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27. Le difese dell'Horcrux (REV 2022)


Hermione rotolò nell'erba e si trovò distesa sulla schiena a osservare il terso cielo notturno.

All'improvviso un'ombra oscurò le stelle: il professor Piton torreggiava su di lei e non era difficile intuire che, questa volta, era davvero molto arrabbiato.

- Che cosa credevi di fare, stupida ragazzina? – sibilò gelido.

Hermione sollevò il capo: alla sua destra, vicinissima, si levava un'intricata massa di rovi, arginata dalla collina da un lato e da un torrente dall'altro. Scosse la testa facendo ondeggiare i cespugliosi ricci castani, quindi prese un lungo respiro e rispose d'un fiato:

- Quello che ho fatto: venire con lei per aiutarla a debellare le difese poste da Voldemort al suo Horcrux.

Piton scosse la testa:

- Non intendo permettertelo! – asserì secco. – Quindi ora tornerai...

Uno singolare sibilo lo interruppe.

Sembrava il vento, ma ricordava anche il flebile lamento di un uomo ferito a morte.

Rimase immobile stringendo la bacchetta, il volto pallido rivolto verso i rovi gementi nella notte.

Ci fu un fruscio, sottile all'inizio, poi sempre più consistente: l'erba vibrò sotto di loro e Hermione schizzò in piedi gridando:

- Punge!

Nuovi rovi, con spine verdi e sottili, spuntavano in quantità dal terreno, cercando di attaccarli.

Piton afferrò la ragazza e la spinse dietro di sé, al sicuro dietro l'ala protettiva del mantello:

- Il Nemeton ha riconosciuto la nostra magia e cerca di respingerci. – spiegò. – Questa è la prima, ovvia difesa posta dall'Oscuro Signore.

I giovani rovi si propagavano intorno a loro:

- Diffindo! – esclamò con voce stentorea muovendo la bacchetta a semicerchio.

I virgulti spinosi finirono in mille pezzi, ma i gemiti provenienti dal roveto crebbero all'improvviso d'intensità, come se qualcosa nascosto là dentro fosse stato colpito.

Piton si accorse che Hermione tremava e le rivolse un'occhiata di fuoco. Non ci fu tempo per le parole: i rovi attaccarono ancora spuntando sotto i loro piedi e salendo rapidi verso l'alto, avvolgendosi su se stessi come diabolici rampicanti.

Piton afferrò la studentessa per la vita e la trascinò aprendosi la strada a colpi di Diffindo fino ad arrivare a pochi passi dal roveto i cui gemiti erano sempre più agghiaccianti, straziate implorazioni di pietà.

Hermione era pietrificata dal terrore, incapace di pensare e reagire, il pianto del bosco a insinuarsi come sottile veleno nella mente.

- E' solo un sortilegio di Voldemort! – gridò Piton scuotendola rude.

Era pallida da far paura.

- E tu saresti quella che voleva aiutarmi? – l'apostrofò con maligna ironia.

L'attacco dei rovi non dava tregua, spuntavano sempre più numerosi cercando di abbarbicarsi alle caviglie per trattenerli.

Un ultimo, potente Diffindo del mago liberò un'ampia area di terreno circostante. Piton sollevò rapido Hermione tra le braccia e si alzò in aria tenendosi a un paio di metri da terra. La ragazza, non amante del volo, urlò e gli si avvinghiò isterica al collo: il mago represse un gemito di dolore quando premette con forza contro la ferita.

- Stai ferma o ti schianto! – la minacciò senza esitare.

I loro visi erano molto vicini e Piton lesse il terrore negli occhi nocciola dilatati: prestò ascolto ai subdoli gemiti provenienti dal folto del bosco.

- Hermione aiutami... non lasciarmi morire... sono la tua mamma... aiutami...

Le difese di Voldemort creavano un effetto scenografico di una certa drammaticità, per lo meno su una ragazzina. Ma non per lui.

- Severus aiutami... non uccidermi... sono...

Chiuse con fermezza la mente: avrebbe impedito al sortilegio di trovare nei suoi ricordi informazioni da ritorcergli contro.

