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10. avevi risposto

Da quando hai cambiato colore di capelli, tutti non fanno altro che guardarti. Il parrucchiere ti odia perché dice che i capelli al naturale sono passati di moda - o forse non lo sono mai stati - ma tu ieri ridevi mentre mi dicevi che parlava la rabbia per i soldi che risparmiavi, perché in realtà tutti avevano cercato di farti sapere la loro e la loro era che stavi davvero bene.
Eri sdraiata sul nostro letto, quello con le coperte a pois verdi, e ti tenevi la pancia con le gambe all'aria. Io avevo capito che eri il cerotto più prezioso che avessi e te l'ho dimostrato con la solita scenata di gelosia.
Ne abbiamo avute di ogni, perché tu balli troppo bene e io faccio il lavoro meno discreto del mondo, ma sappiamo che nessuna batterá mai quella stupida lite in cui insinuavo che ti fossi inconsapevolmente innamorata di Alex Vause.
"E allora sarò la tua Pipes." avevi risposto.
-L

Sabato, 27 Giugno

"È meglio qui." -sento borbottare alle mie spalle- "C'è il silenzio giusto per ogni cosa."
Sollevo il mento verso la luna a forma di spicchio d'arancia.
Aurora stira i jeans prima di sedersi a fianco a me e le sue ginocchia scricchiolano quando lo fa. Ha giá i piedi scalzi, così è facile per lei immergerli nell'acqua fredda.
Che strano.
È come se tu mi stessi aspettando mentre io ti aspettavo proprio qui.
Impunto le mani sul bordo piscina: le piastrelle in pietra bianca sono un po' ruvide e mi permettono di avere la presa giusta per sistemarmi sul posto. Penso di avvicinarmi, poi non lo faccio.
Il profumo di cloro si mesce a quello di Aurora, un misto di alcol etilico, uva e Chanel di una brutta annata. Avverto il suo sguardo sulla tempia sinistra, che inizia a pulsare a mitraglietta, finchè un urlo raccapricciante ci fa gelare le vene.
"Dio mio, Michela!"
Quella, con la maglia imperlata di spumante e il broncio, alza una mano verso Aurora, che scuote la testa con la vena del collo in superficie.
"Siete amiche da una vita, scommetto."
Lei impunta i capelli dietro le orecchie e sorride verso i nostri piedi schiariti dalle luci del fondo.
"Si nota molto?"
"Un po'." -sollevo la spalla- "Avete lo stesso modo leggero di vivere la vita."
Aurora gioca con l'anello all'anulare, spostandolo un minuto sul medio e l'altro sull'indice. Io la guardo per assicurarmi che non si senta sola nei suoi pensieri e quando quel tipo alto e barbuto ci offre due bicchieri di champagne, lei si spaventa come se fosse stata in un mondo tutto suo.
"Vorrei averlo anche io." ammetto.
"È infantile."
"No, non lo è." -dico guardando uno schizzo annaffiare le rose sulla sua coscia- "Credere di essere grandi solo per un numero lo è. Ma forse ho solo opinioni difficili e un carattere difficile."
"Tutti abbiamo un carattere difficile."
Sorrido sapendo che nemmeno Aurora crede alle frasi fatte.
Avvicino il bicchiere di spumante al suo e lei li fa battere in modo discreto. Ha le spalle tese ma beve solo un goccio, mentre io lascio che le bollicine mi anestetizzino la gola e i pensieri.
Per un attimo, è come se sapessimo tutte e due perché sono qui, perché ho accettato l'invito e perché le sue amiche non facciano altro che spiarci, poi do la colpa all'alcol e alla mia eterna indole sentimentale e mi riesce facile tornare a credere che lei mi veda nello stesso modo in cui io dovrei vedere lei.
"Forse è per questo che non riesco a trovare qualcuno che mi stia vicino. È difficile essermi amico."
"Beh, io sono qui." -le scappa detto e subito sbatte gli occhi per ritrattare- "Volevo dire.. Se avessi bisogno di qualcosa. So che non mi conosci abbastanza per fidarti, ma io te lo dico lo stesso."
Osservo l'anello che ha al naso come se non avesse parlato.
"C'è un momento per tutto, per avere l'illusione di essermi amica, per credere che io sia una bella persona e per rendersi conto, poi, che è meglio che io stia da sola."
Anche Aurora ora finisce lo spumante e quando una goccia le finisce sul décolleté, io tiro i muscoli delle guance e dell'inguine per frenare qualsiasi impulso.
"Cosa c'è che non va in te?"
I miei occhi, per prima cosa.
Riflettono male i tuoi.
"Non so, io.. C'è sempre questa smania di ribellarsi da tutto e di essere completamente autosufficiente che mi fotte." -mordo un labbro mentre Giulia fa la treccine a uno degli invitati- "Ho sempre creduto che fosse colpa dei miei. In fondo, sono stati i primi a spingermi ad essere così indisponente, ma poi ho capito che scaricargli tutta la colpa era solo un pretesto inutile. È da un po' che hanno gettato la spugna, eppure sono sempre la stessa."
Aurora mi fissa la collana di conchiglie, poi il neo sopra la bocca, la bocca e infine gli occhi. So che loro stanno parlando per me.
"E invece eccomi qua, a rimandare qualsiasi invito di ritorno a casa. Ribellarmi mi fa star bene, mi fa sentire quella che sono. Ribellarsi al mondo e ai legami costruiti che stanno in piedi solo per abitudine."
Le grandi luci installate sotto il parapetto della villa originano una chiazza regolare al centro della piscina e io mi convinco, solo per un attimo, che se noi ci baciassimo lì sotto, il sole non chiederebbe più di svegliarsi. Così io avrei tempo per innamorarmi dello sguardo severo e compassionevole che lei mi sta regalando.
"Ma i legami ti danno certezze, ti fanno stare tranquilla."
"E ti ingabbiano." -aggiungo- "Quante volte hai fatto qualcosa per qualcuno anche se non ne avevi voglia solo perchè era tuo amico, mh? Pensaci."
Aurora fa ruotare il calice stringendone il collo sottile tra indice e pollice. Si perde a pensare tra i riflessi luminosi del vetro, finchè decide di posarlo sulle piastrelle di fianco.
"Nessuno mi ha mai costretto."
La sua voce è turgida, distante, come se venisse da una lattina di fagioli.
"Non direttamente, forse, ma il vostro rapporto lo ha fatto. E io non voglio che ciò accada con me."
Perchè mi guardi così, Blu?
Non cambio idea per te.
Per quello ci vuole un'altra vita.
"Se la pensi così, rimarrai sola per sempre."
Ora i suoi occhi sono neri come la notte che ci circonda e ci alita sul collo. Cerco di sostenere il suo sguardo selvatico, ma non mi riesce molto bene. Così abbasso la mira, ipnotizzata dall'impressione dei suoi capezzoli duri stampati sul top.
"Cerco solo qualcuno che la pensi allo stesso modo." -respiro, convincendomi che è meglio parlare verso la piscina- "Qualcuno che voglia stare con me perchè ne ha davvero voglia e non perchè glielo impongano gli anni passati insieme."
"E Davide?"
Un colpo al cuore, tra le coronarie non anastomizzate. Deglutisco.
"Davide è solo stato più bravo degli altri ad ingannarmi che potesse essere come me." dico, pur sapendo che non era così.
Lui sapeva di non avere il fegato o le palle troppo in vista per rinnegare la vita che i suoi genitori avevano scelto per lui e sapeva anche che, al tempo, avrei fatto di tutto pur di rimanere insieme. Perciò, ci aveva pensato lui a lasciarmi andare.
"E non hai per niente paura?" -mi chiede come se le avessi detto tutto quello che penso di noi- "Voglio dire, restare soli.."
"È la falsitá a farmi paura. Non rinuncerei alle mie idee per niente al mondo."
"Neanche per l'amore della tua vita?"
Forse, Blu.
Forse rinuncerei a me stessa se tu fossi quello che spero.
"Nessuno vuole essere l'amore della mia vita. Te l'ho già detto."
Finisco di parlare quasi sussurrando, con un sorriso alle labbra che stona con quelle pressate di Aurora. Una ruga a forma di onda appare e scompare sulla sua fronte. Ho paura che da quella inizi a formarsi una marea che m'investirá.
"Forse, ma qualcuno potrebbe ribellarsi alla tua, di ribellione."
"Alla mia?" -domando mettendo una mano sul cuore- "Io non costringo nessuno."
"Beh, in un certo senso, lo fai." -torna a sorridere dopo tanto, ma non come mi ha sempre sorriso- "Il tuo tentativo costante di allontanare tutti è un modo per costringere le persone che vorrebbero avvicinarsi."
Parli di Davide?
O parli di te, Blu?
Scuoto la testa per sostituirmi alle parole che non riesco a formulare. Nessuno aveva mai cercato di capirmi e farmi scavare dentro faceva male, come delle unghiate che ti feriscono tra le pareti interne del corpo.
"Non esistono persone così autolesioniste. Non ne valgo di certo la pena."
"Probabile." -fa spallucce- "Ma se ci tieni, a volte, basta solo un po' di impegno. Tutti abbiamo delle difese e tutte le difese possono essere abbassate."
"Le mie sono piuttosto resistenti."
Aurora sembra convincersi, sorride, annuisce addirittura. Io prego di non essere troppo ubriaca del suo odore per vederci male e mi caccio la sigaretta elettronica in bocca.
"E noi? Quindi noi siamo solo un passatempo reciproco?"
Il vapore aromatizzato alla nocciola mi va di traverso e capisco a mie spese che quel sorriso doveva preannunciarmi qualcosa.
"Non me lo sono ancora chiesto."
Lei alza di nuovo le spalle, quasi come se non le importasse davvero ciò che dico, come se sapesse che tutto quello che penso potrebbe cambiare se solo lei volesse.
"Beh, è un bene."
"Un bene? E perché?"
"Vuol dire che hai abbassato un po' le difese."
Ho paura di te, Blu.
I tuoi occhi adesso sono zaffiro.
"Perchè dovrebbe essere un bene?"
"Perchè voglio abbatterle del tutto."
Ci guardiamo entrambe, perché sappiamo cosa voglia dire tutto questo: lei mi guarda in viso e io guardo gli occhi del lupo che ha tatuato, incominciando ad avere paura.

