Capitolo 25
Uscii dalla camera dopo una buona mezz'ora, sperando di potermi ricongiungere almeno con una delle gemelle.
Tutta quella omertà da parte di Alcina aveva tradito un'esistente complicità tra lei e Miranda.
Quella strega stava sicuramente facendo leva per avermi, magari aveva anche capito i miei piani.
Vagai per i corridoi in cerca di qualcuno con cui poter stabilire un piano, ma il castello sembrava deserto.
Per ogni gradino da cui scendevo, i miei passi echeggiavano nell'aria sonori come quelli di un elefante da sei tonnellate.
Raggiunto il fondo, mi fermai un attimo appoggiandomi al corrimano.
Alcina era uscita chissà dove, sì, ma la servitù?
Scesi fino all'atrio da cui si accedeva al ponte per la torre e bussai alla porta della stanza del Duca.
Al primo tentativo non udii altro che le mie nocche battere sul legno insistentemente, tuttavia non mi arresi e riprovai, determinata a parlare con qualcuno.
Nessun suono, ma l'uscio si aprì da solo cigolando come per magia.
"Sempre un piacere vederti, Ginevra." annunciò il pachiderma dall'alto del suo trono di libri e scartoffie.
"Perché tanta resistenza?"
"Credevo che ormai la guerra fosse stata dichiarata apertamente."
Non compresi cosa intendesse, soprattutto se si riferisse a me direttamente.
"Leggo confusione nel tuo sguardo o sbaglio?"
"Non sbagli affatto. Sono combattuta. Tutte le mie certezze stanno sfumando via una dopo l'altra."
"Il tuo amico ha cercato la mia protezione, anche tu ne hai forse bisogno?"
"Ho bisogno di risposte, più che di un aiuto pratico. Devo sapere cosa ne sarà di me da qui a breve." abbassai lo sguardo "Per caso stai parlando di Ethan?"
Annuì: "Quell'uomo ha espresso una necessità imminente. Non me ne starò con le mani in mano: la vostra vittoria determina in parte anche un mio interesse personale."
"Perché il castello è vuoto?"
"Perché è così che lo percepisci tu." si alzò in piedi faticosamente, per la prima volta da quando l'avevo conosciuto "Quanta ansia hai accumulato nelle ultime ore? Conosco la tua paura e ti dirò che è legittima: Miranda ti vuole fuori dai piedi senza ombra di dubbio, ma non vuole scontrarsi direttamente con Alcina..."
"...e così ha escogitato il metodo della lettera per far sì che Alcina scivolasse tra le sue volontà senza battere ciglio. L'ha rigirata." conclusi la sua frase, sconcertata.
Egli annuì.
Spolverò con qualche colpo di palmo la poltrona e si risedette.
"Cosa mi consigli di fare allora?" gli domandai.
"Cerca Ethan e risolvete la faccenda."
"La fai facile!"
Frugò in una valigia posata accanto ai suoi piedi e ne estrasse una pistola: "So che non è molto, ma puoi portartela appresso: è comoda per gli attacchi a sorpresa, pesa poco ed è facile da maneggiare. In caso di uno scontro ti tornerebbe utile, ne sono certo!"
La presi come un'ostia alla messa della domenica.
Non riuscii a ringraziarlo come avrei voluto, ma il tempo non era dalla mia parte.
Riposi la pistola nello zaino, assicurandomi di chiuderlo bene e di aver messo la sicura.
Una Smith&Wesson 29: revolver a sei colpi, doppia azione, cartuccia 44 Magnum.
"Per molto tempo è stata definita l'arma tascabile più potente." bofonchiò Ethan alle mie spalle.
Speravo di trovarlo e alla fine era stato proprio lui a trovare me.
"Un amico mi sta dando una mano a temporeggiare garantendomi il bene di Rose."
"L'hai affidata al Duca?"
"Sono certo che sia in buone mani." la convinzione nella sua voce lo testimoniava.
Forse al suo posto non mi sarei fidata a tal punto, tuttavia quell'uomo mi aveva donato un'arma abbastanza potente per poter fronteggiare Miranda.
Ethan mi posò una mano sulla spalla con affetto paterno: "Ricordati che lei avrà, sì, la magia, ma tu possiedi una gran tecnica che può contrastare anche il maleficio più insidioso" sorrise "e un alleato colmo di determinazione!"
"Così Rose rischierà di perdere anche il padre?"
"Devo sdebitarmi con te o no?"
Scossi la testa: "Il prezzo è troppo grande."
"Potresti essere mia figlia: il prezzo non sarà mai troppo aspro da saldare."
