X. Resistere
Selena si guardò allo specchio nella tenda di Achille e Patroclo.
Agamennone glielo aveva concesso – sempre per mezzo dell'intercessione di Ulisse, immaginava lei – affinchè potesse rendere gli onori dovuto al corpo di Patroclo.
Le era stato affidato il compito di vestire l'amico, con i suoi abiti migliori, perchè potesse recarsi nei campi Elisi e riposare in pace.
La figura che in quel momento vide riflessa le fece perdere qualche battito.
Come poteva non accadere, dopotutto?
Le parve di essere sua madre, vestita con un abito nero semplice come sarebbe paiciuto a suo padre, pronta per recargli l'ultimo saluto.
E ora anche Selena era vestita nello stesso modo.
Indossava una tunica nera e un velo che poi le avrebbe coperto il viso, esso però ora era posato sui capelli all'indietro e i segni di pianto erano perfettamente visibili sulle guance pallide della giovane.
Selena trasse un sospiro tremante e si avvicinò al corpo di Patroclo.
Gli carezzò i riccioli castani, che le si arricciarono intorno alle dita.
Aveva un'aria pacifica, come se stesse dormendo.
La giovane decise che lo avrebbe ricordato così, come un bambino addormentato che si sarebbe risvegliato fra cento anni, come la Bella Addormentata.
"Mi dispiace" sussurrò.
Sapeva che non era colpa sua, nonostante le parole di Achille l'avessero ferita.
La piuma di Omero aveva scritto i versi nei quali Patroclo moriva e lei non poteva cambiare le cose.
Eppure sentiva che dirgli che si scusava era la cosa giusta da fare.
Notò che la tunica con cui l'aveva vestito aveva una piccola tasca nella parte davanti, dalla quale compariva qualcosa.
Era una pergamena ingiallita, ripiegata con cura.
Quando l'aprì, il suo nome appariva in una calligrafia elegantte.
Selena, se stai leggendo queste parole, significa che ora la mia anima si troverà sul traghetto di Caronte, diretta verso le praterie degli Asfodeli.
Questa è una specie di lettera liberatoria, sai.
Per dirti quelo che penso, forse perchè non ho mai avuto il coraggio di farlo da vivo.
Da quando ti ho conosciuta, mi è sembrato che tra noi due ci fosse una sintonia incredibile e per un po' di tempo, ho davvero pensato di amarti.
Ora sorrido al pensiero, perchè mi rendo conto di essere stato ingenuo.
Io non ti amavo, semplicemente perchè quello che provavo – e provo per te, amica mia – non era agape nè eros, ma philia.
Una volta Achille mi ha detto che io avrei potuto trovare l'amore, mentre lui no, perché i guerrieri non amano.
Penso proprio si sbagliasse.
La mia opinione è che sono proprio i guerrieri ad amare più di tutti, perchè non sanno cosa accadrà nella battaglia successiva e temono di non rivedere più la compagna.
E proprio per questo amano in modo travolgente, ogni giorno come se fosse l'ultimo.
Ed è in questo modo che Achille ti ama.
Il suo corpo, i suoi gesti e le sue parole potrebbero dire il contrario, te lo concedo, ma fidati di me: gli occhi, Selena, loro non mentono mai.
Basta vedere il modo in cui ti gurda per capire ciò che prova per te.
Probabilmente mi starai prendendo per un povero pazzo che farnetica le sue ultime parole, ma proprio perchè lo conosco so cosa succederà una volta che non ci sarò più.
Si sentirà in colpa e si sfogherà con te, perchè non sopporta di accettare il fatto che se avesse fatto qualcosa mi avrebbe salvato e quindi scaricherà il suo dolore su di te, come un fiume in piena.
E' brutto, lo so, ma è fatto così.
Achille... lui ha solo bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui, Selena.
Ne ha tremendamente bisogno.
Prima il compito spettava a me, ora lo cedo a te.
Se lui ti allontanerà rimani, resisti, perchè è quello di cui ha bisogno.
Ricorda che è il dolore a parlare per lui e che lui ti ama.
