Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Operazione trasparenza


...avessi finto sarebbe stato meglio
Hai poco tempo ormai
Per vivere una vita che non sentirai
Chiudo il sole un attimo
Anche se non dormirò, oh...



Dopo che si furono alzati, Obito e Madara si lavarono insieme. Nel bagno di quella casa di campagna non esisteva la cabina per la doccia, era tutto libero di conseguenza potevano prendersi tutto lo spazio che volevano. Mentre insaponava il corpo scolpito del cugino, Obito iniziava a chiedersi che scuse avrebbe potuto inventarsi quel giorno per non mangiare. Ormai nella sua testa l'aveva ribattezzata Operazione trasparenza e niente e nessuno avrebbe potuto impedirgli di andare fino in fondo, l'unica cosa che gli restava nella vita, da ora in poi, era suscitare compassione nelle persone. Gli passava le mani tra le natiche come se fosse una cosa del tutto scontata e naturale, lavava quel corpo in ogni sua parte come se fosse successo ogni giorno da una vita. Gli insaponò la grande massa di capelli creando un monte di schiuma, sentiva Madara ridere là sotto, lo sciacquò creando nuvole di vapore che invasero completamente la stanza tappezzata di piastrelle gialle, Obito adorava quel colore. Ora era il suo turno, sentiva se stesso irrigidirsi mentre l'altro lo lavava, si vergognava. Quel corpo lo stava tradendo e per questo andava punito, non gli avrebbe più prestato la minima cura, lo avrebbe annichilito negandogli ogni suo bisogno, non aveva importanza quanto gridasse, lo avrebbe guardato piangere dall'alto in basso ghignando, era questo quello che meritava. Le mani di Madara ora non erano bramose, ma lo toccavano insaponandolo come se fosse un bambino, Obito si chiese se si stesse accorgendo del suo disagio, da una parte lo sperava, magari prima o poi si sarebbe deciso a liberarlo dal dolore come solo lui sapeva fare. Si asciugarono stringendosi in due accappatoi bianchi, Madara, sedendosi su un piccolo sgabello di legno, gli chiese di asciugargli i capelli. L'operazione richiese diverso tempo, Madara chiuse gli occhi godendosi l'aria calda e le carezze del cugino, Obito cercava di non far cadere lo sguardo dell'unico occhio rimastogli sullo specchio che aveva davanti, sebbene ancora fosse appannano dal vapore, non poteva certo rischiare che decidesse di schiarirsi all'improvviso. Si vestirono, Obito indossò ancora degli abiti di Madara, non aveva altro, stavolta si mise un foulard rosso sulla faccia, gli sembrava che tornasse bene con la camicia di flanella bordeaux, Madara non disse niente ma lo prese per mano scendendo le scale, il cuore del giovane iniziò a battere all'impazzata, ora si sarebbero seduti in cucina a fare colazione.

Va bene, calmo, affronta una cosa per volta, nel momento in cui si presenta.

Si sedettero agli stessi posti del giorno precedente, Madara posizionò il solito vassoio di pasticcini sulla tavola, mise il bollitore sul fuoco senza che l'altro parlasse, Obito sentiva i morsi della fame dilaniarlo, avrebbe divorato tutto il vassoio in realtà sentiva le narici dilatarsi, da quando aveva iniziato Operazione trasparenza era molto più sensibile agli odori, ma aveva preso una decisione, quel corpo martoriato non si meritava più niente, soprattutto non aveva il diritto di condannarlo a vivere.

Dovrò trasformare la fame in gioia e la sazietà nella peggior disgrazia di questo mondo.

Obito si sganciò il bottone del polsino destro, in una frazione di secondo aveva già ben chiaro in mente cosa fare, afferrò un pasticcino al cioccolato infilandolo con le dita sotto al foulard, così come aveva fatto il giorno precedente, ma invece di infilarselo in bocca lo fece scivolare nella manica. Mentre faceva finta di masticare, il cellulare di Madara, posato nel solito posto alla fine delle scale, iniziò a squillare.

"Scusami" disse il grande finendo di versargli il tè prima di andare a rispondere.

Pronto...sì, sono io...

Obito si alzò dal tavolo dirigendosi vero la credenza alla sua destra, non sapeva il motivo per cui stava cercando di non fare rumore.

