30. Il coraggioso orgoglio della verità (REV 2022)
Una lieve vibrazione magica nell'aria fece voltare di scatto Severus: i sensi allenati lo avvertirono che qualcuno si era materializzato nella Foresta Proibita alle sue spalle.
Tese la bacchetta davanti a sé, pronto a tutto: una scura figura incappucciata si muoveva elegante tra gli alberi avvicinandosi veloce. Un ramo trattenne per un attimo il cappuccio del Mangiamorte e una ciocca di capelli biondissimi baluginò nella penombra.
Severus s'irrigidì: aveva riconosciuto Lucius Malfoy, l'amico di un tempo, il padre di Draco, l'uomo che da mesi sapeva del suo tradimento ma non lo aveva mai denunciato a Voldemort.
Perché era lì? Sapeva che c'era anche lui? Cosa voleva?
Il viso di Lucius era stravolto dall'angoscia e il Mangiamorte avanzava veloce, senza curarsi d'essere scoperto: Severus si ritrasse dietro un grosso tronco e rimase in attesa finché Malfoy lo superò e, dirigendosi verso il limitare della foresta, gli mostrò le spalle. Ancora pochi passi e avrebbe superato il limite del confine di protezione di Hogwarts, facendo scattare gli allarmi della scuola.
- Fermati, Lucius! – intimò, la bacchetta puntata sull'amico senza mostrare la minima esitazione. – Non un passo in più! – sibilò con voce cupa e minacciosa.
- Non lo faresti mai... mai alle spalle. – rispose con lenta e cauta freddezza, fermandosi. – Conosco troppo bene la tua... singolare lealtà. – aggiunse con voce elegantemente strascicata, mentre si girava piano tenendo ben in vista la mano con la bacchetta, la punta rivolta verso l'alto, inoffensiva.
I due maghi si squadrarono: argenteo ghiaccio e tenebrosa oscurità, angoscia e determinazione.
- Mio figlio... - cedette infine Malfoy. - E' in pericolo: Lui sta venendo qua.
- Cosa intendevi fare? – chiese sospettoso.
- Avvertirli. – rispose con rassegnazione.
- Ancora un passo e il Marchio sul tuo braccio avrebbe attivato gli incantesimi di protezione. – spiegò rude. - Non avresti avuto la possibilità di dire neppure una parola!
- Dalla prima serata di oggi la direzione degli Auror è sotto il controllo dell'Oscuro Signore. – rispose con freddo distacco Malfoy. - A quest'ora Hogwarts è inerme.
Un lampo d'inquietudine passò negli occhi di Piton che strinse più forte la bacchetta: sotto i suoi occhi spalancati Lucius gli voltò le spalle e si buttò temerario oltre il limite del confine gridando sconvolto:
- Mio figlio è là, Severus, devo salvarlo da Lui!
Malfoy corse fuori dalla Foresta Proibita, oltre gli ultimi alberi, e superò la linea di protezione senza che accadesse nulla: tornò a rivolgersi all'altro, spronandolo a seguirlo.
Piton era arrivato oltre le piante, il respiro contratto: abbassò la bacchetta, mentre una tormentosa pena si allargava sul volto pallido.
- Draco è al sicuro, - mormorò a mezza voce, - ma non tutti gli altri ragazzi.
Il viso di Malfoy s'illuminò per un attimo e in un respiro d'infinito sollievo la tensione si sciolse restituendogli d'incanto i bei lineamenti, appena sciupati dalla permanenza ad Azkaban.
- Draco... - esalò in un lungo sospiro.
- Devo avvertire Remus! – mormorò tra sé Severus sollevando la bacchetta per evocare il Patronus.
L'argentea fenice fluì dalla punta del legno magico, lampo di fedeltà a illuminare la notte solo un istante prima che il prato davanti al castello si riempisse di Mangiamorte incappucciati, le fredde maschere d'argento a rifletterne la tremula scia.
Grida d'allarme lacerarono l'aria, seguite da lampi e crepitii che intercettarono il Patronus dissolvendolo nell'oscurità che si faceva sempre più greve e fredda. Severus percepì il respiro rantolante dei Dissennatori e comprese perché i Mangiamorte erano stati così solerti nell'individuare ed eliminare il suo silenzioso messaggero: Voldemort era riuscito a inventare un sortilegio che riconosceva e inibiva il potere dei Patronus per alcuni minuti, creando un campo di oscurità concentrata che ingoiava, come un mostro avido e goloso, la loro luminescenza.
Lanciare un altro Patronus era inutile, ma doveva avvertire l'Ordine: il silenzio era di nuovo sceso sull'avanzante oscurità e sembrava che nessuno, nel castello, si fosse reso conto della macabra invasione.
Con la coda dell'occhio si accorse che Lucius era scivolato via, confondendosi tra le altre ombre portatrici di morte.
Avrebbe potuto farlo anche lui, ma prima doveva avvertire Remus e aveva un solo modo per farlo.
Socchiuse le palpebre e con la mente chiamò Fanny: la folgore rosso e oro della fenice non sarebbe passata inosservata agli avversari, ma Fanny era l'unica che poteva portare con successo il suo messaggio, anche in mezzo ai Dissennatori.
