Cap. 32 - La seconda, prima, cena.
Qualche ora dopo, finita la lezione, Bakugo uscì dalla scuola con aria ancora più scura del solito. Non riusciva a scrollarsi di dosso il nervosismo per l'incontro con Shinso. In fondo, la sua giornata era stata un disastro, e quel sorriso beffardo di Shinso continuava a tormentarlo.
Appena svoltato l'angolo, sentì una voce che lo fece fermare, «Finalmente! Non pensavo ci avresti messo così tanto», suonò. Shinso era appoggiato al muro con le braccia incrociate, un sorriso leggero era sulle labbra.
Bakugo lo guardò irritato, «Non ti ho chiesto di aspettarmi».
Shinso alzò le spalle, indifferente, «Non è che avevo altro di meglio da fare. A meno che tu non abbia paura di passare del tempo con me fuori da scuola».
Bakugo sbuffò, «Perché mai dovrei? Piuttosto, sei tu che sembri avere un problema con l'idea che tornerò con Kirishima. Dovresti mettertelo in testa e basta».
Shinso sospirò, quasi rassegnato, «Eccoci di nuovo. Sei sicuro che sia solo questo? Perché a me sembra che tu stia sempre a cercarmi».
Bakugo si morse la lingua, poi si girò senza rispondere, «Sto andando ad allenarmi. Se hai intenzione di seguirmi, vieni senza fare storie».
Shinso cominciò a camminare nella direzione opposta senza dire una parola, ma con un sorriso divertito. Non si aspettava altro: sapeva che il vero gioco era appena iniziato, e che Bakugo, per quanto irascibile e testardo, non avrebbe mai potuto resistere a una sfida.
Poi, improvvisamente, il biondo lo chiamò, facendolo fermare, «Ehi...», disse, quasi a denti stretti, cercando di non incrociare lo sguardo di Shinso, «Che ne dici se questa sera ci troviamo per cena? Così, magari, mettiamo fine a 'sta storia di Kirishima e... il resto».
Shinso trattenne un sorrisetto compiaciuto, «Ah, una cena per... chiarire?».
«Non fare domande stupide, ok? Se ci stai, bene. Altrimenti, fa lo stesso», replicò Bakugo, visibilmente scocciato, ma con un tono che lasciava trapelare un lieve imbarazzo.
Shinso lo guardò per un momento, quasi divertito, «Va bene. Cena allora», rispose con una tranquillità disarmante, aggiungendo un tocco di sfida, «Tanto per parlare, ovviamente».
Bakugo sbuffò e distolse lo sguardo, cercando di non lasciar trasparire nulla, anche se un leggero rossore gli colorava le guance, «Già. A più tardi, allora».
Si voltò e se ne andò, lasciando Shinso col sorriso beffardo, più che pronto per quella cena che, sapeva, sarebbe stata tutt'altro che ordinaria.
Arrivata la sera, Shinso si preparò con un leggera attenzione ai dettagli, ripensando alla sfida lanciata a Bakugo nel pomeriggio. Il solo pensiero di averlo portato, quasi senza che se ne accorgesse, a invitarlo a cena, senza usare il Quirk, lo rendeva più che soddisfatto.
Sapeva che Bakugo non era uno che cedeva facilmente e che il suo invito aveva richiesto più coraggio di quanto fosse disposto ad ammettere.
Optò per una camicia nera aderente, di tessuto morbido e leggero, che metteva in risalto la sua figura senza risultare troppo formale, lasciandola un po' sbottonata in cima. Sopra, indossò una giacca in pelle scura, che dava un accenno di grinta senza sembrare eccessiva.
I jeans invece, un po' stretti, con una leggera usura sulle ginocchia, conferivano al look una sensazione di noncuranza elegante. Ai piedi, scelse delle scarpe da ginnastica nere e pulite, semplici ma eleganti, che completavano l'outfit senza essere troppo appariscente.
Quando arrivò al ristorante, lo trovò già lì, Bakugo, seduto con le braccia incrociate e lo sguardo impaziente. Non appena lo vide, il biondo sbuffò, fingendo una certa irritazione per il ritardo.
«Ce l'hai messa tutta per arrivare tardi, eh?», commentò, cercando di nascondere l'agitazione dietro il tono burbero.
Shinso si avvicinò al tavolo e si sedette di fronte all'altro, «Non sapevo che fossi così impaziente di vedermi».
Bakugo lo guardò con uno sguardo infastidito, «Non sono impaziente. Ho fame, tutto qui», rispose con tono secco, prendendo in mano il menu per evitare di incrociare il suo sguardo.
Shinso allora lasciò cadere il discorso e aprì il menu anche lui, osservando però di tanto in tanto l'amico con un sorriso quasi complice. Sapeva che quella cena era più di una semplice scusa per "chiarire le cose" e, in fondo, anche Bakugo sembrava saperlo.
Bakugo restò immerso nel menu, apparentemente concentrato, ma Shinso riusciva a percepire la tensione che emanava. Sapeva che per lui abbassare le difese non era cosa semplice, ma era proprio quella parte combattuta e impulsiva che lo incuriosiva e lo attirava.
Dopo aver scelto cosa ordinare, Bakugo abbassò finalmente il menu e incrociò lo sguardo di Shinso, «Allora, hai intenzione di fissarmi per tutta la sera o possiamo parlare di cose serie?», domandò, con un tono che voleva apparire severo, ma che tradiva una leggera incertezza.
Shinso ridacchiò, facendo spallucce, «Dipende. Cosa intendi per 'cose serie'? Perché se vuoi parlare di Kirishima, te l'ho detto, quella storia non mi interessa».
Bakugo sbuffò, stringendo le mani intorno al menu, «Non è questo. Voglio solo capire che intenzioni hai», rispose.
Shinso si appoggiò allo schienale della sedia, «E perché dovresti volerlo sapere? Non eri tu quello certo di tornare con Kirishima?», stuzzicò, «In ogni caso, sei tu che mi hai invitato a cena. Forse dovresti chiederti cosa stai cercando davvero tu da me».
Bakugo lo fissò, senza parole per un istante, sorpreso dalla disinvoltura con cui Shinso gli stava ribaltando la domanda. Sapeva di dover rispondere in modo deciso, ma non trovava le parole giuste. Dopo un attimo, guardò altrove, sentendo un leggero rossore salirgli alle guance.
«Senti», iniziò, a voce bassa, «Non so cosa diavolo sto cercando, ma so solo che ho voluto invitarti stasera. Non chiedermi di più, Hitoshi».
Shinso lo guardò in silenzio, sorpreso dal piccolo barlume di sincerità dietro quelle parole. Lentamente, un sorriso si fece strada sul suo volto, meno provocatorio e più aperto, «Va bene, Katsuki», rispose, in un tono più morbido del solito, «Possiamo partire da qui, se vuoi.»
Bakugo annuì, con l'ombra di un sorriso che apparve sul suo volto.
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