Tra sfigati ci s'intende - seconda parte
La cena prosegue liscia, senza Madara, e Obito scopre con piacere che, del suo fidanzamento – vero o finto che sia – non frega niente a nessuno.
Sasuke ha ripreso a parlare con Itachi e Shisui dei libri in uscita a gennaio, Mikoto e Fugaku sono troppo indaffarati per badare ad altro che non sia il timer del forno o la lavastoviglie piena, e il resto degli Uchiha riempie la stanza di chiacchiere e tintinnii di posate, mentre le luci degli addobbi nel salone riempiono l'atmosfera del giusto tenue bagliore, senza mai esagerare.
È un Natale sobrio come quelli d'infanzia che ricorda, e Obito pensa ancora che a Rin tutta quella raffinatezza sarebbe piaciuta molto, ma è contento di poterla condividere con Naruto, invece, dopo tutto quel tempo.
Nel silenzio ristoratore che si concede di mantenere, Obito lo osserva brillare di una luce tutta sua. Gli piace il modo in cui gli sorride con la bocca e con gli occhi; il modo in cui gli parla di film o serie tv, o di qualsiasi cosa gli venga in mente; il modo in cui dimostra di volerlo conoscere, a poco a poco, senza un perché.
Obito in testa ha una certezza disarmante: che la complicità che sente è pura e fresca come neve.
E quella, oh, gli piace più di tutto il resto.
Perciò, quando Mikoto annuncia lo scadere della mezzanotte e l'arrivo del Natale, non si stupisce dello sguardo istintivo che scambia con Naruto, né del sorriso che ne segue o della voglia di baciarlo.
Lui gli dice: «Buon Natale», e Obito si sporge per posare le labbra sulle sue, senza rifletterci.
Davanti a tutti.
E, no, non c'è proprio bisogno di fingere.
«Non vi sta guardando nessuno, deficienti».
Non ha mai odiato tanto Sasuke come in quel momento – a Natale sono tutti più buoni un paio di palle.
Naruto si stacca dal bacio come se si fosse scottato, e a Obito quello strappo fa male quanto un braccio tagliato di netto.
«Buon Natale anche a te, Sasuke». Naruto alza gli occhi al cielo, poi piega le labbra in un sorriso malizioso che Obito si vedrebbe bene addosso – ovunque, sulla pelle. «Che c'è, sei invidioso?».
Sasuke non risponde; allunga lo sguardo e poi fissa l'amico in silenzio. Lo stanno facendo di nuovo, come da bambini: si parlano senza dire una parola.
Per un istante lunghissimo, Obito si sente escluso. E, forse, l'invidioso ora è lui.
Ma poi arriva Fugaku a cercare il figlio, e quella sensazione svanisce.
«Zia Uruchi ti vuole per darti il regalo».
Sasuke si avvia verso l'albero e Obito lo segue assieme a Naruto.
Poi, molto prima di quanto possa aspettarsi, è già ora dei saluti.
Obito si ritrova davanti alla porta d'ingresso col casco della moto in mano, le idee confuse e il cuore che batte contro al petto.
Lì vicino, Madara si sta allacciando l'ultimo bottone del lungo cappotto nero. Lo guarda il tempo di aggiustarsi la sciarpa dietro al collo, poi indica Naruto con un cenno del capo – e ghigna.
«Ci vediamo a Capodanno».
E, spettrale come sempre, sparisce oltre la soglia.
Sasuke sospira; a bassa voce, sussurra: «Ti conviene sparire entro il trentuno. Non so quanto durerà la sua voglia di non sputtanarti davanti al resto della famiglia».
Obito sente il panico montare un'altra volta, e si tira la zip fin sotto al collo per cercare di arginarlo.
Ma Naruto, accanto a Sasuke, ha lo sguardo puntato per terra.
«Tu non ti preoccupare», mormora a mezza voce, a nessuno in particolare. Ha le labbra semi-nascoste dalla sciarpa verde foglia, le mani in tasca, ed è serissimo – nell'azzurro adombrato dei suoi occhi, un'idea chiara soltanto a lui.