La fenice si materializzò sul braccio che aveva steso per lei e scrutò nel buio, i vividi occhietti neri che spaziavano rapidi sul prato.
- Vai! – ordinò Piton. - Avverti Minerva e Remus del pericolo! E poi Crystal... ma tienila al sicuro!
Fanny esitò e lanciò un fischio sottile: sembrava indecisa, quasi non volesse abbandonare il suo padrone in mezzo all'orda di morte che, notata la loro presenza, si avvicinava.
- Non pensare a me, sono loro che hanno bisogno di aiuto! – la spronò indicando il castello. – Vai!
Fanny spiccò il volo proprio quando un forte raggio di luce li raggiunse, illuminando a giorno l'ultima porzione di prato prima della Foresta Proibita.
- La fenice di Silente! – gridò un Mangiamorte, una nota di panico nella voce stridula.
- E il caro e fedele Severus Piton, - sibilò la gelida voce di Voldemort in tono di profonda minaccia, - che singolare e imprevedibile coincidenza.
Piton alzò rapido gli occhi al cielo. Fanny era scomparsa lasciando solo un lampo di fuoco a illuminare il cielo e nel castello, forse, c'era qualche finestra in più illuminata, ma il mago sapeva che era inutile: intorno a sé Voldemort aveva steso una cupa nebbia che oscurava immagini e suoni. Nessuno, dal castello, avrebbe potuto vedere ciò che accadeva nel prato, neppure se si fosse sporto dai merli della torre di Astronomia.
Il lampo di un sortilegio schizzò subitaneo dalla bacchetta di Voldemort e colpì in pieno petto il mago che si ritrovò in ginocchio, un dolore lancinante a mozzargli il respiro. Quando cercò di rialzarsi, l'altro torreggiava su di lui, un fuoco crudele ad animargli le rosse iridi. Di nuovo lo colpì con un altro sortilegio, tenendolo inchiodato al terreno, in ginocchio, il respiro che gli bruciava il petto riempiendolo di aria rovente.
- Allora, Severus, sono sicuro che saprai spiegarmi con la solita eloquenza questa tua stupefacente confidenza con l'animaletto di Silente!
- Uccidendolo me ne sono... appropriato. – rantolò a fatica. – E' una risorsa... dal valore inestimabile. – Ogni parola era un lancinante tormento, una nuova scintilla che alimentava il fuoco nei suoi polmoni. – Perdonami se... l'ho tenuta... solo... per me, mio... Signore!
La furente ira di Voldemort fu nella sua mente, repentina e devastante come sempre, e solo vi trovò la smaniosa cupidigia di appropriarsi di quel tesoro senza donarlo al suo padrone.
L'Oscuro Signore si ritrasse e lo squadrò con un cupo sguardo indecifrabile. Poi, con un guizzo serpentino gli premette la punta della bacchetta sul petto e il viso di Severus si contorse in una maschera di dolore: diede un penoso colpo di tosse e il fuoco interiore lo dilaniò.
Non riusciva a respirare, ma aveva un assoluto bisogno di farlo: doveva recuperare lucidità e reagire.
Non poteva lasciarsi ammazzare così. Aveva ancora una missione essenziale da compiere: eliminare Nagini e rendere Voldemort di nuovo mortale e, soprattutto, sputargli in faccia la verità così a lungo celata e dichiarare con orgoglio la sua indomita fedeltà a Silente, all'Ordine e a Harry Potter.
I polmoni erano un rogo ardente: ogni particella d'aria che respirava era veleno intossicante e la mente stava per sfuggire al suo controllo. Voldemort sarebbe riuscito a penetrarvi e a scoprire tutto, anche il suo amore per Crystal.
No, Crystal no.
Voldemort non avrebbe violato anche il suo amore per lei.
Voldemort non avrebbe carpito nulla dalla sua mente.
Alzò gli occhi a incontrare il sangue ribollente nello sguardo infuocato del Signore dell'Oscurità: poteva mentirgli, lo avrebbe ancora ingannato, foss'anche stata la sua ultima azione.
Ma non lo avrebbe fatto ancora a lungo.
L'ora della verità stava arrivando.
A ogni successivo respiro si sentiva precipitare sempre più nelle fiamme dell'inferno: doveva opporsi, sottrarsi al perfido sortilegio che sfruttava l'istinto di sopravvivenza, e la sua necessità di respirare, per torturarlo con ferocia.
Domò il bisogno d'aria e s'impose di non respirare: poche decine di secondi sarebbero state sufficienti.
Con uno sovrumano sforzo di volontà si obbligò a sollevarsi da terra, raddrizzandosi dalla posizione di sudditanza impostagli da Voldemort con la magia. Scartò all'improvviso di lato arretrando di alcuni passi: vide lo stupore sul bianco volto di serpente mentre riusciva a sottrarsi al suo sortilegio.
Infine annaspò, cercando di nuovo avido l'aria che aveva smesso di respirare per interminabili istanti: fu come un torrente impetuoso, gelido, che entrò nei polmoni a spegnere le fiamme che ancora vi avvampavano.
Levò la bacchetta, che aveva sempre tenuto salda in pugno, e con voce roca, quasi anche le corde vocali fossero state bruciate, evocò uno scintillante scudo protettivo:
- Protego!