Le piante di olivo sono circa due ettari...

Posò la mano sulla maniglia terrorizzato da quel pensiero che si stava affacciando nella sua mente, cercò di scacciarlo ma già sapeva che prima o poi avrebbe ceduto, quello sarebbe stato il giorno del peggior fallimento della sua vita.

Hanno tutti dieci anni tranne un filare che sono adulti...non lo so, ce li ho trovati...

Aprì lo sportello lentamente, l'olfatto affinato dalla fame non lo aveva ingannato, là dentro si trovavano diverse scatole di brioches, chissà, magari, un giorno in cui si sarebbe trovato solo...

Quattro persone vanno benissimo...

Avrebbe ceduto, avrebbe fallito, per evitarlo doveva solo sperare di morire prima. Fortunatamente la sua attenzione fu distolta da una scatolina bianca, la prese tra le mani Xanax 0,50, era scritto sopra a caratteri blu e in stampatello, Obito estrasse piano uno dei due blister dal cartone, si fece cadere una pillola rosa e rettangolare nella mano. Bingo! Erano proprio loro, il suo sogno di ragazzo di uccidere il dolore completamente, sì, forse la disfatta che temeva fino a pochi secondi prima poteva essere evitata, Operazione trasparenza era salva. Certo non doveva esagerare se voleva che Madara non se ne accorgesse, le avrebbe prese solo se stava rischiando grosso, come in quel momento.

Lunedì allora possiamo iniziare, grazie mille.

Obito si rimise a sedere intuendo che l'altro aveva concluso la telefonata, si infilò la pillola in bocca mandandola giù con il tè come sempre completamente amaro.

Madara si rimise a sedere al suo posto: "Lunedì iniziamo i lavori di potatura degli olivi, la neve per allora sarà sicuramente andata via completamente"

"Fantastico, non vedo l'ora di imparare" affermò Obito facendo scivolare un secondo pasticcino nella manica.

"Io veramente ho contattato una squadra di operai" Madara addentò sul serio una di quelle delizie.

"Allora mandami con loro, sono sinceramente curioso" Obito andava nel panico stando fermo, gli sembrava che le calorie bruciate fossero troppo poche.

"Se è questo quello che desideri..." Madara assentì con un sorriso.

Obito ricambiò sentendo l'effetto dello Xanax che stava arrivando.

"Allora lo sai che facciano? Ci godiamo gli ultimi giorni di vacanza e oggi ti porterò a comprarti qualcosa da mettere, dovremmo fare una quarantina di chilometri per andare in città ma le strade ormai dovrebbero essere tranquillamente transitabili"

Obito si sentiva come trasportato dalle onde del mare, un'acqua calda e morbida.

Ma che dico mare, queste sono terme!

Riuscì solo a sorridere guardando il bel viso del maggiore, sperò di non avere un'espressione troppo ebete ma un attimo dopo realizzò che se anche fosse stato così non aveva la minima importanza. Madara gli prestò un giaccone arancione imbottito e un paio di occhiali da sole, Obito fu ben contento di nascondere ulteriormente il suo viso e il suo corpo, visto che aveva intenzione di tenersi il foulard. Pensò che forse non era molto contento di andare a comprarsi dei vestiti nuovi, aveva scoperto di trovarsi benissimo con abiti che gli vestivano diverse taglie più grandi, avrebbe sicuramente evitato di scegliere indumenti troppo attillati, non esisteva nessun tipo di problema adesso che era nel mondo dei suoi sogni.

L'erba ingiallita dal freddo e dalla mancanza di luce iniziava a riemergere dal bianco, Obito si liberò dei due pasticcini che aveva nella manica osservando Madara che tirava fuori dal garage la sua Jeep Wrangler 4x4 nera.

Per la miseria, ci credo che per te le strade non hanno problemi, potenziare il riscaldamento in casa, no?

La mancanza assoluta di dolore gli fece venire da ridere, aveva trovato se stesso estremamente divertente, cercò di sforzarsi di rimanere serio. Il bolide, essendo di colore nero e lucido, sembrava molto più piccolo di quello che era in realtà, il musetto non era aggressivo come ci si aspetta di solito per le macchine di grossa cilindrata, ma i fari rotondi e la grossa griglia che stava in mezzo lo facevano apparire piuttosto simpatico. Obito pensò che la sua vernice avesse lo stesso colore dei capelli del padrone. Durante il viaggio Obito era talmente rilassato da essere a un passo dallo scivolare nel sonno.

