14. Coltello
Ciao gioie del mio cuore, ecco il nuovo capitolo, le cose si complicano ihihih
vvb,
Eva
Lancio un'occhiata a Vieri, «Perché hai detto cazzo?»
«Sai si dice solitamente come esclamaz-»
«Vieri, voglio sapere perché hai detto cazzo.» Ripeto, scandendo ogni parola.
Lui sospira, si gira verso il lavandino e si lava le mani, mentre io mi avvicino e lo guardo dal riflesso dello specchio.
Dopo aver asciugato le mani si rigira verso di me.
Si porta una mano nei pantaloni, «Che stai...» ma mi ammutolisco appena estrae dai boxer un coltello a scatto.
Deglutisco, allontanandomi di qualche passo. Vieri alza le mani di riflesso, «L'ho portato solo nel caso in cui servisse»
«Dovevamo solo fare uno scherzo, non un omicidio»
Vieri sbuffa, «Era per proteggervi»
Incrocio le braccia, «Io e Tanya non abbiamo bisogno della tua protezione»
Prima che lui possa dire qualcos'altro di stupido, realizzo: «Teo lo sapeva, vero?»
«Ne ha uno anche lui» dice, grattandosi la nuca.
A quel punto non ci vedo più, «Hai dato una cazzo di arma a mio fratello! Ma che cazzo hai in testa?»
Faccio per colpirlo, ma lui mi blocca il polso, «Ti chiedo scusa, ma adesso dobbiamo mantenere la calma, capito?»
Devo decisamente migliorare i miei riflessi.
I nostri visi sono a pochi centimetri di distanza, «Dobbiamo restare lucidi, Eva. Fai un respiro»
Io inspiro e espiro, dopodiché chiudo gli occhi. Quando li riapro Vieri mi sta guardando preoccupato: gli prendo il viso tra le mani, guardandolo fisso negli occhi.
Dopo qualche secondo gli do uno schiaffo in piena faccia che lo fa ritrarre.
«Me lo dovevo aspettare» dice, massaggiandosi la guancia.
«Dovevi» dico, alzando gli angoli della bocca.
Si rigira il coltello tra le mani, «Eva, me ne devo liberare» mi confessa, «ho già abbastanza casini, se mi beccano con questo sono fottuto»
«Dallo a me» gli dico, allungando la mano verso di lui.
«Non-»
«Dammelo»
Vieri sospira, passandomi il coltello. Io alzo la canottiera e incastro il manico sotto al reggiseno, per poi riabbassare la maglietta e controllare che non si veda niente.
«No, aspetta mettilo meglio» dice avvicinandosi.
Lo fisso sbattendo le palpebre, «Vuoi un altro schiaffo?»
«No... Vabbè, usciamo da qua, il più in fretta possibile»
Mi prende la mano e ci fiondiamo fuori, confondendoci tra le persone.
Non so come, ma riusciamo a uscire da una porta secondaria e arriviamo sul retro della casa.
«Fermiamoci» suggerisce lui, così ci appoggiamo accanto a una catasta di legno.
Riprendo fiato, respirando profondamente. Nella penombra, intravedo il profilo di Vieri, il suo petto che si alza e si abbassa ritmicamente.
«Stai bene?»
Annuisco, continuando a fare respiri profondi.
«Sembra che ti stia per venire un infarto»
Gli lancio un'occhiata, «Io odio correre»
«In realtà sembri molto atletica»
«Lo sono, ma in altre discipline sicuramente»
Lui alza le sopracciglia, «Era un messaggio subliminale?»
«Gesù, no!» Dico, esasperata.
Si porta una mano al petto, offeso, «Ah quindi non vorresti fare altre discipline atletiche con me?»
«Vieri?»
«Cosa?»
«Stai zitto, ti prego»
«Va bene, va bene»
Restiamo un altro pò in silenzio, ascoltando cosa succede intorno a noi. Le sirene della polizia non si sentono più, ma dalle luci blu e rosse provenienti dalla casa deduco che sia ancora qui.
D'un tratto vedo un movimento nella penombra con la coda dell'occhio, così stringo gli occhi, per capire di che si tratta.
Tocco la spalla di Vieri, indicandogli ciò che ho visto. «Vedi anche tu qualcosa che si muove?»
«Si, lo vedo», mette una mano in tasca, da cui estrae il telefono e attiva la torcia.
È la ragazza che stava parlando prima con lui. Non sembra che stia bene: è seduta a terra in un modo poco naturale, ma non riesco a vedere il suo volto.
Mi avvicino lentamente a lei, «Ehi, tutto okay?»
La ragazza bionda alza la testa verso di me: ha un taglio sulla fronte e le lacrime le scorrono sulle guance.
«La dobbiamo aiutare» dico sottovoce, Vieri annuisce.
Mi abbasso verso di lei, «Come ti chiami?»
Lei tira su con il naso, «Dushanka»
Mi irrita che sia carina anche mentre piange e con il sangue in faccia? Si, ma questo non lo diremo.
«Dushanka, cosa ti è successo?»
«Io sono... caduta»
Ha un marcato accento dell'Est, come lo sono anche i suoi lineamenti.
Scambio un'occhiata con Vieri e capisco che neanche lui ci crede.
«Pensi di riuscire a camminare?»
Lei annuisce, cercando di mettersi in piedi, così le porgo la mano e lei si alza tenendosi a me.
«Ti portiamo in ospedale?» Le chiede Vieri.
Lei si raggela, «No vi prego, niente ospedale»
«Va bene, allora ti portiamo da noi»
Scrivo un messaggio a Tanya, chiedendole dove sono.
Mi risponde subito dopo con: Siamo in macchina, stavo per scriverti. Dove siete?
Digito in risposta: Sul retro, passate di qui ma discretamente
Tanya risponde: Ricevuto, arriviamo.
Poi aggiungo: Abbiamo un'ospite.
—
Il viaggio di ritorno è stato molto silenzioso.
Dushanka sembra essersi calmata, le ho tamponato la testa con dei fazzoletti di carta, ma penso proprio che serviranno i punti.
Adesso siamo in soggiorno, l'ho fatta stendere sul divano.
«Dushanka» la richiamo, «temo che dovrò metterti dei punti per chiudere la ferita»
Lei guarda prima me e poi Vieri, «Okay»
Avevo lasciato in macchina il set di primo soccorso che porto sempre con me, per fortuna.
Mi giro verso Vieri, che ci guarda curioso, appoggiato al muro dietro di noi a braccia conserte, «Le porti un pò d'acqua, per favore?»
Lui annuisce e va in cucina, lasciandoci sole.
«Sei molto gentile ad aiutarmi» mi dice, mentre tiro fuori l'occorrente per suturare la ferita, «anche troppo, visto che ci ho provato con il tuo ragazzo»
Sorvolo sull'ultima parte della frase, «Non sarai della stessa opinione mentre ti trapasserò la carne con il filo» le rispondo, sarcastica.
Lei mi sorride, cogliendo il mio umorismo.
Approfitto del fatto che adesso siamo solo noi per dirle, «Mi vuoi dire cosa è successo?»
Lei scuote la testa, «Non posso dire niente»
Io sospiro, scrutandola, «Va bene, allora non ne parleremo»
Dushanka sembra sollevata perché rilassa le spalle, così io inizio a medicarle la ferita e a metterle i punti.
Lei mi osserva attentamente, rapita da ogni mia mossa.
«Tu hai qualcosa che io non ho» dice, ad un tratto.
«Beh si, uno squarcio in testa»
Lei lascia uscire una risatina dalla sua bocca, «No, dico, Villa vede qualcosa in te che non ha visto in me, e in nessun'altra, probabilmente»
Mi fa strano sentirlo chiamare così, ma mai quanto il senso di quella frase.
«Non capisco» ammetto, mentre faccio un altro nodo.
Lei cerca di ritrarsi per il fastidio, «Giuro che abbiamo finito» le dico, mentre taglio il filo in eccesso.
«Vieri non è il mio ragazzo» preciso dopo un pò, ma più che altro per convincere me.
Inizio a mettere a posto gli strumenti che ho utilizzato, così Dushanka si alza e si sistema il vestito che le mette in risalto le gambe lunghe.
«Forse non è ancora ufficiale, ma è palese ormai chi voglia, ho visto con i miei occhi come si è precipitato da te» dice, abbassando lo sguardo.
Se effettivamente è come dice lei, perché dire che siamo solo amici? E perché poi invece dire il contrario, senza però specificare cosa siamo secondo lui?
«Ecco l'acqua», Vieri ricompare dalla cucina, con un bicchiere in mano, che porge alla bionda.
Lei lo ringrazia sorridendogli, ma lui neanche la guarda, perché porta subito il suo sguardo su di me.
«Sei stata molto brava, dottoressa»
—
Dopo aver riaccompagnato Dushanka a casa, essermi assicurata che stesse bene e averle lasciato il mio numero nel caso in cui ne avesse bisogno, torniamo finalmente a casa.
Tanya parcheggia davanti l'ingresso, spegne la macchina, ma nessuna delle due esce dall'abitacolo.
«Tutto okay?» Chiede Tanya, lanciandomi un'occhiata.
Annuisco, «Ho un pò di pensieri»
«Lo sai che con me puoi parlare»
Sprofondo nel sedile, sospirando, «Vorrei spegnere quello che provo per Vieri»
Lei aggrotta le sopracciglia, «Perché?»
«Per ragionare più lucidamente»
«Non dovresti aver paura di quello che provi» mi ricorda lei, «lui poi mi sembra molto preso.»
«Anche a me lo sembra, ma a volte non riesco a decifrarlo»
Abbasso di poco il finestrino per far entrare un pò d'aria, «Ha portato un coltello con sé stasera e ne ha dato uno anche a Teo»
«Ma è stupido?» Scatta lei.
«L'ho già schiaffeggiato per questa trovata, non preoccuparti»
«Hai fatto bene, anche se adesso ho voglia di farlo con le mie mani... Ehm, Eva?»
«Si?»
«Grazie per avermi aiutato a fare questa cosa di Riccardo, significava molto per me.»
La abbraccio di getto, stringendola a me. «E di che, tesoro»
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