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I

"Non si può dare il proprio cuore ad una creatura selvatica.
Più le si vuole bene più diventa ribelle: finché un giorno se ne scappa nelle praterie e poi in cima a un albero, e poi su un albero più alto."
~Audrey Hepburn
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Le ombre sono la casa dei momenti non vissuti a pieno. Sono la metà della vita, una scia, frammenti di storia costrette a seguire i propri padroni. Sono la sicurezza di chi ha paura, e la condanna di chi non ne ha, ma viene seguito lo stesso.

Nelle tenebre un bacio non assume valore. È solo un contatto, rubato dalla luce nel momento in cui si accende. I tocchi sono solo fisici, le parole sono celate, trattenute dalla notte. Non esiste cosa reale che sia coperta da un manto di nero; resta tutto sospeso in eterno, quando accade di notte.

Così, nei buchi d'ombra forniti gentilmente dalle luci colorate, due pelli si sfiorano. Poi diventano due labbra, una mano e un fianco, una bocca e un collo. Ma due cuori, mai.

Una festa, la leggerezza dell'estate, gli esami finalmente terminati. Due amici che di amicizia non ne hanno mai saputo nulla, che credono sia fuoco tra di loro, e non acqua in cui nuotare insieme. Che si conoscono come unico corpo, ma non lo ricordano mai, specialmente a loro stessi.

Due amici, che dell'amicizia non se ne fanno nulla, quando le scintille incendiano le iridi.

D'un tratto, uno dei due capisce.

La nebbia alcolica come scudo di protezione, le dita prendono coraggio, sollevano i lembi di una t-shirt come fossero brezza leggera.

"Andiamo via." sussurra il più grande, e l'altro non può far altro che obbedire, stregato dall'immensità delle sue stesse pulsazioni.

I pensieri sono solo fili bianchi in un mare di oscurità rassicurante, non contano in quel frangente di tempo eterno. Perciò Simone non pensa, si lascia trasportare, e poi al sole si vedrà.

Due corpi danzano insieme in una stanza, si riconoscono, si urlano, si uniscono. Strati di pelle nuda assorbono la luce lunare, che filtra indisturbata dalle finestre, complice del loro segreto. Lei è una grande amica, la luna; sanno entrambi che non parlerà, non dirà nulla a quello spaventoso ammasso di fuoco che illumina il cielo sereno.

Due labbra che si trovano continuamente e poi si staccano, come quando tra i punti di un'infinita mappa da esplorare, si prova a visitarli tutti , per poi tornare a casa. Due, due, due, siamo sempre due, due corpi, due mani incatenate, due respiri condivisi, mai un cuore solo, perché il tuo non appartiene al mio, non batte mai col mio, eppure riesco a sentirlo tremare da qui.

Le anime restano a guardare, non sono fatte per l'incertezza della notte. Sono fatte per i raggi che portano buone notizie, verità, gioia; pertanto, non si fanno avanti, li tengono divisi, che forse è meglio così.

Una scia d'umidità sull'addome, bocca di miele, fuochi d'artificio nella pancia, la pelle subisce la condanna, inerte. Un respiro si spezza in gola, le corde vocali si tirano, ripetono un nome come dischi rotti, Simone, Simone, Simone. E il ragazzo obbedisce alla supplica dolce, schiavo di quella melodia, come fosse canto di sirene e lui un pirata perso in mare.

Scolpisce tra le pieghe del buio una nuova memoria, che sa che resterà lì celata per sempre, ma non importa, non quando il lenzuolo è raggrinzito sotto la loro unione.

Quel corpo che sa di pittura, odora di arte, Simone non gli resiste, vuole ancora ancora e ancora, e Manuel, innamorato della purezza del marmo bianco che accarezza, non fa altro che dare, dare, dare, egoista, perché sa che domani non potrà più donarsi.

Ma si donano lo stesso, a vicenda, tra i frangenti di un'oscurità eterna, in quell'amplesso che porta i loro nomi uniti con un inchiostro candido, facilmente nascosto dall'amara luce (ma mai cancellato).

E così cadono vittima del sonno in un punto indefinito di divisione tra i loro fiati, i profumi scolpiti nelle loro narici come se potessero trattenere quella notte per sempre.

Ma non importa, Morfeo è gentile con chi si ama e non lo sa, e trasforma il dolore in sogni, la crudele realtà in polvere. Forse è per questo che un giorno Simone si convincerà di aver vissuto tutto con la mente, anche se questa era l'ultima protagonista di quel film che era stato proiettato nella sua camera. Ma questo domani. Stanotte, dormono abbracciati, sognano sincronizzati, amano senza dirlo alle tenebre.

Poi, l'aurora accende il cielo. Dipinge tutto con la sua magia e le sue flebili sfumature, anche i sogni di Manuel, che a un certo punto si fanno meno vividi, più luminosi, troppo veri.

E così Manuel si alza, il respiro mozzato, opposto a quello che inebria il letto, tranquillo e rilassato. Gli tremano le mani, ha le spalle congelate, il corpo nudo, il cuore scoperto.

Fa paura, quel silenzio nella stanza. Fanno paura, i brividi nel cuore.

Manuel, povero Manuel, lui odia il gelo, odia il ghiaccio, gli riesce meglio la fiamma infernale, quella che brucia tutto tranne lui che ne è l'artefice.

Scappa, è troppo grande per te, gli ripete la voce nella sua testa. E Manuel la ascolta, perché Manuel è piccolo, è spaventato, è buio, e la luce gli fa paura.

Quando il sole segna le undici nel cielo, Simone si sveglia, e capisce. Capisce che ciò che rimane del suo pezzo più bello, accanto a lui, è solo una triste sagoma nel soffice cotone.

Tra le ombre, le menti si ingannano meglio, gli istinti animali prendono il sopravvento, ci rendono meno, o forse più, noi.

Ma poi le stelle sorgono, sempre, e con esse la stabilità che non è tipica di chi ama i silenzi, perché i raggi bruciano quei muri di cera mal costruiti.

Eppure, ci si deve arrangiare.

C'è chi ama i silenzi, e vede i loro oceani come protezione; e poi, invece, c'è chi li odia, perché ha già capito che sono fatti per dividere, e non c'è nessuna protezione che possiamo darci da soli.

Tra gli abissi di quei mari, vivono i cuori delle persone codarde, quelle che non sanno parlare, quelle che sanno sparire.

Quelle come Manuel, insomma, che però il coraggio per avvertire prima di affondare lo trova. Che il più grande, alla fine, ci tiene a tenere il più piccolo lontano dall'annegamento, sa che nella sua testa non riuscirebbe a nuotarci. È una cosa più grande di entrambi, ma Manuel deve tenersela, Simone non è costretto.

E così, quando Simone si alza, riesce a scorgere un pezzetto di carta sulla scrivania, che assomiglia tanto a un pezzo di cuore.

"Non cercarmi più."

E Simone, abituato ad obbedire a quell'aspra fonte di volontà, segue l'ordine.

***

La meccanica quantistica è l'arte di non sapere, ma impegnarsi a conoscere lo stesso. Simone ne è sempre stato affascinato; teorizzare lo conforta, non gli da la certezza, lo lascia vagare tra le costellazioni senza incontrare davvero le stelle, e lui quelle tenebre le ama da impazzire.

Nell'incertezza che c'è dietro la soglia di un buco nero, Simone ci nasconde le pieghe di un lenzuolo, le ultime macerie di un cuore spezzato, i petali di una rosa appassita prima di sbocciare.

Sul buio universo che tanto ama, la meccanica quantistica ha davvero tanto da dire, e Simone tanto da apprendere.

Per questo sceglie la fisica come vita. E la studia incessantemente, tuffandosi tra moti e comete, per dimenticare il ghigno della luna, che sa, ma non dice, proprio come fa lui.

E così passano tre anni.

Simone segue l'ordine imposto da Manuel, Manuel quello imposto a se stesso.

Impara che ipoteticamente, esistono tre frecce del tempo; c'è quella cosmologica, che indica l'espandersi di un universo che continuerà a raffreddarsi, e forse è meglio così, che c'è consolazione nel gelare piuttosto che nel bruciare vivi.

Poi c'è la freccia termodinamica, quella che lo affascina di più, quella che segue il disordine, l'entropia, il caos di un ammasso di materia uniforme che è grande, troppo grande. Forse a Simone piace quella freccia perché un po' gli ricorda la sua storia, una freccia che non arriva mai al bersaglio, che continua a spezzare l'aria all'infinito nella speranza di trovare un ordine inesistente.

E poi c'è quella che odia di più, quella psicologica, la direzione che segue la mente, ornata di tempeste che deviano il passaggio e deserti troppo caldi da oltrepassare, pensieri troppo pesanti da puntare, da trapassare, da sorreggere. Quella freccia psicologica che non sfreccia da anni, infilata tra le ombre di una notte di Giugno.

Ecco, quella freccia, che sente nel petto come quella di cupido, in giorni come questi cerca di ignorarla.

Tanto disordine per un pezzo di carta: siamo così piccoli tra le mille galassie, eppure festeggiamo quando finalmente le conosciamo.
Vorrei laurearmi in amore così da conoscere anche quello, pensa Simone mentre si alza, il sorriso stampato in viso come una vecchia cartolina, ma stavolta i colori sono più brillanti, più vivi di reale felicità.

Oggi è cambiamento, è una seconda freccia della mente, quella che arriverà lontano, nei mari di altri pianeti. Simone si sente rinato; il caffè sa di amore per la vita, quella mattina.

Il telefono si illumina, è Laura.

"Oggi e il tuo giorno, non pensare a niente se non a ste stesso<3" gli scrive. E Simone si sente così amato, che forse intravede una nuova speranza nell'entropia generale.

Mentre è perso tra gli stormi di usignoli che cantano le sue emozioni, il campanello strilla, qualcuno è lì per te, e forse in quel trillo c'è il buio che cerca, venuto a cercare finalmente la luce.

E invece no, perché è solo il postino, ma gli sorride lo stesso.

Oggi è il mio giorno, si ripete, e le tenebre non sono più cosa sua, ormai.

"C'è un pacco per lei, con allegata una lettera."

Simone afferra tutto e ringrazia, mite, ammorbidito, una volta ogni tanto, dalla vita stessa.

Non c'è tempo, è troppo tardi, il caos è in continuo aumentare, e l'orologio se ne accorge. Tremendo tempo che sostieni i nervi tesi come corde, e le pizzichi quando vuoi; è momenti belli come il primo assaggio della gioia che dovresti fermare a osservare, non i sogni polverizzati di un cuore destinato ad appassire.

Ma va bene così, Simone è felice anche se un po' tardi, effettivamente, lo è.

Il pacco e la lettera giacciono abbandonati sulla scrivania di una casa solitaria, mentre una testa per un attimo libera dai fantasmi vaga senza sosta alla ricerca di toghe, profumi e istanti così meravigliosi da essere senza tempo.

L'universo continua a espandersi quando i capelli corvini vengono ornati di alloro, e i discorsi fanno cedere gli occhi di genitori e amici. Continua a gelare mentre un ragazzo cerca un'ombra tra la folla, un'ultima speranza, un viso scuro come il mare di notte, le iridi profonde quanto alti burroni.

Nascono nuovi mondi mentre muoiono, sbiaditi dalla freccia, gli ultimi ricordi.
Gli angoli di quella foto, incorniciata in una mente innamorata, strappati da quello stesso amore, ingialliti, buttati nella spazzatura. I colori dimenticati, in un contesto in cui l'unico colore conosciuto era il buio pesto, confortevole, scottante.

Ma va bene così, prima o poi il tempo riparte, non sta fermo ad aspettarti.

Simone passa una bella giornata.
Il sole splende sulle acque calme e trasparenti della piscina di casa di sua madre, la casa in cui è cresciuto, la casa in cui ha capito chi era.

Poi la luna appare silenziosa, indisturbata, lo sostituisce, e Simone è felice di vederla, cara vecchia amica mia, e gli sorride.

Si balla con gli amici del corso, del liceo, di sempre, sulle note dei bei cambiamenti, dei legami forti, stretti, illuminati. Si calpesta quello specchio in cui si riflette da solo, si frantuma, e chi se ne frega se porta sfortuna, che nell'amore che riceve trova anche la colla per aggiustare le disgrazie.

Simone è felice, nel senso vero della parola, come quando il vento ti scompiglia i capelli e sai che la bassa marea è vicina, pronta ad accoglierti nel suo abbraccio rinfrescante.

Viene riempito di coccole, complimenti, ammirazione, e distende le labbra in un sorriso sincero. Si adora anche lui, per aver imparato a conoscere il mondo nella sua forma più concreta, e aver dimenticato per un attimo quella che si presenta più astratta, confusionaria, irreale.

E anche se ancora esiste, e un po' fa ancora male non sentire il suo odore tra la gente, non importa; era una luna diversa, quella testimone del suo fallimento.

Simone torna a casa così, il volto illuminato dalle certezze, che per la prima volta sono più affascinanti di un immagine sfumata. Anche la notte dorme, l'orologio sul muro segna un orario improponibile, ma lui non se la sente di dormire, che l'ultima volta che ha dormito ed era così felice, l'alba l'ha spaventata via, quella felicità.

E così la stringe tra le dita, desideroso di proteggerla, e i suoi occhi scrutano i particolari di una camera che appartiene a lui ma non alla sua anima, che è rimasta avvinghiata alle pareti di un'altra. Ma le pupille riconoscono quel posto, è noioso, noioso da morire; trova qualcosa da fare, non dormire, non svegliarti.

Lo sguardo gli cade su un pezzo di cartone, flebile marroncino nel tempo delle stelle, così invisibile all'occhio, al cuore, così di poco valore.

Si rigira una busta bianca tra le dita, il nome del mittente anonimo, e un po' si spaventa, ma non c'è più posto per la paura nel suo cuore ormai fortificato. La studia, la sfiora, come se potesse parlargli, ma l'inchiostro non è voce e Simone lo sa bene.

Perciò sospira, e si stende sul letto, la lampada accesa per riuscire a leggere.

Poi, la apre.

***

*Spazio autrice*

Ciao amici, eccoci qui con una nuova storia a più capitoli. Inizialmente era stata concepita come una OS, ma Icarus mi ha dato la voglia di condividere di nuovo qualcosa di più lungo di un capitolo, e quindi ne è uscito fuori questo. Non sarà molto lunga, giusto qualche capitolo, però ci tenevo a condividerla.

Come avete potuto notare, sto sperimentando un nuovo stile di scrittura per questa storia, perché la mia intenzione è quella di creare il clima adatto a ciò che racconto. Nonostante ciò, non so se lo sto facendo nel modo giusto, perciò come sempre, fatemi sapere voi se vi piace.

Al prossimo capitolo, grazie di tutto.❤️

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