8. Verità nell'ombra (REV 2022)
Harry e Ron si abbracciarono felici: un altro Horcrux era stato distrutto e giaceva fumante sull'erba bruciacchiata.
Ron alzò le braccia al cielo, due dita allargate nel segno di vittoria, ma anche a significare che, ormai, mancavano solo due Horcrux da distruggere.
Harry gli diede una pacca sulle spalle e richiamò l'attenzione di Hermione che, pensosa, osservava con minuziosa attenzione il teatro della loro fin troppo fortunata impresa.
- Avanti, Hermione, perché quella faccia scura? Dovresti essere felice: abbiamo trovato e distrutto la Coppa di Tassorosso!
- Qualcuno ci ha fatto trovare la Coppa, Harry, e, sempre quel misterioso qualcuno - precisò petulante, - un paio di mesi fa ci ha fatto scoprire il modo per distruggere quei dannati Horcrux![1]
- E allora? Cosa intendi dire? – ribatté Ron orgoglioso. – Siamo pur sempre stati noi a scovarla e a eliminare le protezioni magiche a sua difesa!
- E sei stata tu a preparare la micidiale pozione e pronunciare l'incantesimo per bruciare il malefico pezzo d'anima! – completò Harry, con indiscusso rispetto per le capacità della compagna, mentre Ron annuiva con cenni vigorosi.
Hermione sorrise compiaciuta, ma insistette:
- Cerchiamo di essere obiettivi: è stato il Patronus-Fenice che ci ha indicato il posto giusto!
- Sono sicuro che ci saresti arrivata anche da sola: stavi già facendo ricerche sulla vecchia fortezza dei Lestrange! – disse Harry, cercando di far leva sull'orgoglio dell'amica. – Era solo questione di tempo!
Hermione scrollò decisa la testa e la massa di ribelli riccioli castani ondeggiò:
- Avrei potuto impiegarci ancora mesi e mesi: tutto prezioso tempo risparmiato!
- Bene, allora ringraziamo Silente e il suo Patronus! – statuì Ron, soddisfatto.
- Ronald Weasley! – lo sgridò la ragazza con cipiglio. – Quante volte dovrò ripeterti ancora che Silente è morto e quel Patronus lo invia un altro mago?
Ron alzò le spalle, insofferente, ma rimase zitto: Hermione era testarda ed era meglio non provocarla se non voleva dare la stura a un interminabile fiume di parole. Vide l'amica prendere fiato e si rese conto che era ormai troppo tardi per fermarla.
- Non vi sembra che sia stato un po' troppo facile penetrare nella fortezza dei Lestrange, anche se è ormai disabitata da tempo? Dentro è tutto molto ben conservato e gli Elfi domestici continuano a fare le pulizie ogni giorno, - spiegò Hermione storcendo le labbra, - quindi è evidente che i padroni non hanno intenzione di abbandonarla o lasciarla incustodita. Ma noi siamo arrivati alle segrete in un attimo, quasi qualcuno avesse predisposto per noi una traccia magica da seguire con facilità.
Hermione s'interruppe per respirare e Ron non riuscì a stare zitto:
- E cosa ne dici dell'anello di fuoco che ci ha accerchiato all'improvviso quando ho cercato di prendere la Coppa? – chiese mostrando i vestiti bruciacchiati.
La ragazza lo guardò con stizzita aria di superiorità:
- Ti avevo avvertito di non toccarla se prima... - sbuffò e alzò le spalle: Ron la stava distraendo dal suo vero scopo. – Quel fuoco non era un grande ostacolo: i nostri tre Aguamenti sono riusciti a controllare e respingere le fiamme. – ribatté decisa. – Da esperti maghi oscuri mi sarei aspettata qualcosa di più pericoloso: un Ardemonio, come minimo, non un banale Incendio, per quanto forte e intenso fosse.
Ron la guardò con l'aria di profondo rispetto che s'impadroniva sempre di lui quando l'amica mostrava conoscenze che non possedeva.
- La barriera invisibile è stata più dura da aggirare, però! – intervenne Harry, la cui fronte sanguinava ancora per il ruvido impatto contro la protezione che aveva avvolto l'Horcrux.