Obito sente il bisogno di parlargli ancora. Guarda il casco che ha in mano e dice la prima cosa che gli viene in mente.
«Sei venuto a piedi?».
Naruto spalanca gli occhi per un attimo – se possibile, affonda ancora di più le labbra nella lana della sciarpa.
«Sì, perché?».
Obito l'ha capito: Naruto è sempre pieno di perché, e questo non è diverso dagli altri. È sincero – una speranza.
Alza la mano col casco per farglielo notare, poi sorride come può, nonostante il batticuore.
«Ti do un passaggio». Il tono a metà tra domanda e affermazione – in bilico, esattamente come loro.
Da dietro la spalla di Naruto, Sasuke alza gli occhi al cielo, scuote la testa e li saluta con un «Buonanotte» che sembra quasi esasperato.
Sì, è invidioso. Chissà poi perché.
Ma Obito smette di pensarci appena varca la soglia e l'aria gelida gli riempie i polmoni. Fa qualche passo, e non si stupisce affatto quando Naruto lo raggiunge per camminargli a fianco, al suo stesso ritmo.
«Hai una moto?».
Glielo chiede quando ormai sono arrivati al punto esatto dove l'ha lasciata; perciò, Obito fa un sorriso sghembo e poi, la indica.
«Una Harley-Davidson Iron 883».
Usata, ma fa la sua porca figura.
Non ha bisogno di guardare Naruto per sapere che ha fatto colpo, eppure non si perde niente della sua reazione, a partire dalle labbra piegate in un lungo fischio d'apprezzamento – e, no, questa volta non sono coperte dalla sciarpa.
«Wow! Sei proprio un figo!».
Ah.
Obito lo guarda, lui si fa rosso.
«Cioè, la moto è da figo. Intendo».
Sì, la moto lo è – Obito... Non si è mai definito tale.
A dire il vero, si è sempre sentito inadeguato, come bere acqua da una tazza. Non è vietato di per sé, ma nessuno lo fa – lascia una strana sensazione di sbagliato, anche senza una regola scritta.
E con Naruto un po' si sente figo, ma ha come l'impressione che a bere acqua da una tazza siano in due – e allora, per quanto inappropriato sia, non gl'importa affatto.
Perché è un incastro perfetto.
Apre il bauletto della moto per prendere il secondo casco sentendosi gli occhi di Naruto ancora puntati sulla schiena; quando glielo porge e lo guarda allacciarselo sotto al mento, pensa che a quell'immagine potrebbe davvero abituarsi – ed è assurdo pensare al fatto che, dopo Capodanno, dovranno lasciarsi.
Ma Obito, sopra ogni cosa, è abituato alle occasioni sprecate – se le lascia scivolare tra le dita e prende la vita così, come viene, senza rincorrere nulla. Mentre si siede sulla sella, pensa a Rin, al modo in cui l'ha esclusa da troppe cose di se stesso, a partire dal fatto che non l'ha mai portata in giro sulla moto, semplicemente perché voleva mantenere la facciata da bravo ragazzo che pensava lei apprezzasse – e forse è stato quello, più di tutto, ad allontanarla da lui.
Naruto si sistema dietro di lui, gli allaccia le braccia alla vita e preme il petto sulla sua schiena, come fosse scontato. Obito inspira l'odore d'inverno e quello dolce del suo profumo e, tra la scarica d'eccitazione dritta in mezzo alle gambe, è qualcos'altro a fargli girare la testa: il semplice fatto di essere lì, con qualcuno che abbraccia lui assieme a tutti i suoi difetti, sulla sua moto – a correre quanto gli pare.
Sotto casa di Naruto, Obito spegne la moto e si toglie il casco per guardarlo meglio prima di salutarlo. Non sa bene come fare o cosa dire, la bocca impastata dalla voglia di baciarlo e la consapevolezza di non avere una scusa valida per farlo. Sono soli, sotto il lampione, avvolti nel silenzio. Niente luci di Natale, niente spettatori, niente famigliari insospettiti – diamine, gli mancano persino le frecciatine di Madara.