[...]

Lunedì, 29 Giugno

perchè voglio abbatterle del tutto

In testa continua a scorrere l'immagine della bocca di Aurora che si muove lenta mentre pronuncia questa frase. Scuoto il capo con irruenza interrompendo il rullino e sforzo la spalla per allacciare il reggiseno dietro la schiena.
Mi avevi promesso che non lo avresti fatto, Blu.
Beh, non lo avevi detto, ma i tuoi occhi erano ancora marroni e io non avevo niente da temere.
Ora, tra le tante pellicole che ho montato in questi due giorni, compare quella in cui faccio scorrere la punta delle dita sul tatuaggio tribale che le parte dalla base del cranio e finisce a metá schiena. Penso a cosa direbbe Giorgio e mi viene da vomitare sopra l'appendiabiti.
"Fede, posso chiederti una cosa?"
Scavalco il pannello con la maglia ancora tra le dita e Federico indietreggia coprendosi gli occhi. Sbuffo e me la infilo di corsa, facendogli notare che mi ha già visto in costume in almeno venti servizi.
"È diverso." -tenta di giustificarsi, spingendo gli occhiali più indietro lungo il naso- "Ora dimmi pure."
Prendo un lungo respiro e mi siedo a cavalcioni sulla sedia del set. Lui mi fissa con le braccia conserte e le gambe divaricate.
"Credi che l'estetica conti molto?"
Non sgranare gli occhi.
Tu non hai visto il suo lupo parlarmi.
"Ludo, sono un fotografo."
"No, intendevo.." -mi gratto la testa imitando chi cerca le parole giuste- "Credi che come appariamo al mondo, possa davvero essere determinante?"
Federico si siede sulla scrivania - una scelta che prende solo con le clienti abituali, perchè, dice, dá un'idea poco professionale di lui - scansando la targa dorata. Gli occhiali gli sono di nuovo scesi per il sudore, ma lui è troppo concentrato a intensificare lo sguardo.
"Ti sei ingoiata la Treccani? E poi determinante per cosa?"
"Per quello che proviamo."
Vedo le sue spalle decontrarsi come se qualcuno le avesse sgonfiate e per contrappasso, il suo volto distendersi e allisciarsi come una macchia d'olio.
"È per via della ragazza del servizio, mh?"
Perchè avete tutti questa compassione negli occhi quando mi guardate?
Non voglio essere aggiustata.
Non voglio credere di essere rotta.
Penso per un attimo di mentirgli, fino a che capisco che la mia è solo voglia infantile di non essere giudicata. Federico rimane immobile con il respiro leggero e lo sguardo di un padre.
"Com'è possibile che ve ne siate accorti tutti tranne me?"
Cerco di dare enfasi alle parole allargando le braccia, ma in realtà queste escono mosce con un sospiro di vento.
"Lei non mi è mai andata a genio, ma ti ho sempre parlato da fotografo, e questo non ha molta importanza ora." -si pettina i baffi con le dita guardando fuori dalla finestra- "Però sai, la cosa si nota e io non sono scemo."
"Non l'ho mai detto."
"Allora non trattarmici."
Sbuffo e poggio il mento sullo schienale della sedia. Da qui vedo solo l'apice dei mocassini di Federico.
"È solo che non ci riesco. Non riesco più a capirmi." -pigolo- "Io ci lavoro con il corpo, cazzo, e non mi sono mai piaciute le ragazze, non in quel modo."
"Non è sempre tutto così semplice. Alcune volte la nostra anima ci fa capire inconsapevolmente delle cose che abbiamo maturato da tempo e che non abbiamo ancora avuto, fino a quel momento, la capacità di ammettere."
Alzo un sopracciglio.
Federico pulisce le lenti con l'orlo della camicia e le volge al sole, guardandoci attraverso con un occhio chiuso e uno aperto.
"Tu non ti sei mai fatta delle domande, Ludo. Conosco la tua famiglia e so che ti sei sempre vista all'opposto, senza chiedere il perché delle scelte che facevi o pensare se quella che saresti diventata ti sarebbe realmente piaciuta. A te bastava allontanarti il più possibile dall'idea che loro volevano avere di te."
"E questo allora?" -gli indico il pannello e tutto ciò che ci circonda- "Mi piace il mio lavoro."
"Lo so. Ed è con questo che ti sei fatta la prima domanda che riguardasse te e non Sergio."
Federico pronuncia il nome di mio padre con astio e rispetto. Il petto gli si gonfia attraverso il tessuto della camicia.
Lui e papá sono stati amici, un tempo, quando mio padre non era ancora relegato a casa ad istruire Giorgio e trascorreva il tempo in giro per l'Italia sui mezzi di trasporto più costosi. Si erano conosciuti ad una cena di beneficenza e da allora andavano a tutti quegli stupidissimi eventi di gala che organizzavano associazioni elitarie con cui non avrei mai voluto avere a che fare.
Poi Federico aveva tradito la sua fiducia, perchè credeva ancora in qualche ideale più alto dell'economia familiare, e aveva accettato di prendermi sotto la sua ala, qui, a Firenze, non appena saputa la mia volontá lavorativa. Sergio non gliel'ha mai perdonato.
"E cosa cambia con quest'altra domanda?"
"Beh, tutto." -dice in tono ovvio- "Fare la modella era lontano dal tuo mondo, ma non da quello di una qualsiasi ragazza della tua età. Si distacca dall'ideale di tuo padre, non da quello della societá. Con l'amore invece.. È tutta un'altra storia."
"Non so." è tutto quello che ho da dire.
Faccio strabordare il labbro superiore in modo pensieroso e prego che Federico - o qualsiasi altro volontario - sciolga il male che ho in testa e i problemi che mi si attaccano come calamite sul frigorifero.
"Pensi che sia solo un altro dei tuoi tentativi di farlo arrabbiare?"
Una sola volta.
Riesci a pronunciare il suo nome una sola volta.
Mi stringo nelle spalle e lui rotea gli occhi, quasi volesse dirmi che non può cavarmi le parole o i pensieri di bocca.
"Forse ho solo paura di come potrebbe cambiare tutto." -mormoro, per una volta sincera- "Di come reagirebbero i miei, gli amici, gli sconosciuti. Il mondo. Beh, tirare in mezzo il mondo è un po' patetico, ma-"
"Il mondo se ne frega di noi." -m'interrompe e io so che queste sono le ultime cose che ha da dirmi- "Anche se pensiamo che lui ruoti grazie a noi, quello continua a girare senza sosta. Quindi fallo anche tu, fregatene."
"Non ci riesco."
Federico scuote la testa abbassandola: ora so per certo che non vuole più parlare, così mi affretto a raccogliere la mia roba. La borsa pesa un po' in spalla dopo che ci infilo tutto, ma forse è solo l'effetto della veritá che comincia ad entrarmi nel corpo infilandosi nei pori della pelle.
Cammino verso la scrivania trascinando le gambe. Federico ha alzato la testa e addolcito gli occhi.
"Cerca di pensare a cosa vuoi veramente." -mi bacia la guancia avvicinandosi all'orecchio- "Evita di vederla. Ti chiarirai meglio le idee."
Avrei dovuto pensare che la sua idea fosse stupida, che i problemi non si risolvono da soli per quanto tempo si abbia a disposizione, però non l'ho fatto. Federico mi stava regalando una soluzione a basso costo e senza troppi coinvolgimenti emotivi.
Ero convinta, o forse ci speravo solo, che tutto quello che mi aveva inondato nelle ultime settimane fosse qualcosa di passeggero e irrilevante. Colpa dello stress e della lontananza da casa, dagli amici di una vita, che in realtà non sono mai esistiti, ma che mi creavano un pretesto per evitare di pensare alla realtà.
Così ho incominciato ad evitare Aurora.

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