V
"Ogni luce ha la sua ombra e ogni ombra ha il mattino successivo."
~Niccolò Copernico
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Sei forse venuto a restituire i gioielli al mio cuore? Sei venuto a rimontare i pezzi? Cosa ci fai qui?
È in piedi, gli tremano le gambe. Lo scruta come fosse la cosa più bella al mondo, il miracolo della vita, un angelo inviato a salvarlo. Lui pensa di essere ombra, ma può un'ombra mai illuminargli così tanto il cuore?
La terra frana sotto i suoi piedi, il mondo ruota a una velocità maggiore di tutti i suoi pensieri, lo supera, lo costringe a rincorrerlo, e Simone si affanna, improvvisamente respira male. Non vede più nulla, la vista è offuscata, lui è qui, è venuto qui, mi ha seguito. E allora forse è vero che è un'ombra, ma se lo è, è l'ombra più brillante che sia mai esistita.
Una voce si insinua presto tra i meandri più bui dei suoi pensieri, spezza l'incantesimo, lo convince, perché gli appare troppo vera per essere solo un fantasma della realtà.
E allora Simone torna indietro, osserva, si concede il privilegio di godere di quella vista, quell'uomo che ama alla follia, i suoi riccioli chiari, la sua anima riflessa negli occhi che ormai sono stati privati di ogni muro di difesa.
È per me che li hai distrutti, i tuoi muri?
"Allora? Me fai entra', Simò?"
È sfacciato, come sempre. Simone si sente coccolato da quella voce, è abitudine, la percepisce vicina come l'abbraccio di una madre, si sente al sicuro tra le braccia di essa. Eppure, riconosce il brivido in quella carezza, l'insicurezza mal celata nel tono, e si culla anche in questo, nella consapevolezza che Manuel abbia ancora paura, ma paura di perdere lui.
La sua mente prende a fare quello che fa sempre, esamina, controlla, muove gli ingranaggi di nuovi pensieri. Si limita a fissarlo, lui con il suo zainetto sulle spalle, in una città che non conosce; un bambino sperduto, Alice alla ricerca del Paese delle Meraviglie.
E Simone è matto, proprio come il cappellaio, e desidera ardentemente portare Wonderland alla sua Alice.
Una nuova idea gli scava la mente, e sorride.
Ti meriti tutte le meraviglie del mondo, e anche di più, benché tu non riesca a vederlo.
"No."
Una folata di vento che fa cadere un castello di carte. Un'interruttore che spegne la luce, due mani che piegano un foglio in due, lo strappano, lo stracciano, ne calpestano i pezzi restanti. Tra le pieghe del viso del più grande, Simone legge entusiasmo crollato, e si sgrida mentalmente per aver causato quella reazione.
Le labbra di Manuel si piegano all'ingiù mentre quelle del corvino eseguono il movimento opposto.
"A ridi pure? So venuto fino a qua e non solo non me fai entra? Me ridi pure n'faccia? Sai che c'è—vaffanculo Simò. Statti bene te e er fidanzatino tuo."
Succede tutto troppo in fretta. È un'operazione così semplice da risolvere, il suo cervello quasi si scandalizza. Due più due. Manuel mi ha trovato, c'è solo una persona che conosce questo indirizzo, ed è perfida.
Quasi scoppia a ridere, ma sa che potrebbe peggiorare solo la situazione, visto che il biondo già si sta impegnando ad andarsene.
Il corpo di Simone reagisce d'istinto, un riflesso naturale, quello di trattenere con te le cose che ti fanno sentire protetto, bene, amato. E così gli cinge il braccio, mano nuda su pelle nuda, scosse elettriche lungo il corpo di entrambi, vulcani che esplodono nei loro occhi quando si incontrano, reazione naturale, anche se sembra ai confini della naturalezza, quasi magica.
È un incantesimo, sono stregati l'uno dall'altro: si studiano fino a fondo, esplorano gli angoli di loro stessi esplorati, li amano tutti.
Per la prima volta dopo anni, si vedono davvero.
"La casa è vuota. Carmine, sua moglie e sua figlia sono usciti poco fa."
Anche Manuel, incapace per quanto riguarda la matematica, sa fare due più due. Gli compare in viso tutto il suo risentimento nei confronti di Laura; Simone ridacchia sotto i baffi.
"Allora...allora me fai entra'?"
Un ape alla ricerca di miele, senza il quale non può vivere. La richiesta è la supplica di un naufrago convinto di essere destinato alla morte, e Simone è la terra, è il miele, è tutto quello che può fare felice un uomo perduto.
