IV
"Un pizzico di gelosia può fare miracoli, due combinare un disastro."
~Paolo Crepet
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Manuel sta per entrare in doccia, desideroso di sentire l'acqua fresca scorrere sul suo corpo. È sera, è estate, fa dannatamente caldo, e come tutti gli adulti di Roma anche lui è reduce di una giornata caotica e stancante, spesa a firmare copie e far ridere sconosciuti.
Perciò, la doccia è di dovere.
Immagina già la freschezza del getto accarezzargli la pelle, le preoccupazioni scivolargli addosso, l'amore scomparire sotto la griglia (anche se l'acqua non se lo porta via, mai).
Sono passati tre giorni.
Tre giorni da quella perdita, quella bugia, raccontata solo con l'intento di ferire, deviare un'idea, allontanare qualcuno che si merita di meglio della sua vigliaccheria.
Tre giorni da quando, Manuel ne è certo, ha definitivamente perso Simone.
È un dolore deleterio, quello che sente all'altezza del cuore. Una spina senza rosa, frottola senza verità, una favola senza morale. Una candela che si è sciolta troppo presto per una fiamma troppo alta, che lui stesso ha, per il bene della stessa candela che continuava a consumarsi per una stanza buia, acceso.
La verità, è che ora la tela dell'universo gli sembra strappata, priva di colore. Non riesce a sopportare un mondo in cui Simone lo odi, anche se è quello che si merita, perché Simone è troppo puro per un sentimento storpiante come l'odio.
Dio, tenerti lontano fa più male che averti vicino e sapere di non meritarti.
Manuel sospira, frena il treno dei suoi pensieri, spera che non riparta mai più.
Tenta di cercare conforto nell'eventualità di una doccia, una distrazione futile ma di cui ha bisogno, e un per un istante ci riesce.
Poi, il suo progetto cade come un castello di sabbia travolto da un'onda. In questo caso, l'onda è un rumore, il trillo del campanello.
Manuel sbuffa, chi diamine è a quest'ora?
Scaccia via il timore che sia Simone immediatamente. Sa che sua madre, nonostante non sia d'accordo con lui riguardo questa situazione, non lo tradirebbe mai.
E così, un po' irritato, perché è sera e vuole rilassarsi, e un po' curioso, perché di rado qualcuno va a trovarlo, va ad aprire.
Che alla fine, magari è solo sua madre.
Ma mamma avvisa sempre prima di venire.
E infatti, la sagoma che compare dietro la porta nera, seppur appartenente ad una donna, è decisamente diversa da quella di sua madre.
Non è dal colore dei capelli, decisamente più chiaro, o dai tratti del suo viso, decisamente più morbidi, che lo capisce.
No. È il modo in cui lo guarda.
È il sangue nel mare celeste, talmente lontano dalla dolcezza di sua madre da far venire i brividi. Manuel riconosce la rabbia sotto le ciglia della ragazza, e deglutisce.
"Laura."
Ha quasi paura di pronunciare il suo nome.
Non ha bisogno neanche di farselo dire, la domanda gli muore tra le labbra. Sa perché è lì, e perché è furiosa.
E nonostante questo, non ha intenzione di cedere.
"Chi t'ha detto dove abito?"
"Tua madre." lo informa lei, gelida. "Le hai fatto promettere di non dare nessuna informazione a Simone. Non hai detto nulla riguardo ai suoi amici, però."
Manuel sente il sangue ribollire, come l'acqua fa in pentola quando il gas è acceso da troppo tempo.
E il gas, in lui, è acceso da sempre.
"Laura. Se sei qui per parlare di Simone, puoi anche andartene. Gli ho detto già tutto quello che dovevo dirgli."
"So che gli hai mentito."
Manuel la guarda, incredulo. La mascella che trema tradisce il suo tono fermo.
"Scusami?"
"So che gli hai mentito, riguardo al fatto che hai qualcun altro."
"E come lo sai?"
Non ha più senso nasconderlo, ormai. Se Laura dovesse parlare con Simone, Manuel troverà un altro modo. Resisterà.
Lo fa da tre anni.