È così ironico ripensare a quando l'avevo quasi ucciso perché stregata dalla volontà della Dimitrescu...
Lo abbracciai istintivamente, in segno di gratitudine e sentito affetto.
Attaccare senza un piano dettagliato era un'impresa da pazzi, con una componente di rischio tanto alta da farci perdere la voglia di essere minimamente avventati.
Nessuno scherzo, nessuna battuta amara, solo tanta sofferenza che si era riversata nelle nostre deboli mani.
Il primo rimpianto che venne a galla fu quello di non aver indagato a sufficienza sul mio nuovo potere; Gerda non era stata affatto utile nella ricerca e i miei pensieri si sparsero in fretta.
Battere Miranda con dei poteri era su un altro livello rispetto allo scontrarsi con basse probabilità e in mano solo una piccola pistola.
Sapevo di poter contare su Cassandra e forse, se fossi riuscita a riallacciare i rapporti inaspriti dalla discussione, anche Daniela si sarebbe rivelata complice attiva.
Le mie suole sul parquet producevano un rumore tagliente e monotono; fu la prima volta che ci feci davvero caso.
Anche il candelabro del salone catturò la mia razionalità dal nulla. Mi domandai come facessero ad accendere le candele una per una ogni giorno vista l'altezza a cui era posto, ma soprattutto chi fosse incaricato di svolgere tale impiego.
Gerda bussò nella mia scatola cranica, causando un mal di testa lancinante con fitte profonde.
Mi portai entrambe le mani alle tempie, faticando a non contorcermi dal dolore.
"Cosa stai facendo a quella lentezza da bradipo? Devi darti una mossa se vuoi davvero cambiare le cose!"
Chiusi gli occhi, spazientita: "Facile a dirsi per una nella tua posizione: non fai nulla se non criticare in continuazione."
"Dimmi come potrei aiutare in altro modo?"
"Ammesso che tu voglia davvero aiutarmi, e ne dubito fortemente, il modo migliore per evitare quantomeno di causarmi alcun danno è tacere."
"Che scorbutica oggi..."
Non le risposi, mi ero già stancata.
Il dolore che avevo provato non era nulla di positivo. Il mio corpo stava iniziando a reagire a quel cambiamento drastico portato dalla presenza di Gerda e la stava rigettando.
"Se non combattessi il più in fretta possibile, potrei perdere l'occasione di avere un asso nella manica e sabotare me stessa."
Trovai Cassandra nella sua stanza, intenta a leggere un volume polveroso e sgualcito, talmente vecchio da avere le pagine completamente ingiallite.
"Oh, ti sei svegliata!" fu il commento col quale mi accolse, posando su di me il suo sguardo con la coda degli occhi.
"Ti vedo più impassibile del solito o è una mia impressione?"
"Sto cercando la risposta..."
Attesi un po' in silenzio, dopodiché glielo chiesi: "La risposta a cosa?"
"All'invulnerabilità di Miranda. In fondo lei è umana proprio come noi."
Non avevo mai sentito prima Cassandra o una delle sue sorelle definirsi "umana". L'impatto fu più strano del previsto, anche perché nei panni di una persona qualunque non riuscivo proprio ad immaginarmele: prive dei loro poteri, più fragili.
"Hai ragione. Stavo giusto pensando che dovremmo ideare un piano di attacco..."
Mi sedetti sull'altro lato del letto, di fianco a lei e poggiai la pistola del Duca sul materasso.
Allungai lo sguardo sulle pagine che Cassandra stava sfogliando. Erano intere preghiere in latino.
"Dove l'hai preso?"
"Hai mai visto una vecchia tutta gobba girovagare per il villaggio, specialmente nelle giornate di nebbia? Ecco, lei."
L'avevo incontrata eccome: stava nevicando, me lo ricordavo con chiarezza.
"Perché ci vuole tanto aiutare? Io pensavo stesse dalla parte di Miranda..."
Alzò le spalle: "Più che altro è in una posizione neutrale." andò dalla libreria per consultare altri volumi "Credo ami l'idea di assicurare pari possibilità di vittoria ad entrambe le parti in contesa."
Mi lanciò un libro marrone, rilegato da un filo bianco e spesso che aveva appoggiato sul comodino prima che entrassi.
"Ma noi non la lasceremo vincere, vero?" chiese col sorriso.
Scossi la testa, convinta e motivata dal suo appoggio.
Sfiorò la copertina del volume che avevo afferrato: "Aprilo dove c'è il pezzo di stoffa. Serve a contrassegnare informazioni utili..."
A giudicare dalle immagini sembrava un libro di stregoneria: c'erano incantesimi, ricette per pozioni e addirittura indicazioni per sacrifici.
Le pagine indicate mostravano miniature di creature quasi identiche ad Alcina, Heisenberg, Moreau e Donna, con accanto schemi di generalità.
"Era nel castello?" le domandai incredula.
Rise: "Magari avere tutto a portata di mano... l'ho recuperato dove abbiamo preso Rose"
"Sei tornata indietro?!"
"Figurati! L'ho preso quando ero insieme a te, semplicemente non ci hai fatto caso."
Mi misi una mano in fronte dalla disperazione.
"Non possiamo permetterci di commettere errori! Se notasse che è sparito?"
"Sicuramente lo sa già... e credimi che starà impazzendo!"
"Perché dovrebbe impazz..." prima che potessi finire, girò pagina.
Quel foglio rappresentava la chiave per la nostra missione, il pezzo mancante: le generalità della mutazione della stessa Miranda.
A quanto c'era scritto, non riusciva a gestire gli attacchi combinati e, a lungo andare, non riusciva a riparare i danni inflitti da fonti di potere con un'alta instabilità emotiva.
Cassandra, però, sembrò contrariata da quel punto: "Continuo a non comprendere come le emozioni possano influire sul risultato in una battaglia."
Pensai agli effetti che l'amore aveva causato sui miei poteri: "L'ho sperimentato: più il sentimento è forte, più l'esito è effettivo."
Mi conveniva al più presto far leva su Alcina: non avrei mai potuto perdonare la sua perdita.
Ero oltretutto spaventata dall'idea di dovermi scontrare anche con lei nella battaglia decisiva, non volevo metterla a rischio.
"Devo andare da tua madre."
"È uscita, non ricordi? Ma perché tanta fretta? Non ci converrebbe definire i nostri piani?" chiese scettica. Scossi il capo. "Fidati di me. Tua madre è la benzina che fa funzionare il motore del mio animo."
Si mise due dita in gola portando in fuori la lingua in segno di disgusto. "Mio dio, quanto sei sdolcinata... Hai mai pensato di fare la scrittrice di romanzi rosa?"
Feci spallucce: "Ogni tanto nel letto ci fantastico su. Ad ogni modo non possiamo assolutamente starcene con le mani in mano. Valutiamo quali attacchi possano risultare efficaci per l'uccisione della strega."
"Innanzitutto tieni a mente che non è importante la forza tanto quanto la capacità di controllare il proprio potere."
"Direi che già qui io ho fatto un fiasco clamoroso."
Mi poggiò una mano sulla spalla: "Sono sicura che con mia madre accanto riuscirai a conseguire obiettivi meravigliosi, Gine, non ti abbattere."
"Qua serve l'abilità fisica e il coinvolgimento emotivo di Ethan. Ora che Rose è temporaneamente al sicuro, lui può dedicarsi alla causa principale senza distrazioni."
Pover'uomo... Non conoscevo quella sofferenza, ma potevo immaginarla, e nella mia testa arrecava tanto dolore: un male continuo e sempre più nocivo.
Intravidi da uno spiraglio nell'uscio una cameriera sconosciuta oltrepassare il corridoio.
"Questa vicenda sarà come portare un cane a guinzaglio: in base al carattere decideremo chi lasciare libero di condurre la missione!" esclamò Cassandra ridendo. Ormai le avevo attaccato il mio umorismo.
Lungo la scala (ormai ironicamente definibile "luogo di ritrovo sociale") incrociai una cameriera mai vista prima.
"Scusami, sei nuova per caso?" le chiesi. Mi osservò a lungo senza rispondere.
Calò il silenzio nell'atrio.
Dopo almeno un paio di minuti annuì con il capo.
"Non hai intenzione di degnarti di rivolgermi la parola?"
Questa volta la risposta fu più rapida, ma anche più imprevedibile: spalancò la bocca e notai la mancanza di un organo fondamentale: la lingua, evidentemente recisa.
"Oh, cielo!" esclamai aggrottando le sopracciglia "Chi ti ha fatto questa mostruosità?"
Divaricò le braccia ed iniziò ad agitarle, emulando il volo di un uccello.
I corvi? Possibile? domandai tra me e me.
La ringraziai e proseguii la discesa. Decisamente era stato uno degli incontri più bizzarri avvenuti ultimamente.
Tuttavia, pensai che per trovare Alcina mi sarebbe bastato rivolgermi proprio a quelle creature che, sorvolando il villaggio, avevano costantemente gli occhi ovunque.
Uscii dall'ingresso principale e camminai fino al cancello, verso il prato con gli alberi spogli che erano divenuti col tempo territorio domestico per quelle creature alate.