- Nulla che un ottimo livello di M.A.G.O in Difesa contro le Arti Oscure non potesse sconfiggere. – ribatté puntigliosa. – Mi era sembrato che le protezioni messe da Voldemort nella caverna del medaglione fossero più efficaci, non credi, Harry?
- Già, ma queste difese le avrà predisposte Bellatrix, cui... Voldemort – la voce di Ron tremava sempre un poco quando si forzava a pronunciarne il nome, - aveva affidato la Coppa prima di svanire nel nulla la notte in cui ha attaccato i tuoi genitori. – terminò soddisfatto scambiando uno sguardo d'intesa con Harry, certo di aver trovato la soluzione ai dubbi dell'amica e riuscire quindi a zittirla.
Hermione lo squadrò, scettica:
- Credi davvero che Voldemort non sia mai venuto qua a controllare di persona le difese del prezioso pezzo della sua anima, quando ha riavuto un corpo?
Ron osservò con studiato interesse le bruciature degli abiti.
- Avanti, ragazzi! – esclamò Hermione conciliante. – Dovete ammettere che è stato tutto fin troppo facile. L'unica vera difficoltà, una volta fuggiti dalla fortezza con la Coppa, è stata preparare la complicata pozione incendiaria e pronunciare l'incantesimo che ha ricacciato all'inferno quel malefico pezzo d'anima.
Raccolse la Coppa da terra trattenendola con due dita, il disgusto dipinto sul viso: si era raffreddata, ma per un lungo momento il metallo era diventato bianco, oltre il punto dell'incandescenza, quando l'anima di Voldemort era stata risucchiata fuori dal potente incantesimo di dissolvimento. L'erba circostante era bruciata per il calore scatenato, ma era la seconda volta che operava l'incantesimo, a lungo studiato sul libro indicato dal Patronus-Fenice, e provato mille volte prima di sperimentarlo sul medaglione di Serpeverde, che si era quasi fuso sotto i loro occhi spalancati. Sapeva come distruggere un Horcrux e non aveva avuto esitazioni.
Hermione fece dondolare la Coppa, involucro ormai vuoto e inerme, davanti ai loro occhi, strinse un attimo le labbra per reprimere un moto di ribrezzo, quindi disse:
- E' come se qualcuno ci avesse spianato la strada, eliminando le maggiori difficoltà e lasciando solo quelle che saremmo stati in grado di superare! Non abbiamo dovuto far altro che seguire il suo Patronus-Fenice, mentre la sua ombra scura vegliava su di noi, alle nostre spalle!
Harry guardò l'amica, lo stupore sul volto stanco. La stessa incredulità albergava anche sul viso di Ron.
- Avanti, Harry, non puoi non essertene accorto. – insistette Hermione. – Sono sicura di non essermi sbagliata: lui era ancora qui, fino a poco fa, quando abbiamo distrutto l'Horcrux. – La sua voce divenne più incerta mentre i ragazzi scambiavano fra loro cenni negativi. – Come se volesse controllare che tutto procedesse bene. - la voce di Hermione tremò mentre si guardava alle spalle.
- Calmati, Hermione, - intervenne Harry, - ci hai spiegato mille volte le tue teorie, ma non crederò mai che quel Patronus sia di Piton, né che lui ci stia aiutando.[2] E' impossibile: ho visto il misto di odio e disgusto con cui squadrava Silente mentre gli lanciava l'Avada. – continuò alzando la voce. – L'avete visto anche voi quando ho versato i miei ricordi nel Pensatoio del Preside per mostrarli alla Signorina Storm!
Hermione sospirò: fino ad allora non glielo aveva mai detto, per non ferirlo e farlo soffrire, ma era giunto il momento. Gli si avvicinò e con gentilezza disse:
- Rammenti la notte in cui tu e Silente recuperaste il falso medaglione, Harry? I ricordi che ci hai mostrato nel Pensatoio dopo che la Storm se n'era andata, quando il Preside ti ha fatto promettere di obbedirgli, qualunque cosa ti avesse chiesto?
