6. Risveglio
Sarebbe stato decisamente una scelta intelligente struccarmi ieri sera, per poi mettermi il pigiama e andare a dormire nel letto della nostra casetta (si fa per dire).
E invece mi ritrovo su un tappeto, con la luce del sole in faccia, in una posizione scomodissima e con un braccio addormentato.
Provo a smuoverlo, ma è bloccato sotto la schiena di Vieri, che dorme come un bambino.
Cerco di spostarlo nel modo più delicato possibile per non svegliarlo e, dopo qualche tentativo, riesco a liberarmi.
Mi guardo intorno sbattendo gli occhi per la troppa luce.
Sono ancora a casa di Vieri, ma penso di essere l'unica qui a parte lui, infatti la casa sembra deserta e non si sente alcun rumore, a parte gli uccellini fuori che cinguettano.
Muovo un pò il collo, maledicendomi per la posizione schifosa con cui ho dormito.
Guardo verso Vieri, che ogni tanto emette un leggero ronzio quando espira. Sorrido, perché ora quello buffo è lui.
Ieri notte, alla fine, non abbiamo concluso proprio niente, perché siamo stati (ovviamente) interrotti per l'ennesima volta quando Teo ha deciso di attaccarsi al lampadario e non scendere più.
Vabbè, lasciamo perdere.
Non ricordo esattamente come siamo finiti sul tappeto, però siamo entrambi vestiti, quindi deduco che non sia successo niente di particolare.
Noto però che lui ha un succhiotto sul collo: più che probabilmente sono stata io a farglielo.
Gattono verso di lui e lo osservo dormire, sembra veramente un tesoro, con le sue ciglia lunghe e l'espressione pacifica. Poi però ricordo come mi ha baciato e toccato stanotte e i miei pensieri prendono tutt'altra direzione.
Gli accarezzo il viso lentamente, e mi blocco quando lui inconsciamente si gira verso di me, strofinando la guancia contro la mia mano. Dopo aver constatato che stia ancora dormendo, continuo ad accarezzarlo.
Scendo giù verso il suo collo, passando per il succhiotto, e poi ancora più giù sul petto. Traccio lentamente con il dito una linea retta fino all'orlo dei suoi jeans e— «Che stai facendo?»
Salto in aria quando Vieri si mette seduto di botto e mi guarda con un sorrisetto, strofinandosi un occhio con il palmo. Beccata.
«Da quanto sei sveglio?»
«Da un pò, volevo capire cosa volessi fare»
Faccio finta di niente, «Mi stavo annoiando, così...»
«Volevi approfittare di un povero ragazzo dormiente?»
«Assolutamente no... e poi per fare cosa?»
«Un'idea ce l'avrei, guarda»
Non ho il tempo di realizzare che si mette sopra di me, bloccandomi le braccia con le mani.
«Levati.» Gli ordino, guardandolo minacciosa.
«No» risponde Vieri, con un sorrisetto che gli vorrei togliere a testate.
Cerco di spingerlo via, «Non sto respirando, ti togli?»
Lui si sposta e si sdraia accanto a me dicendo «Come desidera, signorina»
Guardiamo entrambi il soffitto di legno in silenzio, finché lui non dice «Che strano comunque, stanotte mi stavi pregando di toglierti le mutandine e adesso non vuoi che mi avvicini...»
Spalanco gli occhi e mi giro a guardarlo, «Non ti ho mai pregato di togliermi le mutandine»
Almeno spero.
«Eva, me le hai pure descritte»
«Ah, non me lo ricordo» mi passo una mano sulla faccia, «mi dispiace se ti ho messo a disagio»
«No ma va', è stato divertente»
Apro un occhio per vedere attraverso la mano se mi sta prendendo per il culo, e noto che sta ridacchiando.
«Che c'è?» Chiedo, confusa.
Così lui inizia a imitarmi dicendo, «Vieri, non sai che ti perdi! É un pizzo bellissimo...»
Mi allungo verso il divano e dopo aver preso un cuscino glielo tiro in faccia, «Idiota»
«Stronza» ribatte, tirandomelo indietro.
«Vuoi fare colazione con noi?» Gli propongo, mentre blocco il cuscino con le mani. Mi alzo in piedi e lo guardo dall'alto mentre dice «Si dai»
Vieri si alza a sedere e accenna un'espressione di dolore. «Tutto okay?» Gli chiedo.
«Si, non è niente»
«Non sembra "niente"»
«Non è niente» ripete duro.
«Posso dare un'occhiata?»
Lui sbuffa, ma dopo poco annuisce.
Mi inginocchio vicino a lui e lo osservo, mentre lui evita il mio sguardo.
«Non si preoccupi, sono un medico, più o meno» dico per sdrammatizzare.
Vieri si gira verso di me, curioso, «Studi medicina?»
«Già»
«Una sexy dottoressa...»
«Ti puoi aprire la camicia?» chiedo, ignorandolo.