Quando gli regala un sorriso, Manuel inizia a credere in Dio, anche se le sue parole non sono proprio quelle che si aspettava di sentire.
Ma non fa nulla.
Dio deve esistere, altrimenti da dove viene tanta bellezza?
"No. Sei venuto a Napoli no? È no' spreco non portarte en giro. Aspettame qua', prendo delle cose e usciamo."
Non gli lascia il tempo di replicare, lascia la porta aperta dietro di sé e sale le scale. Prepara uno zainetto con tutto il necessario. I suoi occhi, prima di uscire dalla stanza, si posano sul libro che giace sulla scrivania, libro che ha riempito di lacrime, sogni e paure.
Lo afferra, lo infila in borsa e torna da Manuel.
"Andiamo a piedi."
È l'unica cosa che dice.
Stanno in silenzio per tutto il tragitto. Lo sente ciondolare dietro di lui, il suo angelo custode, il suo scudo dal mondo, il suo piano d'appoggio quando sta per cadere. L'incertezza della sua presenza, ma la certezza del suo esserci, perché lui è in tutto quello che fa, che dice o che vede, non lo lascia, non lo lascerà mai.
E così camminano.
Lenti, distanti circa venti centimetri l'uno dall'altro, distanza troppo corta per le migliaia di parole non dette, ma loro hanno la capacità di comprimerle, di renderle di poco valore. Si amano troppo perché sia esprimibile a parole; e poi, dalle macerie si possono creare ponti.
Per ora, mentre camminano seguendo la linea dell'orizzonte, a loro sta bene così.
Simone inspira la brezza marina, sa la strada per raggiungerla a memoria. Il mondo sa di sale e sabbia, una combinazione strabiliante, affascinante, imperfetta come quei due uomini che ancora non hanno il coraggio di tenersi per mano.
Ma il mare ha coraggio, Simone lo sa.
Per questo è lì che sta portando tutti e due.
D'un tratto si ferma, sono passati circa dieci minuti e sono arrivati a destinazione, anche se la mia destinazione sei sempre stato tu.
Una scalinata si apre affianco a loro, Manuel la guarda, ha già capito ma non vuole sperare in tanto romanticismo, non può permetterselo.
Eppure, quando meno ci crede, Simone fa quello che fa sempre: gli da' certezze.
"Togliti le scarpe. Scendiamo."
Lo fanno entrambi, copiano i loro stessi gesti, non si staccano gli occhi di dosso, vorrei passare la vita a guardarti, perché ci abbiamo messo così tanto tempo?
Ma forse quegli anni gli sono serviti, forse il tempo è stato giusto, per una volta, a separarli, perché se non lo avesse fatto avrebbero di sicuro corso, e uno dei due, inevitabilmente, sarebbe inciampato nella paura comunque.
Meraviglioso tempo, che non ne sbaglia una eppure le sembra sbagliarle tutte, per chi non è capace di comprenderlo.
Ogni scalino pestato è una preoccupazione schiacciata dall'amore, finché la sabbia soffice e fresca non coccola i piedi, come le braccia di chi ti ama quando finalmente ti ritrova.
I passi si fanno più pesanti sulla spiaggia, il sole inizia a cedere il posto alla luna nel cielo, lento, colorando il cielo di un rosa opaco, mentre Simone cerca un punto adatto in cui sistemarsi.
A un certo punto si ferma, tira fuori un'asciugamano enorme dallo zaino. Manuel lo lascia fare, immobile sotto lo sguardo di Napoli.
Il corvino si siede con i gomiti sulle ginocchia, rivolto al mare. Fa un cenno con la testa, lo invita a fare lo stesso.
Manuel prende posto accanto a Simone nella stessa posizione, senza dire una parola.
Il silenzio è quasi piacevole, ma è una lastra di ghiaccio sottile nell'oceano Atlantico, è destinata rompersi, ad essere scalfita da qualcosa di più grande, di più importante.
Alla fine, succede.
Ma è piacevole anche quello.
"Perché sei qui?"
La domanda è lecita, la risposta difficile.
Simone aspetta.
Sotto quel cielo, con l'uomo che ama a un tocco di distanza, gli sembra di avere l'eternità a disposizione.
Manuel sospira al suo fianco.
"Perché so n'coglione, e capisco fin dove me spingerei pe' qualcosa soltanto quando penso che me l'abbiano rubata sotto er naso."