Harry la guardò e annuì, sospettoso, chiedendosi dove volesse arrivare.
- Ricordi quando lo obbligasti a bere la pozione velenosa, fino in fondo, calice dopo calice, anche se ti implorava di smettere? Per obbedire al suo ordine?
La voce di Hermione era ridotta a un sussurro:
- Sul tuo volto, in quel momento, - la voce si spezzò per un attimo e dovette sforzarsi per continuare, - c'era la stessa espressione di odio e disgusto che distorceva i lineamenti di Piton mentre uccideva Silente!
- Ma io odiavo me stesso! – urlò Harry. - Provavo un enorme disgusto per l'azione che stavo compiendo per obbedire al suo ordine...
All'improvviso Harry si zittì: rimase immobile un istante, quindi si lasciò cadere a sedere per terra di schianto, il volto pallido e stravolto, mentre Ron balbettava, altrettanto smarrito.
- No, non può essere... non...
Hermione si chinò a posare la mano sulla spalla dell'amico, con materno fare protettivo. Si morse le labbra, dispiaciuta per il dolore provocato e mormorò:
- Mi dispiace, Harry, ma ho dovuto fartelo notare.
Il ragazzo non rispose: guardava Ron, sperando che l'amico trovasse un'altra logica spiegazione da opporre a quella folle che Hermione gli aveva appena cavato di bocca.
Ron annaspò, cercando parole di conforto:
- Non badarci, Harry, è solo una coincidenza: tu non sei come Piton! – esclamò infine, soppesando Hermione con aria di rimprovero. – Come hai potuto lanciargli questa orribile accusa?
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime e ritrasse la mano dalla spalla di Harry, terribilmente a disagio:
- Io... non intendevo affatto accusare Harry. – balbettò a fatica, incapace di spiegarsi.
- Lascia perdere! – disse brusco il ragazzo alzandosi di scatto e allontanandosi.
Aveva capito benissimo cosa aveva insinuato Hermione: non che lui fosse simile a Piton, ma che Piton si fosse trovato nelle sue stesse condizioni e che stesse quindi anche lui obbedendo a un preciso ordine di Silente.
Ma non poteva essere vero, che senso avrebbe mai avuto? Perché il preside doveva implorare Piton di ucciderlo?
Forse perché Silente, proprio come gli aveva già detto la notte nella caverna, non riteneva che la propria vita fosse così importante e aveva deciso di sacrificarsi sapendo del Voto che Piton aveva contratto con Narcissa?
La debole voce del Preside gli risuonò nelle orecchie per la millesima volta:
- Severus... ti prego...
Una lacrima gli rigò la guancia.
All'improvviso ricordò come Silente non avesse paura della morte, ma, al contrario, la considerasse solo una nuova, bellissima avventura. Allora, perché lo aveva implorato in quel modo, sulla torre, di risparmiargli la vita?
Oppure, Silente aveva davvero pregato Piton di ucciderlo?
In un gesto di stizza, cercando ancora di rifiutare l'assurda ipotesi, Harry picchiò il pugno sul tronco di un albero: perché il preside aveva voluto sacrificarsi per uno schifoso traditore?
La mano gli faceva male, piena di schegge, ma era nel suo cuore che vi era il dolore più grande: se Piton non era un traditore, se non poteva giurargli vendetta e cercare di ucciderlo, come avrebbe potuto accettare la morte del preside?
Come avrebbe potuto accettare che Silente, il grande mago che lo aveva sempre aiutato, avesse deciso di lasciarlo solo nello scontro finale con Voldemort?
*
Piton era soddisfatto: i ragazzi si erano mostrati all'altezza delle aspettative, soprattutto la giovane Granger. Ma sapeva da tempo che era una strega in gamba. Si lasciò sfuggire un mezzo sorriso: la ragazza sospettava, già dalla prima volta che l'aveva inviato loro, che l'argentea ed elegante Fenice potesse essere il suo Patronus.
E, forse, cominciava a intuire altre verità che, troppo pericolose per lei, dovevano continuare a rimanere nella protezione dell'ombra.
