Capitolo 16
Provò a fuggire dalla navata centrale, eravamo due contro uno, anzi, Alcina faceva per tre.
Allora fece qualcosa che nessuna di noi si sarebbe aspettata: sfilò un machete dal suo zaino e colpì il vetro di fronte, sfondandolo quasi completamente.
Provammo a tenerlo, ma Ethan fu più rapido.
L'ultimo attimo in cui lo vidi, fu quello in cui si lanciò di sotto, a picco.
Il castello era stato costruito sulla cima di una montagna, con dirupi, versanti scoscesi.
Si gettò nel vuoto come un pazzo suicida e scomparve nella tetra, fitta nebbia dei boschi della Romania.
Non commentammo quella scena: fu uno shock per entrambe.
Qualcosa in me, però, sapeva che non poteva essere finita lì: lui amava sua figlia, avrebbe fatto qualunque azione umanamente possibile pur di salvarla dalle grinfie di Miranda.
Io conoscevo bene quel sentimento, tanto brutale da spingere a compiere imprese folli, sconsiderate, autodistruttive, misere agli occhi delle persone sole ed insensibili.
Da un punto di vista marginale ammiravo Ethan Winters, stimavo il coraggio intrepido che l'aveva portato a spingersi fino a laggiù.
Quella determinazione serviva d'esempio ai prodighi, ai codardi.
Se solo Alcina non avesse preso così in simpatia Madre Miranda, le cose sarebbero state più semplici... avrei potuto aiutarlo più in termini pratici.
Ero disperata, ma lui non poteva uccidere l'amore della mia vita: tutta quella situazione era una grandissima antitesi, un controsenso gigantesco. Entrambi sapevamo cosa si provasse, ma eravamo l'una contro l'altro, come se una stessa situazione messa in contesti diversi potesse provocare un effetto a farfalla che colpisse qualunque essere entrasse nell'occhio del ciclone.
Quell'intera faccenda era un filo sottile, sottile ma infido, difficile da spezzare.
Ci arrendemmo all'idea che quell'uomo fosse scomparso.
Tornammo alle nostre faccende, fingemmo che tutto ciò non fosse mai accaduto, ci comportammo come due bambine che immaginano un mondo distopico solo per il piacere di dimenticarsi per qualche istante di quello in cui vivono realmente.
La osservavo intensamente, come un lupo in agguato; più i miei occhi la scrutavano, più il mio cuore batteva a ritmo con la melodia d'amore che echeggiava nella mia cassa toracica.
Non avrei mai potuto guardarla con occhi diversi: la donna della mia vita, sicuramente, non potevo definirla in maniera altrettanto concisa.
Tutte le più belle parole mi venivano in mente in sua presenza: le rime più astruse per le mie poesie tanto dedicate, le note per le canzoni a lei ispirate.
Le avevo donato la parte migliore di me, tutto ciò che potevo servirle su un piatto d'argento senza che si frantumasse in mille pezzi prima di raggiungere la destinataria.
L'amore era un mondo così complicato, staccato dalla realtà, ma perpendicolare. Vi era, infatti, un frammento che li intersecava, il quale consisteva nell'unica via aperta per far incontrare le proprie anime e unirle.
"Il mio sole di mezzanotte, l'ingannevole riflesso dell'acqua, luce completamente bianca, che mi avvolge nei momenti più bui per riportarmi sul cammino della felicità."
"Un po' banale, devo dire..."
Il sorriso sul mio volto sparì, lasciando spazio ad una tristezza sconfinata.
"Sto scherzando, tesoro!" ribadì lei, coccolandomi come meglio sapeva fare: "Non credevo di poter incontrare nella mia esistenza una persona così affettuosa, capace di scrivere opere tali per colmare il tassello..."
Probabilmente non seppe come continuare, di fatto lasciò la frase interdetta.
Era davvero bella. Forse lo dicevo perché l'amavo, questo sì, ma il suo volto aveva delle caratteristiche unicamente perfette, in tutti i suoi difetti (che io, peraltro, non riuscivo a notare, a concepire).
Impossibile sarebbe stato tirar fuori dalla mia mente il groviglio di pensieri che la assillavano.
Avevo un'emotività tosta da contrastare.
"Possiamo fare un passo avanti?"
"Ci sono varie tipologie di miglioramenti che potremmo arrecare al nostro rapporto. A quale ti riferisci in particolare?"
"E se ricominciassi a darle del lei, fingendomi succube?" proferii trascinando le parole, allungandole per dare un tono più rilassato.
Ridacchiò: "Sei la mia salvatrice, altro che succube: la tua iniziativa è necessaria."
Avevamo una personalità molto simile, ma la sua era distinta per il grande ego.
Io, viceversa, tendevo a sottovalutarmi e preferivo restare nell'ombra a riflettere.
Tuttavia una delle ragioni per cui mi ero messa in testa di conquistarla era proprio quel suo lato egocentrico: mi mandava fuori di testa.
"Oh, come vorrei sapere cosa ti frulla in quella energica testolina sempre attiva..." commentò agguantandomi lateralmente per il capo.
La nostra sintonia andava oltre il desiderio appena espresso, ci completava e ci permetteva di arrecare cure reciproche, dunque la capacità di leggerci nel pensiero era quasi reale.
Mi avvicinai alla finestra per fissare l'enorme, fitto bosco che circondava il castello.
La sua mano sulla mia spalla.
"Pensi che Ethan sia ancora vivo?"
"Non lo penso, lo so. Ne sono certa."
"Come mai tutta questa convinzione?"
"Perché è mosso da un sentimento d'amore."
E dopo quella profonda riflessione la guardai negli occhi; nonostante la sua altezza mi parve di essere sullo stesso piano: "Credi che io non farei la stessa cosa se al posto di Rose ci fossi tu? Sarei capace di correre rischi mortali pur di trovare un'occasione per stringerti di nuovo tra le mie braccia e mantenere il giuramento di protezione che ti ho fatto!"
Gettai il mio corpo sul suo, l'abbracciai come mai avevo fatto prima di allora: questa volta non c'era solo passione riservata alla camera da letto, bensì gioia di vivere.
Ero grata di essere in vita e poter dire di aver conosciuto il sentimento più bello al mondo.
Pranzai con una veracità acuta. Daniela mi osservò attentamente, presa alla sprovvista da quell'insolito comportamento.
Probabilmente voleva fare una battuta pungente, ma era troppo assorta da quella mia foga.
"Bestiale..." commentò Cassandra.
"Quante energie perse..." echeggiò Bela.
Allora in quel momento Daniela scoppiò, presa dall'ispirazione: "Mamma, confessa, cosa le hai fatto per farle venire tutta 'sta fame?"
Un coro di risatine l'accompagnò, persino una ragazza della servitù di cui non ricordo il nome parve divertita.
Alcina piegò leggermente la testa, spalancò le palpebre e fulminò la figlia con uno sguardo poco divertito: "Stai tirando troppo la corda, te lo faccio notare. Alla prossima ti spedisco da Heisenberg. Vediamo quanto scherzi ancora!"
Si pulì i lati della bocca col tovagliolo: "Ironia a parte, stai davvero mangiando troppo, draga mea. Come farà a starti tutto nello stomaco?"
"Non lo so... Sento il bisogno di divorare carne. Il problema di questa necessità è che si esprime in chiave troppo letterale."
Dubitavo fosse fame nervosa, ma di certo non era un atteggiamento abitudinario.
Lasciai cadere le posate: "Se il mio fisico non si ferma, mi opporrò con la mente. È possibile che sia un altro effetto del Cadou?"
"Plausibile senz'altro... Ogni corpo ha reazioni diverse."
"Confesso che mi sarebbe piaciuto crescere di qualche centimetro come hai fatto tu." ironizzai con gusto.