Il più piccolo scoppia a ridere. È una melodia leggera, i tasti sfiorati di un pianoforte, la bassa marea che cozza contro degli scogli, un'onda che si ritira, il canto degli uccelli.
Ridi, ti prego, sempre. Mi vibra il cuore della tua risata.
"E quarcun artro non o' sa che sei qui?"
Simone sta giocando, ma non lo sta prendendo in giro. La loro perenne complicità agisce come un piccione viaggiatore, Manuel lo percepisce, e un po' si scioglie.
"Se esistesse, non approverebbe de certo."
Due occhi ambrati dal tramonto scattano verso di lui.
"E perché?"
"Perché tecnicamente, pe' quello che so venuto a fa, so corna."
Gli angoli della bocca di Manuel si incurvano, beffardi. Simone sente il cuore battere forte, i suoi timpani vibrano sotto lo sguardo dell'altro.
Analizza i suoi contorni, ogni singola curva del suo viso, le imperfezioni della pelle, l'accenno di barba che quasi può sentire pizzicargli la guancia in un bacio immaginario, la mascella marcata, il pomo d'Adamo, che vorrebbe baciare fino alla pazzia, come ogni altro centimetro di lui.
Per riprendere l'uso della parola, tenta di fare un respiro profondo, ma quasi se ne pente quando l'odore di bagno doccia al cocco gli inebria le narici. Poi, per via di qualche strano ingranaggio presente nel suo corpo, quel profumo funge da motore alle sue corde vocali; complici, lo spingono a parlare.
"E che sei venuto a fa?"
Il più grande si morde il labbro inferiore.
Non serve che lo faccia tu, lascialo fare a me.
"A donarmi a te, Simò. Se tu me voij ancora, e pensi che è abbastanza."
Non è un desiderio di possesso, il suo. Non è venuto a riprenderselo, non come aveva prestabilito in partenza; quest'idea è stata già abbandonata durante il viaggio. È venuto a regalarsi a lui, ad accettare tutto quello che gli può dare, ad aspettare che lo completi, una volta per tutte, con il suo amore.
È più che abbastanza. È troppo, è così troppo che lo devo condividere con te.
Simone è troppo occupato a incassare il colpo, non risponde. Manuel, però, reagisce male; distoglie gli occhi, velati di lacrime, lascia di nuovo che i timori prendano il posto del sangue nelle vene, gli facciano battere il cuore.
Il più piccolo però se ne accorge, gli posa una mano sulla guancia, gli volta il viso piano, lo implora di guardarlo; nelle iridi ha le stelle, è tutto merito suo, e lui deve vederlo, quel cielo stellato di cui lui stesso è artefice.
"Manuel. Voglio che mi guardi negli occhi."
L'altro prende coraggio colmando i polmoni di ossigeno, e lo guarda.
Brucia, sotto il sole di giugno, davanti al mare, nel cratere di un vulcano, nell'anima di Simone.
Mi stai condannando a un rogo eterno.
"Tu pensi di non meritarti il mio amore, ma non è così. Tutti hanno paura, prima o poi—ma non importa quanta paura abbiamo, o quanto tempo ci mettiamo a superarla, l'importante è che prendiamo coraggio e lo facciamo. Il giorno in cui hai deciso di spedirmi quel libro, è quello il giorno in cui ti sei meritato tutto quello che ti voglio dare. E io ti voglio dare amore, Manuel, perché sei l'unico al mondo che se lo merita, perché ti ho scelto, e perché sceglierei di amarti anche se amare fosse una scelta. Perciò, Manu, se te lo stai chiedendo ancora, se ancora hai dei dubbi, è un si. È un si, sei abbastanza. È un si, sei più che abbastanza—sei tutto, Manuel."
Il vento gli scompiglia i ricci, Simone ci infila le mani, ci si perde in mezzo, come si perde tra i vicoli del cuore di Manuel, che il ragazzo gli sta mostrando per la prima volta.
Il più grande chiude gli occhi al contatto, si sporge spontaneamente in avanti, schiude le labbra, rilascia un sospiro. Poi, si rilassa contro la fronte del corvino, mischia le loro febbri, il loro dolore, il loro amore. È un gesto intimo, più intimo di quella notte scolpita nei sogni di entrambi, perché anche se il sole sta morendo in cielo, è ancora giorno, c'è ancora tempo, c'è tutto il tempo.
E le loro sagome, abbandonate a se stesse, sono le sole protagoniste di quello spettacolare paesaggio di migliaia di sfumature, colori, emozioni. Insieme dipingono un nuovo cielo, uniscono costellazioni come stanno facendo con le loro mani, intrecciano fili del destino tra le stelle come fanno con le loro dita.
Si amano, e si stanno dando tutto solo sfiorandosi; il momento è così magico da fare invidia alle fate di tutti i mondi.
"Simone..."
"No."
Scuote la testa, il movimento quasi impercettibile, eppure sentito dai sensi attenti di Manuel, ognuno dei quali concentrato sulla persona davanti a sé.
"Non dirlo. Dillo quando non ti sentirai costretto a farlo dalla paura che vada via. Promettimi che aspetterai che io rimanga—promettimi che mi guarderai farlo."
Manuel spalanca gli occhi, sentendo le palpebre dell'altro alzarsi senza neanche guardarlo. Lo sa, perché conosce ogni sua singola reazione ad ogni singola situazione. Lo sa, perché le ha fatte tutte sue.
Io sono Heathcliff. Lo ha detto una volta la protagonista di un romanzo, riguardo all'uomo che amava. Manuel ora capisce cosa vuol dire. Vuol dire essere un'unica anima, nutrirsi dell'amore per l'altro, non per fame, ma per semplice, puro piacere.
Io sono te, tu sei me. Ti troverei ai confini del mondo, perché lo faresti anche tu.
Ti amo.
"Te lo prometto."
Simone azzera le distanze, le parole sono abbastanza. Lo fa con un movimento dolce, cercando le sue labbra come se fossero entrambi in fondo all'abisso, alla ricerca di ossigeno, e potessero trovarlo solo l'uno nell'altro.
Una sigaretta consumata, la birra fresca sulla lingua, una sorriso che vibra sulla bocca, la primavera e il ricordo del cemento fresco. Tutto questo è in Manuel, i ricordi, che scorrono sotto le sue dita proprio come la pelle del più grande.
I loro baci rubano la luce, lasciano il posto alla notte, ma non importa più se arrivano le ombre, perché quei due cuori sono stati già bagnati dal sole.
Il buio che finalmente si illumina, il fuoco in una caverna gelida, due opposti, anime uguali, capaci di scrivere i loro destini senza doversi attenere le stelle, perché le stelle siamo noi, ora, dannazione, non siamo più solo oscurità.
Così, due uomini si assaggiano tra le ombre, conoscendosi altre cento volte, come fosse la prima. E non importa se di notte nulla ha valore: perché tanto, insieme, loro sono la certezza del giorno.
***
Un bacio delicato sulla fronte, carico di raggi solari e dolcezza. Una mano grande che coccola i suoi ricci, il respiro caldo sulla guancia, un petto che si alza e si abbassa sotto la sua mano, un sussurro come sveglia simile al suono del vento.
"Manuel..."
Ed è il più bel risveglio della sua vita. Nudo, sudato, coperto da un leggero lenzuolo bianco di seta, il suo corpo perfettamente incastrato a quello dell'altro. La prima cosa che vede quando apre gli occhi è il luccichio del collo bagnato di Simone; un diamante raro, ritrovato in una grotta scura e finalmente portato alla luce del sole.
Manuel si illumina.
"Buongiorno." risponde con un fil di voce, mentre il più grande sorride.
Le dita tra i suoi ricci non si fermano mentre lui sfiora la sua guancia con il polpastrello, scendendo fino alle labbra, per poi schioccargli un bacio.
Denti contro denti, sorriso contro sorriso, bocca contro bocca, cuore contro cuore. Una stanza solo loro, un letto a una piazza e mezza che si sono fatti bastare, una notte di scoperte, di nomi mormorati alla luna, proprio come i vecchi tempi. Ma di vecchio non c'è niente, perché stavolta, quando si risvegliano, sono uno.
"Dai, alziamoci. Dopo pranzo abbiamo il treno, e devo prepara' la valigia."
È Simone a spezzare quella magica atmosfera, che poi neanche tanto importa, perché la magia, quando sono insieme, li segue ovunque.
E così si alzano, sciogliendo le mani. Ma non importa, perché le loro anime sono legate ora, tra le pieghe del tempo, e, se esiste davvero, allora anche per sempre.
Si vestono, si guardano, poi scendono al piano terra, dove Nina e Carmine li accolgono con un sorriso raggiante, proprio come hanno fatto la sera prima, quando sono rientrati per cena. Non hanno chiesto alcuna spiegazione in quella circostanza; i due migliori amici si sono semplicemente scambiati uno sguardo, e, per mezzo di quella loro particolare sintonia, si sono capiti.