Si avvolse nel lungo mantello e si smaterializzò.
*
Indossava ancora gli abiti da Mangiamorte, la maschera d'argento spasmodicamente stretta tra le dita sottili.
Era entrato in casa senza preavvertirla, sbattendo la porta, una gelida furia incisa sui lineamenti del viso.
- Dove diavolo erano i membri dell'Ordine, stanotte? – sibilò. – Perché non li hanno portati via in tempo?
Crystal impallidì.
In un istante comprese l'accaduto: la sera prima, all'imbrunire, Severus l'aveva avvertita all'ultimo momento dell'attacco che i Mangiamorte stavano per sferrare e lei si era precipitata alla sede dell'Ordine, ma non aveva trovato nessuno. Aveva perso tempo prezioso per cercare Moody che, come il solito, si era mostrato sospettoso con le sue informazioni e le aveva fatto mille domande alle quali non era riuscita a rispondere con la dovuta precisione richiesta a una spia. Solo Severus avrebbe potuto farlo, ma Moody lo avrebbe ucciso ancora prima che aprisse bocca.
Malocchio non la conosceva e non si era mai fidato di lei e, anche se fino a quel momento le sue informazioni si erano sempre rivelate esatte, e molto utili all'Ordine, il vecchio Auror continuava a sospettare che si trattasse di un intrigo messo in atto da Piton per riconquistare la loro fiducia e poi colpirli dall'interno: la morte di Silente era stata un terribile esempio delle temibili capacità del traditore.
Così, il vecchio, ostinato e paranoico, non intendeva cadere in quella che riteneva essere una micidiale trappola e, ogni volta, testava a fondo ogni soffiata, perdendo tempo prezioso. Non era la prima volta che accadeva e con tutta probabilità non sarebbe neppure stata l'ultima.
Ma, quella notte, il tempo si era rivelato essenziale, più di ogni altra precedente occasione.
Crystal guardò Severus, rigidamente immobile davanti a lei, gli occhi neri colmi di cupa ira.
- Rischio la vita per fornire in tempo le informazioni e loro trascorrono tranquilli la notte a contemplare le stelle?
La maga lo osservava, cercando di capire, temendo che i suoi peggiori timori si fossero avverati. La sera prima, non appena intuito l'obiettivo della battuta notturna dei Mangiamorte, Severus le aveva riferito il loro piano: avevano scoperto dove si rifugiava la famiglia di un membro dell'Ordine e si recavano a trucidarli tutti. Lui avrebbe cercato di guadagnare tempo in attesa dell'arrivo dell'Ordine, nel tentativo di salvare quei poveretti.
Le labbra di Crystal tremarono, ma, prima ancora di formulare la temuta domanda, fu Severus a parlare, togliendole ogni residua speranza:
- Tutti morti. Non sono riuscito a fare nulla per salvarli. – rispose in un sibilo sofferto. – Ho solo potuto abbreviare le sofferenze di alcuni di loro... i ragazzi.
Il mago diede un lungo sospiro, guardandosi le mani, mentre la maschera d'argento, schizzata di sangue, scivolava lenta a terra:
- Non sapevano nulla e non potevano tradire l'Ordine. Potevano solo morire, – mormorò chiudendo le palpebre, stringendole forte, un brivido a percorrergli la schiena al ricordo delle crudeli immagini, - davanti a me, impotente.
Il volto pallido di Severus era una maschera di angosciata pena, che solo la maga conosceva.
Si avvicinò per abbracciarlo ma lui l'allontanò, respingendola con il braccio teso.
- Severus, per favore, lascia che...
- No, devo andare, - la interruppe con un sibilo deciso, - devo tornare da loro prima che si accorgano della mia assenza. – Dobbiamo cambiare strategia. – aggiunse forzando la voce. – Se non riesci a convincere quel vecchio paranoico di Moody, ti concentrerai su Lupin. E questa volta non dovrai fallire! – concluse, una sofferta supplica negli occhi neri.
Crystal annuì, terribilmente seria, poi lo implorò, ancora:
- Ti prego, Severus, lasciati abbracciare.