Nel buio della notte, vide decine di luci brillare come stelle lungo le pareti del castello e altre, in rapida successione, si accendevano.
Un sorriso fiero aleggiò sul volto pallido: Voldemort aveva perso il vantaggio della sorpresa e l'Ordine sapeva anche di non poter più contare sugli incantesimi posti a protezione di Hogwarts. L'informazione recata da Fanny era pessima, ma preziosa più d'ogni altra mai fornita prima.
Fissò Voldemort negli occhi e nelle iridi di rubino lesse il gelo della propria morte.
- Avada Kedavra!
Il lampo verde fendette minaccioso l'aria nera, crepitando. Severus sapeva che lo scudo di protezione non avrebbe retto contro l'anatema mortale. Si gettò fulmineo di lato, rotolando sull'erba, ma un nuovo, letale raggio verde esplose dalla bacchetta inseguendolo sul terreno, più veloce di quanto il mago potesse sfuggirgli.
Poi accadde.
Un lampo di fuoco rosso esplose davanti a lui e, mentre il primo raggio dell'Avada si perdeva sfrigolando nella Foresta Proibita dopo aver spazzato via lo scudo protettivo, Fanny apparve e inghiottì il secondo getto di luce verde, quindi esplose in fiamme e cadde a terra, implume e raggrinzita.
- Quella fenice ha l'imperdonabile abitudine, - sibilò stizzito Voldemort, - di volersi ad ogni costo immolare per il suo padrone.
Piton si rialzò veloce da terra rimettendosi in posizione di difesa, la bacchetta levata e un sorriso appena accennato sul volto pallido: forse poteva ancora riuscire a ingannare l'arrogante mago che credeva d'avere in pugno la sua vita, o per lo meno, poteva cercare di distrarlo facendo guadagnare tempo prezioso all'Ordine. In fondo, valutò con amara ironia, era solo la sua vita, la vita di un assassino, a essere in palio, contro la salvezza dell'intero mondo magico.
- Ma la fenice non è riuscita a farlo quella notte, quando eliminai il tuo più temibile avversario, Mio Signore. - azzardò guardingo, la bacchetta ben stretta in pugno. – Ricordi che sono stato io, proprio io, a uccidere il grande e in apparenza invincibile Albus Silente obbedendo ai tuoi ordini? – affermò pieno di tormentato orgoglio, menzogna e verità inscindibilmente incatenate nelle sue parole. - Come puoi dubitare della mia lealtà, dopo una così eclatante prova?
Voldemort lo scrutava, il piatto volto di serpente imperturbabile, le feroci iridi rosse che indugiavano senza cercare di penetrargli nella mente, unica carta che ancora poteva giocare nell'azzardo finale.
- Solo tua è la mia fedeltà, Oscuro Signore, e tu lo sai bene perché conosci ogni mio pensiero. – asserì inginocchiandosi ma tenendo il viso sollevato, pallido e fiero, i lunghi capelli neri a incorniciargli le guance scavate e gli occhi ardenti, pronti a reggere il nuovo assalto alla propria mente.
Ma Voldemort rimase immobile a studiarlo, lo sguardo fisso nel suo, in attesa.
Intorno a loro cominciò a levarsi il mormorio preoccupato dei Mangiamorte: i difensori stavano uscendo dal castello per affrontare l'ultima e definitiva battaglia.
Piton decise di giocare il tutto per tutto: chinò il capo in un movimento secco e abbassò la bacchetta.
- La fenice è tua, Mio Signore. – mormorò.
- Non mi basta, Severus, non mi basta più, ormai.
Piton sollevò il viso, gli occhi di nero cristallo scintillanti nella notte:
- Anche la mia schiava sarà tua, Mio Signore. - sussurrò appena.
Un gelido, impercettibile sorriso tagliò obliquo il bianco volto di Voldemort.
- Perché io sono solo un tuo umile schiavo e tu il Mio Padrone. – si impose infine di aggiungere stringendosi il braccio sinistro, una smorfia di dolore di nuovo sul viso.
Poi si alzò di scatto mentre Voldemort, fulmineo, di nuovo gli puntava la bacchetta al petto:
- Permettimi di dimostrarti ancora la mia fedeltà combattendo questa ultima battaglia al tuo fianco, in prima fila, per ottenere infine il tuo trionfo!
Decine di persone dal castello si erano sparpagliate sul prato e correvano verso di loro, scintillanti scudi levati a protezione, e altri ancora stavano uscendo, membri dell'Ordine e professori, ma anche studenti e non solo quelli dell'ultimo anno.
I Mangiamorte avrebbero fatto un massacro, aiutati dai Dissennatori che aleggiavano nella notte gelida sopra di loro. Doveva impedirlo e l'unico modo era distruggere Nagini, pigramente acciambellata alle spalle di Voldemort.
- Eccolo, c'è anche quel bastardo di Piton!
La voce acuta di Potter tagliò l'aria indicando a tutti l'odiato traditore.
Piton sorrise, tranquillo, inclinando appena il capo di lato:
- Come vedi, Oscuro Signore, quell'impudente sa ancora riconoscere i suoi veri nemici! – sibilò beffardo muovendo pigramente la bacchetta da cui schizzò rapido un lampo di luce che scaraventò il ragazzo indietro di diversi metri.
Immediato un sortilegio esplose con veemenza dalla bacchetta di Malocchio a difesa di Potter che stava ancora rotolando nell'erba, ma Piton lo parò con disinvolta eleganza rivolgendosi ancora a Voldemort, con fierezza:
- Il mio braccio è ancora e sempre al tuo servizio, Mio Signore!
All'improvviso l'aria fu piena di raggi di luce che saettavano veloci, seguiti da urli di dolore: la lotta era cominciata, senza quartiere, violenta e selvaggia, senza esclusione di colpi.
La confusione era totale, nel buio della notte resa più oscura dai Dissennatori che si avvicinavano al castello per assalire gli studenti barricati dentro. Le scie luminose dei Patronus lanciati dai difensori del castello svanivano ingoiate nell'oscurità del sortilegio che proteggeva le spalle degli orridi respiratori di morte, eppure nuovi Patronus si levavano da ogni dove, ostinati e tenaci, luce d'argento a lottare contro il predominio delle tenebre.
All'improvviso una nuova argentea figura raggiunse le altre, intensamente scintillante nella notte:
- La fenice di Silente! – urlò Ron entusiasta, sopra gli scoppi degli incantesimi che crepitavano nell'aria. - Sta combattendo con noi!
Piton scosse il capo sollevando un sopracciglio, sulle labbra un orgoglioso sorriso che nessuno vide: il ragazzo non avrebbe potuto gridare un'idiozia più utile in quel frangente. Il nome di Silente, insultato e deriso dai Mangiamorte nell'interminabile anno seguito alla sua morte, continuava a far loro paura. Il suo pensiero felice brillò fulgido nel cielo nero, traboccante d'amore, attorniato da quello delle persone per le quali con indomito coraggio combatteva da tanto tempo, e l'unione della loro energia spezzò l'oscuro sortilegio, serrando la bocca al mostro che, ingordo, fino a quel momento aveva ingoiato gli argentei protettori.
Piton strinse forte la bacchetta mentre la notte di giugno si scaldava e la tiepida brezza estiva di nuovo gli faceva ondeggiare il mantello: i Dissennatori si stavano ritirando e, almeno per quanto riguardava le anime, gli studenti erano al sicuro.
Al chiarore intermittente degli incantesimi che sfrecciavano nell'aria, Severus colse il sorriso teso e stanco di Minerva, ma distinse anche il lampo di odio nello sguardo di Potter, così come ebbe la netta impressione che il vorticante occhio magico di Moody seguisse proprio lui, tra tutti, con particolare e attenta assiduità.
Ma Piton sapeva che anche gli occhi di Voldemort, iniettati di sangue, spesso controllavano i suoi movimenti: doveva essere molto cauto per avvicinarsi a Nagini nella confusione della battaglia, senza farsi scoprire, e ad eliminare la barriera magica di protezione in cui il mago oscuro l'aveva avvolta.
Difendersi dai sortilegi che i suoi inconsapevoli amici gli lanciavano, senza far loro del male, diventava sempre più difficile a mano a mano che la battaglia si frazionava in singoli duelli resi sempre più accesi dall'odio.
A distanza di pochi passi Lupin era in difficoltà, attaccato da un esaltato Antonin, mentre Tonks stava duellando con lui: era stato Remus stesso a spingergli contro sua moglie, certo che con lui non avrebbe corso rischi reali. Però, l'entusiasmo con cui la giovane Auror gli lanciava addosso un ininterrotto flusso di fatture gli impediva di intervenire in aiuto dell'amico e, a ogni nuovo e irruente assalto di Tonks, rischiava sempre più di doverle fare del male per difendersi.
- Combatti, maledetto codardo! – lo insultò la giovane, indispettita dalla sua rigida e impenetrabile difesa.
Lupin sanguinava da una brutta ferita al volto e il braccio destro pendeva dolente lungo il fianco, la bacchetta retta dall'altra mano, insicura, mentre Dolohov lo irrideva, sadico:
- Appena finito con te, mannaro, ci penserò io a dare una bella sistemata alla tua mogliettina, visto che Piton è così recalcitrante a darle il colpo di grazia!
Severus ruppe gli indugi: con un sinuoso scarto laterale evitò il getto rabbioso dell'ultimo incantesimo lanciatogli dalla giovane Auror e con una rapida rotazione del polso le puntò addosso la bacchetta da cui già eruttava il raggio dell'incantesimo. Tonks, presa dalla foga dell'impetuoso attacco, non ebbe neppure il tempo di pensare a difendersi: il lampo di luce la colpì in pieno petto e si accasciò senza nemmeno un grido.
- No! – urlò Lupin rivolgendo il viso sconcertato verso Piton.
La risata di Dolohov risuonò perfida nell'aria scura mentre puntava la bacchetta sul petto di Lupin, infine indifeso:
- Piton, era ora che ti liberassi di quella novellin...
Non finì la frase: un altro lampo esplose dalla bacchetta di Piton e uno squarcio profondo si aprì sul petto del Mangiamorte che sbarrò gli occhi, sbalordito dall'impossibilità dell'evento, e si accasciò muto al suolo in una pozza di sangue.
- Fingi di combattere con me! – intimò rapido Piton a Remus.