La colazione profuma di caffè, cornetti appena sfornati e allegria. Futura intona una delle sue canzoni dal seggiolone, Nina ride di gusto, Carmine e Manuel chiacchierano e vanno stranamente d'accordo, mentre Simone osserva e si gode ogni singolo minuto circondato dalle persone che ama.
"J' brillan j'uocchj quann parla e te."
Bisbiglia Nina d'un tratto, fornendo con la sua voce una distrazione dalla conversazione che i due ragazzi stanno avendo e Simone sta attentamente seguendo. Le sue labbra si incurvano teneramente, proprio quando Manuel finisce di raccontare di quella volta in cui hanno rubato un auto.
La riccia sorride di rimando, e non dice più nulla.
Non serve.
Terminata la colazione, Manuel e Simone salgono nuovamente in camera loro, e il più piccolo inizia a racimolare i panni da mettere in valigia.
Il biondo, poggiato delicatamente con le spalle al muro, smarrisce gli occhi in ogni suo singolo movimento, lo segue da una parte all'altra della stanza, imprime con cura nella sua mente quel momento, lo infila in un barattolo di vetro e si promette di non aprirlo mai, così che non possa volar via con il resto del tempo.
In quella quotidianità, Manuel vede il conforto della loro vita vissuta insieme, attimo dopo attimo, battito dopo battito, bacio dopo bacio.
Simone è la stella nella sua notte, e soli, l'uno senza l'altro, non sono equilibrati, buio gelido e luce scottante, ma insieme, insieme sono il cielo.
E ora che Manuel ha visto il cielo brillare per la prima volta, sa che non potrebbe essere altrimenti; è l'universo stesso ad obbligare la coesistenza di oscurità e splendore, proprio come è l'universo a spingerli l'uno verso l'altro, costantemente, sempre.
E allora, Manuel capisce.
Capisce che Simone non andrà mai via, perché la loro esistenza sarebbe estrema, nauseante, moribonda, se non la condividessero. La realizzazione è scottante, carbone rovente sul cuore, e Manuel brucia d'amore per Simone.
Ti amo. Ti amo, perché non mi lascerai più, e ora ne sono sicuro.
"Ao, ma me la voij da una mano si o no?"
La sua voce è un eco tra le pareti dei suoi pensieri, la sente forte e chiara, parzialmente irritata, parzialmente giocosa.
Manuel, in tutta risposta, si colora di quell'espressione beffarda che riserva solo a Simone, alla loro dinamica, alle loro interazioni, perché è una cosa solo sua, solo loro. Poi, si appresta a rispondere, con tono tanto schernitore da specchiarsi perfettamente sul suo viso.
"Assolutamente no. A prossima vorta ce pensi prima de fa na valigia e sparì—mo t'a fai da solo."
Sente Simone borbottare qualcosa che suona tanto come un "ma vaffanculo, è colpa tua" tra sé e sé, e ridacchia, contribuendo solo ad aumentare il numero di rughe infastidite presenti sul volto del più piccolo.
"Armeno me passi l'asciugamano, quello grande de ieri? Dovrebbe sta' nello zaino."
La richiesta suona più come un ordine tassativo, qualcosa a cui non si può disobbedire se non si vuole rischiare la vita.
Manuel, con il sorriso stampato in faccia, gira la testa e scopre il suo obiettivo a soli tre passi da lui, abbandonato sulla scrivania.
Distrattamente, slaccia la cerniera, per poi afferrare l'ingombrante telo blu che occupa almeno tre quarti del volume. Una volta che lo ha tirato fuori, si prepara a richiudere la borsa; tuttavia, una presenza sconosciuta in quell'enorme tasca glielo impedisce.
Ci mette poco a riconoscere l'oggetto che giace sul fondo dello zaino, nascosto dalla penombra generata dal poliestere. Il suo cuore fa una piccola capriola all'arrivo della realizzazione.
Un secondo dopo, l'asciugamano gli è scivolato dalle mani, sostituito da quel sottile ammasso di pagine, tenuto insieme da una forte rilegatura e rivestito da una copertina nera quanto la pece.
Tutte le volte che ho capito di amarti.
Se il libro non fosse stato già pubblicato, probabilmente Manuel avrebbe appena aggiunto un'altra data.
"Te lo sei portato."
Le parole pesano nell'aria quanto lo sguardo che si scambiano, ai poli opposti della stanza. Le guance di Simone, nel momento in cui i suoi occhi si scontrano con la realtà, diventano petali di una rosa rossa.