Quando sentirai di non riuscire più a resistere, quando vorrai mandarlo al diavolo, guarda i suoi occhi e vedi ciò che io vedevo.
Il modo in cui ti guardano.
E restiti ancora un poco, per me.
Gli uomini saranno più forti, ma sono le donne che resistono.
Perciò, ti prego, resisti.
Patroclo.
"Va bene, amico mio" bisbigliò Selena, carezzando il volto freddo come una lastra di ghiaccio di Patroclo, mentre un sorriso spuntava tra le lacrime "va bene, resisterò. Sappi però che mi dovrai un favore"
Si asciugò le lacrime e fece un respiro profondo.
"Automedonte" chiamò "è... è pronto"
Il giovane ragazzo entrò subito.
"Come stai?" le chiese.
"Voglio solo che tutto questo finisca" ammise, scrollando le spalle "e tu?"
Probabilmente non si aspettava che Selena gli rivolgesse la medesima domanda, perchè sembrò preso alla sprovvista.
"Lui... mi trattava come se fossi di famiglia" spiegò "è sempre stato gentile con me. E' stato un buon padrone"
"Lui non era tuo padrone, Automedonte, era tuo amico"
Automedonte annuì e poi fece cenno ad altri Mirmidoni di entrare.
Presero il sudario in cui Patroclo era avvolto e lo trasportarono fuori dalla tenda.
Selena lanciò un ultimo sguardo dietro di sè, stringendo la pergamena tra le mani.
Poi si tirò il velo a coprirle il viso e uscì.
***
La pira funebre che era stata allestita era alta quasi due metri.
Sarebbe stato Achille a darle fuoco, come ultimo saluto a colui che era stato un tempo come un fratello.
Il principe salì la scala che conduceva alla cima, il bastone infuocato che sentiva ardere nella mano destra.
Nemmeno il calore e la luce del fuoco riusciva a dare un po' di colore al viso senza vita di Patroclo.
Quella sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrebbe visto.
Achille sapeva di avere gli occhi di tutti puntati addosso, aspettandosi che posasse il fuoco sulla salma.
Pensavano fosse così facile dire addio a qualcuno a cui avevi donato tutto di te?
Si chinò verso di lui.
"Farò come mi hai chiesto in sogno, Patroclo" bisbigliò "dirò ad Ulisse che voglio che quando sarò morto, le mie ceneri siano nella stessa urna delle tue. Staremo insieme anche nell'aldilà, amico mio"
Rimase un attimo in silenzio.
"Se fossi qui, mi diresti di non vendicarti. Sappiamo bene entrambi che una volta che Ettore sarà morto, secondo la profezia, io non tarderò a morire. Eppure io ti rimbeccherei dicendo che Automedonte mi ha raccontato della profezia che hai fatto al maggiore dei figli di Priamo, prima di..."
Morire.
Non sarebbe mai riuscito ad assocciare quel verbo a Patroclo.
Achille chiuse gli occhi e poi li riaprì.
"Perciò sai che accadrà" concluse "è mio dovere vendicarti e poi solo così troverò la pace"
Osservò per un'ultima volta i tratti familiari di quel ragazzo che lo avevano accompagnato dall'infanzia.
"Per tutti gli dei" mormorò "è così maledettamente difficile dirti addio"
Si costrinse ad alzare gli occhi al cielo sereno sopra di loro.
Sembrava uno scherzo del destino un cielo così azzurro mentre l'animo del Pelide era così nero.
"Vai in pace, fratello" disse, lasciando ricadere il braccio.
Mentre scendeva le scale, il fuoco che si era propagato stava cominciando ad innalzarsi.
Si mise ai piedi della pira funebre e guardò in alto, mentre il fumo si diradava nel cielo azzurro.
Gli parve, per un solo istante, di vedere un'ombra confondersi nel fumo, sparendo veloce com'era arrivata.
"Non avresti potuto fare nulla, soldato" gli disse una voce "una volta che le Parche tagliano il filo, non c'è nulla che noi mortali possiamo fare purtroppo"
"Lo dici perchè non vuoi farmi sentire in colpa" rispose Achille, continuando a guardare fisso davanti a lui.
"Lo dico perchè lo so" ribattè Selena "non sei l'unico che ha perso qualcuno. So come ci si sente"
"Passerà mai?"
La giovane lasciò scivolare la sua mano in quella di lui.
La strinse, per fargli capire che lei era lì.
E poteva essere la sua ancora.
"Te lo prometto" sussurrò "passerà"
***
"Ettore!" gridò.
Nessuno rispose.
Achille sentiva il cuore pulsargli nelle orecchie.
Tum tum tum.
L'unico altro rumore che sentiva erano gli sbuffi di Balios, che aveva lasciato poco distante da lui sull'enorme distesa che separava l'accampamento acheo dalla città di Troia.
"Codardo!" gridò ancora più forte "Vieni e combatti da uomo!"
Sulle porte Scee non successe nulla.
Silenzio.
"Ettore! Saresti tu il migliore tra i guerrieri troiani? Un codardo? Vieni e affrontami!"
Achille puntò la spada a terra e lanciò un urlo di guerra.
"Sai chi sono io, Ettore? Sono Achille, figlio di Peleo!"
Le grandi porte di Troia si aprirono.
"Colui che ti condurrà negli Inferi" sussurrò.
Sentì un urlo indistinto, probabilmente femminile, levarsi nella parte alta delle porte Scee.
Gli occhi di Achille luccicarono mentre vide un uomo avvicinarsi a lui, armato di tutto punto.
Il Pelide si umidificò le labbra e si avvicinò lentamente all'altro.
Fu quando erano a pochi metri di distanza, che vide gli occhi scuri di Ettore brillare di qualcosa che riconobbe come paura.
Fu allora che il principe troiano cominciò a correre.
"Vigliacco!" sibilò Achille, mentre lo inseguiva.
Compirono tre volte il giro delle mura della città di Troia.
Ettore poi crollò a terra, con il fiatone e i capelli scuri attaccati al collo dal sudore.
Achille, perfettamente riposato, sguainò la spada.
"Aspetta" iniziò il Priamide, alzandosi in piedi "voglio fare un patto"
"Io non stringo patti con gente come te" sibilò il Pelide.
"Ascolta, ti prego"
Ettore mise le mani avanti, mentre il respiro gli tornava regolare.
Erano sporche di terra, di sicuro non quelle di un principe.
"Parla, prima che ti uccida" decretò Achille.
L'altro si raddrizzò e assunse un tono solenne.
"Chi vincerà" disse "lascerà che al corpo dello sconfitto siano conferiti i giusti onori e che sia ridato al proprio esercito"
Achille fece una risata amara.
"Proprio come avresti fatto tu se gli Achei non ti avessero sottratto il corpo di Patroclo, non è vero?" disse ironico.
Ettore si rabbuiò.
"Pensavo fossi tu" ammise "non sapevo fosse il tuo amico. Per quel che vale, mi dispiace"
"Le tue scuse non lo riporteranno in vita, figlio di Priamo!"
Gli occhi del Pelide luccicavano di rabbia.
Con un movimento così veloce da essere impossibile a chiunque altro, scagliò la sua asta.
Ettore, tutto il corpo in allerta, la schivò per un soffio.
"Del tuo corpo farò quello che voglio" decise Achille, spostandosi di lato per evitare la lancia avversaria "sia ben chiaro"
Il duello ormai era iniziato.
Ettore era bravo, ma non abbastanza da salvarsi.
Nelle sue vene non scorreva sangue divino, ma solo sangue mortale.
La spada di Achille si conficcò appena sotto la spalla dell'altro, che crollò in ginocchio.
"Ti prego" sussurrò, la voce ridotta ad un gorgoglio mentre il sangue gli colava ai lati della bocca "da' il mio corpo a mio padre"
Achille pareva un dio vendicatore, illuminato dai raggi de sole.
Forse Ares era così nella sua forma umana.
"Mai" rispose.
Gli occhi di Ettore ora erano vitrei.
"Tu mi seguirai molto presto" la voce non era la sua.
Era più grottesca, come se fosse antica, come se venisse proprio dalle profondità del Tartaro stesso.
Era una profezia.
"Me lo hanno già detto"
E Achille girò la lama della spada.
***
Erano passati dodici giorni dal duello tra Ettore e Achille.
Erano dodici giorni che il principe acheo martoriava il corpo del principe troiano.
Appena dopo averlo ucciso, il Pelide aveva fatto due fori poco sotto le caviglie e vi aveva fatto passare una corda.
L'aveva legata alla sua biga e poi vi era salito, incitando Balios a tornare all'accampamento.
Ed Ettore che li seguiva, mentre la sabbia avvolgeva il suo corpo.
Nonostante dodici giorni di umiliazioni sul cadavere, esso era intatto.
Achille sapeva che dietro tutto ciò c'era lo zampino degli dei.
La notte del dodicesimo giorno era calata da qualche ora e una figura, avvolta in una veste bianca, si aggirava tra i falò ormai spenti dove le braci erano ridotte a cenere.
Aveva un portamento regale, nonostante i miseri abiti, come se fosse un re.
E forse sovrano lo era davvero.
"Principe Achille?" disse, con la sua voce flebile.
Achille aprì gli occhi e in un secondo era già seduto sul suo giaciglio.
"Chi ha parlato?" chiese, sfiorando il pugnale che aveva sotto il cuscino.
Un vecchio uomo entrò nella tenda.
"Sono re Priamo" dichiarò, la schiena ben dritta e il mento alto.
"Vuoi farti uccidere, vecchio? Come ti salta in mente di venire nell'accampamento nemico?"
Gli occhi azzurri del Pelide parevano brillare anche nell'oscurità delle tenda.
"Sono un re" ripetè, inginocchiandosi ai piedi dell'altro, il capo chino in segno di rispetto "ma sono anche un padre e per amore del figlio che hai ucciso mi abbasso a prostrarmi ai tuoi piedi, principe Achille, purchè mi venga restituito il suo corpo"
Gli prese le mani tra le sue e le baciò.
Achille scattò in piedi, improvvisamente nervoso e a disagio.
"Forza, vecchio" gli disse "alzati"
Priamo alzò gli occhi scuri – dello stesso colore di quelli di Ettore – e guardò il giovane.
Egli lo aiutò ad alzarsi.
"Vuoi della frutta?" domandò.
Il re scosse la testa.
Era un dovere dei Greci, offrire ospitalità a chiunque gliela chiedesse.
"Voglio solo riavere indietro mio figlio" mormorò.
Aveva gli occhi lucidi.
Achille sospirò.
"Nella vita, tutti dobbiamo soffrire" iniziò, come se stesse pensando ad alta voce "il divino Zeus può dare una sorte felice ad alcuni, ma prima o poi anche nella vita di queste persone arriveranno delle sventure. Tutti viviamo nel dolore. Tuo figlio ha ucciso un mio amico e ora sto soffrendo. Io ho ucciso tuo figlio e tu stai soffrendo. Questo si chiama equilibrio"
"Avevo quaranta figli" la voce di Priamo era tremante "non me ne rimane più nessuno. Ti sto solo chiedendo di alleggerire il mio dolore"
Achille lo guardò, forse per la prima volta.
E gli mancò il fiato.
Rivide suo padre, invecchiato durante la guerra, che osservava una pira funebre nella quale era il corpo di suo figlio a bruciare.
Ormai l'avverarsi della profezia era vicino.
Come Priamo stava soffredno per la morte del figlio, anche re Peleo avrebbe sofferto per la morte di Achille.
Il semidio si chiese quanto sofferenza avrebbe avuto in più suo padre, se il corpo di Achille gli fosse arrivato martoriato come lo era quello di Ettore.
"Ettore era il mio figlio prediletto" ora le lacrime scorrevano lungo le guance scavate del vecchio.
"D'accordo" Achille sentì la sua voce lontana mille miglia "ti consegnerò il corpo di tuo figlio"
"Che gli dei ti benedicano!"
Un sorriso sincero era spuntato sulle labbra di Priamo.
"Gli dei... benedirmi, come no" borbottò il giovane "raggiungerò presto tuo figlio, negli Inferi. E una volta lì, nessuno dei due avrà meno colpe dell'altro"
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