"Forse intendevi qualche metro." aggiunse Daniela.
Quella ragazza aveva una vera e propria dipendenza per gli scherzi: sdrammatizzava di continuo e non riusciva a prendere seriamente quasi nulla.
Non so bene se lo facesse per attirare la mia attenzione o semplicemente perché quella era la sua natura, ma era impossibile da non notare.
Continuai a sentire lo stomaco vuoto, pur avendo ingerito quantità devastanti di cibo: carne, verdura, uova, pane, dolci, forse anche del pesce, tutto accompagnato da salse decisamente pesanti.
Le cameriere mi guardarono come se fossi un mostro più mostruoso dei mostri canonici.
Mi alzai e andai in giardino per fare due passi e distogliere lo sguardo dalla tavola imbandita. Ovviamente Daniela non si lasciò scampare l'occasione per venirmi dietro.
"Certo che guardavi quel piatto con più passione di quanto nom faccia coi fianchi di mia madre."
"Stai iniziando a riciclare le tue stesse battute o è una mia impressione?"
"La monotonia delle mie battute è solo legata alla monotonia della tua esistenza all'interno di queste mura, dolcezza!"
Gettai gli occhi al cielo: "Seriamente, Daniela, cos'è che vuoi?!"
"Farti aprire gli occhi."
"Sei persino più gelosa di me e fidati che non è un complimento!"
Quell'atteggiamento così appiccicoso mi stava seccando. Non era una maniera sana di avvicinarsi, anzi, si stava comportando da vera tossica.
"Suvvia, Ginevra! Aggiornamenti su Winters, piuttosto?"
"Non lo sai?"
Aggrottò le sopracciglia e scosse la testa, a braccia spalancate: "Ti aspettavi che leggessi nella tua mente o cosa?"
"Credevo che Alcina fosse entusiasta di notificarlo."
"A quanto pare non è così..."
Appoggiai i gomiti sul bordo del corrimano che accompagnava una delle piccole scalinate esterne: "Nonostante tua madre l'abbia scampata, temo sia ancora in circolazione. Anzi, lo spero... Forse è la chiave per eliminare Miranda definitivamente."
sospirai "Inoltre ho ancora un debito da saldare col Duca. Mi toccherà andare a cercare Ethan se voglio risolvere qualcosa."
"Vengo con te!" esclamò Daniela.
"Sei disposta sul serio a cercarlo?"
"Certo che sì! Credi sia divertente trascorrere le mie giornate chiusa qua dentro senza la minima motivazione per uscire? Ti rispondo io: per nulla!"
Anche il suo punto di vista aveva senso, dopotutto chi avrebbe rinunciato ad una bella avventura. L'unico problema che insorgeva era il tempo. Non conoscevo le clausole del Duca in termini di prestiti e mi chiedevo continuamente se l'attesa avesse aumentato gli interessi.
"Siamo in un vicolo cieco però..." rammendai senza speranze.
"Ne sei certa?"
"Ovvio che sì. Dopotutto potremmo anche star cercando un cadavere per quanto ne sappiamo. Ero così eccitata al pensiero di poter ricadere tra le braccia di Alcina che mi sono completamente dimenticata di quel dannatissimo debito! Potrei dover rubare il fucile a pompa ad un uomo morto!"
Daniela cambiò espressione, il suo volto divenne gelido come le vette delle Alpi Svizzere: "Non avrei voluto confessartelo per non complicare ad oltranza il nostro rapporto o semplicemente il contesto in cui viviamo, però ho la certezza che Ethan Winters è vivo e sta cercando di farsi strada verso il castello di Miranda."
Spalancai la bocca dall'incredulità: "Scusami, in che senso?"