"Simone è acciecato da te. Io sono abbastanza lucida da vedere oltre—e so che non si smette di amare in due mesi."
"E allora?"
"E allora devi dirgli la verità."
"Senti Laura," ribatte Manuel, scorbutico. "ce sta n'motivo se ho inventato sta balla. Magari non o' voglio semplicemente più tra i piedi."
Laura alza un sopracciglio, ma qualche lacrima le vela gli occhi, le da l'aria di un cacciatore che ha perso di vista la sua preda, la fa sembrare piccola. Manuel ci chiede cosa ci sia, dietro quella falsa sicurezza di lei.
"Allora hai ottenuto il tuo obiettivo."
Menomale, allora. Finalmente non mi cercherà più. Finalmente ci sono riuscito.
Ma Manuel non ha capito, quello che intende Laura, e Laura lo vede.
Sospira. Il solo dirlo ad alta voce fa male, lo rende ancora più vero, ma è necessario sottolinearlo, a questo punto. È necessario renderlo reale, perché Manuel si muova a risolvere tutto.
"Quella sera mi ha chiamata, era a pezzi. Ha blaterato per più di un'ora, e l'unica cosa che sono riuscita a comprendere è che sei uno stronzo che si fa vivo dopo anni e poi scappa un'altra volta, il che è malato e tremendamente egoista, fattelo dire. Comunque, non è questo il punto. Il punto è che dopo non l'ho più sentito—anzi, nessuno lo ha più visto, se è per questo. Non risponde al telefono, non è a casa, non è da nessuna parte. Non riusciamo a trovarlo. Simone è completamente sparito, Manuel."
La voce della ragazza si spezza nella nebbia degli incubi di Manuel. Le parole agiscono sul suo fiato come i boia eseguivano le decapitazioni, lo mozzano, lo slegano dai suoi polmoni, lo portano via con tutta la sua sanità mentale.
Simone è sparito.
La prima cosa che sente, sono sensi di colpa, immediatamente seguiti da ossessiva preoccupazione. Sente le viscere contorcersi al solo pensiero che possa aver fatto qualcosa di azzardato e pericoloso, perché gli animali fanno così, quando sono feriti e arrabbiati, non pensano, agiscono d'istinto, si fanno ancora più male.
Ricorda quando in preda alla collera era scappato a Glasgow, e l'aria intorno a lui si fa più cupa, si dipinge di maledizioni, lo schernisce per la sua ignoranza e la sua colpa.
Ti troverei ai confini del mondo.
Manuel deve tener fede a quelle parole. Deve, o sa che potrebbe impazzire.
"Tu puoi aiutarci a trovarlo, e lo sai."
Laura si insinua dolcemente tra i suoi demoni, li spaventa, li manda via, gli ricorda che non tutto è ancora perduto. Gli ricorda che è importante, che ha una forza che nemmeno immagina.
Tu forse neanche lo sai, ma hai una forza incredibile, che è quella delle persone amate e giustamente irraggiungibili.
Dante, saggio Dante, riaffiora in quel prato spoglio che è la sua testa, lo rassicura, gli sussurra che ce la può fare, che lui può tutto per Simone.
Lo fai per amore?
Si.
"Entra. E dammi il suo numero di cellulare."
La ragazza non fa domande, obbedisce e basta, l'espressione sul suo volto un po' più sollevata.
Manuel prende il suo, di cellulare, e segna il numero.
Simo.
"Mo' lo chiamo. Lui non ha il mio numero, vedendo lo sconosciuto risponde." spiega.
Laura annuisce impercettibilmente, visibilmente ansiosa. Manuel, intanto, con le dita tremanti e la mente scombussolata dal timore, preme quel pulsante, quello che lo porterà a Simone, anche se non era quello che voleva. In quel momento, nulla ha più importanza.
Se non, ovviamente sapere che lui sta bene.
Manuel mette il vivavoce, così che possa seguire la conversazione anche la ragazza. E chiama.
Uno, due, tre squilli. Uno, due, tre battiti, sincronizzati al telefono, probabilmente a quelli dell'altro.
Torna a respirare soltanto quando gli squilli terminano.