Il bacio a mezzanotte è stato spontaneo, vero – quasi privato, nonostante la tavolata piena – ma ora sono entrambi allo scoperto, senza inganni da mettere in scena.
Eppure, Obito vuole baciarlo lo stesso.
E, ancora, rimane immobile, a fissare quei grandi occhi azzurri senza avere il coraggio di salutarlo.
Naruto ricambia il suo sguardo e Obito non ha idea di cosa stia pensando – di lui, della moto, della serata, dei baci. Poi, si porta una mano dietro la nuca, e abbassa gli occhi. Ha naso e guance rosse – Obito vorrebbe scaldarle col calore delle sue labbra.
Ma gli serve davvero una scusa per farlo?
Prima che possa rispondersi, è Naruto a fare la prima mossa.
«Sai, io vivo da solo, quindi... Ti va di salire?».
Oh.
Dio, sì.
È la prima risposta che gli viene in mente, e deve fare forza contro se stesso e mordersi la lingua per non dirlo ad alta voce.
Dopotutto, probabilmente Naruto gliel'ha chiesto per gentilezza – anzi, di sicuro. Lui gli ha offerto un passaggio, è giusto ricambiare con un bicchiere d'acqua o un biscotto natalizio prima della buonanotte.
Si tratta di educazione. Buone maniere. Nulla di più.
«Va bene», dice, ed è fiero del tono neutro – adulto – che gli riesce di mantenere.
Ma, dentro, si sente morire.
Sale le scale fino al secondo piano, e si sente morire.
Aspetta Naruto mentre armeggia con le chiavi – da dietro, gli guarda il culo – e si sente morire.
Varca la soglia, inspira l'odore forte di casa sua; sa di ramen in scatola, caffè e nutella a colazione e patatine sul divano la sera. Sa di videogiochi e serie tv. Sa della vita di un ventenne da solo in un monolocale.
Sa di lui. E Obito, sì, ancora: si sente morire.
«Non è grande, ma è casa».
Naruto si è tolto sciarpa e cappotto; è a braccia larghe al centro dell'appartamento, gli sta sorridendo, e Obito non ha idea di cosa rispondergli – o se chiudere la porta rimasta aperta e spogliarsi di qualsiasi cosa.
Con qualche passo, è Naruto a chiuderla al posto suo. Lo guarda ancora, si morde le labbra.
«Ti va-».
«Un bicchiere d'acqua! Sì! Grazie!».
O quello, o i biscotti – a pensarci bene, non è il tipo da mettersi a fare dolci.
Naruto sembra confuso. Dice: «Ah- sì, seguimi», e si avvia al lavandino.
«Va bene del rubinetto?».
Obito annuisce, fa un passo avanti e non sa come riesce a far muovere le gambe. Ha i palmi sudati e ringrazia di avere ancora i guanti, ma poi è costretto a toglierli e poggiarli sul bancone per prendere il bicchiere.
Fa un sorso. Deglutisce. Sente lo sguardo di Naruto addosso.
«Comunque stavo per dire se ti va di scopare». Dritto negli occhi.
La prima cosa che Obito sente è l'acqua di traverso nella gola.
Poi arriva la tosse.
È costretto a piegarsi sul lavandino, a malapena registra le scuse di Naruto, lui che gli toglie il bicchiere dalle mani e poi gli dà qualche colpo sulla schiena, sperando di aiutarlo.
Ha le lacrime agli occhi e una voglia bruciante di rispondergli, ma non riesce a parlare.
Inspira. Tossisce. Inspira ancora.
Passano secondi interminabili in cui si sente morire per davvero, poi il bisogno di tossire si affievolisce poco alla volta.
Naruto ha ancora la mano tra le sue scapole, lo sguardo preoccupato.
«Tutto bene?».
Obito ce la mette tutta nel dire: «Sì», e gli esce piuttosto deciso, nonostante la voce roca.