Non è che questa roba per caso fa ingrassare?

Si abbandonò sul sedile chiudendo gli occhi e accampando la scusa di essere piacevolmente colpito dai raggi caldi del sole che filtravano dai vetri.

"Madara, la tua casa sembra una ghiacciaia, questo momento almeno voglio godermelo"

L'altro rise vedendolo finalmente sereno.

Il posto in cui era diretto Madara era un gigantesco negozio di vestiti che si trovava in periferia, un capannone immenso da perderci letteralmente la testa, Obito si sentì leggermente seccato, dalla sua memoria compromessa era riapparsa una sensazione: rifarsi il guardaroba era una cosa che era stata capace di dargli un sacco di piacere in passato, ma ora non avrebbe più potuto suscitargli un qualunque interesse. Aveva fatto esperienze del genere in compagnia di qualcuno a cui voleva bene.

Capelli castani...

Obito si arrestò improvvisamente trafitto da quell'immagine incompleta.

"Tutto bene?" la voce gentile di Madara lo riportò alla realtà.

"Oh...sì, certo"

Non gli importava assolutamente niente di ciò che si trovava là dentro, grato che la pillola magica lo stesse aiutando, scelse i vestiti più oversize che era riuscito a scovare, soprattutto felpe ma anche due bomber e jeans, selezionava tutto rigorosamente di colori scuri; il cugino ti tanto in tanto, gli consigliava qualcosa di più appropriato.

"Provatelo, almeno" e lo aveva spinto quasi di forza nel camerino.

Obito non poté evitare lo specchio che aveva davanti, esso gli rimandò un'immagine distorta, si vide con le gambe troppo corte e storte e le braccia troppo lunghe, si sentì girare la testa.

Anche se mi copro la faccia è proprio la mia forma ad essere terribilmente brutta, sono deforme!

"No, guarda Madara, credo di aver deciso"

"Questa roba non ti valorizza per niente, anzi, ti mortifica"

È quello che desidero, voglio fare schifo, nessuno dovrà girarsi a guardarmi, voglio essere trasparente perchè il mio dolore è reale.

"Va benissimo così, ti ringrazio, preferisco stare comodo" Obito sorrise ancora aiutato dalla pillola.

Madara sospirò di rassegnazione ma decise di lasciarlo stare.

Usciti di lì si recarono a fare provviste dal momento che li attendeva un periodo di lavoro molto intenso e non avrebbero più avuto tanto tempo di fare la spesa. Obito, udiva Madara chiedergli se avesse desiderato qualcosa di particolare, ma lui rispondeva sempre con dei mezzi grugniti o non dicendo assolutamente niente.

Il mio corpo mi sta gridando di mangiarmi tutto quello che vedo, ma la mia testa rifiuta ogni cosa.

Aveva l'impressione che gli si fosse creata una specie di frizione alla base del collo, quella che permetteva il collegamento tra testa e corpo, solo che lui aveva deciso di spezzarlo mettendosi eternamente in folle.

Non ingranerò mai più la marcia, caro corpo, la testa è molto più forte di te!

Rimasero silenziosi per tutto il tragitto di ritorno verso casa. Obito era perfettamente consapevole che tutto questo avrebbe finito con il rovinare irrimediabilmente il rapporto con il cugino, ma se lui era troppo ottuso per comprenderlo non poteva farci niente, doveva cercare di recuperare la memoria il prima possibile, capire chi e perchè gli aveva chiesto di andare a cercarlo, e poi andarsene da dove era venuto.

Tornare esattamente da dove sono venuto forse no, meglio che tutti mi ricordino come ero prima e finisca lì.

Obito aiutò il maggiore a cucinare il pranzo, aveva riscoperto dentro di se un insolito interesse a cucinare pietanze che poi non aveva la minima intenzione di assaggiare. L'olfatto era ancora amplificato, maneggiare il cibo per gli altri gli dava un'immensa e inaspettata soddisfazione. Prepararono uno spezzatino davvero delizioso, sembrava burro sciogliendosi quasi in bocca.

"Sei bravissimo in cucina, Obito, è una piacevole sorpresa" commentò Madara gustandosi quella prelibatezza con un sorriso.

Obito ne aveva assaggiato giusto un boccone facendolo scivolare sotto il foulard.

Caspita se è buono! Ma non posso...

Ringraziò invece l'altro con sorriso versandosi un bicchiere di vino.

"Non mangi niente neanche oggi, Obito, perchè?"

"Lo spezzatino non mi piace" rispose il giovane alzando le spalle per farla apparire una cosa normale.

Il viso di Madara si rabbuiò: "Non potevi dirmelo prima? Ti ho chiesto mille volte stamani in città se desideravi qualcosa di particolare, non mi hai mai degnato di una risposta"

Obito si sentì invadere dalla collera, l'effetto dello Xanax aveva iniziato a svanire e il mostro stava facendo a pezzi la gabbia, Madara diventava ogni giorno più invadente e incapace di capirlo.

"Devi lasciarmi in pace, ho il diritto di decidere da solo cosa farmene della mia vita!" Obito urlò alzandosi in piedi "è colpa tua se sono ridotto in questo stato, l'incidente mi è capitato per venirti a cercare, vai al diavolo, Madara!"

Obito vide il maggiore impallidire, i suoi occhi neri furono attraversati da una saetta di tristezza, afferrò la bottiglia di vino che stava sul tavolo e uscì all'eterno sbattendo il pesante portone di legno, stessa sorte toccò alla porta a vetri della stanzetta che fungeva da ingresso, in cui lasciavano giacconi e scarpe. Si incamminò a passo svelto per la strada diretto all'oliveto che tra pochi giorni sarebbe stato potato tracannando lunghe sorsate di vino dalla bottiglia che si era portato appresso, spostando il foulard lateralmente, ogni tanto si girava per assicurarsi che l'altro non lo seguisse, se si fosse azzardato gli avrebbe lanciato la bottiglia in testa.

Come vorrei che tu venissi di corsa a fermarmi!

Raggiunto l'oliveto, si buttò a sedere in terra in un punto dove la neve era sparita, succhiava il vino dalla bottiglia come se fosse questione di vita o di morte.

"Stai zitto!" gridava piangendo al dolore che lo stava riducendo a brandelli "smettila, basta! Ora ci penso io a farti tacere!"

Le lacrime uscivano con tale foga che sentiva la palpebra dell'occhio sano rientrare come se fosse risucchiata dall'orbita, gli faceva quasi male. Staccava le labbra dal vetro e si metteva in attesa dell'effetto per qualche secondo, poi, intuendo che ancora non arrivava continuava a bere e così via, in un loop disperato. Quando iniziò a pensare che forse una sola bottiglia non sarebbe bastata, sentì la sua volontà smettere si fare presa sui muscoli facciali e la mascella rilassarsi. Si sdraiò guardando le fronde di quelle piante che stavano attendendo di essere pulite, senza più badare se ci fosse neve o no sotto di lui. Una lacrima gli si seccò sul viso facendolo pensare distrattamente al sale che indurisce la sabbia dopo che il mare si è ritirato da diversi giorni. Il mostro era un po' stordito ma non annullato completamente come piaceva a lui, aveva smesso di ruggire ma era lì ansimante che lo fissava negli occhi pronto a sferrare di nuovo l'attacco alla prima occasione.

Chi sono io? A chi appartengono i capelli castani che ho ricordato?

Lo stomaco gli si ribaltava e gli doleva la testa, l'alcol risolveva in parte ma poi aveva degli effetti collaterali terribili. Iniziò a sentire freddo, decise di avviarsi barcollando verso casa, terribilmente lento, faceva un passo traballante ogni tanto, percepiva i colori alterati ma almeno le lacrime si erano fermate. Giunto sulla strada gli venne il singhiozzo, passava da un lato all'altro della carreggiata senza rendersi minimamente conto di essere facile preda di qualunque mezzo a motore che poteva trovarsi a transitare di lì in quel momento. Gli occhi gli bruciavano ed erano terribilmente secchi. Aveva superato già da un pezzo la fase in cui l'alcol ti fa sentire bene e disinibito per entrare in quella del malessere, aveva sete di acqua ora.