- Occludi la mente, Hermione, e le urla cesseranno! – la spronò. – Chiudi la mente, so che puoi farlo! – insistette guardandola con intensità e stringendole il viso fra le mani. – Fallo, ora! - ordinò.

La ragazza serrò stretti gli occhi e tremò tra le sue braccia mentre il mago la stringeva forte a sé, protettivo, incurante del dolore che il soffocante abbraccio gli procurava a causa del lungo taglio sul petto.

Dopo qualche istante la sentì rilassarsi e allentò un poco l'abbraccio: doveva essere riuscita a occludere la mente escludendo gli insopportabili lamenti dalle sue percezioni.

Le carezzò con delicatezza il capo:

- Va meglio, ora? – sussurrò con inattesa dolcezza.

La sentì tirare su con il naso e mormorare sul suo petto una confusa frase singhiozzante:

- Mi dispiace... mi sono lasciata prendere dal panico... non ho più ragionato...

Le sollevò piano il mento con la mano:

- Sei molto in gamba, Hermione. – ripeté sorridendole. – Pochi dei tuoi compagni avrebbero saputo occludere la mente in condizioni così estreme. Dovrò assegnare almeno altri venti punti a Grifondoro! – terminò sollevando divertito un sopracciglio.

Le asciugò le lacrime che avevano rigato di paura il volto pallidissimo:

- Ma sei anche stata terribilmente testarda, - aggiunse con finta severità, - e questo ti costerà tutti i punti guadagnati finora! - concluse dandole un buffetto sulla guancia.

Tensione e paura per un attimo parvero scomparire dal volto di Hermione che esclamò:

- Grazie Professore! E... mi dispiace! – aggiunse contrita.

Piton sospirò rassegnato: i virgulti dei rovi sotto di loro ondeggiavano come serpenti ammaestrati, incitati dai laceranti gemiti del bosco, cercando di protendersi in aria per raggiungerli.

All'improvviso la ragazza realizzò che stavano ancora volando ma nessuna scopa li sosteneva. Di nuovo si strinse al petto del mago che serrò i denti per non lasciarsi sfuggire alcun lamento.

- Lei... Lei sa volare? – balbettò, stupita e terrorizzata insieme.

- Un utile trucchetto appreso dall'Oscuro Signore, non credi? – rispose beffardo, sollevando provocatorio un sopracciglio.

Hermione annuì deglutendo e istericamente serrò ancor di più la presa che già avvinghiava il mago. La smorfia sofferente che si dipinse sul volto pallido e teso di Piton, le labbra sottili sempre contratte, questa volta fu inequivocabile e la ragazza comprese il caro prezzo pagato dal professore per l'abbraccio volante.

Si costrinse ad allentare la stretta lasciando che fosse il mago a sostenerla con un braccio.

- Io... io... Ooh... sono un disastro! – esclamò mortificata.

Piton le sorrise appena, sforzandosi di sollevare verso l'alto un angolo della bocca, ma i suoi profondi occhi neri scintillavano come benevole stelle nella notte.

- Vorrà dire che avrò un ottimo motivo per togliere altri punti a Grifondoro! – esclamò sornione sollevando ancora un bonario sopracciglio.

- Già! E una volta tanto avrà anche ragione! – si lasciò sfuggire.

- Una volta tanto? – chiese scettico scoccandole una delle sue taglienti occhiatacce.

La ragazza rimase a fissarlo intimorita per un attimo, poi si rese conto d'essere sospesa a due metri da terra, sostenuta solo dalle sue braccia che la avvolgevano protettive, e fu evidente che con lui era al sicuro, ogni timore superfluo.

Gli regalò uno smagliante sorriso, in parte sciupato dalla persistente paura di trovarsi a mezz'aria.

Piton sembrò intuire i suoi pensieri:

- Hai paura di volare? – chiese stringendola un poco di più a sé.

- Sì... cioè... No, se sono con lei! – rispose con voce tesa.

Il professore sorrise comprensivo, poi puntò rapido la bacchetta verso l'ondeggiante tappeto di rovi e tuonò:

- Diffindo!

Di nuovo il terreno fu libero dai giovani rovi rampicanti.

Scese rapido a terra, spinse la studentessa dietro di sé e, con movimento elegante e deciso, puntò la bacchetta sulla fitta massa di rovi che avvolgeva ciò che un tempo era stato il Nemeton di Ylith Fhaad; si concentrò e mosse la bacchetta con un fluido movimento del polso, dal basso verso l'alto e poi ancora verso il basso, come un fulmineo colpo di frusta:

- Reducto! – esclamò sovrastando i sinistri gemiti del bosco e alzando un'ala del mantello per proteggere la ragazza dietro di sé.

Sul primo istante non accadde nulla, poi il rombo sordo di un tuono che si avvicinava si fece sempre più forte finché lo schianto dell'esplosione non fece tremare la terra sotto i loro piedi.

Piton si protesse sollevando l'altra ala del mantello che, come quella che già schermava Hermione, si trasformò in un rigido scudo nero contro il quale s'infranse la violenta tempesta di minute schegge proiettata dalla barriera di rovi che l'incantesimo aveva abbattuto per alcuni metri.

Quando la rovinosa pioggia di appuntiti detriti cessò, Piton abbassò il mantello e afferrò Hermione per mano inoltrandosi nel bosco stregato, la bacchetta salda in pugno.

La diafana luce della luna penetrava appena, in sottili raggi, nell'intrico dei rami.

Nel vecchio bosco le querce erano morte da secoli, ma i loro tronchi e i rami scheletrici senza foglie si stagliavano neri nel nero della notte, avvinghiandosi gli uni agli altri come mani rapaci, rubandosi a vicenda i tenui riflessi di luce spettrale. Qualcosa senza vita strisciava contorcendosi nel sottobosco che diventava cenere sotto i loro passi.

Nessun essere umano, degno di tale nome, era passato di lì da centinaia di anni, e solo il respiro di un'oscura magia alitava malvagio nell'aria tormentando ciò che un tempo era stato sacro.

Piton trasse a sé Hermione e la strinse per le spalle:

- Non volevo che tu venissi. - sussurrò amaro.

La ragazza represse un singhiozzo e si rifugiò nel protettivo abbraccio del professore.

Poco più avanti vi era uno spiazzo, tra contorti tronchi caduti, abbarbicati tra loro in un macabro gioco di morte.

La luce della luna pioveva distorta, in un tetro gioco di ombre, riflettendosi sulle spade ritorte, sulle armature ammaccate, sui carri distrutti e sulle pire ormai arse. Il sacrificio era stato compiuto, in un altro tempo, e tutti i druidi con i loro fedeli erano cenere dispersa nell'aria cupa. Poco più in là, la pietra scolpita che fungeva da altare echeggiava ancora delle grida dei sacrifici. Solo i teschi e le ossa mancavano, dissolti dal tempo.

Intorno a loro erano rimaste solo le effigi di dei sconosciuti che li fissavano con le orbite vuote, di legno o di pietra.

Sulle rovine del tempo che fu,

può rinascere la speranza del domani

e la fine dell'oscuro potere.

Ancora combattiamo per l'ideale

e ascoltiamo gli antichi insegnamenti.

Qui si annida il male

e forse potremo annientarlo.

Piton strinse di più a sé Hermione e sospirò, impotente.

Il bosco era così oscuro e terrificante, nel nero inchiostro silenzioso della notte, che nemmeno il vento osava avventurarsi. Del resto, da troppi secoli non c'erano più foglie che potevano oscillare alle sue carezze leggere.

All'improvviso il silenzio fu rotto e i rami presero a ondeggiare scricchiolando sinistri, sul punto di schiantarsi, e si chinarono sul terreno a chiudere loro la via.

Hermione urlò.

Le grida furono come la tromba che guida l'attacco delle forze del male: i rami si protesero, pungenti e crudeli, verso la ragazza inerme.

- Petrificus! – urlò puntando la bacchetta e stringendo ancor più Hermione a sé.