Anzi, meglio: è più sensuale.
Naruto lo guarda ancora, accenna un sorriso.
«Sì nel senso di "tutto bene" o...?».
«Sì. Cazzo, sì».
E non gli dà il tempo di fare altro: preme le labbra sulle sue e poi apre la bocca per ficcargli la lingua in gola come potesse rubare da lì l'ossigeno che ancora si sente mancare.
Se il loro primo bacio è stato fresco e leggero come un fiocco di neve, questo è una bufera. Obito non s'impegna a baciarlo bene o con calma: lascia scivolare la sua lingua su quella di Naruto, sui suoi denti, sulle guance, sul palato; sente la saliva di entrambi colargli sul mento e comunque non si ferma.
Ha le mani sotto il suo sfacciato maglione natalizio, sulla pelle bollente attorno all'ombelico, poi sul fianco e sulle scapole. Lo preme contro il lavandino mentre lui gli abbassa la zip del giaccone e lo lascia cadere a terra, gli morde il labbro e Naruto ricambia, succhia – sorride persino così, sulle sue labbra screpolate dal freddo.
Obito si ritrova le sue mani sul pacco e non sa come ci siano finite, ma si sfrega lo stesso d'istinto contro il suo palmo, e il suono che gli esce dalla gola non ha nulla di umano.
Non gl'importa: lo rifà – una, due, tre volte – e intanto tira i capelli di Naruto, gli graffia la nuca e la stringe intera in una sola mano. Se lo sente gemere in gola, con le dita a lottare contro il bottone dei jeans.
Poi, un soffio – dritto sulla lingua.
«È tutta la sera che penso a come succhiartelo».
Obito si lascia sfuggire un «Ah» che è un po' troppo allungato per essere soltanto sorpreso – ed è come se quella bocca fosse già lì, calda come l'Inferno.
«È tutta la sera che penso a quanto bene lo farai».
Naruto ridacchia, gli prende l'elastico dei boxer tra le dita e glielo fa scattare dritto sulla pelle, poco sopra il pube.
«Chi ti dice che sono così bravo?».
Obito si allontana quel tanto che basta a passargli il pollice sul labbro inferiore, gonfio e umido. Trascina la saliva che lo sporca da un angolo all'altro e guarda gli occhi di Naruto farsi sempre più liquidi – sempre più scuri.
«Chiamiamolo intuito».
E il suo intuito funziona, perché la lingua di Naruto gli passa sul polpastrello e sotto l'unghia, e poi le sue labbra si chiudono a succhiargli la punta del pollice prima di prenderlo in bocca. Tutto intero.
Obito glielo affonda fino alla nocca, e non riesce a crederci. Non ha mai fatto niente del genere – e, sebbene sia soltanto un dito, gli sembra la cosa più sporca del mondo.
Dio, se gli piace.
L'interno liscio delle sue guance è morbido e accogliente. Naruto lo guarda da sotto le lunghe ciglia bionde, con gli occhi socchiusi, le labbra morbide che gli avvolgono il pollice e gli scorrono sulla pelle come una promessa.
Poi, lo spinge indietro, senza mollare la presa, fino al divano al centro della stanza. Obito ci cade sopra mentre Naruto gli si mette a cavalcioni, le mani sotto al dolcevita e il suo dito sempre in bocca.
Lo lascia solo quando ormai manca l'ultima manica, e Obito si ritrova con la mano a mezzaria, il petto esposto e le sue labbra attorno a un capezzolo.
Ma Naruto non è tipo da aspettare: prima che Obito possa accorgersene, è già in ginocchio tra le sue gambe.
È a quel punto che si ferma. Alza gli occhi verso di lui, la testa bionda vicinissima all'orlo delle sue mutande.
«Che c'è?».
Obito non sa come dirgli che gli gira la testa, che vorrebbe già scoparselo o venirgli in faccia, così, subito, tanta è la voglia che ha di lui. Rimane fermo con le labbra schiuse e il fiato corto – in ritardo come sempre.
Naruto aggrotta le sopracciglia.
«È la prima volta che lo fai con un uomo?», dice.
Ah, sì, c'è anche quello.
Obito ha un istinto fortissimo a mentire, persino in un momento del genere – persino con lui. Ripensa al modo in cui Naruto l'ha guardato per tutta la sera e poi gli ha succhiato il pollice, al modo in cui gli ha dato del figo vedendo la sua moto e al modo in cui l'ha baciato a bocca aperta, come non aspettasse altro.
Non vuole deluderlo; vuole aggrapparsi con tutto se stesso a quell'ideale di un se stesso che non sarà mai.
Figo. Desiderato. Esperto.
Ma non sarebbe giusto.
Non davanti a quegli occhi chiari come cielo limpido, in grado di scrutargli l'anima.
E allora: «Sì», ammette. E poi: «A dire il vero, sei la seconda persona in assoluto con cui vado a letto».
Non dice il nome della prima e non perché non ce ne sia bisogno; non lo dice perché non c'è posto per lei in quella casa minuscola, e la bocca di Naruto è ancora troppo vicina al suo cazzo per lasciare spazio ad altro che non sia il suo respiro attraverso la stoffa.
«Oh», è tutto quello che sente per un terribile, lunghissimo istante.
Poi, una risata dritta sulla zip aperta dei suoi jeans.
«Meglio, così ho meno confronti. Ma tu... Hai bisogno di un po' di tempo?».
Obito guarda quel sorriso indescrivibile, tutto per lui.
«No», dice – rapidissimo.
«Okay». Ancora un sospiro, poi Naruto gli posa le labbra sulla stoffa tesa dei boxer. «Perché voglio davvero tanto prendertelo in bocca».
A Obito sfugge un altro gemito che lo fa morire di vergogna, ma poi appoggia comunque la nuca alla spalliera, e allarga le cosce più che può.
«E che aspetti».
No, Naruto non aspetta. Gli sfila boxer e jeans tutti d'un colpo, fino alle caviglie – poi spalanca gli occhi.
«Wow!», esclama.
Obito non si è mai sentito dire wow a pochi millimetri dal cazzo. Non sa bene come reagire, perciò sorride e basta – si gode anche quel complimento che un po' sente immeritato, e poi la sua bocca caldissima attorno alla punta.
Aveva ragione: è come l'Inferno.
Vorrebbe chiudere gli occhi e abbandonarsi alle fiamme – lasciarsi bruciare da quelle labbra – ma no, non può farlo: lo sguardo di Naruto è fisso sul suo volto, si tira indietro e non lo molla un istante; da sotto le ciglia, lo guarda mentre se lo prende centimetro dopo centimetro con lentezza estenuante – e Obito non può perdersi niente di quella scena.
Sarebbe il suo più grande rimpianto.
Perciò, resta fisso sull'immagine del suo cazzo che scompare nella bocca bollente di Naruto, e per non essere da meno geme in un modo che non ha mai fatto prima. È spudorato, indecente: l'unica risposta possibile a quella lingua che gli preme sul frenulo e poi giù, quasi fino alle palle.
Naruto stringe la gola e si sforza a rimanere fermo col naso piantato tra i peli del pube per secondi che sembrano infiniti. Obito se lo sente respirare a fatica sulla pelle e non ha idea di cosa si provi a soffocarsi in quel modo su un cazzo – sa solo che è meraviglioso al punto che vorrebbe tenerselo lì, così, per l'eternità.
Ma è il tipo d'impegno che ci mette a mandarlo fuori di testa, più di tutto il resto. Obito sente le unghie di Naruto scavargli i lati delle cosce, nota i suoi occhi azzurri farsi pieni di lacrime e comunque non mollare i suoi nemmeno per un singolo istante. Lo guarda stringere le labbra e tirarsi indietro, solo per affondarsi il suo cazzo in gola, ancora e ancora e ancora, con la saliva a colargli sul mento e sul colletto del maglione natalizio. Ed è surreale e unico – esattamente come lui.