No, il mondo che sognavo da piccolo non è questo, lo hai tu, Madara.

Mentre apriva il cancello per tornare di nuovo in casa gli tornò in mente la scatolina dello Xanax che aveva visto quella mattina, certo che la tentazione ora era forte. Si tolse giaccone, e scarpe nell'ingresso, entrò piano dal portone e successivamente in cucina, ancora che si sforzava di non emettere suoni. Madara non c'era anche se aveva riordinato tutto e lavato i piatti, non si chiese dove potesse essere, non gli importava, il suo unico pensiero era avere la meglio sulla bestia. Il suo sguardo cadde sullo sportello della credenza dove aveva fatto la sua gradita scoperta quella mattina. Avvicinandosi con passi felpati scorse Madara dall'arcata che conduceva in salotto, era rannicchiato sul divano, gli dava la schiena, i lunghi capelli lasciati andare senza attenzione a sfiorare il pavimento. In un primo momento aveva avuto l'impressione che dormisse, ma si accorse che le sue spalle erano scosse da singhiozzi silenziosi. Obito lasciò perdere le pillole con rammarico, di sicuro l'altro aveva percepito la sua presenza anche se non si era mosso. Aveva una sete tremenda, prese una bottiglia d'acqua frizzante e ci si attaccò svuotandola quasi del tutto in un colpo solo, ora non si preoccupava più di non fare rumore visto che doveva abbandonare il piano di farsi un'altra pillola.

Il mio dolore è uscito da me ferendo anche lui, io lo devo uccidere.

Si avvicinò piano al cugino, un passo dietro l'altro, una lentezza estenuante, Madara non emetteva nessun suono. Obito si inginocchiò sul pavimento accanto al divano afferrò delicatamente Madara per le spalle tremanti facendolo voltare verso di lui, i capelli erano incollati al viso fradicio di lacrime. Il minore lo liberò dai ciuffi baciandolo sulle labbra umide, sentì il sapore salato, l'altro non apriva gli occhi. Obito lo condusse con le mani per farlo stendere sulla schiena, si tolse il foulard dalla faccia, gli sbottonò la camicia invernale blu scuro per posare piano le labbra su quel petto muscoloso squassato dai singhiozzi. Obito si mise a cavalcioni su di lui abbracciandolo: "stai su, respira, uccidiamolo il dolore invece di lasciarci travolgere"

Ho bisogno dello Xanax solo così ci posso riuscire.

Madara aprì gli occhi arrossati: "Obito, fai una cosa per me, andiamo a cena fuori stasera, ti porto dovunque desideri, anche in capo al mondo"

Il giovane si sentì stretto in una morsa, non aveva intenzione di mollarlo, non era quello il modo di far tacere la bestia, non capiva che così facendo avrebbe ruggito ancora più forte. Non disse niente, gli aprì la camicia completamente baciandolo sul ventre bianco, i suoi addominali erano d'acciaio, sentì il respiro dell'altro accelerare anche se singhiozzava ancora.

"Obito il dolore non muore in un attimo solo, ci vuole tempo, a volte anche tanto" gli disse questi accarezzandogli i corti capelli.

Il giovane non rispose ancora, quelle erano tutte cose che gli sembravano impossibili da attuare, più il mostro era aggressivo più perdevi la voglia di vivere e di lottare per continuare l'esistenza. Gli sbottonò i calzoni leccando la punta del suo sesso eccitato, Madara fremeva lasciando andare gli ultimi singhiozzi residui. La lingua di Obito era delicata, lo sfiorava solo con la punta, ma lo faceva avvampare di calore solo con quel semplice gesto, gli afferrò le natiche facendolo gemere forte.

Questo non significa che tu abbia ragione, Madara, ora ti sto dimostrando che valgo qualcosa, che non hai il diritto di torturami, io non capisco perchè sia così difficile da capire il mio sogno, eppure è così scontato!

