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Non era questo ciò che avevo in mente


...mai smetterai canterai
Perderai la voce
Andrai, piangerai, ballerai
Scoppierà il colore
Scorderai il dolore
Cambierai il tuo nome...



Obito fu svegliato da un pungente odore di caffè, aprì gli occhi facendo un po' di sforzo dal momento che si sentiva le ciglia appiccicate, la sua mente era vuota come un guscio di noce rotto.

Perchè non ci vedo dall'occhio destro?

Si trovava in una stanza che non conosceva in un letto matrimoniale, completamente nudo sotto alle coperte, alla sinistra una cassettiera di legno scuro sovrastata da uno specchio, sulla stessa parete una stretta finestra dalle persiane accostate, in fondo un armadio dello stesso materiale dell'altro mobile.

Ma certo, io ieri mi sono specchiato in quelle ante...Madara...

Fu schiacciato dalla consapevolezza, la gabbia che teneva a bada il mostro era fragile e lui ora l'aveva lacerata per balzare di nuovo fuori, furente per essere stato fatto tacere contro la sua volontà. Obito si alzò a sedere, osservò il suo braccio destro devastato dalle cicatrici quasi rimarginate del tutto, si guardò intorno cercando qualcosa da mettersi addosso. Si alzò dal letto rabbrividendo di freddo per avvicinarsi alla cassettiera, ne estrasse un paio di boxer e dei calzini indossandoli si accorse che gli andavano larghi. Alzò lo sguardo verso la sua immagine riflessa nello specchio, nella penombra sembrava un poco più accettabile, sulla sinistra vedeva ancora il vero se stesso anche se la sua pelle olivastra ora aveva assunto un colorito decisamente malsano. Madara era riuscito a rimettergli l'occhio destro dentro l'orbita ma non serviva più a niente, non si muoveva neanche. Aprì il secondo cassetto del mobile scoprendo che conteneva dei foulard di diversi colori, Obito si domandò cosa se ne facesse suo cugino, gli venne un'idea, ne prese uno di colore azzurro scuro e si nascose la metà della faccia compromessa legandoselo dietro alla testa. Dall'esterno non si vedeva più niente ma il mostro che aveva dentro non si faceva ingannare tanto facilmente continuando a gridargli contro. Si diresse verso l'armadio, prelevò un maglione blu notte a coste, lo scelse di proposito perchè coordinato al foulard, e un paio di jeans che indossò nonostante non fossero della sua misura. Uscendo dalla porta si ritrovò a passare dietro l'armadio che divideva in due la stanza dove si era svegliato il giorno prima, la sua intuizione era stata giusta, la vera porta era lì sulla destra, l'attraversò trovandosi su uno stretto pianerottolo. Alla sua destra la ripida scala lungo la quale aveva sentito scomparire i passi di Madara la sera precedente per poi tornare da lui con il vino e quella pillola che aveva azzerato completamente il dolore, alla sinistra una porta che, da quello che ricordava nei suoi ricordi frantumati, era quella del bagno. Iniziò a scendere piano le scale di cotto rosso facendo scorrere le mani sul fino corrimano di ferro verniciato di nero, cercava di non produrre suoni ma quel tunnel faceva rimbombare tutto amplificandolo tantissimo. Sentiva dei rumori da basso, Madara doveva essere in cucina, continuando a scendere ripensò al rapporto che avevano avuto la sera prima, anche se erano entrambi completamente alterati, rammentava tutto alla perfezione, era stato bellissimo, Madara lo era, essere travolti da quel vortice di passione era stata la cosa più naturale del mondo, il ricordo del profumo dei capelli del cugino fece gonfiare un poco il suo sesso.

No, non è il momento!

Terminati i gradini, si trovò di fronte uno spesso portone di legno che doveva essere l'ingresso, sulla parete di sinistra era appeso uno specchio. Sotto un piccolo mobiletto dove era appoggiato il cellulare di Madara in carica, anche quando staccava il filo lo lasciava comunque lì tutto il giorno.