- Ma Dora... - esclamò chinandosi verso la moglie esanime.
- Non ha nulla! – ringhiò Severus trattenendolo per il braccio sano. – E distesa a terra corre meno rischi d'essere colpita da un incantesimo vagante. – sibilò con durezza puntando la bacchetta sull'altro che ancora cercava di inginocchiarsi accanto alla sua donna.
– Fingi di duellare, - ribadì con preoccupata urgenza nella voce, - Voldemort sospetta di me e mi tiene sotto controllo! – sibilò a labbra socchiuse, dirigendo con cautela il lampo del suo incantesimo pochi centimetri sopra la spalla di Lupin che si ritrasse in uno scatto involontario, rimettendosi in posizione di difesa, ancora sospettoso.
- Mi sarà più facile concentrarmi a colpire i Mangiamorte, - aggiunse Piton in un sibilo irritato, - se non devo perdere tempo a difendermi dalle aggressioni degli amici!
Lupin sorrise a stento, ancora preoccupato per Dora:
- Se le hai fatto del male...
- Nulla che un banale Innerva non possa sanare! – rispose secco, sempre più spazientito, lanciandogli un altro incantesimo davanti ai piedi e rialzando poi fulmineo la bacchetta verso il suo petto. - Abbassati! – ordinò risoluto. - La Granger ha bisogno di aiuto!
Il micidiale raggio del Sectumsempra uscì dalla bacchetta di Piton nello stesso istante in cui Remus si buttò a terra: passò veloce appena sopra il suo capo e colpì al collo, recidendolo di netto con precisione chirurgica, il Mangiamorte che stava avendo la meglio su Hermione. L'uomo rimase immobile per un brevissimo istante, il sangue che grondava copioso dal taglio, poi barcollò, s'inclinò appena in avanti e la testa rotolò a terra con un tonfo sordo, seguita dal corpo.
Gli occhi nocciola di Hermione, spalancati per l'orrore, saettarono nella direzione da cui era giunto il sortilegio che l'aveva salvata, fino a incontrare lo sguardo nero e sicuro del suo ex insegnante: un lieve sorriso le illuminò il visetto spaventato, eppure determinato, ricambiato dallo scintillio degli occhi di Piton. In un istante la ragazza scivolò al loro fianco schivando gli incantesimi che volavano nell'aria.
- Grazie, Professore!
- Occupati di Tonks, - ordinò secco, quasi infastidito dal ringraziamento, - e avvisa Potter che tra poco arriverà il momento per il Prescelto di entrare in scena per l'ultimo, grandioso ed eroico atto! – spiegò con amara ironia indicando il grande serpente.
- Nagini? – chiese Hermione con voce tremante.
- No, ti ho già spiegato che alla bestia immonda ci penserò io. – ribadì aspro seguito dallo sguardo di Lupin, stupito dalla confidenza tra i due. – Ma, se la mia teoria fosse sbagliata, a quel punto solo il tuo amico può salvare il nostro mondo, e tu lo sai!
La ragazza annuì grave, la tristezza negli occhi.
- Addio, Hermione. – sussurrò piano, conscio del rischio mortale che andava ad affrontare.
- Arrivederci, Professore. – rispose calcando l'accento sullo speranzoso saluto e sforzandosi di sorridere mentre osservava, forse per l'ultima volta, il fuoco ardere impetuoso negli occhi neri del suo insegnante.
- Coprimi, Remus! – ordinò brusco Piton girando di colpo le spalle. – Devo trovare Nagini e distruggerla. – spiegò allontanandosi dal centro della battaglia, seguito a malincuore da Lupin che gli copriva le spalle lanciando occhiate preoccupate al corpo di Tonks, di fianco alla quale si era inginocchiata Hermione, e tratteneva a fatica la cruciale domanda sul motivo per cui Piton aveva deciso che il pericoloso serpente di Voldemort dovesse essere distrutto proprio in quel momento.
Qui, alla fine del tutto,
si decidono i destini del mondo.
Qui, alle soglie del domani,
tramonterà il sole
o sorgerà nuovamente radioso? [1]
S'infilarono fra i combattenti, scansando incantesimi e intervenendo più volte a risolvere l'esito dei duelli in favore di studenti o professori in difficoltà: le sorti dell'ultima, disperata battaglia stavano volgendo a favore dei Mangiamorte, in schiacciante superiorità numerica rispetto ai membri dell'Ordine, e non sarebbero stati i coraggiosi studenti accorsi in loro aiuto, ma impreparati a combattere, che avrebbero potuto cambiare la tragica realtà.
Piton sapeva che lo scontro si sarebbe concluso con un vero massacro se non fosse riuscito a distruggere al più presto Nagini, permettendo così l'annientamento di Voldemort.
In pochi minuti i due maghi aggirarono il centro della battaglia e si avvicinarono a Nagini, negligentemente abbandonata da Voldemort impegnato in un duplice duello.
Piton passò adagio la bacchetta attorno al grosso serpente: l'aria tremolò diventando solida e il mago studiò con attenzione la protezione magica che lo avvolgeva, quindi si concentrò e pronunciò una lunga e complessa formula magica in un'arcana e oscura lingua, continuando a muovere il legno magico con lenti gesti ondulatori.
