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La forza del tuo sorriso


...e i pensieri passano
Come eclissi resti qui
Io resto qui
E danzeremo come i brividi
Mentre la vita suonerà
Con le dita tra le vene...



Obito si congratulava con se stesso per aver trovato la soluzione a ben due cose contemporaneamente, potava continuare Operazione trasparenza evitando di far soffrire Madara. Quella sorta di bacchetta magica che si era ritrovato improvvisamente tra le mani sarebbe servita soltanto per pochi giorni trascorsi i quali sarebbe arrivata la squadra degli addetti alla potatura. Obito aveva già tutto ben chiaro nella testa su cosa fare, nell'orario di lavoro sarebbe stato lì a dare loro una mano utilizzando il tutto come una ulteriore occasione di bruciare calorie, nella pausa pranzo sarebbe andato a passeggiare nel bosco dicendo agli operai che sarebbe andato a mangiare a casa, mentre avrebbe detto a Madara che si sarebbe fermato a pranzare con loro per evitare di fare avanti e indietro a piedi. Per la cena poteva ancora avvalersi della sua bacchetta magica, non era necessario andare a chiudersi in bagno con il rischio che Madara gli stasse alle costole, poteva anche uscire fuori con la scusa di una passeggiata serale visto che abitavano in aperta campagna.

Non mi ero mai accorto di essere così sveglio!

I giorni trascorsero sereni, Madara sembrava essersi tranquillizzato vedendo Obito mangiare normalmente, cucinavano insieme, scherzavano, la memoria ancora non gli era tornata ma sentiva che sarebbe successo presto, avvertiva i i ricordi spingere su una porta serrata ma che avrebbe ceduto presto. La sera si coccolavano sul divano guardando film, al massimo bevevano qualche bicchiere di vino ma senza ricorrere più a nessuna pillola. Obito le avrebbe invece desiderate, si sentiva un poco meglio ora che Operazione trasparenza poteva continuare indisturbata ma il mostro era sempre lì che strepitava. Non era più successo che restasse in casa da solo o che Madara facesse qualche lunga telefonata per andare a frugare nella credenza di soppiatto. Aveva provato ad alzarsi un paio di volte di notte ma il maggiore si era puntualmente svegliato ora che anche lui aveva diminuito i bicchieri di vino, così aveva dovuto inventarsi la scusa di dover andare in bagno e tornare a letto subito dopo. A quel punto l'altro lo imprigionava in un abbraccio che non gli lasciava scampo, si addormentava di nuovo tenendolo stretto fino alla mattina.

Lunedì la squadra di potatori era giunta puntuale alle otto per iniziare i lavori, la neve era ormai scomparsa completamente. Madara doveva sbrigare alcune commissioni per questo aveva incaricato il cugino di accogliere lui gli operai. Obito aveva sperato fino all'ultimo momento che il grande uscisse prima di lui per infilare le mani nella credenza ma quando aveva visto dalla finestra del salotto il furgoncino bianco fermarsi in prossimità dell'oliveto, Madara era ancora nella stanzetta d'ingresso che si stava infilando il cappotto.

"Se vuoi ti do uno strappo" disse al più giovane.

"Lascia stare, da qui a lì posso anche andare a piedi"

"Allora buona giornata, se ritieni che il lavoro sia troppo faticoso puoi anche rientrare" Madara gli sorrise.

Obito uscì sbuffando sotto il foulard nero facendo uno sforzo immane per non sbattere la porta, per l'ennesima volta avrebbe dovuto scendere nell'arena per combattere con quel mostro a mani nude. Si avviò a passo svelto per la strada in modo da non farsi raggiungere dalla Jeep Wrangler di Madara che sarebbe transitata di lì a poco. Aveva indossato una tuta blu da lavoro di Madara che ovviamente gli stava grande, da qualche giorno non si sentiva più iperattivo come all'inizio di Operazione trasparenza avvertiva spesso la testa girare e le gambe pesanti come pietre, a volte Madara gli parlava e lui si stupiva di non capire il significato di alcune parole basilari. La sera prima, mentre stavano a guardare un film sul divano, il cugino gli aveva chiesto: "Mi passeresti il telecomando per favore?"

Obito era rimasto per mezzo minuto buono a chiedersi cosa significasse telecomando sentendo la testa totalmente vuota. Ma non gli bastava, non era ancora trasparente.

Si fermò davanti al furgoncino bianco del potatori, erano quattro persone, avevano iniziato a scaricare i loro attrezzi: piccole motoseghe telescopiche, seghetti a mano, forbici e scale di alluminio. Uno dei quattro, un omaccione enorme e muscoloso alto oltre due metri con i capelli neri a spazzola e la faccia rude e squadrata, aveva tirato giù dal mezzo l'oggetto più pesante come se non fosse niente: un piccolo generatore dal momento che le motoseghe erano elettriche. Indossavano tutti la stessa tuta nera intera con la scritta N.U. & Company in bianco sulla schiena, che poi era la stessa sigla che stava sulle fiancate del furgone. Uno dei quattro, un biondo con i capelli corti, occhi grandi e turchesi, e il viso sorridente gli si avvicinò, era evidentemente il caposquadra: "Buongiorno, siamo qui per conto del signor Madara per iniziare i lavori di potatura, io mi chiamo Naruto Uzumaki, questo è il mio socio Sasuke, suo fratello Itachi che fa un po' da segretario alla ditta, e quel gigante laggiù è Kisame, non farci caso è un po' burbero."

Naruto sorrise ancora di più facendo brillare gli occhi di un azzurro intenso. Obito fece scorrere l'unico occhio scoperto da un viso all'altro dei quattro potatori, prima di dire: "Sono io Madara, possiamo iniziare subito, purtroppo ho messo poche volte le mani io stesso direttamente sulle piante, ma posso darvi comunque una mano"

Chi è Obito? Io non lo conosco più, quest'uomo non può chiamarsi Obito, non è lui.

Il moro con i capelli lunghi e raccolti in una coda che Naruto aveva presentato come Itachi, lo squadrò con uno sguardo indagatore, solo un per un momento prima di procedere a posizionare una scala di alluminio addosso alla prima pianta, fissarla con una corda e salirci sopra armato di seghetto e forbici. Kisame cercò di accendere il piccolo gruppo elettrogeno servendosi di una corda a strappo, la prima volta il motore non volle svegliarsi dal suo sonno, imprecò dando uno strattone ancora più forte, il motore comprese che forse era meglio avviarsi all'istante, rovesciò una tanica di gasolio nel serbatoio e poi lo fece ruggire affondando il gas.

Come sono belli, persino il colosso è più gradevole di me, quel Sasuke, poi, sembra finto, facile per voi la vita è ovvio che tutti vi ameranno facilmente.

Naruto e Sasuke collegarono le loro piccole motoseghe telescopiche al generatore con dei cavi arancioni, il biondo caposquadra assegnò al Madara fittizio un compito facile: tagliare con le forbici tutti i ributti sottili che le piante creavano lungo il tronco.

"Quando inizierà ad essere troppo alto c'è una scala anche per te, mi raccomando fissala bene" Naruto gliela fece vedere indicandola.

Anche Kisame salì sopra una scala, le motoseghe partirono, essendo elettriche facevano meno rumore di quelle classiche, solo un sibilo acuto unito alle vibrazioni delle lame che corrodevano il legno. Obito iniziò a tagliare i rametti che gli aveva indicato Naruto con le forbici, andava lentamente, si sentiva debole, la testa gli girava e anche alzare un braccio gli pareva un compito gravoso all'inverosimile. Il suono delle motoseghe gli sembrava distorto e aveva l'impressione che rimbombasse all'interno di un hangar sconfinato, la segatura gli ricopriva i capelli e il foulard nero che aveva in faccia, avvertiva il suo odore e il prurito sulla pelle, si sentiva uscire dal corpo, percepiva le mani come se fossero fantasmi, come se fossero trasparenti.

Allora inizia così, dalle mani? È ingannevole però, i primi giorni ti fa sentire bene e iperattivo, poi... la trasparenza arriva piano facendoti soffrire.

Vedeva lo sguardo di Naruto scrutarlo quasi con rimprovero, forse taceva per il solo fatto che aveva voluto presentarsi come Madara.

I quattro erano veloci come schegge e terminarono la pianta in men che non si dica prima di passare a quella successiva, Obito non aveva fatto in tempo ad afferrare la scala per passare ai ributti più alti, gli vennero in soccorso Itachi e Kisame i quali non erano mai scesi dalle rispettive scale, tagliando loro i rametti sulla cima, glieli fecero cadere in testa senza la minima attenzione. La squadra andò avanti inesorabile fino all'ora di pranzo, ogni tanto prendeva Kisame la motosega per dare il cambio a Sasuke o a Naruto, ma Obito aveva notato che i suoi tagli non erano altrettanto precisi. Il finto Madara li seguì arrancando nella sua debolezza fino alla pausa. Erano giunti all'ultimo olivo del filare degli adulti, nel pomeriggio avrebbero ripreso da quelli giovani.

"Ehi, stacanovista, scendi che ora si mangia" gridò Kisame a Itachi che stava ancora in cima alla scala.

"Ormai la pianta l'ho iniziata, non mi piace lasciare le cose a metà"

Il gigante non sentì scuse, lo afferrò mettendoselo sulle spalle per costringerlo a desistere, quando aveva fame si trasformava in un treno in corsa, Obito intuì che forse c'era una certa intesa tra i due.

"Madara, ti fermi a mangiare con noi?" la voce di Naruto dietro di lui.

"Oh no, ti ringrazio, preferisco tornare a casa" Obito salutò lui e gli altri che si erano seduti sull'erba con delle borse frigo. Mentre si avviava verso il bosco la sua mente annebbiata realizzò di non avere ancora visto la Jeep di Madara transitare per rientrare. Accelerò il passo, l'immagine di quello sportello della cucina gli si era disegnata davanti agli occhi. Aveva fatto un po' di strada quando sentì un lieve rumore alle sue spalle, si voltò trovandosi davanti il moro con i capelli lunghi.

"Scusa, ma non si può nemmeno fare pipì in santa pace con quei ragazzi" Itachi sorrise "perchè stai facendo il percorso più lungo per tornare a casa?"

"Mi piace camminare nel bosco" Obito era comunque stupito, nessuno gli aveva chiesto niente a proposito del foulard sul viso.

"Madara, non riesco a capire per quale motivo quando ci siamo sentiti al telefono pochi giorni fa la tua voce mi sembrava molto diversa, me lo chiedo da questa mattina"

"Avevo parlato con te?" Obito si sforzava di essere più naturale possibile.

"Sono io che organizzo i vari incarichi alla ditta, come mi definisce Naruto, sono una sorta di segretario" il moro rise apparendo ancora più bello agli occhi di Obito.

"Itachi, gusto? In effetti... avevo un po' di raffreddore qualche giorno fa"

Il moro piegò la testa di lato con un'espressione poco convinta, poi sorrise comprensivo: "Se ritieni che il lavoro sia troppo faticoso non è necessario che tu venga dopo, io ora devo tornare prima che mio fratello inizi a dare fuori di matto chiedendosi dove io sia finito, contagerà inevitabilmente anche Kisame con il risultato finale che Naruto chiamerà la polizia credendomi rapito da qualche marziano, e... mangia qualcosa mi raccomando"

Itachi lo salutò con una mano tornando da dove era venuto.

Accidenti, quell'uomo è moto perspicace!

Ricominciò la sua corsa verso lo sportello della credenza, si sentiva come in uno di quei sogni dove più ti affanni per raggiungere un oggetto che desideri più esso si allontana come se lo sfondo stesso subisse una sorta di distorsione. Era quasi giunto davanti alla porta, aveva l'impressione di sentir sprofondare i piedi in una gomma da masticare gigante ad ogni passo. Madara non era ancora arrivato ma sarebbe potuto rientrare a momenti. Si fermò ansimante davanti al bramato sportello, lo aprì, il cuore gli sprofondò nello stomaco, la scatolina bianca non c'era più.

Come ha fatto ad accorgersene, ne ho presa solo una!

L'intensa sensazione di sconfitta e di rabbia fecero tremare il suo autocontrollo come in preda a delle scosse telluriche, le sue mani si diressero verso una scatola di brioches come se fossero scollegate dal cervello e vivessero di vita propria.

Come farò a guardarlo di nuovo in faccia?

Senza che se ne fosse quasi accorto, si era ritrovato in mano una brioche al coccolato già privata dell'incarto, ne staccò un morso che sparì ne suo corpo affamato come se fosse stato disintegrato da un' esplosione. Si ficcò in bocca anche il resto ma qualcosa lo fece bloccare lasciandolo immobile come una statua.

Avevo appena iniziato a diventare trasparente, non posso rovinare tutto adesso.

Afferrò un foglio di carta da cucina in cui su liberò di quello che aveva in bocca facendo sparire tutto nel cestino nascosto meticolosamente. Afferrò una bottiglia di vino affrettandosi ad uscire, doveva assolutamente evitare di incontrare Madara. Era indeciso se tornare o meno a potare con gli altri ma decise di andarsene nel bosco a scolarsi il vino in santa pace, non gli piaceva avere gli occhi azzurri del caposquadra puntati addosso e poi quell'Itachi era troppo invadente, avrebbe dovuto imparare a farsi i fatti suoi qualche volta. Cosa volevano saperne loro del suo malessere? La vita è facile quando si ha un aspetto gradevole a prescindere dal lavoro che si fa. Camminava sorseggiando il vino di tanto in tanto e chiedendosi da quanto tempo Madara avesse scoperto il suo furto di Xanax, probabilmente l'ultima volta che avevano fatto l'amore già lo sapeva, era per quello che ci aveva tenuto così tanto a fargli capire che il dolore non può morire in un attimo. Prese la decisione di fare finta di niente e nascondere quella storia sotto il tappeto, era la cosa migliore. Le motoseghe e il gruppo elettrogeno erano ripartiti, l'effetto del vino iniziava a farsi sentire.

Sono stato un fastidio anche per loro, ecco perchè è fondamentale che io diventi trasparente.

La bottiglia era ormai vuota, la abbandonò per terra. Il suo sguardo stravolto dall'alcol fu catturato da qualcosa di luccicante, Obito decise di avvicinarsi per capire di cosa si trattasse, se per caso a Itachi era saltato in mente di seguirlo di nuovo stavolta lo avrebbe sentito. Udì Naruto gridare qualcosa in lontananza per sovrastare il rumore delle attrezzature, qualcuno gli rispose con un tono talmente basso da essere quasi impercettibile, probabilmente Sasuke, quello più silenzioso di tutti. Obito scorse qualcosa di rosso, non era una persona ma una massa accartocciata, un cumulo informe di lamiera. Si avvicinò deglutendo e avanzando lentamente, aveva l'impressione che se avesse fatto rumore quella carcassa si sarebbe potuta svegliare da un momento all'altro. Una macchina.

La mia macchina.

I ricordi lo investirono come un treno in corsa facendolo quasi svenire, rimase immobile e rigido come uno stoccafisso, un osservatore esterno avrebbe potuto crederlo in preda a un attacco epilettico. Era stata una Fiat 500, aveva ben chiaro il giorno in cui l'aveva scelta alla concessionaria.

"Amore, questa fa proprio al caso nostro, piccola e graziosa, risolverebbe tutte le difficoltà che ho sempre io con i parcheggi" una giovane donna lo teneva delicatamente per la mano, dopo aver pronunciato quella frase con una vocina sottile, si era voltata verso di lui sorridendo. Grandi occhi nocciola e lucenti, capelli lisci e castani tagliati a caschetto le incorniciavano il viso delicato, la fronte alta e scoperta, piccola e magra, una canottiera viola le copriva il seno ridotto, calzoncini corti di jeans, di sicuro dimostrava molto meno della sua reale età.

Rin!

Era sua moglie, un lampo del giorno delle nozze lo fece sobbalzare, Rin quasi scompariva nell'abito bianco che sembrava una nuvola, per l'occasione si era fatta dei bellissimi boccoli, sorrideva seduta al ristorante a capotavola con lui al suo fianco mentre tagliavano la torta mano nella mano tenendo insieme il manico di un grosso coltello, il flash insistente del fotografo gli faceva stringere gli occhi. Dalle ampie vetrate che costituivano le pareti della sala si vedeva un giardino ben curato, un prato smeraldo e cespugli di rose colorate. Gli inviati elegantissimi applaudivano, tra di loro uno assomigliava enormemente a Madara, stessi occhi neri ma era molto più basso e magro, il collo esile, il viso sottile. I capelli neri erano corti ma avevano dei ciuffi più lunghi, la frangetta gli ricadeva sulla fronte. Madara non c'era, evidentemente non erano riusciti a rintracciarlo.

Izuna, ci eravamo ritrovati da pochi mesi, quel giorno ci sentivamo entrambi dispiaciuti per l'assenza di Madara.

Obito era arrivato in prossimità di ciò che rimaneva della sua macchina, aveva posato le mani sulla lamiera del tetto, il lato del guidatore pareva essere stato tagliato e aperto alla stregua di una scatoletta di tonno. Si inginocchiò sul sedile introducendosi con fatica tra lo schienale e lo sterzo che era rientrato per l'urto, diversi oggetti erano sparsi alla rinfusa sui tappetini. Un cellulare, molto probabilmente il suo, Obito lo prese tra le mani notando che era frantumato, ormai non serviva più a niente. Una rivista riportante la data di un mese e mezzo prima, un pacchetto di sigarette mezzo vuoto, se lo mise in tasca intuendo al volo di essere un fumatore.

Ecco come mi aiutavo a gestire lo stress.

Un'agendina con appuntati diversi numeri telefonici, la scorse velocemente vedendo apparire tra i nomi anche Rin e Izuna, se la prese, l'avrebbe provata a chiamare appena arrivato a casa dal telefono di Madara. Qualcosa luccicava incastrato alla base del cambio, lo prese tra le dita, era la sua fede. La rigirò guardandola alla luce del sole che ormai si avviava al tramonto, il nome Rin era inciso all'interno, la infilò dove doveva stare, all'anulare sinistro. Si chiese per quale motivo Madara lo avesse voluto tenere lontano di proposito dai resti della sua macchina. I potatori si erano fermati facendo capire a Obito che quello era il momento più consono per tornare a casa.

"Come è andata?" gli chiese la voce di Madara dalla cucina non appena lo sentì entrare dal portone, stava già preparando la cena nell'aria c'era profumo di arrosto.

Obito aveva davanti il telefono del cugino posato nel solito posto, lo prese mettendoselo in tasca.

"Benissimo, imparo subito, mi piace come mestiere" si disgustava da solo per quanto era diventato abile con gli inganni ultimamente "ho dimenticato una cosa fuori, torno subito"

Si allontanò abbastanza dalla finestra della cucina per non farsi sentire parlare al telefono, in realtà non ci sarebbe stato motivo di agire di nascosto, non ci sarebbe stato niente di male a confessare a Madara che si era ricordato di sua moglie, ma ormai aveva preso quell'atteggiamento da quando aveva frugato la prima volta nella credenza prendendosi la pillola, detestava dare delle spiegazioni, semplicemente non aveva voglia di lottare neanche per le minime cose che rientravano nella normalità. Compose il numero di Rin, il telefono ci mise qualche secondo prima di agganciare la linea, d'altronde quello era un posto isolato. Circa cinque squilli prima che dall'altra parte rispondesse qualcuno.

"Pronto?" la stessa voce sottile che Obito aveva ricordato nel flash di quando aveva acquistato la macchina, solo un po' più triste, forse preoccupata.

"Pronto, sei Rin?"

Una pausa, a Obito parve di vederla sgranare gli occhi e stringere forte il telefono.

"Obito, sei tu?" la voce era un misto di agitazione e sorpresa, sotto si sentì una voce maschile concitata ma le parole risultarono incomprensibili.

"Oh, Rin..." non riusciva a dire niente, si era tolto il foulard dal viso per non bagnarlo di lacrime.

"Obito, ma cosa ti è successo? È più di un mese che non abbiamo tue notizie, abbiamo anche fatto una denuncia di scomparsa ma a quanto pare non l'hanno presa troppo sul serio, con le persone adulte funziona così. Hai trovato Madara, gli hai parlato?" le parole le uscivano come un fiume in piena.

Era stata lei, dunque a chiederli di cercarlo? Strano dal momento che non lo aveva mai conosciuto di persona.

"Un incidente mi ha fatto perdere la memoria, solo poco fa mi sono ricordato di te, non ho la più pallida idea del motivo per cui stavo cercando Madara"

"Dannazione, Obito, ma che tipo di incidente? Stai bene? Vengo immediatamente a prenderti!" la donna era fuori di se dall'agitazione, Obito stava per replicare che lui non conosceva l'indirizzo ma lei aveva già riagganciato, sarebbe partita immediatamente a quanto pare. Non aveva idea di quanto tempo avrebbe impiegato Rin per andarlo a prendere, in ogni modo era meglio sparire dalla vista di Madara da subito. Tornò verso casa lasciando il suo cellulare sul sedile passeggero della Jeep per poi scivolare fuori dal cancello di soppiatto per incamminarsi a piedi lungo la strada ormai completamente buia. Era consapevole che così facendo avrebbe fatto soffrire di nuovo il cugino anche più intensamente di come era successo in precedenza, ma quella almeno sarebbe stata l'ultima volta e poi finalmente Madara avrebbe potuto riprendere quella vita che lui gli aveva sconvolto, ultimamente faceva del male a chiunque entrasse in contatto con lui, sperava che almeno con Rin non fosse così. Era meglio scivolare via come acqua e come lei trasparente.

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