Il silenzio della morte tornò a risuonare intorno a loro nell'immobilità obbligata dei diabolici rami.

Piton sapeva che la marmorea pace non sarebbe durata a lungo; l'oscura magia cui si era opposto era troppo potente per immobilizzarla a lungo: nell'intrico del bosco doveva trovare veloce la strada per giungere alla sacra quercia dei Druidi. O a ciò che ne rimaneva.

Si volse intorno: ogni traccia di sentiero era perduta e confusa nelle nebbie del tempo che, adagio, esalavano mefitiche dal terreno sollevando l'impalpabile cenere dei secoli, bruciando loro gli occhi. Avvolse Hermione nel mantello, quindi evocò mentalmente un vento per respingere l'attacco.

La polverosa nebbia si dissolse, lasciando che la tenebra li avvolgesse di nuovo.

Doveva trovare la strada.

Aguzzò gli occhi, ma il bosco era un denso intrico di rami, una barriera identica ovunque guardasse. I rami immobilizzati, sopra le loro teste, ripresero a scricchiolare piano, cercando di tornare a una vita da tempo immemorabile perduta.

All'improvviso seppe come fare. Conoscendo la psicologia di Voldemort, avrebbe dovuto pensarci subito: il bosco attendeva un tributo di sangue per rivelare i suoi segreti.

Allontanò Hermione e arrotolò rapido la manica sinistra della camicia: il Marchio brillava, perversamente nero, sulla pelle diafana.

L'odio si dipinse sul volto pallido del mago e un crudele sorriso si delineò sulle labbra sottili quando puntò la bacchetta sulla bocca del teschio, là dove l'orrido serpente fuoriusciva sinuoso.

- Stai indietro. – ordinò secco.

Una lama di luce bianca esplose dalla punta della bacchetta, tagliente come un diamante, e incise a fondo il teschio, tagliando di netto la testa al serpente mentre il ghigno sul volto di Piton si allargava: il sangue schizzò fuori con dolorosa forza, quasi nero, e Piton lo sparse nell'aria con un colpo deciso di bacchetta, sospingendolo lontano da sé, macabra e finissima pioggia diretta ai contorti e oscuri tronchi che sbarravano la via.

L'aria tremolò appena, a una decina di passi da loro, e un lieve scintillio d'un verde sinistro mostrò infine l'ingresso segreto: il malvagio bosco aveva accettato il tributo di sangue e rivelava la via.

Con un rapido colpo di bacchetta rimarginò il taglio sul Marchio e ripulì il braccio dal sangue, quindi afferrò la mano di Hermione e la trascinò verso il passaggio che si apriva, deferente ma angusto, tra i rami neri.

Scambiò un'occhiata con la ragazza, che sembrava aver ripreso il controllo di sé, e cominciò ad avanzare deciso sullo stretto sentiero che permetteva appena il passaggio di due persone affiancate e conduceva verso il folto del bosco in cui aleggiava, maligna, l'oscura magia di Voldemort.

- Questa era una delle "porte segrete delle querce". – spiegò, più per rompere il cupo silenzio e coinvolgere Hermione in una conversazione qualsiasi, che per reale interesse all'argomento.

- Sì, per gli antichi Druidi era considerato alla stregua di un ingresso nel mondo dello spirito. – replicò con voce stridula.

Piton annuì, gli occhi fissi sui legni contorti e anneriti dal tempo, la bacchetta che illuminava la strada stretta in pugno, attento a cogliere ogni minima variazione dell'ovattata oscurità: i gemiti e i sibili erano cessati di colpo e il bosco si lasciava profanare in un silenzio sempre più agghiacciate a mano a mano che avanzavano, unici esseri viventi nella notte.

Eppure, nel bosco sembrava alitare un respiro di morte.

Sentì Hermione stringersi di più al suo fianco, la bacchetta a illuminare il lato sinistro del sentiero. Si rese conto che non era la paura ad averla spinta così vicino a lui, ma il sentiero che si restringeva o, forse, erano i rami degli alberi che si allungavano sempre più verso di loro.