L'aria prese a vorticare, a ribollire come il liquido di una pozione sfuggita al controllo e ormai sul punto di esplodere, sollevandogli il mantello alle spalle e facendo ondeggiare i lunghi capelli corvini, portandoli a coprirgli in parte il viso spaventosamente pallido in cui, come carboni accesi, ardevano impetuosi gli occhi, profondi cristalli neri che riflettevano l'inferno.
Lupin osservava senza fiato l'incredibile visione del nero angelo demoniaco, scordandosi di controllare che nessuno si fosse accorto di loro e pensando che non esisteva al mondo un mago più esperto di Severus in Difesa contro le Arti Oscure.
- Indietro Remus! – esclamò all'improvviso Piton spingendolo di lato.
L'aria crepitò e piccole scintille verdi apparvero dal nulla sulle squame lucenti del serpente che, sinuoso, snodava le spire sul terreno: per un istante brillarono nella notte come diabolici fuochi fatui, quindi si trasformarono in acuminati dardi e schizzarono contro i maghi andandosi a infrangere, esplodendo, contro gli scudi di protezione evocati con prontezza.
Il rumore delle esplosioni attirò l'attenzione di Voldemort, appena liberatosi di uno dei due avversari che ora giaceva morto ai suoi piedi.
- Severus Piton! – tuonò l'Oscuro, respingendo la fattura del residuo rivale.
Rapidissimo, Piton torse il braccio ferito di Lupin che si lasciò sfuggire un urlo di dolore, e lo immobilizzò puntandogli la bacchetta al cuore:
- Questo mannaro rinnegato ha distrutto la protezione di Nagini, Mio Signore, - esclamò, un ghigno di malvagia soddisfazione dipinto sul volto, - ma sono riuscito a fermarlo prima che facesse danni irreparabili!
Gli occhi rossi di Voldemort brillarono nella notte, sospetto e fiducia strettamente avvinghiati, ansia e sollievo a rincorrersi:
- Uccidilo! – ordinò in un gelido sibilo, mentre lanciava un nuovo sortilegio al suo antagonista nel duello.
Gli occhi grigi di Lupin si dilatarono, per un istante invasi dal panico, finché s'immersero nella nera, ardente profondità dello sguardo dell'altro: se la sua fine avesse preservato la copertura di spia di Severus, allora non sarebbe morto invano.
- Fallo! – sussurrò appena Remus, un sorriso sereno sul volto stanco e rassegnato.
Severus rimase immobile a fissarlo, senza respirare, nere fiamme a vorticare impazzite negli occhi e la punta della bacchetta premuta contro il cuore dell'amico.
Infine sussurrò piano, in un sospiro trattenuto, le labbra quasi immobili affinché solo Remus potesse udirlo:
- No, non sono un assassino!
- Avanti, cosa aspetti? Uccidilo adesso! – sibilò ancora Voldemort, sempre più esasperato, mentre il suo ultimo avversario gli cadeva ai piedi, mortalmente ferito.
Piton sorrise, tranquillo, gli occhi neri scintillanti nella notte, accesi dall'orgoglio dell'ultima risolutiva sfida: liberò il braccio di Lupin e mosse deciso un passo verso l'Oscuro Signore ponendosi come scudo davanti all'amico e puntando la bacchetta su Nagini.
- Che cosa...
Una fiammata rosso e oro squarciò la notte impedendo a Voldemort di esternare l'irritato sbalordimento: Fanny comparve a pochi passi da loro depositando a terra la persona aggrappata alla sua coda.
- Crystal! – gridò Severus, gli occhi neri spalancati e il cuore che gli scoppiava in petto.
Per un fugace istante i due maghi si squadrarono, le bacchette sguainate, tese l'una contro l'altra, poi Piton si lanciò di lato, a proteggere la sua donna, nero demone dagli occhi fiammeggianti che si frapponeva tra lei e Voldemort.
Attirati dalla luminosa folgore di Fanny, Lucius e Bellatrix si liberarono veloci degli avversari e si avvicinarono al loro Signore mentre Piton scorse, con la coda dell'occhio, il giovane Potter inoltrarsi cauto: Hermione doveva avergli riferito il messaggio.
Voldemort si avvicinò adagio e con un teatrale gesto del braccio indicò l'uccello e la donna:
- Hai infine deciso, Severus Piton, di consegnare al tuo Padrone ciò che è sempre stato mio? – sibilò, gli occhi rossi a lampeggiare con soddisfatta malignità. – La fenice di Silente e la tua bella schiava?
- Crystal è la donna che amo infinitamente, - esclamò Severus con ardente passione, - e Fanny è l'inconfutabile prova della mia imperitura fedeltà ad Albus Silente! – aggiunse, il volto pallido levato fiero e gli occhi neri brucianti d'impavido orgoglio, la bacchetta stretta in pugno e di nuovo puntata su Nagini.
Il bianco volto dell'Oscuro Signore era una maschera d'arrogante incredulità, incapace di dare un significato alle inammissibili parole del suo servo.