Dannazione, ma perchè ci sono specchi ovunque?

Si sforzò di non farci caso, spinse invece la porta socchiusa alla sua destra entrando nella cucina, Obito non aveva mai visto una stanza più modesta di quella in vita sua. Sulla parete a sinistra frigorifero e lavatrice accoppiati insieme, dietro di essi ancora una di quelle strettissime finestre, questa però aveva le persiane completamente spalancate. Il lavello di ceramica e i fornelli sulla parete di fronte a lui, alla sua destra mobili e pensili di truciolato bianco con le rifiniture marroni, un arco a tutto sesto con la volta in mattoni permetteva di passare in una stanza adiacente, probabilmente il salotto.

Che razza di casa, senza corridoi!

Sull'angolo in fondo una stufa a legna marrone scuro e lucida, davanti alla quale era posizionato un dondolo bianco pieno di cuscini celeste chiaro, ora era spenta. Madara era seduto al tavolo al centro della stanza, evidentemente stava facendo colazione, davanti aveva un cappuccino e un vassoietto di piccoli pasticcini, il tutto posizionato su una tovaglietta rettangolare verde acqua. Sorrise dolcemente vedendolo entrare.

"Buongiorno, Obito, siediti pure" Madara si alzò prelevando da un cassetto una tovaglietta identica alla sua, gliela mise davanti.

"Serviti pure quello che vuoi, che prendi da bere?" il cugino maggiore era di una gentilezza disarmante.

"Va benissimo del tè, ti ringrazio" Obito afferrò un piccolo pasticcino alle fragole, infilandoselo in bocca passando le dita sotto il foulard. Osservò Madara mettere dell'acqua dal rubinetto in un bollitore per metterla sul fuoco.

Il maggiore si mise di nuovo seduto, la scollatura a V di un maglione verde scuro metteva in evidenza il collo candido, elegante ma robusto allo stesso tempo.

"I miei vestisti ti stanno decisamente larghi, la neve si sta sciogliendo, appena ci potremo muovere ti accompagno a comprare qualcosa che ti vada bene, erano anni che non capitava una stagione come questa" Madara guardò un attimo fuori dalla finestra.

Il più giovane notò che non fece il minimo riferimento al foulard che gli copriva mezza faccia.

"Quale era la cosa per cui mi eri venuto a cercare, Obito? Mi sto iniziando a preoccupare, sei stato tu stesso a dirmi che si trattava di qualcosa di urgente" Madara sorseggiò il suo cappuccino.

Obito sentì una voragine di vuoto aprirsi nella sua mente, si concentrò sul movimento che fece il bellissimo collo del cugino deglutendo, cercando di scavare nei ricordi.

"Io... non riesco a farmi venire in mente niente" l'unico occhio scoperto di Obito aveva preso un'espressione terrorizzata. Madara intanto si era alzato per servirgli il tè.

"Non ti ricordi nemmeno dove abiti? Hai una famiglia?"

Obito aggrottò il sopracciglio sano, sì qualcosa c'era, qualcuno, ma ora stava annegando nel buio dentro la sua testa, risucchiato da un vortice a cui non poteva sottrarsi. Si ricordava di loro due da bambini, della rimessa del trattore, gli erano tornati in mente l'ammirazione e il desiderio nei confronti del cugino più grande, ma da lì in poi era tutto sfumato in niente.

"Non ti devi preoccupare, la memoria ti tornerà senz'altro" Madara gli sorrise dolcemente.

Anche se fosse non potrei mai più farmi vedere da nessuno ridotto in questo stato, sarebbe una tortura continua per una famiglia guardarmi. Nessuno potrà più volermi bene e desiderare il mio corpo, nemmeno tu, Madara, il giorno in cui smetterò di farti pena. È facile essere amati quando si è belli come te, ma io...preferisco scivolare via dalla faccia della Terra, silenzioso, senza dare fastidio a nessuno, voglio essere acqua, e come lei trasparente...

Si concentrò sul gusto residuo che gli aveva lasciato il pasticcino pensando al binomio che il cibo è vita, si magia per vivere, ma lui la vita non la voleva più, quel mostro che aveva dentro gliela stava strappando un pezzo alla volta, non avrebbe potuto sopportare un dolore di tale intensità ancora per molto e non vedeva via d'uscita, né subito né nel prossimo futuro. Eppure esisteva il modo di farlo tacere, ne aveva avuto le prove la sera precedente, se avesse esternato il suo dolore Madara gli avrebbe sicuramente concesso altre pillole miracolose, o magari avrebbe convinto il suo dottore a fare una prescrizione anche per lui. Doveva continuare a fargli pena, quella era l'unica soluzione per tenere vivo il suo amore nei suoi confronti.

Io un futuro non ce l'ho, si perde nelle tenebre.

Bevve il suo tè verde senza aggiungere zucchero, non ci era abituato e in quel modo non gli piaceva per niente, probabilmente aveva fatto una smorfia di disgusto perchè vide Madara avvicinargli la zuccheriera. Non la prese.

Obito si sentì di colpo completamente cambiato dentro, ribaltato come un calzino, al punto che gli sembrava di vedere persino i colori alterati.

Più mi muovo più renderò il processo veloce.

Madara trascorse una delle giornate più felici della sua vita, Obito lo aiutava nelle faccende di casa ed era anche svelto, aveva espresso il desiderio di vedere la sua cantina dichiarando un sincero apprezzamento per il suo vino, lo aveva accontentato. Subito dopo aveva voluto che lo portasse fare una passeggiata per la sua tenuta, Madara faticava a stargli dietro tanto camminava veloce. La neve aveva iniziato a sciogliersi, il maggiore lo portò anche nel bosco ma evitò di condurlo nel punto in cui si trovavano i resti della sua macchina, temeva che la sua vista glia avrebbe procurato un dolore tale da annientarlo completamente, era consapevole quanto già dovesse essere dura accettare di non avere più un viso, aveva visto e toccato la sua fragilità. Per il momento aveva lasciato anche perdere commenti sulla sua decisione di tapparsi la faccia, sapeva che per lui non era facile accettare la sua nuova vita e che le cose andavano affrontate gradualmente. A pranzo lo aveva aiutato a cucinare ma poi non aveva mangiato niente dicendo di avere mal di stomaco, si era però scolato due bicchieri di vino e questo risultava abbastanza strano, Madara cercò di dissuaderlo dicendo che così facendo il dolore poteva solo peggiorare ma l'altro lo aveva pregato di stare tranquillo. La stessa cosa era successa a cena. Avevano deciso di trascorrere la serata guardando un film in salotto sul piccolo divano arancione smorto che bastava a malapena per entrambi. Obito aveva prelevato una bottiglia di vino dal frigo e due bicchieri, si era seduto passandone uno al cugino.

Madara lo osservò mentre l'altro glielo riempiva: "Sei sicuro di stare bene?"

"Tu cosa ne pensi? È una domanda che nemmeno avrebbe dovuto affacciarsi nel tuo cervello" Obito si svuotò d'un fiato il bicchiere riempiendolo di nuovo.

"Non hai mangiato niente tutto il giorno" il viso di Madara era afflitto, non riusciva nemmeno a bere e rimaneva lì col bicchiere in mano.

"Il dolore mi fa come l'effetto di un palloncino dentro allo stomaco, si prende lui tutto lo spazio e non riesce ad entrarci niente altro" non era vero, la fame la sentiva ma si sforzava di ignorarla.

"Posso comprendere" Madara sospirò sorseggiando dal suo bicchiere.

"Invece non hai capito un bel niente, tu sai come farlo sparire, ero così felice che tu avessi finalmente colto il discorso che ti feci quella domenica di tanti anni fa, e invece..."

"Obito, quella roba che ti ho dato ieri sera non è un giocattolo, si usa solo in momenti di emergenza ma poi bisogna ragionare con la testa" Madara si sforzava di fare finta di niente ma i suoi occhi neri erano lucidi.

Si spostò sul divano avvicinandosi a Obito mentre lo guardava fisso negli occhi, i loro corpi aderirono, gli tolse il calice di mano posando anche il suo sul pavimento, Obito si irrigidì quando gli sciolse il foulard che gli nascondeva la faccia. Madara avvicinò il viso al suo, mancavano pochi millimetri a farli toccare, aveva piantato gli occhi nei suoi e non aveva intenzione di toglierli, Obito avvertiva il suo respiro sulle labbra accorgendosi di quando fosse accelerato.

"Il mostro va affrontato, combattuto e sconfitto, se ti limiti a chiuderlo ogni volta in una gabbia che dura poche ore lui tornerà sempre fuori più rabbioso di prima fino a che arriverà il giorno in cui la prigione non funzionerà più, allora il dolore finirà per sopraffarti senza rimedio, io il mio cerco di combatterlo ogni giorno, è davvero raro che ricorra a certi espedienti"

Mentre spiegava, Madara aveva messo a nudo il petto dell'altro senza scollargli lo sguardo di dosso, fece lo stesso con se stesso, al piano inferiore della casa si era diffuso il calore della stufa a legna, anche se, abbandonata a se stessa, crepitava sempre più piano. Alla vista di quel bellissimo corpo Obito sentì la sua erezione farsi strada, era strano, aveva sempre pensato che non nutrirsi rendesse stanchi ma si sentiva iperattivo come non lo era mai stato in vita sua. Madara gli venne in soccorso sfilandogli pantaloni e intimo liberando il suo sesso eccitato dalla stretta, staccò un attimo gli occhi dal suo viso solo per godere dell'immagine delle sue gambe affusolate e toniche, le accarezzò, piano, fece lo stesso con i fianchi ma gli occhi neri tornarono a fissarlo. Il maggiore si sedette sull'erezione dell'altro facendolo gemere, prese il viso sfatto dalle cicatrici tra le mani iniziando a baciarlo.

"Obito, quello che attrae le persone non è l'aspetto esteriore, ma quello che hai dentro, guarda me, è una vita che sono solo perchè non piaccio a nessuno pur avendo un aspetto gradevole, tu, invece, mi piaci ora come allora, i sentimenti non cambiano perchè cambia il viso"

Aveva spiegato tutto guardandolo di nuovo intensamente prima di ricominciare a baciarlo.

Parli bene tu!

Madara si staccò dal bacio giusto il tempo di spogliarsi completamente, tornò a sedersi sull'altro facendo aderire forte i corpi. Obito lo sentiva tremare, lui ansimava soffocato da quel bacio morbido ma appassionato, la cascata dei capelli neri del cugino gli sommergeva la testa, avevano un vago profumo di frutti

"Dimentica il dolore, non lasciarlo parlare, non permettergli di distruggere la tua vita, devi essere felice in barba al mostro, solo così andrà via con la coda tra le gambe"

Io non lo accetto, non posso farlo, il dolore non lo voglio sentire più a partire da subito!

Con un impercettibile ma inaspettato movimento, Madara si era seduto sul pene teso dell'altro autopenetrandosi, Obito si era sentito come sprofondare nel velluto caldo, questo gli fece sgranare gli occhi mentre emetteva un rumoroso sospiro. Il maggiore iniziò a muoversi strofinandosi sugli addominali tonici di Obito, gli accarezzava i capelli corti e neri simili ai suoi senza staccare i suoi occhi da lui e emettendo dei sospiri profondi e tremanti. Il giovane rovesciò la testa indietro mugolando, quella di Madara ondeggiava mollemente. Obito si sentì afferrare le natiche mentre l'altro lo costringeva a entrare sempre più in profondità nel suo corpo, la pressione delle natiche sode dell'altro lo sprofondava nei cuscini. La fame era momentaneamente dimenticata sostituita dalle fiamme che ora lo avvolgevano completamente.

"Anche quando riacquisterai la memoria io sarò qui a renderti felice, ogni persona che conoscerai lo farà per te se tu le aprirai il tuo cuore"

Sei serio, Madara? Oppure farai presto a trovarti di meglio?

Obito decise che, qualunque cosa ci fosse stata nel suo tenebroso futuro, tanto valeva che ora si godesse il momento, cinse la vita scolpita del cugino con le braccia stringendo forte e venne dentro a quel corpo perfetto, sentì l'altro tendere i muscoli e inarcare la schiena prima che facesse lo stesso bagnandogli la pancia. Madara appoggiò la fronte sudata sulla sua, rimasero fermi un poco ansimandosi in faccia a vicenda.

Prima di scendere dalle sue gambe, Madara volle dirgli ancora qualcosa: "Ti prenderò per mano accompagnandoti ovunque vorrai, sarò al tuo fianco mentre combatterai, io l'ho fatto prima di te e so cosa vuol dire"

Si rivestirono rimanendo ancora un po' rilassati sul divano, finirono di svuotare la bottiglia di Vermentino facendo un brindisi, Madara sorrideva amabilmente, il fatto che Obito avesse lo stomaco vuoto da più di un giorno gli faceva avvertire l'effetto dell'alcol amplificato, almeno questo gli dava l'impressione che il dolore urlasse un po' più piano. Madara sentiva gli occhi chiudersi, Obito aveva sperato fino all'ultimo che gli rifilasse una delle pillole rosa della sera prima, ma invece lo prese per mano accompagnandolo su per la scalinata rossa e poi nella sua stanza. Si coricarono insieme nel letto matrimoniale, Obito non aveva nessuna voglia di dormire, si sentiva attivo come non lo era mai stato in vita sua, aveva l'impressione di essere attraversato da delle scariche elettriche, non riusciva a stare fermo rigirandosi di continuo. Madara era crollato addormentato come un sasso senza più muoversi fino a che la luce del sole non iniziò a filtrare timida dalla finestra, Obito si mise a guardarlo, era disteso sulla schiena, scoperto fino alla vita, indossava una vestaglia bianca la cui cintura era talmente lenta da lasciarli la pelle a nudo fino allo stomaco, la mano destra posata sul petto. Il viso, mezzo sommerso dai capelli, era casualmente rivolto nella sua direzione, respirava piano dalla bocca leggermente aperta. Obito, agendo d'istinto, gli tirò su la coperta lasciando poi la mano posata sul suo corpo a massaggiarlo piano con le dita ripensando a tutte le parole che gli aveva rivolto la sera prima mentre facevano l'amore. Era chiara la volontà che aveva il maggiore di aiutarlo ad accettare la sua condizione per farlo tornare a vivere, che lui trovava attraente il suo cuore e la sua anima prima del corpo, era per quello che lo aveva guardato negli occhi praticamente tutto il tempo, ma lui non voleva. In fin dei conti era stato sempre un bell'uomo, almeno fino a un mese prima, non era giusto che ora avrebbe dovuto accettare quel corpo martoriato, quello non era lui, non si riconosceva, guardandosi allo specchio vedeva uno sconosciuto.

Se sarò allegro e felice, se accetterò tutto continuando a divertirmi, le persone non sapranno mai quanto soffro, per essere visibile agli altri dovrò diventare trasparente.

La memoria non voleva saperne di tornare, eppure c'era qualcosa sepolto là sotto, erano occhi, risate squillanti, ma non riusciva a capire a chi appartenessero, non poteva neanche domandare a Madara, si erano persi di vista dopo quel giorno nella rimessa senza sapere più niente l'uno dell'altro. Eppure qualcuno gli aveva ordinato di cercarlo per dirgli qualcosa di importante, nemmeno questo riusciva a ricordare. Madara sospirò aprendo gli occhi neri.

"Buongiorno" lo salutò Obito con un sorriso.

Sorrise anche l'altro, poi lo baciò.

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