Madara lo dovette fermare afferrandolo per le spalle e facendogli alzare la testa, il suo pene pulsava visibilmente un' ulteriore passata di lingua lo avrebbe fatto esplodere. Si mise a sedere ansimante, lo spogliò cercando di fare una pausa da quel piacere che lo aveva colpito come un fulmine. Si morse il labbro inferiore guardandolo, lui lo trovava bello sul serio nonostante le cicatrici, era disperato perchè non riusciva a farglielo capire. Lo agguantò dalla vita sottile notando che già era visibilmente dimagrito, sarebbe diventato brutto seriamente se avesse continuato su quella strada, gli tornò in mente suo fratello Izuna, le loro erano due problematiche diverse ma avevano una radice comune: si sentivano incompresi dagli altri. Se solo avessero capito che erano proprio le loro crisi ad allontanare le persone. Madara se lo strinse al petto afferrandogli le natiche che stavano diventando sempre più scarne, gli disseminò di baci il viso olivastro, le cicatrici, gli occhi. Seguì con la punta della lingua le ferire che aveva sul torace, Obito avvertì che il suo respiro bollente era sincero e che trovava davvero piacere ad avere il suo corpo tra le mani.

Ma ora ti piaccio perchè sto male, se non divento trasparente sarò invisibile ai tuoi occhi, a un certo punto ti scorderai anche della mia esistenza.

I capelli del cugino maggiore gli solleticarono le cosce, la sua bocca calda avvolse il suo sesso eccitato, Obito lasciò andare indietro la testa, odiava il suo corpo ma ora era divino servirsi di esso, in qualche caso particolare la marcia si poteva ancora ingranare. Madara faceva scorrere lentamente la bocca su e giù facendolo affondare nella sua morbidezza, Obito inarcava la schiena quasi urlando, ai problemi ci avrebbe pensato dopo, non era uno stupido e aveva sempre delle buone e fulminee idee. Sentì le dita del maggiore penetrargli la carne mentre continuava il lavoretto tra le gambe, si resero conto entrambi di come la sua fessura fosse aperta al massimo. Madara si sollevò per sdraiarglisi sopra, lo penetrò piano fissandolo con gli occhi lucidi di piacere, il corpo di Obito non oppose la minima resistenza. Lo baciava mentre si faceva strada dentro di lui, il giovane era sfatto dal piacere, gli strinse forte le gambe affusolate e sempre più sottili intorno alla vita usandolo da appiglio per far aderire forte il suo sesso ai suoi addominali. Madara non fu brutale, riuscì a mantenere una dolcezza infinita, i loro movimenti erano quasi impercettibili ma coordinati. Obito si sforzava di trattenersi, la denutrizione aveva affinato la sua sensibilità anche in altri aspetti del corpo, si lasciò andare solo quando sentì il respiro dell'altro tremare. Fu strano, il minore raggiunse sì l'orgasmo ma lo sentì quasi in sordina, forse la marcia non era ingranata completamente e il feeling tra testa e corpo era rimasto incompleto. Madara, invece, pur mantenendo un'estrema dolcezza, in quel moneto sembrò perdere il senno per qualche istante, rovesciò gli occhi fino a mostrare solo il bianco per poi accasciarsi spompato accanto al cugino. Obito poteva sentire il suo cuore martellare a diversi centimetri di distanza. Madara lo abbracciò baciandogli i capelli, si guardarono negli occhi finchè i loro respiri non si regolarizzarono di nuovo.

"Va bene, stasera uscirò con te" affermò Obito sorridendo amabilmente.

Il viso di Madara fu attraversato da una gioia infinita, sorrise anche lui baciandolo sulla fronte.

Obito espresse il desiderio di andare in un ristorante di sushi di quelli dove un piccolo nastro trasportatore serpeggia tra i tavoli con sopra dei piccoli piattini, ognuno di essi ha al suo interno solo un pezzo, massimo due e le persone possono servirsi da sole. In questo modo era sicuro di evitarsi l'imbarazzo di ordinare davanti al cameriere e pensava che fosse più gestibile magiare un solo pezzo per volta, sicuramente sarebbe stato più facile tenere il conto di quello che sarebbe finito nella sua bocca. Madara sapeva che avrebbe di nuovo dovuto percorrere quaranta chilometri all'andata e altrettanti al ritorno ma non aveva importanza, era vero che sarebbe arrivato in capo al mondo per fare contento il suo cugino sognatore. Si fece elegante ma rimanendo comunque un po' sportivo, aveva indossato una camicia nera di raso infilata nei jeans blu scuro, cintura nera di pelle con una grossa fibbia ovale, sneakers dello stesso materiale con il bordo bianco. Prima di uscire si coprì con un lungo cappotto grigio scuro. Obito si infilò una delle sue felpe oversize verde scuro, dei jeans così larghi da fargli arrivare il cavallo quasi a metà cosce e scarpe da ginnastica, fu ben lieto di completare il suo outfit con un bomber gigante e un foulard nero a tappargli il viso, quella era tutta roba che aveva scelto quella mattina e che Madara gli aveva regalato. Il grande avrebbe voluto dirgli di lasciarsi la faccia scoperta almeno quella sera, ma lasciò perdere sospirando, già sapeva che Obito gli aveva fatto una sorta di favore accettando di uscire a cena. Il giovane cercò di apparire normale disinibito per tutto il viaggio, nonostante sentisse l'ansia ingigantirsi dentro di se. Ora aveva lo stomaco vuoto, sentiva la fame da giorni ormai ma era riuscito a trasformarla in gioia e non voleva perderla.

Un pezzo per volta, lentamente, devo fermarmi appena avverto la mia gioia sparire, e niente alcol per non perdere il controllo.

Il locale era un po' in penombra rischiarato da luci soffuse rosse, musica rilassante e a basso volume creava l'atmosfera. Diverse persone stavano mangiando ma parlavano tutti piano. Obito notò che Madara lo aveva accontentato in tutto era davvero uno di quei ristoranti con il nastro che gira. Questo, a dire la verità era piuttosto lungo, passava prima da un bancone al quale le persone stavano sedute una di fianco all'altra, per poi fare una curva e attraversare dei tavoli sia singoli che due a due. Obito aveva espresso il desiderio di sedersi al bancone, ultimamente avere qualcuno che lo guardava negli occhi mentre mangiava lo metteva in imbarazzo, ma Madara lo prese per mano facendolo accomodare in un tavolo da due, uno di fronte all'altro, gli sorrise. Le narici di Obito si dilatarono immediatamente quando i pezzi di sushi iniziarono a passargli davanti, Madara parlava di qualcosa ma lui non riusciva a registrare niente, troppo impegnato ad autocontrollarsi, negare gli istinti più arcaici del corpo richiedeva una forza sovrumana. Si mise in bocca il primo pezzo facendolo scivolare sotto il foulard nero, delizioso, divino! Si era imposto di mangiare lentamente ma non ci riuscì, ebbe l'impressione che il suo corpo avesse risucchiato quel boccone come un aspirapolvere per poi farlo svanire nel suo stomaco ruggente. Non era cambiato niente, non avvertiva nel corpo ciò che aveva mandato giù, l'unico effetto sortito era quello di avere risvegliato la fame, pensò di potersene permettere un altro, si sciolse dentro di lui anche questo come in buco nero. La sua gioia era ancora là anche dopo il terzo e il quarto pezzo, Madara gli sorrideva e lui era contento, non era stato piacevole vederlo piangere. Non riusciva a mangiare lentamente e a un certo punto smise di contare quante cose si era infilato in bocca. Si toccò lo stomaco con una mano sentendolo teso. Scivolò nel panico.

Ho fallito, non sarò mai trasparente, la mia vita non finirà, il mio corpo mi sta obbligando ad accettarlo e a farlo vivere, no, non posso accettarlo, chi è Obito? Non questo, non sono io.

Si guardava freneticamente intorno cercando di escogitare qualcosa, Madara mangiava e sorrideva tenendo le bacchette con le sue mani eleganti, ne allungò una per accarezzare la sua appoggiata sul tavolo come un pezzo di carne senza vita. Si sentiva uscire da quel corpo orrendo non percependolo come suo.

"Scusa, vado un attimo in bagno" udì la sua voce come se provenisse da chilometri di distanza.

Sì, sono veloce a farmi venire le idee.

Madara annuì dicendo qualcosa che le orecchie di Obito non registrarono, gli sembrava di non toccare il pavimento mentre si dirigeva verso il bagno, le mani di una persona che non conosceva abbassarono la maniglia della porta. Si rinchiuse nel box percependo la luce come il riverbero della neve, abbagliante, distorta. Il medio e l'indice della sua mano destra, quella martoriata dall'incidente, toccarono l'attaccatura della sua lingua, la nocca fu escoriata dall'ultimo dei molari superiori.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro