Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

7- L'ultima volta

Evan

Cosa cazzo mi è preso?

Lontano! Devo stare lontano chilometri da quella ragazzina. Mi fa perdere il controllo. E non è per il suo "non proprio" che non la rende completamente libera, ma per spirito di amicizia. Lui l'ha puntata e io voglio portarmela a letto. Jake no. Lui guarda le commedie romantiche con aria sognante, spera ancora nell'amore che, quei film demenziali, ti sbattono in faccia come fossero reali. Io voglio solo sbattermi lei, senza stupidi sentimentalismi.

Volevo... mi correggo!

Salgo sulla mia amata Kawasaki, parcheggiata appena fuori dal ristorante, e parto a razzo per raggiungere il mio lontano. Mi godo ogni singolo istante passato su questa moto. La strada è abbastanza libera e mi permette di accelerare per sentire il vento tagliarmi la faccia con frustate ritmiche che dovrei evitare, con il maledetto casco che tengo nel baule. Adoro sentire l'aria scheggiarmi in volto, mi dà un senso di libertà che niente al mondo può offrirmi.

Me lo hanno tolto, quando lei è andata via da me...

L'unico amore della mia vita, mi hanno dilaniato il cuore. Ancora sanguina e non ha intenzione di smettere, non può.

Quindici minuti dopo, sono sotto casa dell'unica persona che mi è venuta in mente per allontanarmi dal pensiero di Jake e Bambi, insieme, a quel tavolo riservato a un dopocena con i fiocchi.

Fosse per me, ma non per lui.

Lui la tratterà come una principessa, io la principessa l'avrei messa sul pisello.

Suono, insistente, al citofono della bionda alla quale vado a fare visita quando mi va. Con lei il niente legami è una tassa inclusa nel prezzo. La uso a mio piacimento, è vero, ma sa benissimo che lo faccio, non mi sono mai nascosto. Non ho mai detto una sola bugia per convincerla a passare la notte con me.

Più che di notte, parlerei di qualche ora, non oltre. Amo defilarmi, dopo.

Non appena apre e mi vede, la sua domanda è lecita.

«Cosa ci fai qui, Evan?» Si nasconde dentro la sua vestaglia in raso rosso, quasi a provare vergogna per l'abbigliamento non proprio sexy.

«Non avevo niente da fare.» rispondo, mostrandomi annoiato.

«Non ti aspettavo, non eri a cena con Jake?»

«E tu cosa ne sai?»

«Ehm...» Si guarda intorno, come a cercare la risposta giusta, ma di opzione ce né sta soltanto una. «L'ho chiamato.» ammette.

«Non devi farlo, lo sai benissimo.»

È una bella ragazza dagli occhi castani, il viso espressivo e sveglio che fa a pugni con il suo cervello atrofizzato, ma è una questione che metto in secondo piano. I nostri discorsi si fermano al sesso: puro, semplice e buon sesso.

«Gradisci un calice di vino, Evan?» Mi fa entrare, per fortuna.

Mi accomodo sul divano, in salotto. «Preferirei qualcosa di più forte, se non ti dispiace.»

Annuisce, la vedo prendere dell'ottimo rum e versarlo in due bicchieri. Me ne porge uno e si bagna le labbra, intingendo il dito nel suo, prima di andare a spegnere le luci del salone.

L'oscurità improvvisa non mi permette di vederla fino a quando i miei occhi non si abituano al buio e ormai lei è nuda, con in dosso solo il perizoma e un mini reggiseno in pizzo scuro, nero, credo.

Chi cazzo se ne frega del colore!

Sorseggio il distillato, mentre mi sbottona i pantaloni e tira fuori l'eccitazione che conservo dentro le mutande. La bagna con il liquore, pizzica sulla punta, quasi brucia, ma è quel genere di dolore che viene spento non appena una bocca calda lava via l'alcol.

E lei lo copre.

Copre quella fiamma con le sue labbra, ne prende ogni più piccola goccia che ha versato. La sento gorgheggiare sopra il mio cazzo, mentre lo spingo, prepotente fino a sentirle le tonsille, in un ritmo lento e provocante.

Continuo a bere dal mio bicchiere, mentre il suono della sua voce soffoca tra le gambe, ma non mi basta.

Poso il rum sul tavolino, accanto al divano, con fare scocciato. La prendo dai capelli e la inchiodo sul membro pulsante, per toglierle il respiro, ma non mi basta.

Le alzo il viso, tirandola su e le faccio cenno di mettermi una protezione. Non perde tempo, la tira fuori dallo stesso tavolino sul quale ho poggiato il bicchiere. Lascia che il preservativo si srotoli su tutta la lunghezza, continua ad assaporarlo con il lattice, sento odore di fragola. Deve essere uno di quelli al gusto di frutta. Mi alzo, la lascio interdetta, per un attimo, prima di spingerla sul divano, a pancia in giù, e sistemarmi sopra di lei.

Solleva un ginocchio, aprendosi a me, le infilo la punta del cazzo tra le chiappe sode e soffio nel suo orecchio in un sussurro:

«April, non dirlo mai a nessuno.»

Il suo consenso arriva in un urlo di piacere, mentre lo infilo con prepotenza, la afferro, con una mano, dalla vita sottile e porto l'altra a coprirle la bocca per soffocare il suo grido eccitato.

Pompo con in fianchi ancora e ancora, fino a che i miei movimenti, dapprima lenti, non diventano sempre più veloci e potenti, come se, sotto di me, avessi una bambola da annientare e fare a pezzi. Con molta probabilità, le sto facendo male, perché mi morde la mano che tappa la bocca, ma io continuo a tenergliela chiusa, mentre con l'altra abbandono il fianco per portarla sui suoi capelli e spingere sempre più forte e con più cattiveria.

Mi abbandono sulla sua schiena, le mordo le spalle e porto le dita ad accarezzarle il ventre, poggiato sulla pelle fresca del divano, non trovo spazio e scendo sulla sua passera, le infilo tre dita dentro la pozza bagnata. Scivolano con estrema facilità; dentro e fuori, fuori e dentro.

Non voglio fermarmi, voglio sbattermela ovunque, voglio baciarla per levarmi dalla bocca il ricordo del sapore di sale aspro e tequila, il ricordo di quel bacio pieno di una passione vera che non provavo da troppo tempo, il ricordo di lei e dei suoi stupidi occhi da Faline che riescono a farmi pulsare il basso ventre solo perché mi stanno guardando.

La volto e lo infilo nell'umidità, provocandole un altro urlo di puro piacere. Le tolgo il respiro dietro ai suoi mugolii eccitati, lecco dalla lingua il gusto della fragola artificiale del lattice. Mi spingo più forte, l'afferro per la gola, stringo.

Inarca la schiena per assecondare i movimenti, sento la passera contrarsi sull'uccello; il calore delle sue cosce bagnate inondarmi; il tessuto del divano ormai umido di sudore; l'aria densa infrangersi sulla pelle; la sua voce sensuale che mi ripete: Evan, dovrei tornare dal tuo amico!

Cazzo!

April mi stringe i polsi, tocca il mio bracciale di cuoio nero e io sposto il braccio dalla sua gola, riportandolo sui fianchi. La forza delle spinte e il contorcersi delle sue pareti diventano eccessive anche per me. Arriva all'orgasmo in un urlo che avrà sentito tutto il vicinato, ma poco mi frega, in questo momento.

«Alzati e prendilo di nuovo in bocca.»

Esegue gli ordini, toglie il preservativo che richiude nel pugno e si inginocchia ai piedi dello scettro. La tengo dalla testa, mentre la bocca si richiude calda e ansimante sul membro ancora pieno. Lo spingo con forza in gola, provocandole dei piccoli conati.

Continua a rimbombarmi in testa quella frase, mi incattivisce e sfogo, tra le labbra di April, tutta la mia frustrazione, ma non mi basta, non mi basterà mai.

È inutile, non riesco a venire.
Non ci riesco da un'eternità, con una donna. Sono esausto, e lei sfinita. Vedo i suoi occhi colati di mascara tra lacrime che dovrebbero eccitarmi ancora di più, ma che pregano di ingoiare qualcosa che non arriva.

La spingo un'ultima volta per sentire quel senso di soffocamento sul mio cazzo.

«Basta così!» dico, prima di spingerla via, come se fosse l'ultima delle puttane.

«È colpa mia?» chiede, ancora seduta sul pavimento in marmo, con le gambe portate di lato, come una piccola sirenetta lanciata via dalla strega del mare.

«Non è colpa di nessuno, mi sono annoiato.» rispondo, mentre mi rivesto per andare via dal mio lontano che non è servito a niente.

Ho continuato a pensarla. A pensare che li ho lasciati a godersi una serata che brucia più del rum sulle mie parti intime.

L'immagine di loro due seduti a quel tavolo in atteggiamenti troppo confidenziali, quasi nascosti sotto la tovaglia bianca, passa dalla mia mente, creando nuove scene che non sono mai esistite.

È stato solo un bacio come tanti altri!

Lo ripeto, tipo un mantra, perché è così che è andata. Il trasporto che sentivo quella sera e la voglia di scoparmela non erano comuni, per me, ma li farò diventare meno di niente.

«Dove vai?» domanda, mentre mi avvio verso l'uscita di casa, senza degnarla di un solo sguardo.

«Cosa t'importa? Ti ho detto che sei solo una scopata, non ti devi accollare.»

«Lo dici perché pensi di ferirmi? Non è così, Evan. Mi ferisci quando scappi da me, senza che io sia riuscita ad amarti fino in fondo.»

Amarmi... che cosa stupida.
Nessuna può amarmi, perché io non posso fare altrimenti. Non voglio, non ho la forza per amare ancora, fino a quando lei non tornerà da me.

Tu resti solo il mio "lontano da Faline", un pericolo troppo grande. Non voglio farlo, non voglio innamorarmi. Non so neanche come si fa...
Ci ho provato e, quando mi sono innamorato per davvero, me l'hanno strappata via.

«Ti ripeto, April, sei solo una scopata, neanche tanto memorabile.» So di umiliarla ma, per quanto io non sappia amare, non so neanche mentire, per tenere le donne al guinzaglio. «Se non ti sta bene, smetterò di bussare alla tua porta.»

La mia è una minaccia che so benissimo che coglierà.

«Arriverà il giorno in cui te la chiuderò in faccia, la porta, ne sei consapevole, vero?» domanda, retorica.

Sorrido, rimango di spalle e ammetto solo a me stesso che un po' mi dispiace non poter sfruttare questa evasione fino a quando non rimarranno solo i cocci vetro, di ciò che prova.

«Non potrebbe fregarmene di meno, April.»

Quella porta, ora, sono io a chiuderla, consapevole che non sarà per sempre, la lascio socchiusa, con lei stesa sul pavimento freddo a singhiozzare, come una bambina a cui hanno rubato l'ultima caramella... alla fragola.

🖤🖤🖤🖤🖤🖤🖤🖤🖤

«Non è possibile, Jake.»

Arrivo di corsa nello studio, dopo una sua telefonata.

«Mi dispiace, Evan, non so cosa altro dirti.»

«Dimmi solo che è tutto uno scherzo, che l'avete trovata e ritornerà domani stesso.»

Non supplico mai nessuno ma, questa volta, sono esasperato.

«No, amico, niente di tutto ciò.» Scuote la testa, mentre cerca di rincuorami, posando una mano sulla mia spalla. «Non è ancora finita. Abbiamo sguinzagliato il miglior investigatore che conosciamo, la troverà.»

«Non ce la faccio più, Jake. Non ho idea di dove sia, cosa faccia, come sia diventato il suo viso.» Avvicino le mani al mio, le osservo, come se fossi alla ricerca di un potere mistico che possa aiutarmi a trovarla, ma sono inutili, come la mia vita in sua assenza.

«Lo capisco, ma non perdere le speranze, la verità è più vicina di quanto pensiamo, lo sento.»

Veniamo interrotti da qualcuno che bussa alla porta.

«Avanti!»

Un qualcuno che mi sto imponendo di non vedere ancora, ma che è diventata onnisciente, nei miei posti e nei miei fottutissimi pensieri.

«Entra, Nay.»

Jake la raggiunge, per aiutarla a portare le due tazze di caffè fumante che sembra le stiano ustionando le nocche poggiate sulla ceramica rovente.

«Non devi essere così premuroso, con me.» Lo rimprovera.

Mostra un sorriso che lo accarezza, dolce e, i miei sensi di colpa per non avergli detto di averla baciata, quasi fatta mia in un parcheggio di merda, con il rischio di essere scoperti, iniziano a darmi il tormento.

Per non parlare del fatto che lo rifarei altre milioni di volte. Ancora e ancora, fino quando non crolleremo, entrambi sfatti, inermi, senza alcuna voglia di parlare, di averci di nuovo, di comprendere che, quella, sarà l'ultima volta.

L'ultima volta... di una quantità infinita di volte!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro