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Chapter 2; Bus

Choi Young Do's p.o.v.

«Tesoro, è pronta la cena» l'urlo ormai familiare di mia madre proveniente dalla cucina mi riscuote dai miei perenni pensieri, facendomi perdere il filo del discorso di quello che stavo buttando giù nel foglio davanti a me.

«Arrivo, mamma» rantolo, alzandomi controvoglia dalla scrivania e posandovi sopra la penna, per poi fissare il foglio con occhi dubbiosi.

Nessuno deve assolutamente leggere quello che scrivo. È una cosa di fondamentale importanza per me.

A dire il vero solo solo pensieri inutili, che mai si realizzeranno, ma ci tengo comunque molto. Pensieri di un futuro con una ragazza che non vedo da un anno.

Pensieri che, dopo averli scritti per sfogo, di solito getto poi nell'immondizia. Non sono parole degne di essere lette. Faccio schifo a scrivere, e ne ho preso atto. Tanto poi non devo far vedere le mie cose a nessuno.

Accartoccio quindi il foglio, sbuffando e buttandolo nel cestino, e mi dirigo in cucina per mangiare. Passare del tempo insieme a mia madre è diventata ormai la mia unica distrazione nella vita, anche se si tratta solamente di condividere un pasto. Sono piccole cose, ma che ai miei occhi non passano mai inosservate.

Ormai non mi è rimasto più niente di cui essere felice, mi sento solo un corpo senza anima. Sono completamente svuotato di ogni interesse e passione, dentro di me regna solo il dolore.

Da quando mio padre è stato arrestato ho deciso di smettere definitivamente di praticare judo. Mi faceva solamente sentire male, poiché ripensavo ai nostri duelli in continuazione.

Ma il mio cuore adesso fa male per un altro motivo, e questo motivo ha un nome: Cha Eun Sang. La ragazza a cui scrivo ogni santa sera delle lettere immaginarie, perché, pur sapendo il suo indirizzo, so che non gliele invierò mai.

Ricordo ancora le parole che le ho detto undici mesi fa trattenendo le lacrime, come se fosse ieri. Stavamo mangiando dei noodles al solito bar, e io stavo per scoppiare a piangere.

"Cha Eun Sang. Da adesso in poi, quando ci vediamo, ignoriamoci. Se a scuola ci capita di imbatterci l'uno nell'altra, non salutiamoci più. Non parliamoci nemmeno. Facciamo proprio finta di non conoscerci."

Questo è esattamente ciò che le ho detto, ormai un anno fa. Da quel giorno ho messo seriamente in pratica le mie parole, ma era dura, troppo dura. Mi faceva male vederla ogni giorno e dover voltare lo sguardo altrove, non poterla più salutare né parlarle, sebbene fossi stato io ad avere questa brillante idea.

Credevo che, allontanandoci reciprocamente, sarei riuscito a dimenticarla. Invece mi è successo esattamente il contrario.

Anche se adesso sono all'università e non ho più occasione di vederla a scuola come prima, non faccio altro che pensare continuamente a lei.

A lei, e anche a come sarebbe stato un nostro ipotetico futuro insieme.

Io ero un bullo, un buono a nulla, uno che si credeva un vincente, ma che in realtà era un perdente. Spesso a scuola picchiavo gli indifesi insieme ai miei scagnozzi, e mi piaceva farlo.

Ero una persona piuttosto sadica, senza cuore. Non mi importava di niente e di nessuno, e a causa della mia perenne noia spesso infastidivo i più deboli.

Poi tutto è cambiato, quando ho conosciuto lei. Inizialmente mi sembrava la solita sfigatella liceale ingenua che non sa dove mettere piede, ma dopo, col passare del tempo, mi sono reso conto che stavo bene solamente quando la vedevo.

Andavo spesso a trovarla durante i suoi lavori part-time, anche se lei non sembrava così contenta di vedermi, e anche a scuola cercavo di stabilire delle conversazioni con lei.