Obito si sente impazzire. Ha bisogno di un appiglio, e si aggrappa con entrambe le mani al biondo intenso dei suoi capelli come fosse la sua unica luce. Naruto non si sposta; continua a guardarlo e gli sorride come solo lui riesce a fare, nonostante la bocca impegnata e le guance rigate: è abbastanza da spingerlo al limite.
Deve fermarlo.
«Ti prego, basta. Non voglio venire così» – e gli esce come una supplica quasi patetica, ma a quel punto è sicuro che non importi a nessuno dei due.
Naruto molla il suo cazzo con uno schiocco che – oh – sarà oggetto dei suoi incubi fino al giorno della sua morte. Obito gli guarda le labbra lucidissime, i capelli ancora stretti tra le dita, e sa che l'unica cosa da fare è trascinarselo all'altezza del volto e baciarlo fino a sentire il suo stesso sapore sulla lingua.
Naruto glielo lascia fare con facilità disarmante. Obito sente le sue mani calde attorno al collo, tra i capelli, sulla schiena; le unghie che gli graffiano il fianco e il bacino premuto sulla pancia per fargli capire quanto sia duro per lui.
Non ha bisogno di pensare per iniziare a spogliarlo di fretta – far sparire maglione e jeans in un battito di ciglia e strappargli gli slip dal culo per l'urgenza di toccarlo.
Obito gli morde il labbro e gli stringe le natiche riempendosi i palmi. Gli geme in bocca e poi: «Spero non fossero costosi», sussurra.
Naruto ride.
«No- ah».
Obito non gli lascia il tempo di dire altro: con la destra gli sfiora i testicoli e poi gli prende il cazzo in mano – la sinistra sempre sul culo, in una presa ferrea. Lo tocca com'è abituato a toccare se stesso: dalla base, ruotando il polso fino alla punta, per premere al centro col pollice – lo stesso che Naruto gli ha succhiato.
A giudicare da come gli sospira nell'orecchio e poi gli prende il lobo tra le labbra e morde, quel movimento va più che bene.
Ma, a togliergli ogni dubbio, è Naruto stesso.
«Mi piace come mi tocchi».
Glielo dice con le dita intrecciate tra i capelli alla base della nuca e la bocca all'angolo tra collo e mandibola, lì dove è sicuro si senta la carotide pulsare a un ritmo impossibile. Gli ansima sulla pelle e poi la lecca – e caldo e freddo si mischiano in brividi che partono da lì e scendono fino alla pianta dei piedi.
E Obito dubita di se stesso per natura – ma, questa volta, crede alle sue parole a colpo sicuro.
Perciò, se lo sistema ancora più vicino, aumenta il ritmo del polso, e poi lo bacia per sentirselo gemere sulla lingua, dritto fino in gola.
Naruto gli ondeggia in mano come mare in tempesta – le dita arpioni tra i capelli – e Obito, no, non riesce più ad aspettare.
Smette di toccarlo e si allontana dal bacio; prima che Naruto possa protestare, lui si porta due dita tra le labbra e inizia a succhiarle.
Lo fa a bocca aperta, la lingua in vista tra indice e medio – e non gl'importa della saliva che gocciola su mento e polso. Si gode la totale attenzione di quegli occhi azzurri – la scintilla ustionante d'attesa che gli provoca.
Non si è mai sentito tanto voluto in vita sua.
Naruto gli stringe la spalla come a volergliela fracassare, spinge il culo indietro sul suo palmo sinistro e poi si fa avanti per strusciargli il cazzo bagnato poco sotto l'ombelico. Schiude le labbra gonfie e umide e, ancora, lo guarda dritto negli occhi.
«Ti prego». Senza vergogna.
Obito cede in ogni fibra del corpo. Dalla gola gli esce un ringhio che gli vibra tra le dita ancora in bocca, ma è rapido a spostarle e ancor di più ad allinearle al buco che lo aspetta. Lo penetra di colpo fino alle nocche, il palmo che sbatte contro i testicoli e la sinistra sul fianco, a tenerlo giù, incollato alla sua mano.