Fantasmi e spettri

emergono in bagliori

all'uomo feroce degli albori

senza glorie e senza onori,

un tempo al male devoto,

ma mai dimenticato.

I rami delle anime

dei boschi stregati,

un grido levano a firmamenti lontani

e l'arborea natura,

senza farmi paura,

trasmette sogni eterni.

Gli inferni

ch'ora son nell'oblio,

stanno dentro la terra,

nella sfera ch'afferra

la mia realtà oscura

nel cielo sovrastante.

Brillante il coraggio,

oscuro il male,

ma osservare

le indecifrabili emozioni dei gesti,

dei colpi inferti,

non uccide la mia convinzione

di vivere un mondo

egoista e cattivo,

pieno di spine e dolore.

Percepire,

essere,

graffiare,

respirare ogni momento.

Tagliarsi,

ferirsi,

correre e lottare.

Ma io confido nel mio cuore,

in un sentimento immortale.

Cominciò con un lieve stropiccio, come di tralci spezzati sotto i piedi, poi lo scricchiolio s'impennò, come se tutti i rami del nero bosco stregato si protendessero minacciosi verso gli intrusi, per soffocarli e schiacciarli con il loro peso.

Un ramo distorto sfiorò il viso di Hermione, che si ritrasse rapida, e la sua punta s'impigliò nel mantello del mago che lo liberò con uno scossone deciso.

Il ramo si ruppe.

Hermione urlò arretrando: dalla frattura uscivano purpuree lacrime di sangue.

I rami più vicini si sporsero voraci sulla ragazza che si difese respingendoli istintivamente con le mani. Erano secchi e fragili e si spezzarono subito: intorno a lei fu una pioggia sottile di sangue mentre i sibili del bosco ripresero in un crescendo di gemiti dolenti.

- Evanesco!

Lo stentoreo incantesimo lanciato da Piton ripulì da tronchi e rami una ristretta aerea intorno a loro, ma non zittì le indistinte voci piangenti.

Un grosso tralcio nodoso si spinse veloce verso il mago, sinuoso e vivo come un serpente.

- Diffindo!

Il ramo si tranciò di netto, mentre il sangue sprizzava con forza, nera linfa di un bosco morto da secoli. La confusione di lamenti cessò di colpo e nel silenzio si levò solo una voce, modulata in un agghiacciante e prolungato urlo di dolore.

Severus Piton rimase immobile, la bacchetta in pugno, l'orrore dipinto sul viso all'improvviso sbiancato: l'aveva riconosciuta.

Era il grido disperato di un uomo che stava morendo, un uomo senza volto e senza nome, un uomo senza alcuna colpa se non quella d'essere un Babbano: era la voce della sua prima vittima, uccisa la notte in cui era stato marchiato.

Per un orribile istante, ombre indistinte si addensarono intorno al mago occupando il posto degli scheletrici alberi: i macabri fantasmi delle sue prime vittime, ondeggiando come venefica nebbia, lo circondarono tendendo mani giunte in segno d'implorante preghiera.

Sempre più pallido e teso, Piton guardò verso Hermione: la giovane sembrava ancora lottare con i rami, respingendoli con la bacchetta e la mano libera. Per quanto impaurita, non aveva l'aria di chi stesse osservando insanguinate ombre di un passato che non le apparteneva.

Il mago comprese cosa stava accadendo.

Il bosco stregato da Voldemort era come se fosse vivo: aveva riconosciuto il sangue usato per individuare l'entrata e quindi ora "conosceva" la sua vita e i suoi delitti: li sfruttava contro di lui creando cupi fantasmi dai suoi laceranti rimorsi.

Questa volta, però, occludere la mente non serviva a scacciare i fantasmi: doveva affrontarli.

- Professore! Professor Piton! – lo strattonò Hermione vedendolo pallido come un cencio, immobile in mezzo ai rami che lo assalivano da ogni parte.

Con tutta la forza di volontà di cui disponeva cercò di escludere dalla vista le false immagini create da un'oscura magia, la stessa che un tempo aveva ottenebrato la sua mente. Con strenua determinazione cercò di visualizzare ancora i neri scheletri degli alberi, ignorando i volti supplicanti delle sue vittime.