"Pronto?"
Sente la voce trapassargli l'anima. Ha risposto, parla, sta bene. Il macigno sul suo cuore si polverizza.
Dio, parlami per sempre se significa questo.
Guarda Laura, un po' ha paura che gli verrà attaccato il telefono in faccia se proverà a dire una sola parola. Ma lei lo incoraggia con un segno della testa, freme, è così piccola da essere schiacciata dal bene che prova per lui.
Manuel decide di porre fine alla sofferenza di entrambi, e per la prima nella sua vita, insieme all'ossigeno inspira coraggio.
E risponde.
"Simò."
Silenzio.
È assordante. È come se mille voci si ricorressero nella stanza, ma in realtà la stanza è vuota, è una dolce illusione dei sensi, l'ingannevole udito e la bastarda razionalità.
Simone la riconosce, ovviamente, quella voce. Manuel può quasi sentire il suo cuore vibrare, da dietro lo schermo. Sono sincronici, trepidano insieme, nella speranza che presto non saranno più due, ma uno solo.
"Che cazzo vuoi? Chi t'ha dato il mio numero?"
Quella pericolosa, esplosiva mistura di emozioni si colora di rabbia, il sentimento giusto da esternare in quella circostanza. Eppure, piccole strisce di tristezza ornano quel quadro, e la voce di Simone vacilla. Manuel, attento a tutti i dettagli, lo percepisce, e gli si spezza un po' di più io cuore.
"Non importa. Addò stai? M'hanno detto che sei sparito da più de due giorni. Stai bene?"
"Ma a te che cazzo te frega?"
"Simò."
Simone sospira. L'ordine dell'amato è qualcosa che la sua forza gli ha concesso di contrastare una volta; ma ora di forza non ne ha, gliel'ha succhiata via Manuel, fatica anche solo a respirare lontano da lui.
Perciò, cede.
"Sto bene." mormora.
Gli occhi di Manuel e Laura si incontrano, sollevati.
"Ndò stai?"
Ma Manuel, preso dall'entusiasmo, si è spinto troppo oltre. Qualcosa cambia nel mondo, una scintilla viene privata di vita, sostituita dalla cupezza.
Non è un ordine, è una domanda. Simone cambia atteggiamento; non c'è bisogno di forza o di scintille, per rispondere a una domanda,
l'opzione della vaghezza è sempre aperta.
"Non so cazzi tua."
Il tono è gelido, la brina cade sull'appartamento. Laura sussulta, vorrebbe parlare, ma non lo fa, non vuole spaventare il ragazzo ancora di più. Sa, poi, che quella discussione serve a entrambi.
Magari, riescono a sciogliere qualche modo.
"Simò, non fa er cocciuto. Dimmi ndò stai."
Manuel si scalda, ma il ghiaccio si impone di resistere. È guerra, due tipi di furore vissuti in modo differente, i poli opposti di un'unica emozione, le due facce di una moneta lanciata in aria, testa o croce, chissà chi vince.
Simone ride, isterico.
"Ripeto, non sono cazzi tuoi."
"Simò—"
Ma Manuel non fa in tempo a controbattere, che un'altra voce si insinua nella chiamata, come vento tra gli alberi, nel bosco, annunciatore di un tornado.
Qualcosa sta per distruggersi, Laura lo avverte dentro. Magari, con il vento giusto, potrebbe essere anche la voglia di stare lontani.
"A Simò, t'adda spiccià, a pizza s raffredda mica aspiett a te!"
Manuel sbianca, si pietrifica, come se Laura, che ora lo sta scrutando con occhi colmi di sorpresa, fosse Medusa e lui la sua stupida vittima. Lo stomaco gli si chiude, si contorce al solo pensiero.
Tace. Tacciono tutti tranne tranne Simone, che invece si impegna a rispondere.
"Si, arrivo Ca'!" Manuel lo sente lontano dal telefono, ovattato. Forse si sta allontanando anche dai suoi sentimenti, e la cosa lo manda fuori di testa.
Ma non era quello che volevi?
"Senti, devo anda'—e fammi un favore, non cercarmi."