Lui resta fermo, e dato che è restio dal fare qualsiasi cosa io gli dica, capisco che c'è qualcosa sotto.
Così gli sbottono la camicia e vedo i segni che ha sull'addome. Sono lividi.
«Ma che cazzo ti hanno fatto?»
«Non è niente»
«Vieri.» Lo richiamo, «Chi è che ti ha menato?»
«Sarebbe più corretto dirlo al plurale, perché mi hanno menato.»
Incrocio le braccia, «Non è divertente, potresti essere serio per un momento?»
«Non è importante, e non è niente» ripete.
Gli tocco l'addome, per capire se ci sia qualcosa di rotto dato che sono abbastanza sicura che non si sia fatto controllare.
Sospiro dopo un pò, «É molto probabile che tu abbia una costola incrinata»
«E che significa?»
«Che per un pò devi stare a riposo e che devi dirmi cosa è successo»
«Solite cose, ora è tutto okay.» Solite cose.
«Quando è successo?»
Lui chiude gli occhi e sospira, «Al matrimonio»
Lo guardo in silenzio, aspettando che dica qualcos'altro.
«Per questo sono sparito... Li ho intravisti quando ci stavamo baciando, volevo tornare per evitare che tirassero in mezzo anche te e, appena ti sei allontanata, beh, direi che si capisce...» continua indicandosi.
«Posso sapere perché?»
«No.»
«Va bene, non farò altre domande. Ma per favore stai a riposo»
«Okay, mamma» dice, alzando gli occhi.
Alzo le sopracciglia ma non commento la sua risposta, «Quindi, questa colazione?» Chiedo nuovamente.
«Mi sa che prima vado a farmi una doccia, vuoi venire?» Chiede, facendomi l'occhiolino.
Dopo aver scosso la testa, mi dirigo verso l'ingresso dicendo «Oddio, se c'era anche solo una minima possibilità che te le facessi vedere davvero le mie mutandine, con questo invito viscido te la sei giocata» ribatto, mentre apro la porta.
Lui mi segue con lo sguardo ridendo, così prima di chiudermi la porta alle spalle gli soffio un bacio e dico «Vieni da noi tra 10 minuti»
-
La conversazione con Vieri mi aveva dato da pensare: da un lato, se queste per lui erano le solite cose, non so quanto avrei voluto indagare sulla questione, ma dall'altro lato, il fatto che la sua prima preoccupazione fosse stata rivolta verso di me, mi aveva fatto sentire un pò... speciale.
Scuoto la testa, «Piantala, cretina» mi dico mentre apro la porta di casa.
«Con chi parli?» Mi dice Tanya, che è sul divano, già vestita.
«Da sola, sono pazza, okay?» Le rispondo.
«Ehm... Okay» dice, grattandosi la nuca, «Vuoi fare colazione? Teo sta facendo i pancakes»
«E ancora non è esploso niente?» Chiedo, sbalordita.
«A quanto pare n—» e a quel punto qualcosa cade per terra nell'altra stanza.
Tanya ed io ci scambiamo uno sguardo e scattiamo verso la cucina, ma tiriamo un sospiro quando ci accorgiamo che è semplicemente caduta una ciotola di plastica, e che c'è un piatto con dei pancakes fumanti sul tavolo.
«Perché avete quella faccia?» Chiede Teo, che indossa un grembiule (ma sotto è a torso nudo, non so bene perché) e tiene in mano una paletta.
«Perché non hai la maglietta?» Ribatto io, inarcando le sopracciglia.
«Devo farmi qualche foto da mettere su instagram, sono troppo sexy» spiega lui. Gesù, che narciso, penso alzando gli occhi al cielo.
Tanya raccoglie la ciotola da terra e la mette nel lavandino, «Ma in tutto ciò, signorina Eva, lei dov'era?» Mi chiede, scambiandosi un'occhiata con Teo.
«A dormire sul tappeto di Vieri con il sole in faccia»
«Perché sul tappeto?»
«Ah questa è un'ottima domanda.» Guardo l'orario e vedo che a momenti arriverà, «Ho chiesto anche a lui se volesse mangiare con noi comunque, tra un pò ci raggiunge»
«Si che bello, colazione con i vicini!» Esclama Teo, mentre gira l'ennesimo pancake.
«Teo, ma non saranno un pò troppi?»
Lui adocchia la pila che ha già formato sul piatto e dice «Nah, e poi magari Villa avrà fame»
«Beh, in effetti si»
Mi giro verso la porta e vedo Vieri, con addosso una maglietta Nike e dei pantaloni di tuta. Ma è proprio necessario essere così figo?
«Come sei entrato?» Gli chiedo, mentre si accomoda al posto accanto a me.
Lui fa spallucce, «La porta era aperta»
Anche Teo si siede e dopo aver detto «Buon appettito», inizia a rimpinzarsi di bocconi decisamente troppo grandi.
Così facciamo colazione chiacchierando, completamente ignari di cosa sarebbe successo più tardi.
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