Naruto gli trema addosso e non dà segno di provare dolore. Getta la testa all'indietro e il sospiro che gli sfugge è il suono più dolce che Obito abbia mai sentito. Per qualche assurdo motivo, si ricorda che è Natale: gli sembra di aver appena spacchettato il regalo migliore che ci sia.
Quando piega le dita e preme, Naruto gli si scioglie attorno come burro. Ha le sue mani sulla schiena, le ginocchia premute contro i fianchi e il cazzo, durissimo, a sfiorare il suo. Gli cavalca le dita senza neanche fermarsi a pensare a quanto sia osceno scoparsi da solo in quel modo, e poi fa la cosa più inaspettata del mondo: posa la fronte sulla sua, ignorando sudore e capelli.
Per un attimo Obito si sporge verso di lui perché pensa che voglia baciarlo, ma Naruto rimane a distanza di un soffio, sospira e gli sfiora il naso, delicato e dolce come zucchero a velo.
No, niente poteva prepararlo a questo.
Con la destra, Obito lo sta fottendo a un ritmo serrato che è lui stesso a imporgli muovendo il bacino, le dita che scavano senza tregua nella carne bollente; con la sinistra, gli sfiora le vertebre, delicato come pasta sfoglia, a sentire sui polpastrelli ogni brivido di piacere. Naruto gli ansima a qualche millimetro dalle labbra e, ancora, non lo bacia – gli sfrega la punta del naso col suo, sorride piano tra i gemiti rochi e gli allaccia le mani al collo come in un tenero abbraccio.
E Obito, no, non capisce più niente.
«Voglio scoparti», dice. E la voce gli esce bassa e calda come cioccolato fuso.
Naruto si ferma, gli posa un bacio leggerissimo sul labbro, ride.
«E che aspetti».
Obito ribalta le posizioni con le dita ancora piantate nel suo culo, divaricate al limite dell'impossibile. Naruto ha la testa poggiata sul bracciolo del divano, lo sguardo intensissimo che sembra volergli ricambiare il favore.
«Ho un preservativo nella tasca destra dei jeans».
Obito registra un perché che non fa in tempo ad arrivargli alle labbra. Si piega e sfila le dita con un lamento per cercare la bustina tra i vestiti sparsi a terra.
Quando la trova, ha tanta fretta che le mani gli tremano e Naruto deve prima aiutarlo ad aprirla, e poi a infilargli il profilattico.
Obito sa che dovrebbe vergognarsi – che lasciarsi aiutare così è da sfigati, come minimo – ma Naruto ha le guance rosse e gli guarda il cazzo come fosse una vetrina piena di torte, e allora vaffanculo anche al se stesso che si odia così tanto, perché in mezzo a quelle cosce aperte c'è spazio solo per qualcuno che non ha timore di sbagliare.
Perciò, si allinea con la punta all'entrata. Naruto gli allaccia le gambe attorno alla vita, Obito infila le dita tra suoi capelli d'oro. E spinge.
Entra fino a metà al primo colpo, poi è costretto a fermarsi perché lì dentro è soffocante – e Naruto ha il volto contratto in un'espressione insieme dolce e terribile.
Obito ha i suoi talloni a premergli sul culo, i muscoli delle gambe che stringono forte quasi quanto quelli attorno al cazzo. Sente il bisogno di baciarlo.
Alla seconda spinta gli geme dritto in gola. In un modo che gli sembra del tutto impossibile, gli affonda dentro fino ai testicoli.
Cosa c'è di più caldo dell'Inferno?
Obito non sa darsi una risposta. Non ha un paragone.
Si spinge in quella carne più calda dell'Inferno senza le parole per descrivere ciò che prova.
Naruto le sue le esprime in lunghi sospiri e gemiti strozzati – o nel modo in cui gli lascia solchi profondi sulla schiena e lo bacia ovunque, sul volto, senza preoccuparsi di centrare le labbra.
Obito lì dentro si sente ancora morire. Ha i polmoni che bruciano come gli fosse andata di traverso l'aria stessa, ma a quel punto gli va bene persino soffocare.
Perché è bellissimo.
Perde il ritmo in fretta, tra morsi sul collo e baci leggeri; gli stringe le cosce come fossero fatte d'impasto e gli sospira piano sulla fronte e tra le ciglia. È brutale nelle spinte e delicato con le labbra, e in qualche modo è un'armonia che ha senso, proprio perché imperfetta e contraddittoria – qualcosa che mai si sarebbe sognato di concedersi.
Naruto viene senza che Obito lo tocchi, con una mano sulla sua guancia e la bocca incollata alla sua. Sospira a lungo mentre lui ancora spinge, gli dice: «Vieni» contro l'orecchio, ed è un altro incoraggiamento.
E Obito viene nell'incavo del suo collo, con le lacrime agli occhi per la potenza dell'orgasmo e una sensazione indistruttibile nel petto. Rimane così per minuti interi, ad ascoltare il battito impazzito di un cuore che non sa più neanche di chi sia.
Naruto gli accarezza la schiena, gli passa le dita sui graffi come a chiedergli scusa, e resta lì a farsi abbracciare come avessero tutto il tempo del mondo.
Mentre si sfila e gli si sdraia accanto, Obito ci pensa. Hanno davvero tutto il tempo del mondo?
Il cuore gli dice di sì, la mente è invasa da un dubbio.
«Perché avevi un preservativo in tasca?».
Naruto si gira a guardarlo, confuso. Ha ancora l'affanno quando risponde: «Perché speravo proprio di scopare, stasera».
Ecco, lo sapeva.
«Con Sasuke?».
Naruto spalanca gli occhi, poi inizia a ridere.
«Che? No! Ma che- No! Mai nella vita! Come ti viene in mente?!».
È talmente sconcertato che Obito è costretto a crederci. Anzi, messa così si sente decisamente stupido, eppure gli sguardi tra loro ancora gli bruciano nella memoria.
«E allora perché Sasuke sembrava così tanto scocciato, a cena?», insiste.
Naruto guarda in alto. «Beh», dice. «Prima di tutto perché era a cena con tutti i parenti». Sorride del suo solito sorriso, e Obito gli crede sempre di più.
«E poi», continua. «C'è una cosa che ti devo confessare».
Naruto fa di tutto per non guardarlo negli occhi. Ha le guance rosse, e non per la scopata appena conclusa. È un tipo d'imbarazzo che gli tinge il volto di un colore che Obito vorrebbe fosse privato, solo per sé.
«Da piccolo avevo una cotta fortissima per te».
Obito ingoia la bomba insieme alla saliva – per pochissimo, non gli vanno di traverso entrambe.
«Che- Per me?!».
Naruto ora lo guarda fisso.
«Eh, sì», dice. Come fosse ovvio. «E il fatto di fare i fidanzati per finta è stata un'occasione perfetta. Sasuke lo sa, per quello era scocciato: non pensava che avrebbe funzionato davvero».
E poi ride, Naruto. Ride e lo guarda negli occhi, mentre Obito ancora pensa alla cotta di cui non si era mai accorto – e a quanto fosse scontato, se solo avesse unito tutti i puntini dall'inizio.
«Che deficiente».
«Chi? Io o te?».
Obito lo guarda. Gli esce un sorriso che non è neanche lontanamente amaro come s'immaginava. Anzi, è dolce come miele.
«Direi entrambi».
Naruto fa finta di pensarci, mormora un «Già» e poi lo bacia sulle labbra con uno schiocco fortissimo.
«Ora voglio proprio vedere la faccia di tuo zio quando ci vedrà limonare, a Capodanno».
Obito pensa a Madara, al modo in cui l'ha tormentato per tutta la sera perché è uno stronzo e non ha mai niente da fare, col marito impegnato con i propri figli per tutte le feste, dall'altra parte del Paese.
Oh, sì: insieme gli faranno passare un Capodanno da incubo.
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