Il mago la guardò con intensità, le braccia rigide distese lungo il corpo. Accennò un passo verso di lei, ma poi s'impose di fermarsi, stringendo forte i pugni.
- Ti amo, Crystal, ma ora non posso abbracciarti.
Non è facile l'ardire
e non è difficile morire,
ma qui, sospeso tra morte e vita,
tu sei l'unico appiglio
cui affido i miei segreti.[3]
Si chinò a raccogliere la funerea maschera e aggiunse, con voce soffocata:
- Non con la morte ancora fra le mie mani.
Si voltò rapido e uscì, mentre la maga gridava:
- Ti amo, Severus!
Erano le stesse parole gridate anche la sera prima, quando era corso ad avvertirla.
Anche allora le aveva solo urlate alle sue spalle, mentre usciva di corsa, il viso teso e la maschera in mano, lucida e pulita.
Solo il lieve, quasi impercettibile irrigidirsi del copro, le aveva rivelato che Severus aveva sentito il suo amore.
Ma non c'era tempo per fermarsi: il mantello aveva ondeggiato nel buio della notte che calava ed era scomparso.
Tornata alla casa nel bosco dopo la defatigante discussione con Moody, sicura che l'Ordine si stesse muovendo, ma temendo potesse essere troppo tardi, aveva trascorso il resto della notte sveglia, terrorizzata dall'idea che Severus avrebbe potuto compiere una pazzia per tentare di salvare quella famiglia, se l'Ordine non fosse arrivato in tempo.
Aveva avuto paura per lui, più di ogni altra volta.
... Ho paura.
T'amo con tutta la paura sotterranea,
con la cattiveria del castigo.
Ho paura
del papavero
che vuol mordere,
del fulmine che prepara il suo serpente.
........
Iersera... mi lasciasti sola.
Non mi bastava il ricordo,
non era solo l'assenza
del tuo abbraccio:
mi occorreva il bacio del tuo corpo
sopra il mio corpo. Nelle tenebre
tutto s'accomiatava
dal mio sonno.
.........
E tu, mio amore, mio amante,
dove
dormivi
sotto la minaccia
sotto la luna insanguinata?[4]
*
L'etereo scintillio della Fenice era comparso solo per lei: l'aveva raggiunta in biblioteca, nel Reparto Proibito e le aveva fatto un cenno deciso con il capo.
Hermione l'aveva seguita ubbidiente nel folto della Foresta Proibita, nella solita radura [5], dove sul masso appiattito aveva trovato ancora una volta una pergamena arrotolata stretta.
Nessun nastro rosso e oro, a chiuderla, questa volta.
Non c'era più bisogno di recitare. Non con lei, per lo meno.
Hermione sorrise tra sé e si guardò intorno: era sicura che, da qualche parte, l'ombra scura del professor Piton la stesse osservando.
La foresta era tranquilla, il sole filtrava tra i rami e nessun mantello nero ondeggiava dietro di lei.
Allungò la mano, srotolò nervosa la pergamena e lesse con attenzione.
Il misterioso mittente enunciava la tesi circa l'esistenza di un antico manuale magico, redatto dalla saggia Priscilla Corvonero in persona, ipotizzando si trattasse dell'Horcrux che ancora mancava alla loro collezione e spiegando, con ferrea logica, i motivi che lo avevano condotto all'importante deduzione.
Infine, il messaggio indicava come trovare un libro, ben nascosto nel Reparto Proibito della Biblioteca di Hogwarts e protetto da un particolare incanto di disillusione: là avrebbe trovato le necessarie informazioni per recuperare l'indispensabile traccia che portava al manuale di Corvonero.
Hermione sollevò il viso e sorrise soddisfatta: l'ipotesi che dietro a tutto ci fosse proprio il professor Piton era sempre più attendibile. Infatti, non solo era più che logico che uno studioso come lui conoscesse l'esistenza di quel testo ma, magari, la strana disillusione sul libro l'aveva praticata proprio lui: non ne aveva mai sentito parlare, prima, e aveva tutta l'aria di essere uno degli incantesimi del Principe Mezzosangue.
Avrebbe controllato sul libro di Pozioni Avanzate, recuperato da Harry dal nascondiglio di fortuna pensando che gli sarebbe stato utile contro il suo vecchio proprietario, e questo le avrebbe dato la certezza dell'identità dell'autore dell'utilissima missiva.
Non avrebbe rivelato nulla all'amico: Harry non era ancora pronto ad accettare il fatto che, inspiegabilmente, non solo Piton sembrava essere l'unico mago, oltre a loro, a conoscere il segreto degli Horcrux di Voldemort, ma il suo aiuto era stato essenziale per distruggerne due.
E stava collaborando per individuare l'ultimo.
All'improvviso, il rumore del crepitio delle fiamme fece sobbalzare Hermione: sul masso davanti a lei erano apparse sottili lingue di fuoco, come serpentelli attorcigliati, che avevano ghermito il foglio trasformandolo in cenere ed erano svanite lasciando nell'aria un'altra pergamena, già srotolata e vuota.
Sotto lo sguardo impaurito della ragazza, alcune parole cominciarono ad apparire sulla carta: spiegavano come la pergamena fosse stata incantata per tranquillizzarla affinché non pensasse a sortilegi di Magia Oscura o altrimenti pericolosa. Non vi era alcun riferimento diretto al diario-Horcrux, ma il nesso concettuale era evidente e bastava a spaventarla: il misterioso interlocutore, però, sembrava tenere molto a fornirle informazioni rassicuranti.
La magia della pergamena era basata sulla forza di volontà di chi la usava: trasformava i pensieri in parole scritte. Ma, se Hermione non avesse voluto, nulla sarebbe apparso sul foglio.
Per un lungo momento la pergamena rimase vuota.
Infine apparve una scritta.
Vuoi deciderti, signorina Granger? Sono obbligato a chiedere la tua collaborazione per recuperare il manuale magico di Corvonero, altrimenti non sarei qui a perdere il mio tempo. È evidente che hai compreso che la magia di questa pergamena non può farti alcun male. Vogliamo incominciare, allora?
L'impalpabile Fenice batté nervosa le ali e a Hermione ricordò la porta dell'aula di Pozioni che sbatteva dietro al professor Piton quando entrava.
La ragazza sorrise e altre parole comparvero sulla carta ingiallita.
Sono pronta, professor Piton.
L'argentea luminescenza della Fenice tremolò nell'aria.
La risposta fu rapida e decisa e le parole si incisero dure sulla pergamena, come un marchio d'infamia.
Piton è un Mangiamorte, assassino e traditore.
- No! Il professor Piton non è un traditore!
Hermione spalancò gli occhi e si pose le mani sulla bocca: inaspettatamente aveva gridato e solo la seconda parte della sua risposta comparve nitida sul foglio: No! La realtà è molto diversa dalle apparenze.
L'argenteo splendore della Fenice aumentò.
Signorina Granger, credevo di averti chiesto di usare la mente, non la voce. Questo nostro colloquio deve rimanere riservato.
Sì, ne era più che certa: solo il professor Piton poteva avere una scortese reazione dopo che lei lo aveva difeso in modo così accorato.
Ad ogni modo, non è Piton l'oggetto della nostra conversazione, ma le informazioni contenute nel libro indicato.
Quello strano dialogo mentale proseguì spedito e il misterioso mago le diede i necessari ragguagli, stabilendo le regole dei loro successivi "incontri" e ordinandole secco di rispettarle alla lettera.
Hermione si rese conto di quanto fosse difficile non far apparire la propria irritazione sulla carta. Solo a fatica riuscì a controllare i pensieri che, per un istante apparvero sul foglio, per svanire subito, dominati dalla sua volontà.
Hermione sapeva che non era possibile, eppure le sembrò che la Fenice le sorridesse. Senza alcuna ironia, nonostante i pensieri non fossero stati rispettosi verso il mago che aveva evocato quel Patronus.
Altre parole comparvero sulla carta.
Saresti un'ottima allieva in Occlumanzia, signorina Granger. Questi libri ti saranno utili.
Tre titoli comparvero sulla pergamena.
Forse ti sarà difficile procurarti l'ultimo testo: si trova nelle stanze private di Piton, ammesso sia rimasto qualcosa.
A Hermione parve che, pur se solo per un breve istante, la consistenza della Fenice si affievolisse appena.
La ragazza era incerta se essere stupita o lusingata dalle parole. Era sempre più sicura che fosse il professo Piton in persona a parlarle, ma scoprirsi così non era da lui.
A meno che il professore apprezzasse davvero la sua capacità di occludere la mente.
Del resto, due anni prima aveva assorbito come una spugna ogni parola riferita da Harry sulle lezioni di Occlumanzia e, a differenza dell'amico, si era sempre esercitata con costanza e determinazione. Solo grazie a questo era riuscita a controllare lo sbuffo d'ira e far svanire le parole dalla pagina.
La Fenice la fissava in profondità negli occhi e Hermione si chiese se Piton, tramite il proprio Patronus, potesse leggerle nella mente.
Decise di non occluderla e non opporre resistenza: voleva fidarsi di lui, capire perché aveva ucciso Silente ma ora li aiutava a distruggere gli Horcrux del suo padrone.
Perché?
La parola comparve sul foglio, di nuovo bianco: l'aveva lasciata andare, tormentata dalla domanda cui ancora non aveva trovato una logica e univoca risposta.
La pergamena rimase vuota a lungo, mentre l'argentea Fenice chinava il capo.
Hermione si sentì stupida. Aveva chiesto "perché", ma non aveva specificato nulla: come avrebbe potuto, il professor Piton, capire quale risposta voleva?
Ammesso mai che intendesse risponderle.
Non fare domande inutili, signorina Granger, alle quali sai che non posso rispondere.
Se l'era aspettato.
Eppure, lei si fida di me per ottenere le informazioni sul libro.
La risposta fu secca e immediata.
Sei una buona Occlumante, per la tua età, ma non dureresti a lungo se l'Oscuro Signore invadesse la tua mente. Se non sai nulla, non potrai essergli utile e ti sarà più facile rimanere viva.
Hermione rabbrividì.
Comparvero subito altre parole.
Devi fidarti di me, signorina Granger, anche se non posso rispondere alla tua domanda.
Ma io mi fido di lei, professor Piton, altrimenti non sarei qui!
L'argentea consistenza della Fenice vibrò di nuovo nell'aria, poi divenne più vivida mentre l'animale inclinava il capo strofinandolo contro l'ala.
Era mai possibile che il professor Piton si fosse commosso per la sua manifestazione di fiducia? La pagina rimase vuota per un lungo istante, poi apparvero altre parole.
Arrotola la pergamena, infilala nel mantello e torna al castello: si sta facendo buio.
Hermione si guardò intorno: le ombre della sera si allungavano sulla Foresta.
Stai tranquilla. Rimarrò vicino e sorveglierò che non ti accada alcuni male.
La ragazza esitò un attimo prima di allungare la mano verso il foglio: era apparsa ancora un'ultima parola, l'inchiostro appena impresso sulla carta, incerto.
Grazie.
La Fenice si alzò in volo sbattendo le ali, pronta a scortarla e Hermione afferrò la pergamena iniziando a seguirla.
Prima, però, gettò un ultimo sguardo alle spalle: fra le ombre della Foresta Proibita ce n'era una più scura, immobile.
Era l'ombra del mago in cui aveva deciso di avere fiducia.
Gli sorrise, chiedendosi quale fosse il pensiero felice del professor Piton: non aveva mai visto un Patronus così luminoso e solidamente corporeo.
[1] Vedi "Forza e resistenza del cristallo": capitolo 11 – Il Patronus.
[2] Per le teorie di Hermione vedi sempre "Forza e resistenza del cristallo": capitolo 11 – Il Patronus.
[3] Earendil
[4] Pablo Neruda – Dal poema "La spada di fuoco", tratto da LVIII: La paura.
[5] Vedi sempre il cap. 11 – Il Patronus di "Forza e resistenza del Cristallo".
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