Non voleva che Hermione capisse quale sortilegio lo perseguitava: lei non aveva mai ucciso, non aveva mai fatto male a nessuno. La magia oscura di Voldemort, che stava piegando lui, potente mago, era inefficace contro l'innocenza della ragazza.

- Protego!

Era stata Hermione a evocare con sicurezza l'incantesimo scudo, proprio per proteggere il professore dai rami che lo stavano spietatamente flagellando senza che lui facesse nulla per difendersi.

La voce squillante lo riscosse, giusto in tempo per tornare a vedere il bosco stregato che, infuriato, si rivoltava contro di lei: una radice contorta si levò dal terreno e le avvolse la gamba come nelle spire di un malefico serpente.

La ragazza urlò mentre, intorno a loro, spezzati dal violento urto contro lo scudo protettivo evocato per aiutare il mago, i tronchi degli alberi grondavano ancora il sangue delle vittime.

La radice stava trascinando Hermione verso terra, cercando di imprigionarla nelle sue viscere.

Alfine Piton reagì e l'incantesimo schizzò fulmineo dalla bacchetta colpendo in pieno la base del tronco: un lancinante grido di dolore straziò l'aria, e la radice che avvolgeva Hermione si trasformò in una candida e fluente barba.

- Severus... ti prego...

Albus Silente ancora una volta lo stava implorando.

La bacchetta tremò nella mano di Piton, pallido come un morto, mentre il tronco alle spalle di Hermione assumeva le sembianze del vecchio preside e, dall'espressione di orrore dipinta sul viso della studentessa, il mago capì che, questa volta, anche lei vedeva e sentiva la sua stessa allucinazione.

Doveva farlo, l'aveva già ucciso una volta, per obbedire al suo terribile ordine, e ora doveva farlo di nuovo per salvare Hermione.

Subito, prima che fosse troppo tardi.

Doveva uccidere di nuovo l'uomo cui aveva voluto bene più che a un padre.

Chiuse gli occhi e strinse i denti mentre Hermione urlava terrorizzata, stretta tra le braccia di Silente.

Il lampo di luce fluì accecante dalla bacchetta, illuminando per un istante l'oscurità della notte, e si infranse potente e preciso contro il cuore di un vecchio già morto, ucciso dalla sua magia nella notte in cui la sua anima era andata in frantumi.

Silente urlò e l'albero esplose svanendo in una nuvola di fumo nero che, espandendosi in circolo, travolse altri alberi sul suo percorso, creando un largo spiazzo vuoto intorno a loro, mentre oscurità e silenzio tornavano ad avvolgere i due soli esseri viventi nel bosco stregato.

Piton si ritrovò a stringere forte Hermione, ansante, ricoperta di schegge di legno e gocce di linfa nera. La trattenne per un lungo istante tra le braccia, accogliendola nel paterno e fermo abbraccio. Infine la sciolse dalla stretta e sussurrò:

- Grazie.

Hermione gli sorrise:

- Anche io devo ringraziarla: mi ha salvato la vita, - la voce sembrò mancarle, ridotta a un sussurro sottile, - però ha dovuto ancora ucciderlo e io so quanto...

- Era solo un'allucinazione, un sortilegio con cui l'Oscuro Signore ha stregato il Nemeton. - la interruppe secco. – Il bosco mi ha riconosciuto dal tributo di sangue offerto per indurlo a rivelare l'ingresso segreto.

- Sì, ho capito. Ma quando tornerò con Harry, e lui userà il suo sangue per entrare, - chiese preoccupata, - anche lui, poi, vedrà le stesse cose...

- No! Il Nemeton offre allucinazioni accuratamente personalizzate. – spiegò Piton con sofferta ironia. – Potter non ha mai ucciso né fatto del male, quindi il bosco non potrà torturarlo come ha fatto come me.