Protrasse le mani, stendendo le braccia verso di me: "Giuro che avevo intenzione di dirtelo, ma sembravi così fiera di condurre una nuova avventura. Lo so che tutto questo non è un gioco e che dovremmo notificarci qualunque piccolo avvenimento, anche se apparentemente insignificante, tuttavia non ne ho avuto il coraggio." abbassò lo sguardo e si morse le labbra "Ero curiosa di vedere l'esito del vostro scontro, così mi sono affacciata dalla cima della torre che ospita la chiesetta. Vi ho spudoratamente spiato, lo ammetto. Ho visto Ethan piombare giù dal precipizio, ma aveva un rampino legato alla cintura. Lo ha scagliato appena ha raggiunto l'altezza degli alberi ed è rimasto appeso ad un ramo bello robusto. Dopodiché ha continuato la discesa in sicurezza. Per via della ripidità del crinale, voi non siete riuscite a vederlo, ma io sì. Ho aspettato che tornaste nella zona principale del castello per avvicinarmi a quell'uomo, volevo vedere il suo volto da vicino, senza che fosse terrorizzato da alcun mostro; volevo misurare le sue emozioni basandomi sulla sua stessa faccia. Ho visto il suo sguardo, uno sguardo stremato e passionale. In quell'uomo, Ginevra, ho visto il tuo riflesso, i suoi occhi esprimevano il tuo stato d'animo. Tutta la fatica che sta compiendo per l'amore della figlia lo sta riducendo in pezzi, ma lui continua senza perdere la motivazione perché qualcosa in lui lo smuove dal profondo del cuore. Ti giuro che mi dispiace, ma non sapevo cosa ti frullasse per la testa, cosa mia madre avrebbe fatto..."
La interruppi: "La riflessione che hai appena portato a galla l'ho fatta anche io. Ovviamente non ho la percezione di me stessa che hai tu o che può avere qualunque estraneo, ma so riconoscere un sentimento determinato quando mi trovo davanti una persona che lo prova. Sento di voler proteggere Ethan."
Sorrise.
Rientrammo in sala senza guardarci, ma ben consapevoli di quel che avevamo tirato in ballo col nostro discorso.
Alcina non doveva assolutamente venire a conoscenza della posizione di Winters, o l'avrebbe subito riferita alla strega.
Non avevo intenzione di parlarle, sapevo quanto fosse rapita dalla sacerdotessa e quanto potesse essere difficile distogliere l'attenzione da qualcosa di tanto piacente, perciò potevo solo sperare di riuscirla a raggirare per bene.
"Tu e Daniela avete trascorso un po' di tempo là fuori. Spero non ti abbia infastidito, non amour." accennò Alcina, con un tono leggermente provocante.
"Non essere turbata. La nostra amicizia fila liscia come la mozzarella sulla pizza. Abbiamo semplicemente capito di essere solite fare osservazioni pressappoco simili e molto approfondite."
"Ah ah. Del tipo?"
Mi iniziò a sfiorare il braccio e a scrutare dall'alto in basso per mettermi in evidente difficoltà e manipolarmi fino a farmi cedere.
"Del tipo... quanto sei bella, oggi! Sai cosa ti donerebbe davvero? Un abito rosso!"
Sorrise: "D'accordo, cherie. Fingerò di non averti visto dubbiosa e tremolante di fronte alle mie richieste ed indosserò qualunque cosa possa rendermi più gradevole si tuoi occhi."
"Mi sembra una trovata magnifica" sussurrai col sorriso sulle labbra ed una voglia matta di scordarmi qualunque cosa stesse fuori dalla sua stanza da letto.
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Spazio autrice:
Ed eccoci qua, superata da un pezzo la metà di questa fantastica e irrealistica avventura, ad inaugurare l'uscita del sedicesimo capitolo.
Nonostante abbia già scritto un bel po', prometto che la strada per il finale è ancora abbastanza lunga.
Spero sempre ci sia qualcuno che voglia rimanere a leggere la fan fiction e giunga al finale.
Purtroppo so bene quanto possa risultare complesso dover stare al passo con la lentezza degli autori... :,)
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