Insomma, grazie a tutti questi miei insoliti comportamenti benevoli nei suoi confronti avevo capito una cosa fondamentale: io mi ero innamorato.

Per la prima volta nella vita, io amavo veramente qualcuno.

Prima di allora non avevo idea di che cosa significasse amare, perché non avevo mai amato nessuno. Pensavo fosse un sentimento egoistico, io appartengo a te e tu appartieni a me. Ma l'amore non è niente di tutto questo.

A causa del mio carattere chiuso e duro cercavo sempre di apparire agli altri come un tipo tosto, senza cuore e freddo, non facendo trapelare minimamente le mie emozioni, e a forza di comportarmi così lo ero diventato veramente.

Mio padre poi - anzi, chiamarlo padre è un onore per lui - sembrava che non esistesse. Così occupato ad amministrare il suo prestigioso hotel per fare soldi, da scordarsi addirittura di suo figlio.

Mia madre, invece, di cui non ricordavo nemmeno il volto, era scappata via quando io ero ancora un ragazzino piuttosto piccolo. A quei tempi possedevo solo una sua foto, di quando era giovane, poco prima che nascessi io, che custodivo egoisticamente di nascosto in un cassetto del comodino.

I miei amici... anzi, no, non avevo amici, non li avevo mai avuti. C'era stato eccezionalmente Kim Tan, quando frequentavamo le scuole medie. Con lui era scattato quasi subito del feeling, ma, dopo quello che mi aveva fatto, io decisi personalmente di tagliare tutti i ponti con lui.

Poi, con l'improvvisa entrata di Cha Eun Sang nelle nostre vite, il rapporto fra me e Kim Tan sembrò riallacciarsi, ma solo per breve tempo. Ovvero, fino al fatidico giorno in cui loro due si misero insieme.

Io già l'amavo, e lei lo sapeva bene, dopo che glielo avevo confessato. Ai suoi occhi sarà probabilmente sembrata una presa in giro per adescarla in qualche trappola, ma era la più assoluta verità.

«Tu mi piaci» le avevo detto chiaro e tondo quel giorno, dopo aver preso una bella dose di coraggio e aver inspirato profondamente.

Mentre aspettavo che lei parlasse, tenevo le dita incrociate dietro la schiena pesando che al massimo mi avrebbe rifiutato, e che non sarebbe stato poi così brutto. Ma così non fu: lei mi respinse, tuttavia il colpo da digerire fu più pesante del previsto.

Inoltre, vedere lei e Kim Tan perennemente insieme non fece altro che farmi allontare pian piano dalla nostra amicizia che si era creata. A me non piaceva chiamarla amicizia, infatti quando Cha Eun Sang aveva accennato alla parola "amici" l'avevo subito bloccata, dicendole che non volevo essere suo amico.

No, non è che non volevo passarci del tempo insieme, ma se dovevo stare con lei solo come un semplice amico, non ce l'avrei assolutamente fatta. Così rinunciai in partenza e a malincuore a questa amicizia che non ci fu mai e mai ci sarà.

Cha Eun Sang... È già passato un lungo anno dall'ultima volta in cui ci ho parlato, ma mi sembra che siano passati interi secoli. Secoli in cui ho cercato di mostrarmi forte, deciso, per poter badare a mia madre e a me stesso, ma durante i quali in realtà morivo dentro. E lo sto facendo tutt'ora.

***

Finita la silenziosa cena, decido di offrirmi per lavare i piatti al posto di mia madre. È giusto che si prenda qualche minuto di riposo ogni tanto. E io ho l'insaziabile bisogno di distrarmi, non importa come.

Devo lavorare di mani, di modo da non dover lavorare troppo di cervello, e svolgere attività pratiche può farmi solo bene.

Dopo aver finito il mio lavoretto vado a dormire e cado subito in un sonno profondo come non succedeva da tempo, dal momento che oggi sono stranamente troppo stanco per riuscire a fare qualsiasi altra cosa.

***

Cha Eun Sang's p.o.v.

13 marzo 2014.

Dopo un incubo spaventoso e indescrivibile, mi sveglio di soprassalto.

Sono appena le 7 di mattina e mia madre sta ancora dormendo, russando rumorosamente.

Oggi voglio subito uscire di casa per iniziare la mia lunga ricerca, così decido di lasciare a mia madre un bigliettino scritto, casomai si svegli mentre io non ci sono:

Mamma, stamattina devo uscire presto per andare a sbrigare una faccenda urgente. Ci vorrà un po', quindi se quando ti svegli non sono ancora tornata, ti avviso che puoi trovare da mangiare in frigo alcuni avanzi della cena di ieri sera, dopo averli scaldati nel microonde.

Dopo averlo scritto velocemente, lo appiccico con delicatezza su un'anta della credenza della cucina, sperando che lo noti.

Poi decido di vestirmi con la mia vecchia divisa scolastica, comprata dopo aver sudato sette camicie quando facevo ancora le superiori, facendo tantissimi lavori part-time e aiutando anche mia madre nelle sue mansioni.

Mi guardo allo specchio, cercando di assumere un'espressione seria, ma non ci riesco. Il solo fatto di indossare questa roba mi riporta alla mente tanti ricordi.

Afferro le chiavi, e dopo aver sospirato un'ultima volta esco di casa.

Il sole non è ancora sorto del tutto, ma l'atmosfera marina di stamattina è indescrivibile.

Ci sono numerosi gabbiani che beccano qualcosa nella sabbia, altri adagiati sul pelo dell'acqua a nuotare tranquilli, e altri ancora sugli scogli a dormire.

È qui dove un mese fa mi lasciai con Tan, ma soprattutto è qui dove un anno fa passeggiai con Choi Young Do.

Anche quell'incontro è rimasto vivido nella mia mente da quella volta, e non dà segni di volersene andare. Lo custodirò per sempre nel mio cuore.

Lancio un'ultima occhiata al bellissimo paesaggio, dopodiché inizio a camminare spedita verso la città, con le mani in tasca.

Prima di fare il primo passo, chiudo gli occhi e penso che andrà tutto bene. Se mi ci metto di impegno, potrò affrontarlo più facilmente di quel che penso.

Choi Young Do, ti troverò. Costi quel che costi.

***

Choi Young Do's p.o.v.

Questa mattina mi sono stranamente svegliato presto, destato dal potente rumore di una moto in partenza al semaforo dell'incrocio sotto casa.

Ogni volta che sento questo suono, comincio a ricordarmi dell'amore incondizionato che avevo per la mia moto.

Era l'unica cosa che mi piaceva, ai tempi del liceo, prima che arrivasse Cha Eun Sang.

Salire sulla moto e partire a tutta velocità mi faceva sentire libero e allo stesso tempo potente. A volte non abbassavo nemmeno il parabrezza trasparente del casco, lasciando che il vento mi colpisse in piena faccia.

Era una sensazione stupenda, non mi faceva pensare a niente, anche se solo per qualche minuto.

Ma poi, dopo che l'hotel di mio padre fallì e lui fu sbattuto in carcere, dal momento che il lavoro di mia madre riesce a malapena a mantenerci entrambi, fui costretto a venderla.

Non stavo lasciandomi alle spalle una semplice moto, ma il ricordo di una vita intera passata a comportarmi da ragazzo ribelle e sfacciato. Avevo abbandonato il mio caratteraccio, lasciando spazio ad un nuovo Choi Young Do. Il Choi Young Do che sono adesso.

Un ragazzo apparentemente tranquillo e sereno, che vive la vita con sua madre, ma in realtà nutre quotidianamente dentro di sé mille rimorsi e rimpianti.

Qualsiasi cosa io faccia, tento sempre di farla col sorriso sulle labbra, anche se magari mi si stringe il cuore. Come il fatto di essere stato convocato alcuni mesi fa nella mia ex scuola.

La preside mi aveva preso come esempio da seguire, ricordandosi chiaramente di me, del mio temperamento da testa calda, e del mio successivo graduale cambiamento.

Mi aveva chiamato perché voleva che andassi a parlare agli attuali ragazzi liceali della mia esperienza all'università, narrando loro anche il perchè sono riuscito ad entrarvi con voti più che buoni.

Ma la preside voleva soprattutto che io dimostrassi che anche quelli più fannulloni, se si mettono di impegno, possono combinare qualcosa nella vita.

Io ero l'esempio più calzante di tutti, dal momento che al liceo mi sono messo a studiare all'improvviso al terzo anno, dopo due interi anni di nullafacenza.

Il motivo del mio studio improvviso era semplicissimo, bastano solo tre parole: Cha Eun Sang.

Ma nella realtà dei fatti, tutto era diverso: non potevo parlare di amore a scuola, perché sicuramente non mi avrebbe creduto nessuno. Così mi inventai una semplice scusa, dicendo che ero diventato più volonteroso e avevo più voglia di fare di quanta ne avessi avuta in tutti i miei 18 anni di vita.

Quell'incontro apparentemente fu un successo, ma dentro di me lo strazio più totale: non ci volevo tornare in quella scuola, era troppo doloroso anche solo guardarla dall'esterno senza entrarvi dentro. Furono le due ore più brutte di tutta la mia vita, ma fortunatamente adesso è tutto passato. Non devo più pensarci.

Così mi alzo di scatto dal letto, e senza nemmeno cambiarmi i vestiti con cui ho dormito, mi do una veloce lavata alla faccia ed esco. Ultimamente lo faccio spesso: quando il mio dolore si accumula e sento come se stessi per scoppiare, decido sempre di dirigermi in riva al fiume, di mattina presto, cercando di non farmi vedere dalla gente.

Quell dove vado io è una zona sempre molto isolata, non poco distante da casa mia, e che posso raggiungere tranquillamente a piedi: e poi a quest'ora della mattina non c'è mai tanto traffico.

Mi preparo vestendomi alla bell'e meglio, metto le chiavi di casa nella tasca del lungo cappotto ed esco.

***

Cha Eun Sang's p.o.v.

Al contrario di ciò che pensavo, Choi Young Do non vive più in quella casa.

Ho provato in tutti i modi a chiedere di lui al vicinato, ma nessuno ha saputo dirmi niente di più che "Si è trasferito ormai un anno fa, assieme alla madre, senza però fare parola con nessuno di noi riguardo a dove sarebbe andato".

Abbacchiata come non lo sono mai stata nella vita, mi sono fermata senza più forze sotto la tettoia della fermata di un autobus, a versare lacrime su lacrime, in sincronia con lo scroscio delle gocce di pioggia sull'asfalto.

Saranno ormai due ore, o forse tre, che sono qui a piangere, e tutti quelli che passano mi rivolgono degli sguardi piuttosto increduli, per poi voltarsi e continuare per la loro strada.

Mi sto disperando da troppo tempo. È arrivato il momento di tornare a casa, anche se la mia missione di trovare Choi Young Do è fallita miseramente.

Se ha brutalmente tagliato i ponti con tutti i suoi ex vicini e conoscenti, non rispondendo più a nessuno, come potrebbe anche solo minimamente calcolare una come me?

Lui non ha mai avuto intenzione di farlo.

E per di più non aveva mai accennato al fatto di trasferirsi, ma allora... perché?

Non appena un anonimo autobus si ferma per far salire delle persone, colgo l'occasione per salire anche io. Non mi importa dove mi porti, dal momento che non ho nemmeno il biglietto.

Voglio solo starmene in pace, e al riparo da questa gelida pioggia. I passeggeri dell'autobus solitamente stanno molto sulle loro, senza fare caso a chiunque salga o scenda, ed è la cosa giusta per me adesso.

Voglio essere ignorata da tutti, voglio solo piangere. Piangere e basta.

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