Il professore sospirò cupo e Hermione fu felice di non aver visto né udito nulla: il lancinante urlo iniziale, e poi Silente, erano stati più che sufficienti. Non fece in tempo a formulare la domanda che arrivò la risposta:

- Hai visto il preside perché lo conoscevi, - spiegò in tono amaro, - ma sono molti i fantasmi del mio passato che hanno pieno diritto di tormentarmi.

Socchiuse gli occhi traendo un lungo sospiro:

- In ogni caso, sono sicuro che troverai il modo per preparare Potter ad affrontare questa prova, ora che sai di cosa si tratta. – aggiunse distaccato.

- Con l'Occlumanzia? – chiese Hermione dubbiosa.

- No, occludere la mente non serve. – rispose con un lieve sogghigno intuendo che anche lei dubitava delle capacità dell'amico in quel campo. – Occorrono solo molta forza di volontà e il coraggio di affrontare se stessi. – spiegò distendendo le labbra sottili in un accenno di sorriso sincero. – Due qualità che il giovane Potter possiede in abbondanza. – concesse benevolo.

Hermione sorrise pensando che, in fin dei conti, forse il professor Piton non odiava Harry ma, al contrario, doveva stimarlo molto se gli lasciava il compito di distruggere gli Horcrux, pur spianandogli al meglio la difficile e pericolosa strada.

- Gratta e netta!

Le parole del mago la riscossero dai pensieri: gli rivolse un altro sorriso, grata di averla ripulita dall'appiccicosa linfa scura che, per lunghi e terrorizzanti minuti, le era sembrata sangue zampillante dai rami spezzati.

La nuvola di fumo nero continuava ad aleggiare ai bordi dello spiazzo deserto e pareva proteggerli dall'attacco del bosco.

Osservò il professore: anche lui era ricoperto dai minuti detriti di legno dell'esplosione, frammisti a linfa nerastra. Il mantello era strappato in più punti e il suo viso, sempre più pallido e provato, era solcato dai lunghi graffi infertigli dai rami quando era rimasto inerme di fronte alle sue allucinazioni.

- Gratta e netta! – disse ricambiando il favore.

Si avvicinò al mago illuminandogli il volto con la bacchetta: gli occhi neri erano pieni di dolore che non cercava più di celare dietro la solita maschera di gelida impassibilità e alcune gocce di sangue stillavano dai tagli più profondi.

- Epismendo!

- Di questo passo diventerai anche tu un'ottima infermiera! – ironizzò Piton rivolgendole un imbarazzato sorriso di ringraziamento, mentre il pensiero per un attimo volava a Crystal.

Hermione scrollò le spalle:

- Quando Harry avrà distrutto questo Horcrux, rimarrà solo Nagini e il frammento d'anima che risiede in Voldemort.

- A Nagini ci penserò io! – affermò Piton con fiero orgoglio. – Sarà la mia eclatante dichiarazione di "dimissioni" da Mangiamorte, il gesto finale di ribellione con il quale mi leverò infine la maschera e getterò in faccia all'Oscuro Signore la mia perenne fedeltà ad Albus Silente! – esclamò con enfasi, gli occhi scintillanti come preziosi cristalli neri.

- Distruggere un Horcrux è molto pericoloso, - esclamò spaventata, - e con Nagini lo sarà ancora di più che con tutti gli altri.

- Lo so perfettamente, Hermione. – rispose con un sorriso fiero. – E' per questo che ho riservato Nagini per me: lei è sempre vicina all'Oscuro e non è possibile eliminare o ridurre in anticipo le sue protezioni come ho fatto con il Medaglione di Serpeverde, la Coppa di Tassorosso e, adesso, con il Libro di Corvonero. – spiegò deciso. – Quindi toccherà a me questo ultimo e pericoloso onore. – terminò rimarcando l'ultima parola, gli occhi neri sempre più splendenti nella notte.

- Ma esistono solo pochissimi modi per distruggere un Horcrux. – obiettò, preoccupata dall'esaltata determinazione del professore. – Su "Segreti dell'Arte più Oscura" c'è scritto che...