Sono mille le implicazioni dietro a quel gesto, quel libro, quelle parole. Portarsi dietro un pezzo del passato, tenerselo stretto nel presente, presentarlo al proprio futuro, senza mai lasciarlo andare. Amare tanto incondizionatamente da aggrapparsi a della carta come fosse pelle, anche se la carta la pelle continua a tagliarla, e stringerla a sé come se servisse a colmare quell'assenza.
Non rinunciare mai all'amore, anche quando l'amore rinuncia a te, e continuare a lottare per questo anche quando tutti i castelli sono crollati.
Tutto questo, è ciò che ha spinto Simone a mettere quella storia in valigia e nel cuore. La consapevolezza che, nonostante tutto, nonostante la perdita, avrebbe continuato a combattere nei suoi stessi ricordi, provando un amore così grande da non vedere a un limite, a un confine stabilito.
Ed è ciò che spinge anche Simone ora, a parlare, ad avvicinarsi, a dire la verità. Perché Manuel deve saperlo che non ha mai davvero rinunciato a loro, anche quando la parte cosciente di lui credeva di averlo fatto.
Così, glielo confessa.
"Non ci ho neanche pensato quando l'ho messo in valigia— avevo solo bisogno di sentirti vicino a me, anche se mi avevi ferito. All'inizio non l'ho capito perché l'ho fatto, e, lo ammetto, un po' mi sono anche odiato per averti permesso ancora di governare i miei sentimenti e le mie azioni in questo modo—poi, però, ci ho riflettuto, e ho capito che non importa quanto io provi a scappare da te, tu mi seguirai sempre, come un'ombra. E quindi niente, me so dovuto rassegna' all'idea che ci saresti stato sempre, ecco perché l'ho portato."
Nel sentire quelle parole, le iridi di Manuel diventano più chiare, schiarite dal luccichio delle stesse lacrime che sta cercando di ricacciare.
"Ma te l'hai letta la dedica all'inizio, Simò?"
Simone, ormai di fronte a lui, sembra confuso da quella domanda. Scuote la testa, interdetto; non sapeva neanche ci fosse una dannata dedica da leggere, all'inizio.
"Umh..." mormora, l'espressione tinta di vergogna.
Manuel scoppia a ridere.
"Simò, sei na causa persa, fattelo dì."
"Senti chi parla."
E si unisce anche lui alla risata, mentre il più grande gli porge il libro, invitandolo con un cenno della testa ad aprirlo alla prima pagina.
"Vai, leggi. Movite."
Simone, macchinalmente, esegue.
Un'ape che trova il suo fiore, la neve che ritrova il conforto della freschezza, una farfalla che spicca per la prima volta il volo. Il suo cuore esplode di emozione; la scintilla regna sovrana nel suo petto, lo scalda, lo divora.
"A Simone, che è stato l'ombra che mi ha seguito sempre, e il sole che ha illuminato la mia vita."
"Simo..."
Simone non gli da' tempo.
Il bacio è simbolico, un postino, porta un messaggio a un'anima, le comunica che il mittente sarà suo per sempre. Casto, puro, ma passionale, dalle mille sfaccettature, dai mille colori, dai mille sentimenti, perché alla fine l'amore non è niente se non un mosaico, composto da migliaia di pezzi.
Ti amo. Ti amo, ti amo, ti amo come amo tutto al mondo.
È questo che pensa Manuel, con le sue labbra incastrate a quelle dell'altro.
Ed è questo, che gli sussurra quando si staccano.
"Ti amo."
Simone sorride, e il loro giorno si allunga in eterno.
Le ombre, amiche, sono solo un ricordo lontano.
***
*Spazio autrice*
Ed eccoci qui, alla fine di questa mini storia. Spero davvero di non aver deluso nessuno con questo finale, visto che ho notato che le aspettative erano abbastanza alte ahah.
Comunque, sta ricominciando il periodo più impegnativo dal punto di vista scolastico, per questo volevo avvisarvi che non me la sento di iniziare una storia esageratamente lunga, dato il fatto che già io sono scostante di mio, figuratevi poi se devo anche organizzarmi con lo studio.
Questo non significa che smetterò di scrivere, assolutamente, anzi, tenterò di pubblicare il più frequentemente possibile, solo che saranno prettamente os o storie da 5/6 capitoli, come questa e Icarus.
Detto questo, mi sono dilungata fin troppo.
Ancora grazie di avermi accompagnata in questo piccolo viaggio. Vi voglio bene, alla prossima.❤️
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