- Ti ho sempre ingannato, Tom Riddle, già da prima che tu mi mandassi a Hogwarts a spiare il grande Silente! – sibilò Piton con perfido compiacimento. - E' stata sua l'idea e tu sei caduto nella trappola tesa: io sono sempre stato la sua fedelissima spia! – concluse, la voce forte e chiara mentre orgogliose fiamme nere avvampavano impetuose negli occhi. – E oggi la mia recita finisce!
Intorno a loro vi erano solo immobilità e silenzio.
- L'hai ucciso su mio ordine! – replicò stridulo Voldemort, incapace di accettare un'intollerabile verità.
- No! – esplose. – L'ho ucciso perché è stato lui a ordinarmelo, - sospirò interrompendosi, la voce sopraffatta dal dolore del ricordo, - perché era condannato a morire da una maledizione che stava bruciando il suo copro.
Una furia incontrollabile distorse i lineamenti di Voldemort mentre le parole di Piton facevano breccia negli ultimi baluardi della sua superba presunzione:
- Tu... mi hai mentito! – ruggì.
- Sì, io, Severus Piton, sono un eccezionale Occlumante, - affermò sorridendo con fiera dignità, - e sono stato capace di mentirti senza che tu mai dubitassi delle mie parole, anche mentre mi torturavi spietato: sono anni che ti rifilo solo menzogne! – esclamò, l'odio traboccante nella voce, trattenuto solo dall'orgogliosa soddisfazione di sputare in faccia al mostro la sua coraggiosa verità.
Uno strillo acuto lacerò il silenzio:
- Traditore!
Bellatrix si slanciò tra i due maghi come una pazza furiosa:
- L'ho sempre detto che sei uno schifoso traditore e avevo ragione!
- E' vero, Bella, ti do atto che hai sempre dubitato di me, - ripose ridendole in faccia, indomito e beffardo, - ma a cosa mai sono servite tutte le tue accuse e insinuazioni, - aggiunse con maligna ironia, sollevando scettico il sopracciglio, - se io ho sempre saputo ingannare chi riteneva d'essere il più grande Legilimante del mondo? Se Voldemort ha sempre creduto a me e mai a te?
- Maledetto! – urlò ancora Bellatrix stendendo la bacchetta contro di lui, la follia negli occhi.
- No!
Un'ombra apparve dal nulla, di fianco a Piton, il cappuccio da Mangiamorte sul capo.
– Avada Kedavra! – strillò la voce acuta di Bellatrix nello stesso momento in cui Mangiamorte si lanciava addosso a Piton spingendolo a terra e il cappuccio gli cadeva sulle spalle rivelando lunghi capelli biondi e lisci.
- Per Draco. – ebbe il tempo di sussurrare, prima che il fatale raggio verde lo colpisse al posto dell'amico che aveva salvato l'anima di suo figlio.
Piton rotolò a terra, la bacchetta stretta in pugno e l'ultimo dovere ancora da compiere dopo aver infine tolto dal volto la maschera liberandosi dalla schiavitù di Voldemort: Nagini era lì, davanti a lui, vicinissima.
Così vicina che, se l'avesse distrutta, le difese dell'Horcrux l'avrebbero ucciso prima di tentare di annientarle. Non poteva attaccare e, allo stesso tempo, difendersi. Non avrebbe mai avuto il tempo necessario, non a quella distanza ravvicinata. Voldemort, inoltre, non sarebbe certo rimasto a fare da spettatore mentre il suo ultimo frammento d'anima veniva distrutto.
A meno che...
No, non c'era più tempo per alcun pensiero, né per crogiolarsi in labili speranze: doveva compiere il suo ultimo dovere, a qualunque costo, fosse stato anche a prezzo della sua stessa vita.
Il suo Passato, inflessibile, esigeva che ogni debito fosse infine estinto.
Sospirò e prese la mira.
La sua Crystal era lì vicina e, forse, prima di morire avrebbe ancora potuto perdersi nel cielo dei suoi occhi e stringere a sé un'ultima volta il suo meraviglioso sogno d'amore.
Con la coda dell'occhio vide Potter correre e puntare la bacchetta: con tutte le sue forze pregò, la mente che già formulava l'incantesimo coordinando occhi e mano, disperatamente pregò che il ragazzo avesse compreso il messaggio di Hermione e, soprattutto, che le avesse creduto e non commettesse quindi un'altra delle sue assurde imprudenze.
Una serie di lampi di luce fluì a raffica dalla sua bacchetta, letali Sectumsempra diretti con precisione sul grosso serpente: il primo a tagliargli di netto la testa e gli altri a farne a pezzi il poderoso corpo che cominciò a sussultare schizzando ovunque sangue nero e denso.
- Noo!
L'urlo di Voldemort echeggiò nell'aria, raccapricciante.
Poi fu come se tutto intorno a Severus rallentasse all'improvviso, i suoi sensi tesi allo spasimo.
Nagini fu contornata da un'intensa luce che dal verde digradava al violaceo, mentre un terrificante rombo ingigantiva al suo interno, tuono pronto all'esplosione.
Piton puntò ancora la bacchetta, nei pensieri già pronto il sortilegio per distruggere l'Horcrux, ma Potter, giunto a pochi metri da lui aveva lanciato un inutile Protego per tentare di difenderlo, in tal modo esponendo sconsiderato il petto alla bacchetta di Voldemort.