- Conosco il contenuto del libro, signorina Granger! – la interruppe secco, sollevando irritato un sopracciglio. – Ma l'Oscuro Signore ha commesso un grave azzardo facendo di Nagini il suo ultimo Horcrux.

Hermione spalancò gli occhi.

- Nagini è un essere vivente e la sua morte comporterà la fine anche del frammento di anima dannata. – esclamò il professore con odio. - Anche se questo non significa che l'anima non farà di tutto per difendersi.

S'interruppe lasciandosi sfuggire un accorato sospiro: conosceva il rischio mortale cui intendeva andare incontro, ma sapeva anche che era il suo dovere.

Forse il suo ultimo dovere.

E lui lo avrebbe adempiuto, come sempre.

Socchiuse appena le palpebre e il viso di Crystal apparve nei suoi pensieri, il sorriso sulle labbra e la speranza nello sguardo azzurro screziato d'oro.

Riaprì gli occhi e sorrise alla ragazza mostrando una sicurezza che non possedeva:

- Stai tranquilla: conosco il sortilegio oscuro per annientare l'Horcrux. – asserì imperturbabile.

Sembrava facile, detto così: la realtà era ben diversa, ma non era il caso che Hermione lo sapesse. Non subito, almeno. Se la conosceva bene, la studentessa avrebbe scovato qualche libro che le spiegasse il rischio tremendo che aveva deciso di affrontare per annientare Nagini e il frammento d'anima davanti agli occhi di Voldemort.

Hermione restò in silenzio per un breve momento, timore e rispetto a intrecciarsi nelle grandi iridi nocciola fisse nel nero e scintillante cristallo delle iridi del professore. Infine si riscosse:

- Così a Harry, al Prescelto, rimarrà lo scontro finale con Voldemort. – dedusse.

Piton rimase a fissarla per un lungo istante, esitante, incerto se risponderle o lasciare cadere il discorso. Poi decise di fidarsi, fino in fondo, e affermò, perentorio:

- No, non credo che le cose andranno così. Non sarà necessario.

- No? – domandò incredula.

- No. – ribadì. – Su questo io e Albus la pensavamo in modo diverso.

La giovane lo fissò con aria interrogativa e il professore espose la propria teoria:

- Io credo che la notte in cui l'Oscuro Signore cercò di uccidere Harry e, grazie alla protezione d'amore fornitagli da... - esitò appena e la sua voce ebbe un lievissimo tremito, - Lily, l'Avada Kedavra gli rimbalzò contro, in quel preciso istante la parte di anima lacerata, consunta e instabile per tutte le mutilazioni subite, ancora racchiusa nel suo involucro umano, sia andata distrutta.

Hermione spalancò gli occhi, sbalordita, poi ribatté, scettica:

- Ma questo significherebbe che Voldemort avrebbe un corpo ma non più un'anima!

Piton la fissò cupo:

- Lord Voldemort non ha mai avuto un'anima. – rispose infine in un lento tono lugubre, gli occhi ardenti nel volto pallido.

Hermione scosse nervosa la folta massa di riccioli castani preparandosi a contestare puntuale la tesi del professore.

- Non è possibile: Silente sosteneva...

- Zitta! – la interruppe, la bacchetta di nuovo stretta in pugno, puntata sul bosco, e gli occhi vigili a scrutare oltre la studentessa.

La barriera di fumo nero stava svanendo e il Nemeton aveva riprendeva a gemere.

Con un rapido balzo Piton fu al fianco di Hermione, le circondò la vita con un braccio e la trascinò con sé:

- Andiamo: il bosco si è risvegliato. – ordinò. – Io apro la via, tu pensa a proteggerci.

Levò la bacchetta e cominciò ad avanzare: i lampi degli incantesimi fluirono a raffica, tagliando i rami che, insidiosi, si protendevano verso di loro e facendo esplodere i punti in cui qualche tronco sbarrava la strada, mentre lo scudo evocato da Hermione li difendeva dai rami che riuscivano a sfuggire alla falcidia di Piton e dalle schegge delle esplosioni.



[1] Earendil

[2] "Immortale": poesia appositamente scritta per questo capitolo da Ale85LeoSign.

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