I. Straniera in terra straniera
Premessa.
I fatti della storia si intrecciano tra l'Iliade originale e il film Troy, solo a scopo della trama.
Selena aprì gli occhi.
All'inizio non vide niente, accecata dai raggi del sole.
Come quando si è al mare e si sta per tanto tempo con gli occhi chiusi, mentre il sole picchia proprio su di essi.
Appena il mondo intorno a lei si mise a fuoco, la giovane si guardò intorno.
Si portò una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio mentre si metteva seduta.
Era su una spiaggia dalla sabbia bianchissima.
Sentiva non poco distante da sè il fruscio delle onde del mare che si infrangevano sul bagnasciuga.
Il sole era alto nel cielo sereno: doveva essere mezzogiorno.
Dove si trovava?
Quella non era di certo Londra.
Non era possibile.
Quella doveva essere magia, ma c'era un piccolo problema.
La magia non esisteva.
O forse sì?
Come spiegarsi altrimenti il fatto che Selena si fosse trovata di punto in bianco in una spiaggia?
La giovane si umidificò le labbra.
Sto sognando, si disse, è l'unica spiegazione.
D'accordo, doveva fare il punto della situazione.
Si alzò per guardarsi intorno.
Era un sogno, quindi poteva diventare quello che voleva giusto?
Chiuse gli occhi.
Immaginò di ritrovarsi nella sua camera, seduta sul letto.
Aprì gli occhi.
Non era successo nulla.
Si trovava ancora su quella maledetta spiaggia.
Si sentì gli occhi pungere, come se stesse per piangere.
Qualcuno poteva biasimarla?
Ancora non capiva come potesse trovarsi lì e poi, "lì" dov'era?
Diede un calcio ad un sasso lì vicino, per colpa della frustrazione.
E si portò una mano sulla bocca.
Perché aveva addosso una tunica bianca e dei sandali dorati?
"Sto impazzendo" mormorò prendendosi la testa tra le mani e crollando in ginocchio.
Sbattè una mano sulla sabbia.
"Ahia" borbottò, serrando le labbra.
Si guardò la mano destra, segnata da un taglio dal quale stava sgorgando sangue.
Come avrebbe fatto a tornare a casa?
Era tentata di lanciare un urlo, ma razionalmente sapeva che farsi notare non sarebbe stata una mossa intelligente.
Non prima di aver capito dove si trovasse.
Si guardò intorno, in cerca di un appiglio, qualcosa che la riportasse alla realtà.
Ma dentro di sè temeva di non trovare nulla.
Poco lontano da lei, c'era una specie di barricata fatta di legno, che proteggeva qualcosa che non riusciva a vedere.
Da alcuni punti si innalzava del fumo nero, come se ci fossero dei piccoli falò.
Che fossero tende?
Come un... accampamento.
Ma dove diavolo sono finita, pensò.
Selena sentì dei passi alle sue spalle, come di zoccoli sulla sabbia.
Sentì un cavallo nitrire e poi qualcuno che lo fermava.
Si voltò di scatto, afferrando una pietra che aveva lì vicino come arma improvvisata.
"Non avvicinarti" intimò.
L'uomo che era a cavallo soffocò una risata.
"Wo" disse all'animale, tirando le redini.
Poi scese e gli diede tenere pacche sul collo.
"Chi sei?" chiese Selena.
Scattò in piedi, in maniera forse troppo brusca perché tutto intorno a lei divenne buio per qualche istante.
Cercò di non barcollare, fallendo.
"Stai bene, ragazza?" domandò la misteriosa figura, facendo un passo avanti.
"Chi sei?" ripetè lei.
L'uomo la ignorò, avvicinandosi.
Aveva gli occhi scuri preoccupati.
"Sei ferita..." disse.
Selena fece un passo indietro, mentre si portava una mano alla fronte.
La ritrasse.
Era macchiata di sangue.
Il panico l'avvolse.
"Lascia che ti aiuti"
L'uomo la sorresse proprio mentre la ragazza cadeva, le gambe molli.
Le palpebre cominciarono a tremarle.
Aveva un terribile desiderio di dormire, ma sapeva bene che non avrebbe giovato a nessuno.