Una decina di loro mi fissava da alcuni rami, gli altri volavano in cerchio a venti metri sopra la mia testa.
"Hey, voi lassù! Ho urgenza di sapere dove si trovi la Dimitrescu! Le devo parlare!" urlai con tutto il fiato che avevo nei polmoni, speranzosa di non essere ignorata.
Si guardarono con circospezione tra loro.
E se mi dessero indicazioni sbagliate e lo andassero a dire a Miranda per sviarmi? Speriamo in bene che non succeda nulla di strano... Non sono psicologicamente pronta.
Un volatile ondeggiò nell'aria per poi posarsi davanti ai miei piedi. Mi guardava dritto negli occhi con quelle orbite nere lucenti.
"Sei giunta a questo livello di pazzia, Ginevra? Adesso parli con i corvi?"
Incrociai le braccia e non reagii alla provocazione. Volevo una risposta.
"La tua bella signora al momento è dalla nostra padrona. L'ha convocata urgentemente. Succede molto spesso di recente, fossi in te me ne preoccuperei."
Una risata collettiva si levò dallo stormo gracchiante.
Ci stava uno scherzo malizioso, ma quella supposizione andava oltre ogni limite: "Se ho superato suo marito, direi che Miranda non può tenermi testa."
"Io non ne sarei così sicuro, fossi in te..."
Molti corvi planarono verso di me, mi ruotarono intorno, come se stessero attuando uno strano rituale.
"Il tuo amichetto, l'umano con cui ti abbiamo visto parlare non molto tempo fa, si è diretto al castello di Miranda. Lo sapevi questo?
"Ethan?!"
"Esatto! Winters!" gracchiarono un paio "Che intuito questa ragazza! Non ama proprio farsi fregare!" e un miscuglio di risate e onomatopee ricominciò a suonare, suoni strazianti, morbosi.
Me ne andai prima di rischiare di perdere l'udito.
Tornai da Cassandra di corsa: il piano era iniziato e non avevamo più tempo.
"I corvi mi hanno detto che Ethan si è già diretto al castello di Miranda. Non ce la farà a sconfiggerla da solo! Ho così tanta paura che
Cassandra si infilò la documentazione raccolta prima in una sacca: "Sei sicura che non si tratti di una trappola? Abbiamo la certezza che Ethan abbia già iniziato il combattimento."
"La trappola consiste nel farci andare laggiù: credono che non siamo in grado di sostenere il combattimento e che tua madre ci tradisca." scossi il capo "Alcina non ci abbandonerebbe mai. La sua amata e sua figlia andranno sicuramente tutelate dal suo punto di vista."
Cassandra mi posò nuovamente una mano sulla spalla: "Ascoltami bene, Gine, lo so che sei molto determinata a fare il bene di questo posto e, soprattutto, a salvare l'incolumità di questa famiglia, ma devi essere consapevole anche delle possibili conseguenze. Non affidarti completamente a mia madre o rischierai di rimanere delusa. So che hai delle buone capacità persuasive e sei molto sensibile, però mamma al momento non c'è con la testa, né con il cuore. Capisci ciò che intendo?"
Abbassai lo sguardo: "Comprendo: devo basarmi solo sulle mie forze."
"Infatti. Però sono sicura che andrà bene! Siamo preparate a tutto."
Continuavo comunque a non farmene una ragione: non concepivo l'amore che Alcina provava nei confronti di Miranda.
Quella donna era così imprevedibile ed emotiva... avevo il costante dubbio di non essere abbastanza, di essere semplicemente una come tanti, un'amante sostituibile facilmente. Eppure sentivo quel coinvolgimento psicologico, quella complicità... come poteva provare così spesso una sensazione così rara?
E se mi abbandonasse? Potrebbe essere mai in grado di lasciarmi morire mentre si tiene mano nella mano con quella strega?
"Ti vedo turbata... non era mia intenzione. Volevo solo che non ci rimanessi male in caso succedesse il peggio."
"Non preoccuparti, Cassie. Non mi farò influenzare da nulla. Sarò matura."
Battemmo un sonoro cinque e ci incamminammo a passo spedito.
Il castello era più grigio del solito, i corvi ci avevano seguito per assistere alla nostra sconfitta.
Sembrava che anche il tempo ci venisse contro: dei nuvoloni densi correvano nell'aria per lanciare una gelida bufera di neve.
Ogni passo diventava più pesante. Avvicinarsi al nemico emanava delle sensazioni contrastanti. Volevo che tutto finisse al più presto, senza lasciare feriti.