Dice così, e attacca.
I suoi denti battono, stretti, cercano di distrarre il corpo dal dolore fisico che sta provando. Simone che lo evita, che non lo vuole, che è con un altro, chissà dove, chissà a fare cosa.
Sa di meritarselo, ma fa male, fa male da morire.
La gelosia, la distanza, sono valanghe di neve, gelide, soffocanti, inarrestabili. Manuel a malapena riesce a vedere; un velo cala sui suoi occhi, forse è la neve, forse sta morendo, anche se il petto brucia, pieno d'affanno.
"È a Napoli."
Il vento torna a filtrare dalla finestra aperta nel momento in cui Laura prende la parola.
Manuel la guarda confusa. Gli tremano le mani.
"In che senso?" chiede, il bisogno di saperne di più che gli pulsa nel petto.
"È a Napoli, da Carmine. Ho riconosciuto la voce."
E chi cazzo è Carmine?
Laura capta la domanda nel momento in cui le sopracciglia del ragazzo si aggrottano, e sorride sotto i baffi maliziosa; che poi, anche se stesse sorridendo apertamente Manuel, neanche lo noterebbe, occupato com'è a rimuginare su quel nome.
A volte, un pizzico di gelosia, può fare la differenza. Funziona come col fuoco del camino: non puoi alimentarlo troppo, altrimenti rischi di bruciare casa, ma se ci metti la giusta quantità di legno, fa scintille.
Il tempo funziona così, l'universo si allarga, le galassie si distanziano, i vuoti si congelano; forse, allora, per riempire quei vuoti ci vuole proprio una fiamma.
Laura si ricompone, assume un'espressione stoica, prepara minuziosamente la sua prossima mossa in un lasso di tempo che a Manuel pare infinito.
Poi, finge di rilassarsi, e mette in atto il suo piano.
"È il suo ex, prima che tu me lo chieda. Sta bene—anzi, direi, alla grande."
Quasi scoppia a ridere quando la mascella di Manuel si serra.
Perché Laura sa, che Carmine non è decisamente l'ex di Simone. Laura conosce Nina, la dolce ragazza di Carmine, l'amorevole mamma di Futura, la donna della sua vita. E conosce anche Carmine, quel ragazzo dalla testa calda che non sente ragioni, ma ha un cuore immenso e ama la sua famiglia da morire.
Laura ricorda la prima volta che li hanno incontrati, quando lei, Pin e Simone, sono andati in vacanza in Sardegna, e Simone ha subito stretto amicizia con il ragazzo della stanza affianco. Laura ricorda la tranquillità nel viso di Simone, quella serenità che solo la risata provocata da un amico può contorcere la tua bocca in un sorriso, quella quiete nella sua testa piena di Manuel che Simone non aveva accolto da tempo.
Carmine, il punto di rifermento di Simone, la sua colonna portante.
Di certo, non il suo ex fidanzato.
Ma questo, a Manuel che fuma dalle orecchie per la gelosia e tenta di fare l'indifferenza, non è dato saperlo.
"La'"
"Dimme."
Riflette un attimo, poi parla di nuovo.
"Damme l'indirizzo."
Laura sorride.
***
Nina e il suo sorriso gentile, Carmine e il suo accento marcato, i suoi modi rustici, amichevoli, confidenziali.
Il cielo stellato, il mare scuro dietro la sagoma del suo migliore amico, la brezza marina che gli accarezza il viso e Futura che ride con la madre. Su quella terrazza, seduto a quel tavolo in legno bianco, Simone si sente a casa.
Si porta un pezzo di pizza alle labbra, rimpiazza la voce di Manuel nella sua testa con l'armonioso spumeggiare delle onde, che gli parlano e lo rassicurano da quando è arrivato due giorni prima.
Simone ama Napoli, la ama quasi quanto Roma.
Ama l'amore che colma le strade, i sorrisi che si scambiano le persone attraverso le finestre, il calore che la città gli regala di notte, cortese, nobile, piena di vita.
È il suo porto sicuro, la sua ancora, la leggerezza a cui avvinghiarsi quando Roma, città della storia, inizia a farsi troppo pesante.
