischiando che il cocktail le vada di traverso.
"Ehi, guarda lá." -mi dice- "Ci sará da divertirsi stasera."
Butto gli occhi tra le teste come farebbe un pescatore. Il caschetto di Ludovica è la prima cosa familiare che scorgo, anche se lei mi dá le spalle, poi c'è la chioma ossigenata di Meredith, che sta discutendo con un tipo alto quanto lei.
"Cosa pensi che stiano facendo?"
"Beh, conoscendo Meredith, stará chiedendo a quel ragazzo di ballare con Ludo." -risponde tranquilla- "Lei non è il tipo che si fa scivolare le cose addosso."
Mi tiro come un chiodo, cercando di non darlo a vedere.
Studio Ludovica, che è persino più tesa di me, con il culo sodo stampato sul tessuto del vestito. Passo a Lucia, che ora le cinge il polso per impedire che se ne vada e ride mentre guarda le labbra di Meredith. C'è il ragazzo, un soggetto alto, con le spalle larghe e il petto depilato che s'intravede dalla camicia bianca maniacalmente sbottonata. Ha i capelli corti, di un marrone piuttosto anonimo, e una strana accoppiata al polso, con un orologio che pare costare una fortuna e un banale braccialetto da discoteca. Ma quella che riesce a convincermi di più è proprio Meredith: non serve un'analisi accurata, basta guardare in che modo arriccia le labbra per tirare fuori quel sorriso.
"Vieni, vediamo cosa si dicono."
Penso ad una scusa credibile per evitare di seguirla, ma Barbara mi prende per mano e io scordo ogni cosa. Dieci secondi e ho di nuovo il profumo di Ludovica tra la lista delle cose che riescono a calmarmi subito.
"Un ballo, amico.. Ti stiamo chiedendo cinque minuti di uno stupido ballo in discoteca." -sento dire da Meredith, che non ci ha viste arrivare- "Oh, andiamo! Non importa se non te la cavi così bene, ci pensa lei a farti muovere."
"Mere, ho detto di no."
Berta, andiamo via.
Non è stata una buona idea, me lo sento.
"Adesso ti ci metti pure tu? Ragazzi, siete due fighi da far paura, godetevi la vita."
Barbara si schiarisce la voce e Lucia alza gli occhi verso di noi, spingendo anche le altre a imitarla. Meredith e Ludovica si girano allo stesso momento e mentre il ragazzo è impegnato a studiare le labbra di Barbara, loro guardano me. Io so giá a chi rivolgere la mia attenzione.
Hai gli occhi pigri.
Sono così stremati che non riesco a leggerci niente dentro.
Nè Calvino nè quello che pensi.
"Non voglio ballare, Mere. Smettila." le dice continuando a guardare me.
Quella sbuffa, sospira, poi rotea gli occhi come un satanasso. Il suo indice lungo si alza di fronte al naso da Cesare del ragazzo, che si passa una mano fra i capelli, e la sua bocca si avvicina all'orecchio di Ludovica.
"Mi spieghi che cazzo hai stasera? Qualcuno ti ha puntato una pistola alla tempia per farti essere così puritana?"
I rumori sono sempre stati miei amici, perchè non possono tradirmi. Quello che senti tramite le orecchie è quello che il mondo esterno sta cercando di dirti e quello che senti fuoriuscire dal tuo corpo è ciò che tu stai cercando di ammettere al mondo esterno. Ho letto da qualche parte un filosofo sottovalutato definirli il telefono senza fili di Freud, tra l'Io e l'Es. Quella citazione mi aveva fatto sorridere, finchè stasera uno di loro mi ha tradito.
Il click del suo guardo: uno strano interruttore è stato abbassato e qualcosa è stato spento.
"Wo-wo, vacci piano." commenta il ragazzo mentre Ludovica gli stringe una mano e lo tira a sè.
Rimango a guardarli per due minuti buoni. Lei pare un'altra anima nello stesso corpo e gli si struscia addosso mentre quello alza le mani e sorride imbarazzato.
Lucia indietreggia per far loro un po' di spazio e si ferma solo quando è accanto a me.
"Carino il tipo.." dice e io riesco solo a far uscire un mh dalla bocca.
Glielo dico?
Che io guardo solo te?
Mi stringo ancora più vicina a Barbara, alzandomi in punta di piedi per avvicinare le labbra al suo orecchio. Da qui baciarla sarebbe davvero facile.
"Puoi darmene un'altra?" -le chiedo, ma lei è imbambolata a guardare quei due come tutti gli altri- "Una sigaretta."
Lei fa di sì con la testa e mi passa tutto il pacchetto. Incastro il filtro tra le labbra umide, cercando di alzare lo sguardo il meno possibile.
Ma quando avvicino l'accendino al viso, la luce accende anche me e tutto diventa così chiaro da far male agli occhi. Ludovica è lì, nel suo vestito argenteo con le spalline fine, che mantiene l'equilibrio sui tacchi bianchi, con le mani audaci un po' dappertutto e la lingua sulla guancia di quel poveraccio. Mi viene da vomitare, o da schiaffeggiarmi, non saprei.
"Senti, io.. Vado un secondo al bagno che qui non riesco a fumare con calma. Posso portarmeli dietro?"
Barbara si disincanta e fa di sì con la testa, chiedendomi se è tutto ok quando ormai posso usare la scusa di non averla sentita.
Il bagno è piccolo e per arrivarci devo soffocare i sospiri tra pettorali sudati e insulti di chi non concepisce che a una certa si debba anche pisciare. Puzza di acido e di qualcosa che è sicuramente andato storto, ma per fortuna riesco a trovarlo vuoto.
Appoggio i palmi contro il lavabo freddo e mi specchio con la sigaretta ancora incastrata in bocca. Seguo il contorno delle spalle stanche, della schiena curva, della testa infossata e delle occhiaie prima di accendere quella maledetta sigaretta che sa di marcio e di vuoto. Quando Ludovica blocca la porta dall'interno, è troppo tardi per fingere di stare bene.
"Ehi.." bisbiglia venendomi incontro.
La lascio fare quando mi ruba la sigaretta dalla bocca per godersela un po' e persino quando mi stringe il mento in modo pericoloso per avvicinarlo al suo. Prima che possa impedirglielo, le sue labbra combaciano con le mie e il fumo mi si stende sopra la lingua come un'onda. Anestesia totale, finchè le sue dita si abbassano lungo la mia schiena.
"Ludo, f-" -cerco di dire, arrivando a spingerla per poter respirare di nuovo- "Ma che cazzo fai?"
Mi pulisco la bocca con il dorso della mano, il petto che mi va su e giù, su e giù, mentre lei allarga le braccia e si concede un altro tiro.
"Non volevi che ti baciassi? Avevamo detto di fare quello che volevamo quando lo volevamo."
Resto in silenzio cercando di capire se faccia sul serio. Non appena tenta di riavvicinarsi, sbatto la mano contro il lavandino: si è riempito tutto di cenere.
"Questa non sei tu, Ludo. Cazzo." -sospiro- "E non provare a baciarmi di nuovo."
Non guardarmi così, come se fossi io quella che ha messo il naso da pagliaccio.
"Un momento vuoi che ti bacio, l'altro che non ti bacio. Che cazzo di problema hai?"
Seguo con lo sguardo la traiettoria che descrive la sigaretta che vola dalle sue mani dritta contro il pavimento. Il fumo cerca di salire in aria, ma cede dopo aver capito che tutto è tossico qui dentro.
"Non mi piace così, Ludo. Non mi piaci tu."
Incrocio le braccia al petto, stringendomi dal freddo che mi si è spaso dentro. I tacchi di Ludovica fanno dei chick precisi contro le mattonelle, prima che tutto possa precipitare.
"Io sono così, Aurora!" -urla, spaventandomi- "Sono fatta così e avevo cercato di fartelo capire alla festa. Non voglio avere alcun tipo di legame che mi costringa ad essere una persona sola, a comportarmi in un certo modo solo per rispettare un codice del cazzo. Voglio essere libera e loro mi permettono di farlo."
Indica la porta con il seno che le scalpita sul petto. Le sue grida fanno ancora fatica a infiltrarsi tra le crepe delle pareti e l'eco crea una strana cappa che pesa contro le nostre teste.
Ho gli occhi grandi e impauriti?
Perché adesso fai no con la testa e ti asciughi il sudore della fronte evitando il mio sguardo.
"Saranno anche delle stronze patentate e non puoi farci un discorso serio nemmeno a pagarlo, ma non mi hanno mai chiesto di essere come vogliono. E non si sta parlando di rispetto: quello non lo faccio mancare mai. Niente tradimenti, niente infamie, niente insulti." -spiega con più calma, usando le dita della mano proprio come Barbara- "Non si sta nemmeno parlando di ostentazione o cose del genere: quando dico che voglio sentirmi libera, non intendo per forza ballare nuda o fare chissà che. Parlo anche di leggere un libro quando voglio, mangiare quello che mi pare, costruirmi la vita come voglio. Qui si sta parlando di aspettative, Aurora, e so che tu ne hai giá su di me e anche piuttosto alte: pensi che io sia la brava ragazza di turno, un po' indecisa, un po' impaurita, certo, ma mai fuori posto. E ti aspetti che io mi comporti in un certo modo."
"Non mi aspetto niente da te." la interrompo, facendomi coraggio dietro uno sguardo severo. Lei non mi crede e scuote la testa.
"Continui a non capire. Io non voglio che sia così, non voglio stare a rimuginare tutta la sera su cosa tu possa pensare di me e trattenermi in quello che faccio per paura di farti cambiare idea. Vedi" -continua, indicando fuori dalla porta come se qualcuno ci avesse appena bussato contro- "loro sono fatte male: non stanno troppo a pensare, fanno sempre quello che si sentono, a costo di sbagliare e risultare senza valori. Ma è questo il bello, no?"
Aggrotto le sopracciglia.
"E io cosa dovrei fare? Rincorrerti mentre vivi la tua vita senza regole e farmi andare bene qualsiasi decisione tu prenda?"
Aggrotti le sopracciglia. E sorridi, sorridi in modo disilluso, come se parlassi con qualcuno che non riconosci più.
"Quando ho detto che non ci conoscevamo abbastanza, lo credevo veramente. Non basta sapere quale cazzo è il mio regista preferito e non basta credere che io sia solo quella ragazza rotta dentro per colpa di suo padre. Sono anche questa, vedi?" -si indica sullo specchio, poi indica la sigaretta e il rossetto che mi ha lasciato agli angoli della bocca- "Mi ribello, mi ribello a tutto. Mi ribello a quello che dovrei fare, mi ribello alle amicizie giuste che dovrei scegliere, mi ribello alla persona migliore che vorrei essere. Io sto bene solo quando faccio così, Aurora, e tu dovresti smetterla di vedermi come la ragazza che ha bisogno di essere aggiustata, perché mi ribellerò anche a te prima o poi. E io non lo voglio."
Il suo alito adesso mi entra dritto attraverso la bocca e io ci sento dentro tutto il Gin che s'è scolata mischiato all'odio che ha ingoiato negli anni. Non riesco a capire cosa mi dicano i suoi silenzi, se sta solo prendendo una pausa per riacquistare un po' di fiato o se ha finito di dirmi tutto ciò che vuole, perché i suoi occhi in realtà dicono altro.
"Credevo che almeno tu non mi avresti tradito" ci leggo dentro.
"Credimi" -ricomincia, scuotendo la testa e stringendosi il setto nasale- "sto cercando di cambiare. È da sempre che ci provo. Ho cercato di trovare un pretesto per cui ne valga la pena, ma vedi? Ritorno sempre dove sto bene, alle vecchie abitudini. Te l'avevo detto, alla festa avevo cercato di dirti che è difficile starmi vicino, ma tu non hai voluto ascoltare. Io voglio davvero cambiare, Aurora, voglio trovare qualcuno per cui valga la pena farlo e forse tu.. Forse tu ti ci avvicini. È per questo che sto cercando di far quadrare le cose tra noi, ma non puoi impedirmi di essere me stessa ogni tanto. Io lo so che potresti trovarne a bizzeffe lá fuori e so anche che non posso chiederti di aspettarmi per sempre o di restare lì, in un angolo, mentre decido di essere la bella persona che vorrei. Ma sono questa e tu devi cercare di capirmi, perché io sto cercando di cambiare."
Solo quando Ludovica fa strusciare il dorso dell'indice contro la mia guancia mi accorgo di stare piangendo. Tutto il corpo è diventato insensibile al dolore, all'emozione, forse per proteggermi.
Lei mi guarda un po' prima di accendersi un'altra sigaretta e sbatte il pacchetto contro lo specchio urlando piano qualcosa.
Non senti più niente, vero?
Allora ci siamo.
È giunto il momento.
"E perché non vuoi che gli altri sappiano di noi, mh?"
Ludovica, china sul lavabo, raddrizza la schiena e ruota di poco il viso, fino a stamparmi addosso il fumo che le esce dalle narici.
"Non è negarti una forma di libertà? Non puoi baciarmi, non puoi tenermi la mano, niente di niente. Lo sai perché, mh? Te lo dico io. A te non frega un cazzo della libertà, figuriamoci delle aspettative degli altri."
"Ma che cazzo dici?"
M'interrompe alitandomi sulla guancia e si sposta un po' più indietro per guardarmi bene in faccia. Ora anche lei ha gli occhi rossi.
E pensare che è nato tutto per un cazzo di ballo.
Fa un po' ridere, no?
"Io posso anche pensare che tu non sia capace di ballare col primo sconosciuto in discoteca, ma finchè non ti giudico per questo, non è problema, vero?" -le chiedo accorciando le distanze di un metro- "Sai che c'è? Tu hai solo paura di circondarti di persone che ti giudicano per quello che sei, per quello che provi, per quello che vuoi e che fai, proprio come faceva tuo padre. È da quando sei piccola che cerchi di adattarti al suo stereotipo e non sei diventata quello che sei perché avevi paura che lui si creasse delle semplici aspettative, ma perché temevi che lui avrebbe avuto un brutto giudizio su di te."
Il naso di Ludovica inizia a tremare e penso che finirá per spegnermi la sigaretta in fronte.
"Non ti azzardare a parlare di mio padre." ringhia.
"Ti nascondi dietro il pretesto della libertà solo perchè sai che nessuno giudica un cavallo che si definisce pazzo da solo. In realtá hai solo paura che il mondo inizi a guardarti in modo strano perché frequenti una ragazza. Ammettilo, non c'è niente di male. Hai mai sentito parlare di diritti civili? Beh, se ancora non lo sai, ci stanno facendo una guerra in giro per il mondo e non sarai nè la prima nè l'ultima a soffrirne. Ma ti dico una cosa" -le punto il dito contro lo sterno- "non conviene a niente nascondersi dietro una maschera perché i giudizi fanno parte della vita. L'unica cosa che puoi ottenere se li eviti è la venerazione o la solitudine. Niente amicizie, niente amore, niente di niente. Ora te lo ripeto, conviene a qualcosa?"
Ludovica, che non ha mai smesso di fissare il mio polpastrello premuto contro la sua pelle con la speranza che si spezzasse, alza il mento a poco a poco. Le ciocche laterali del suo caschetto sembrano un elmo viste da qui.
Che belli i tuoi occhi da così vicino.
Non hanno niente a che fare col mare, col cielo, con tutte quelle vecchie puttanate a cui si paragona il blu.
Io ci vedo la chioma di un cavallo bianco.
Mi sono sempre piaciuti i cavalli, sai?
Sanno correre verso la libertà senza che nessuno riesca a fermarli, ma si fanno addomesticare senza troppe pretese.
Sono fragili, proprio come noi.
"Tutta questa.. Tutta questa cosa." -parla con ribrezzo- "È tossica."
"Lo so."
Non avrei potuto evitarlo. In alcuna maniera.
Non avrei potuto fermarla mentre mi stringeva le guance fino a farmi male, guardandomi come se fossi nuda. Non avrei potuto evitare il silenzio, quel silenzio, e non avrei potuto alzare un dito quando sfiorava la mia bocca con la sua, quando mi caricava come un sacco di segatura sopra il lavabo e mi diceva di stare zitta. La sua saliva tra i denti, sul collo, dietro le orecchie. Le unghie sul fianco, alla base dea nuca, tra i capelli, sulla coscia. La sua vita tra le mie gambe. I polpacci che si aggovigliano dietro la sua schiena. Non avrei potuto evitare niente di tutto questo.
"Ehi!"
Niente.
"Ehi! Ludo? Aurora?" -lei si stacca da me- "Siete lì dentro? Vorrei le mie sigarette indietro."
Ci guardiamo per un secondo: Ludovica ha il rossetto tutto sbavato, il fiatone e una spallina fuori posto. Io sento i capelli in subbuglio e il cuore che mi scoppia sotto la pelle.
Lei indietreggia all'ennesimo rintocco contro la porta e strappa velocemente un fazzoletto per dare una sistemata al viso. Si specchia giocando col silenzio che è calato nella stanza come se non fosse successo niente. Io non riesco a muovermi.
"Datti una ripulita."
Mi passa il pezzo di carta e urla a Barbara di abbassare la voce, che avevamo appena finito di pisciare e che stavamo arrivando.
"Sbrigati." -mi scrolla per una spalla- "Non abbiamo tutta la notte."
Faccio come dice e dopo qualche secondo sblocca la porta, facendo cadere il pacchetto di sigarette tra le mani di Barbara.
"Puoi portarla a casa tu? So che guidi e beh.. Si è sentita poco bene." -dice- "Alle altre ci penso io."
Se ne va e io credo che lo abbia fatto per sempre. L'unica cosa che mi rimane di lei è quella sigaretta spiaccicata sul pavimento.
"Vieni tesoro. Mi fumo questa e poi ce ne andiamo."
Barbara abbassa lo sguardo sul pacchetto, senza nemmeno guardare come strillano i miei occhi.
"Ma quante ne avete fumate? Dio, e poi si vanta anche di avere la sigaretta elettronica."
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