Piton sapeva che il Protego non sarebbe mai bastato a salvarlo contro le difese dell'Horcrux, e lo stupido ragazzo s'intestardiva a fare l'eroe invece di concentrarsi a uccidere Voldemort.
Tutto avvenne in pochi, intensi e interminabili secondi.
Vide l'Oscuro Signore fissare il Prescelto con un orribile ghigno di soddisfazione e sentì il rombo dell'esplosione provenire dall'interno del serpente, là dove il frammento d'anima si dibatteva strenuo per non morire e lanciava il suo attacco fatale. Nagini era agonizzante, i pezzi in cui i Sectumsempra l'avevano smembrata che si contorcevano tra grumi di sangue fumoso cercando di ricomporsi.
Forse avrebbe ancora fatto in tempo a lanciare il sortilegio per distruggere anche l'anima annientandone ogni letale contrattacco e così salvando se stesso, ma la bacchetta di Voldemort era già puntata contro Potter che aveva stupidamente perso tempo prezioso cercando di salvare lui, il suo odiato professore, invece di eliminare l'Oscuro.
Non poteva permettere che Voldemort lo uccidesse.
Con fulminea determinazione mutò mira e intenzioni e il lampo uscì dalla bacchetta dirigendosi verso Voldemort, pronto a intercettare il raggio verde dell'incantesimo che nasceva nella mente dell'Oscuro Signore.
Nagini esplose in una nuvola di acre fumo verde, l'ultimo frammento d'anima di Voldemort ormai perduto, e il tempo si dilatò all'infinito nella percezione del mago, gli occhi neri spalancati davanti alla morte.
Lampi crepitanti di luce verdastra si diressero veloci verso Piton, fieramente in piedi, il mantello che ondeggiava alle spalle sospinto dal vortice creato dell'esplosione e i capelli scarmigliati sul viso, così pallido da essere quasi luminoso: gli occhi ardevano come nere stelle, la bacchetta stretta in mano e ancora tesa verso Voldemort.
Solo lo scintillante scudo evocato da Potter si frapponeva tra lui e la morte.
Le livide folgori s'infransero sull'eterea superficie luminosa: lo scudo tremò e diverse crepe si aprirono, allargandosi sempre di più sotto l'insistente pressione dei fulmini crepitanti.
Piton vide il raggio dell'Avada Kedavra esplodere potente dalla punta della bacchetta di Voldemort e il ghigno della vittoria allargarsi sul piatto volto di serpente, inconsapevole che l'unico sortilegio in grado di deviare l'Anatema che Uccide era già stato lanciato con millimetrica precisione e stava per intercettarlo.
Poi lo scudo protettivo cedette con uno schianto e svanì lasciando solo un alone di polvere che brillava nella notte.
Crystal urlò disperata e Severus seppe che tutto era ormai finito: le malefiche diramazioni esplosive scaturite da un'anima ormai distrutta lo colpirono in pieno, trafiggendolo in più parti e lo scaraventarono all'indietro con violenza.
Rotolò a terra scomposto, le pietre aguzze contro il corpo inerme, gli occhi spalancati, increduli, a osservare il raggio verde dell'Avada Kedavra incrociare appena la scia luminosa del suo incantesimo e poi svanire nel buio della notte, mentre dalla bocca distorta del mago che aveva creduto d'essere immortale usciva un urlo disumano, agghiacciante e interminabile.
Attraverso il velo di sangue che gli appannava la vista, vide Voldemort tremare, vacillare, contorcersi su se stesso e accasciarsi a terra, involucro corporeo senz'anima a dargli il soffio della vita.
La sua teoria era giusta: in Voldemort non esisteva più anima e la distruzione dell'ultimo frammento celato in Nagini l'aveva annientato facendo svanire nel nulla anche il mortale anatema scagliato.
Batté ancora la testa su un sasso e qualcosa lo colpì con forza al petto mentre di sfuggita vedeva Potter sorridere vincitore: il ragazzo non aveva dovuto lacerare la propria anima uccidendo quel mostro. Oltre a quella di Draco, aveva preservato anche l'anima di Harry, andando ben oltre ogni speranza di Albus.
Infine chiuse gli occhi, rassegnato, e udì ancora una volta la voce disperata di Crystal che gridava il suo nome: avrebbe voluto risponderle, dirle che l'amava, ma non aveva voce, non aveva forze: era giunto alla fine.
Urtò a peso morto con la schiena contro i primi alberi della Foresta Proibita: per un istante di sogno gli parve di vedere il dolce viso di Crystal e percepirne l'inebriante profumo.
Poi fu solo il nulla più tetro e assoluto.
Affondo sempre più,
e non vedo più luce dentro me.
Il nero mi avvolge,
un inno di morte che scandisce una vita.
Il labirinto torna ad avvolgermi
e nel mondo una sola luce ha brillato
per me.
Il tuo coraggio ed il tuo sorriso
un balsamo per il sangue versato;
il tuo amore
la speranza di rinascere ancora
nella pace a lungo cercata
e infine trovata nei tuoi occhi.
Mi sono perso in te,
ho amato farlo e non mi sono bruciato,
se non della passione che ci legò.
Tornerò a smarrirmi
tra le ali di un angelo infinitamente puro? [2]
[1] Earendil
[2] Earendil
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