A Napoli, ora come sempre, Simone è stato bene, relativamente.
Fino ad ora, almeno.
Perché, se prima aveva trovato un attimo di spensieratezza, adesso sta combattendo la sua battaglia da solo, isolandosi da quelle persone che non meritano di vedere neanche un goccio di sangue versato da lui. Si nasconde nelle trincee della distrazione, aspetta che il dolore attacchi, lo precede, lo ammazza. Ma il dolore ha soldati infiniti, e portano tutti un unico nome. Continuano ad attaccare, i colpi sono i ringhi di Manuel, la sua bruschezza, la sua insistenza nel trovarlo, come se non fosse stato lui a farlo precipitare nel burrone della sparizione.
È una guerra che sa di aver già perso, circa sei anni fa.
Ma Simone non si arrende, e continua tormentarsi, pur di non cedere.
È così, sta zitto. Tiene lo sguardo basso, quasi teme che i suoi amici possano scorgere il conflitto nei suoi occhi.
Ma a Carmine non serve guardarlo, lo conosce.
E neanche Carmine è uno che si da per vinto.
Forse, è per questo che si sono trovati bene sin dal primo istante.
"Simò, m' ric cu chi stev a parla' prima?"
La sua testa scatta in alto, ma evita lo sguardo di Carmine. Nina non interviene, sta zitta, osserva.
Lei ne sa poco di quella storia, è curiosa di sapere cos'è che sta dilaniando il suo amico, che a stento è riuscito a parlarne a suo marito.
E così, li guarda. E ascolta.
"Co' Laura."
L'odore del sale nell'aria, si trasforma istantaneamente in odore di menzogna.
Carmine lo nota subito, sbuffa spazientito. Simone gli ha detto solo qualche ora prima di non volere contatti con Roma per un po'; lui stesso gli ha confessato di non aver riferito a nessuno né dove si trovi, né quando abbia intenzione di tornare.
"Ma assumigl pe' cas a nu fess? M' pare che stai a ju patibolo, Simò. Nun raccuntà strunzat a me, ca t' conosc a te e a Laura, e o' so che nun è lei ju prublema"
Simone lo scruta, erge i muri attorno a sé, ne sente la necessità, anche se con Carmine sa di non doverlo fare. È un riflesso naturale, tentare di proteggersi, quando si tratta di Manuel.
"A Ca', non me scassa er cazzo."
Nina sussulta. Simone usa lo stesso tono che usa Manuel quando vuole farlo scappare, spera di iniettare lo stesso tipo di veleno nel suo migliore amico, così che lo lasci in pace.
Ma Carmine non è Simone, e non lo ama come lui ama Manuel.
"N'assum stu ton cu' me che t' rispedisc' a Roma a calci in culo, sì capit'?" mette fin da subito le cose in chiaro.
Il riccio deglutisce.
Nina sembra addirittura divertita.
"Mo', se non me vuo' ricr c'a tienn, va buon, nun parla'. Ma t'o giur su la vita d' Futura, se chiglu scemm me capita avant' agl'occ, l'accir. Nun t'u meriti tutt chist Simò, e se chigl tiene nu scem c'a se l'a pigliat, buon per lui, tu nun te fa cundiziona, m'e si capit? E mo ricm che vuleva, pecché o sacc ch' era lui, t'o legg inda j'occ."
Forse è l'innata capacità di Carmine di trasformare tutto piume a spingere Simone a parlare. O forse, in fondo, è il suo subconscio che ha bisogno di farlo, e il corpo semplicemente lo accontenta, permettendogli di condividere quel dolore che è troppo per un animo solo.
Addenta la pizza, si da tempo per riflettere su cosa dire.
Infine, tira tutto fuori.
"Voleva sape dove stavo. Hai capito tu? Co' che faccia m'allontani e poi me vieni a ordina' de dirmi addò so andato a rimette nsieme i pezzi che hai smontato ? Lo odio, Dio, lo odio!"
Il tono di Simone si alza di un'ottava. Carmine non si scompone, ma Futura scoppia a piangere, e Nina decide che è il momento di abbandonare la terrazza per lasciare agli amici un po' di privacy.
Rivolge a Simone un sorriso che spazza via un po' della sua angoscia, perché Nina è così, è troppo radiosa per non coprire la tristezza. Si alza, prende la bambina, e va via, lasciando indietro un romano torturato dai sensi di colpa e un napoletano rosso dalla rabbia.
È dopo un assordante silenzio, colmo dei tentativi del riccio di calmarsi, che Carmine riprende la parola.
"Simò, o' capisc che stai passann', fidat'. Ma arrabbiart nun sierv a nulla, m'ascut? Chigl è nu strunz, ma tu si chiù strunz e lui, e o sai pecché?"
"No, perché?"
"Pecché ancora nun si capit c chigl' nun tien nisciun'avt. T vo' alluntana sulament', e u saij pecché?."
Simone lo guarda, in cerca di una risposta.
Carmine ha capito tutto, nel momento in cui si è aperto con lui. L'amore non muore mai; scompare solo temporaneamente, per poi ricomparire nel momento in cui un accendino si accende. Puoi scappare, puoi fingere che non ci sia, puoi addirittura spingerlo via, ma l'amore è un frisbee, e torna, sempre.
Questo, però, non glielo dice, gli sembra troppo ovvio, troppo scontato. Invece, si limita soltanto a dirgli quello che ha capito di Manuel.
"È pecché nun se sent all'altezza, Simò. Nun pensa d meritarselo tutt st'amore, gl' fa' paura, p questo nun lo vo'."
Accettiamo l'amore che pensiamo di meritarci.
Improvvisamente, ricorda l'ultima poesia di Manuel, che aveva cancellato dalla mente perché il solo pensiero era ustionante.
Simone ci riflette, su quelle parole. Ci riflette in silenzio, cullato dal sorriso confortevole di Carmine. Ci riflette in bagno, mentre si lava i denti. Ci riflette a letto, mentre odora il cuscino, cercando il profumo di una massa di ricci che non è affianco lui.
D'un tratto, gli è tutto più chiaro. Un lampo al ciel sereno, il colpo di genio, una soluzione così semplice a un'equazione che sembrava tanto complessa.
Manuel è fragile. Manuel ha paura.
Manuel non ha nessun altro, perché non pensa di meritarselo.
Simone piange il dolore del suo amato, quella notte. Vede i tratti del suo volto nel buio, e pensa che vuole farlo diventare sole, perché ne è meritevole.
Piange, piange, e piange ancora, si consuma nella sofferenza, si inebria di verità, cerca una soluzione adatta.
Poi, decide di tornare a Roma.
La mattina seguente si alza e informa Carmine. Prenotano insieme il biglietto del treno per il pomeriggio seguente.
Qualcuno suona al campanello, verso le cinque e mezza di quel punto indefinito nel tempo che Simone stesso si è creato a Napoli.
Carmine e Nina sono usciti a fare una passeggiata con Futura poco prima, non possono essere loro—anche perché, hanno entrambi le chiavi.
È curioso, il trillo sembra non cessare mai. Ignaro di ciò a cui sta andando incontro, si dirige a grandi falcate verso la porta, contemplando meramente la possibilità che possa essere un rapinatore.
Ed effettivamente, davanti a lui appare qualcosa di simile, dopo aver spinto giù la maniglia.
Colui che gli ha rapinato il cuore, svuotandolo di tutti i suoi tesori, macchiandolo d'odio e disgusto.
"Manuel."
***
*Spazio autrice*
Crossover magico in questo capitolo, perché leggendo la storia di boo_in_wonderland mi sono innamorata di un'eventuale amicizia tra Carmine e Simone e quindi eccoci qui.
Nulla, in realtà manca un capitolo alla fine, non me ne vogliate ma ho deciso di scrivere qualcosa di corto perché sono impegnata con la scuola e non so se riuscirei a portare avanti una long fic al momento.
Comunque, come vi aspettate si evolverà la situazione? Cosa succederà?
Lieto fine o non?
Come sempre, grazie di tutto. Al prossimo capitolo.❤️
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