Non si sentiva alcun rumore. Sembrava che il tempo si fosse fermato e che sarebbe ripartito solo dopo lo scontro decisivo.
Avevo poca voglia di riguardare in faccia Miranda, tantomeno di stare nella stessa stanza con lei e Alcina.
Volevamo puntare all'effetto sorpresa: nessun avviso, imprevedibile anche se i corvi le avessero rivelato qualcosa.
Ci infiltrammo nella miniera di Moreau per ritornare nelle segrete da cui eravamo fuggite con Rose.
"Se Miranda ha catturato Ethan è probabile che lo porti nella sala dove teneva sua figlia: la stanza dei sacrifici." decretò Cassandra.
Non riuscivo a prefigurare un attacco concreto, un ideale efficace e ben strutturato. Speravo principalmente in un'illuminazione occasionale.
Immaginavo che avrei saputo come comportarmi di conseguenza alla situazione.
In ogni caso non avevamo granché scelta, perché se non avessimo agito noi o non ci fossimo almeno poste in assetto di difesa, Miranda avrebbe comunque attuato il piano.
Di sicuro aveva notato la scomparsa di Rose e si era allarmata.
Raggiungemmo i sotterranei del palazzo ricolmi di umidità. I prigionieri erano ancora tutti lì, a pregare di essere salvati da dietro le sbarre. Un passo falso e saremmo finite così anche noi: peggio che morire.
Udimmo dei passi, rumore di tacchi avvicinarsi progressivamente.
Doveva essere Alcina: avrei riconosciuto quell'andatura tra mille.
Accennai a Cassandra di nascondersi. Era giunto il mio momento di provare a stravolgere la situazione.
La donna girò l'angolo tenendo stretta una lanterna nella mano destra.
Si guardò intorno prima di notarmi.
"Ginevra? Cosa ci fai qui?"
"Shhh, abbassa il volume, se non vuoi che muoia."
"Ma cosa stai dicendo?" domandò come se fosse ignara della situazione che lei stessa aveva creato.
"Sarò sincera con te, brutalmente onesta: Miranda vuole vedermi morta e non ho più speranze di resa. Sei l'unica che può svolgere un ruolo determinante in questo dilemma, l'unica che può davvero sconfiggerla. Ti prego, Alcina, pensaci su." le afferrai una mano, titubante "Fallo anche solo spinta dall'amore che c'è tra noi due." abbassai lo sguardo "Sempre se esso è più valido del sentimento che provi per Miranda."
Mi rivolse il solito sguardo intenerito, da adulta saggia e sensibile: "Oh, tesoro, quali sciocchezze vai dicendo? Ti comporti proprio in modo strano ultimamente!
Si abbandonò a una risata tetra. Per quanto potesse nasconderlo, non era più lei. Miranda si era portata via una parte di sé, l'aveva trasformata.
"Vieni con me, tesoro, risolviamo questa faccenda e non pensiamoci più."
Mi afferrò un braccio stringendolo molto forte, strattonandomi perché mantenessi il passo.
Mi voltai a guardare Cassandra, pronta ad agire in corrispondenza alle decisioni di sua madre.
Alcina mi condusse in una stanza ben arredata, lussuosa, con un divanetto e un camino, somigliante parecchio al salone del suo castello.
Non c'erano finestre, eppure era parecchio illuminata. Tutta quella classe in un luogo di sacrifici umani aveva una nota di paradosso.
Lungo le pareti si alzavano decine di scaffali con centinaia di volumi di diverse dimensioni e colori.
"Ti piace qui?" mi chiese Alcina, sedendosi accanto a me sul sofà e accarezzandomi una coscia.
Accennai un debole sorriso.
"È il mio mondo. Miranda ha costruito questa stanza solo per me. Quando mi allontano dal castello, vengo qui a schiarirmi le idee e ad assaporare il piacere della lettura. Gradisci del tè?"
Non compresi come mai mi stesse mostrando tutto ciò. Da una parte poteva essere una pura condivisione di una sua passione, una dimostrazione d'affetto di un livello superiore, ma dall'altra (forse più probabile) poteva trattarsi solo di un'ennesima esaltazione di Miranda per oscurarmi.
Pur avendo un mare di dubbi, mi abbandonai tra le sue braccia ricercando quel senso di pace ormai perduto.
Sentii bussare alla porta. Maledissi le circostanze.
Miranda entrò con una maschera nera che le copriva il volto e un vestito talmente lungo da nasconderle i piedi.
"Non credevo avremmo avuto ospiti. Oh, beh... Uno spettatore in più per il nostro piccolo evento."
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