Capitolo 4
Durante la notte, immersa nel sonno, sentii riecheggiare nella mia testa la sua splendida voce.
Mi accoccolai tra le lenzuola per sentirmi comoda e scaldarmi, anche se devo ammettere che il camino acceso fu parecchio suggestivo.
Il tempo volò così in fretta da lasciarmi eclissare; faticai ad accorgermi di non avere più Alcina al mio fianco appena mi fui alzata.
Il mio primo pensiero, giunta al piano inferiore, venne focalizzato sulla nostra ultima discussione. Avrei dovuto darle "del tu" d'ora in avanti? Non ero sicura di essere pronta...
Forse ero una ragazza troppo paranoica, ma che ci potevo fare? Non sarebbe stato nelle mie corde alcun altro modo...
Udii dei passi per le scale e vidi Gerda scendere con un'andatura volontariamente appesantita: lei mi aveva adocchiata prima che lo avessi potuto fare io.
Le sue pupille mi fissavano con intensità brutale, la gelosia si poteva tagliare nell'aria.
"Cosa vuoi da me?" le domandai con sfacciataggine.
"Stavo solo passando di qui. Il castello sarà anche grande, ma non puoi evitare di incontrarmi prima o poi." rispose lei con indifferenza.
"Stai scherzando, spero!"
"Perché, tu come la vedi?" un sorriso beffardo apparve sul suo volto e la gelosia si tramutò in sfida: "Com'è a letto la signora?"
"Non vedo ragione per cui io ti debba dare una risposta."
"Così... volevo sapere quanto perversa fosse nel suo animo... magari nei suoi sogni erotici c'è una minorenne che la segue come un cagnolino."
"Ti piace la Dimitrescu?" chiesi diretta, senza pensarci troppo.
Si avvicinò fino a sfiorarmi con la punta del naso, non permettendo che distogliessi minimamente lo sguardo.
Ridacchiò: "Mi piace avere una posizione privilegiata."
Quella, tra tutte, era la domestica che mi disgustava di più: non aveva un briciolo di umanità, nonostante il Cadou non l'avesse colpita.
Non dissi più niente e cercai di evitarla.
Non raccontai ad Alcina l'accaduto; temevo davvero che ci potesse rimanere male.
Gerda era all'apice, la più fedele e longeva fra le donne della servitù.
Era stata lì dentro per dieci anni, da quando ne aveva quindici, e la signora non si era ancora stancata di lei.
Mi chiedevo quando si sarebbe stancata di me, se avesse mai portato altre ragazzine a letto con lei, se io fossi la prima donna, se prima di me avesse avuto affari con degli uomini.
Erano tutte domande troppo spinte: non me la sentivo di porgliele, ma al contempo ardevo dalla curiosità.
Eppure sapevo che le avrebbe fatto piacere vedermi più spigliata.
La paura mi frenava molto e lei voleva solo che fossi me stessa senza vie di mezzo.
Quel pomeriggio disse di voler testare il mio livello culturale e mi costrinse a tenere un esame vero e proprio.
Stemmo in una stanza, che divenne la mia camera personale. Da lì compresi che avrei soggiornato in quel luogo ancora per molto.
Ormai ero entrata a far parte della casata.
Non sapevo se descrivermi come dama da compagnia o compagna effettiva, dato che non ero certa fosse una relazione ufficiale.
Mi impegnai tanto in quella prova. Temevo di deluderla.
Ci vollero due ore per terminarla: tremavo come una foglia.
Le piacque il mio tema, tanto che si domandò se leggessi sovente.
Risposi (come ben si può immaginare) di non averne memoria.
Da quell'episodio iniziò a prestarmi libri o, addirittura, regalarmeli.
Non avevo molto da fare al castello e gli scaffali nella mia stanza si riempirono presto.
Ogni settimana leggevamo un nuovo romanzo scelto da entrambe e lo commentavamo; anche più di uno, quando finivamo prima dell'inizio del weekend.
La amavo in ogni lato, sotto ogni aspetto: era la mia musa.
Fu così che mi venne voglia di scrivere, scrivere libri, recensioni, articoli.
Guardavo le parole tracciate sul foglio e pensavo a lei, a quanto mi piacesse ciò che la coinvolgeva.
Mesi in cui l'ammiravo erano mesi in cui si staccava da me.
Avrei voluto così tanto dormire di nuovo con lei, sentire il suo calore, immergere il viso fra i suoi capelli ed odorarne il profumo di vaniglia.
Mi mancava starle sopra e riempirla di baci continuamente.
Non compresi perché si stesse allontanando.
Non avevo fatto nulla.
Un simile colpo mi arrecò sofferenza.
Nascosi i miei sentimenti, ma non nego di aver pianto ogni notte, rannicchiata sotto alle coperte.
Ogni qualvolta la vedessi, sorridevo.
Un giorno la salutai mentre era intenta a parlare con Gerda e la sua indifferenza nei miei confronti fu limpida.
Mi trafisse come cento pugnali.
La mia anima si levò dal corpo, straziante.
Ero gelosa. Dannatamente gelosa. Così gelosa che avrei fatto qualunque cosa pur di toglierla di mezzo.
Con le figlie parlavo relativamente poco. L'unica spigliata era Daniela: faceva sempre battute interessanti ed aveva un sarcasmo eccellente.
Fu grazie a lei che riuscii a sbarazzarmi di Gerda.
Non ero una persona vendicativa, tutt'altro, ma quella ragazza era troppo pericolosa per la mia incolumità.
Inoltre anche Daniela aveva tenuto vari battibecchi con quell'arpia; ciò mi aiutò a supporre che il problema non fossi io.
Ci accordammo per andare insieme da sua madre a esporle la nostra lamentela.
"Madre! Abbiamo un problema." sentenziò Daniela facendosi largo nel salotto, dove la trovammo stesa sul divano a rimirare il fuoco con un libro in mano.
Indossava gli occhiali da lettura, era adorabile!
Tutta la sua eleganza veniva trasmessa ai miei occhi da quella posa divina che neanche Venere sarebbe riuscita ad emulare.
Altro che signora... era una dea nelle sue fattezze.
Era così bella che il mio sguardo non era degno della sua presenza, così raffinata da fare invidia alle regine più potenti.
La amavo e avrei desiderato urlarglielo più di ogni altra cosa, ma sapevo che non era quello il momento giusto.
Alzò leggermente gli occhi, arrivando a scrutarci con sufficienza: "Ditemi pure..."
Daniela non usò mezzi termini: "Gerda deve andarsene! Devi mandarla via!"
Afferrò un telino per pulire le lenti e, nel massaggiarle, assunse un'aria riflessiva: "Posso sapere il motivo?"
"Ha maltrattato me e Ginevra svariate volte. È irrispettosa ed irriverente. Ha occhi solo per te è non in senso positivo."
"Ahah. Ho capito. Tu hai qualcosa da aggiungere?" chiese spostando l'attenzione su di me.
Abbassai il capo intimorita: "No, signora... questo è tutto..."
"Credete davvero che io sia disposta a cacciare la domestica migliore di tutta l'equipe per le testimonianze effimere di due ragazzine?"
Il mio battito cardiaco accelerò. La mia opinione per lei non contava davvero nulla?
Continuò: "A questo punto credo sia il caso di convocare la diretta interessata."
Daniela mi guardò sconsolata, io le mostrai un'espressione mossa dal panico.
Prima di chiamarci in riunione, Alcina volle parlare personalmente con Gerda, in privato.
Io e la figlia restammo in sala, sedute sulle poltrone ad attendere che ci chiamassero.
"Secondo te stanno scopando?" chiesi a Daniela, travolta da un'ondata di angoscia.
"Perché mi fai questa domanda strana?"
"Perché so che tua madre non scopa solo con me..."
"Sei proprio strana..."
"Non sono strana! È la verità! Si è allontanata da me ultimamente."
Ridacchiò: "E cosa ti aspettavi? Che si mettesse a fare la corte ad una ragazzina?"
Lasciai cadere le mie braccia lungo i fianchi: "Credevo stesse iniziando ad affezionarsi."
"Se ti aspetti che mia madre si affezioni a te, mi sa proprio che hai commesso un grave errore. Quando non le servirai più, ti caccerà via."
Iniziai a piangere, senza preoccuparmi di non essere sola. Non mi importava nient'altro al di fuori di quella donna. Avevo solo bisogno di sfogarmi, perché sarei stata disposta a morire pur di ricevere la sua approvazione.
Intuii nello sguardo di Daniela eccessiva pietà.
Le facevo disgustosamente pena per le mie illusioni.
Spesso mi ero chiesta come le gemelle potessero essere così indifferenti al mio rapporto con la loro madre.
Non apparivano né scosse né sorprese, anzi sembravano abituate a quella situazione.
Effettivamente Lady Dimitrescu aveva uno charme così spontaneo e rilassato da lasciar intendere una qualche dimestichezza a letto.
Alché mi venne un dubbio fondamentale legato al mio atteggiamento: se fossi stata troppo confidenziale?
Forse avrei dovuto mostrarle la mia maturità più che il mio lato sensibile.
Ero stata così sciocca da non meritarmela.
"Io non me la merito, non me la merito affatto..." dissi fra me e me.
Daniela, intanto, mi guardava interessata, credendo di star assistendo alla collisione dei miei poveri neuroni.
"Sei sicura di stare bene?"
Alzai la testa, con ancora le lacrime agli occhi: "Per niente."
Mi si avvicinò lateralmente, allungando una mano sulla mia spalla nell'intento di supportarmi o, quantomeno, consolarmi.
"Non ti meriti questa sofferenza, altroché..." mi confessò con una nota di disgusto, criticando il comportamento della madre.
Era bello ricevere un po' di supporto di tanto in tanto.
Attendemmo per più di un'ora.
Persino Daniela iniziò a fremere per l'ansia.
Non parlammo neanche, tanta era l'agitazione.
Il fuoco continuava ad ardere mentre i nostri cuori bruciavano con la stessa intensità.
Le vidi scendere le scale e la sicurezza nell'espressione di Gerda non prevedeva nulla di buono.
La signora, invece, aveva il suo solito volto serio ed autoritario, coronato dallo sguardo impassibile.
Bisbigliai alla figlia: "Daniela, mi sa che abbiamo combinato un casino."
Lei, terrorizzata, non rispose.
Ci avevano impiegato decisamente troppo tempo per fare il punto della situazione.
Alcina Dimitrescu si fermò davanti a noi, con la domestica alle spalle.
I nostri sguardi si incrociarono.
Lèssi un odio profondo e represso negli occhi di Gerda, indirizzato non a me questa volta, bensì a Daniela.
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Spazio autrice:
Per solidarietà Gerda sta antipatica anche alla me del mondo reale, non solo nella storia.
Involontariamente credo di aver trasportato e rielaborato alcuni aspetti della mia vita e delle varie dinamiche sociali a cui vado incontro quotidianamente... bah... sarà il potere del subconscio e dei traumi.
Personalmente sono molto gelosa, nonostante lo tenga nascosto, delle persone a cui voglio bene.
Le reazioni sono pari pari a quelle della protagonista... 😅 realismo 100%
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