Nei film, quando qualcuno stava per morire, gli altri non dicevano sempre che doveva rimanere sveglio?
Oddio.
Ma lei non poteva stare per morire, non è vero?
Si accorse dopo un po' di essere in groppa al cavallo dell'uomo, con egli che la sorreggeva da dietro avvolgendola con il cerchio delle sue braccia mentre teneva le redini.
"Chi sei?" sussurrò, debolmente.
Dubitava potesse averla udita.
Sentiva i riccioli neri di lui che le solleticavano la fronte.
Si rese conto di aver poggiato la testa dolorante nell'incavo del suo collo.
"Io sono Ettore" le disse, mentre incitava il cavallo a galoppare più veloce "principe di Troia"
***
"Oh povera ragazza..." disse una voce.
Selena era in un luogo buio e accanto a lei una serie di ombre eseguiva un'assurda danza.
Voleva aprire gli occhi, ma non pensava questo l'avrebbe aiutata.
Aprendo gli occhi avrebbe dovuto ammettere che tutto quello fosse reale.
Che cosa poi?
Essere finita in Grecia, in un poema omerico?
Se invece avesse continuato a tenere gli occhi chiusi, avrebbe potuto fingere fosse solo un sogno.
È possibile fingere per sempre?
Sentì qualcosa di freddo sfiorarle la fronte e poi adagiarsi su di essa.
Le diede sollievo e fu grata a chiunque fosse così premuroso con lei.
Dove poteva essere?
Le venne un tuffo al cuore.
Sono Ettore, principe di Troia.
Quindi lei era... dentro la città di Troia?
A palazzo magari?
Oh santo cielo, pensò.
"Se solo riuscissi ad aprire gli occhi, ragazza" disse la voce "mi faresti molto contenta"
Era una donna, con una voce dolce.
Selena sbattè le palpebre e poi l'accontentò.
Aprì gli occhi grigi e si ritrovò con il volto della donna davanti a lei.
Quella le sorrise.
La giovane trattenne il fiato, meravigliata.
Era la donna più bella che avesse mai visto.
I capelli chiari che le incorniciavano il visto roseo, senza nemmeno un'imperfezione e di forma perfetta.
Gli occhi azzurri brillavano di felicità e lo stesso valeva per il sorriso.
"Sono così felice di vederti sveglia" le disse.
La sua voce sembrava il canto di cento usignoli.
Selena abbozzò un sorriso.
Si sentiva la gola arsa e desiderava ardentemente un po' d'acqua.
Con un rantolo, indicò una brocca d'acqua sul comodino affianco al letto.
"Oh che sciocca che sono" disse la donna "scusami tanto, tesoro"
Fece un sorriso di scuse e le versò l'acqua che la brocca conteneva in un bicchiere di porcellana e glielo porse.
Poi sembrò ripensarci su e l'aiutò a bere.
"Grazie" sussurrò Selena.
La giovane osservò la donna, mentre nella sua mente si formava una mezza idea su chi potesse essere.
Era agghindata con una tunica troppo preziosa per essere una semplice ancella e aveva gli occhi azzurri troppo luminosi per essere una bellezza comune.
Sospirò, sentendosi in colpa.
In fondo, lei aveva sempre creduto che Elena di Troia fosse la persona più falsa dell'intero poema omerico.
Eppure, avrebbe dovuto riconsiderarla visto le premure con le quali la stava ricoprendo.
"Come ti senti?" Elena la squadrò con i suoi occhi ipnotici.
Selena si portò di nuovo la mano alla ferita sulla fronte, notando che era avvolta da un benda.
"Meglio" rispose, abbozzando un sorriso.
La ragazza si guardò intorno.
"Quanto tempo è passato?"
"Intendi da quando il principe Ettore ti ha portata a palazzo?" replicò "Non molto, era questa mattina"
"Vi ho recato fin troppo disturbo" lei tentò di alzarsi "voglio dare una mano, c'è forse qualcosa che posso fare per aiutare?"
Gli occhi di Elena si scurirono.
Selena poteva facilmente intuire cosa stesse pensando, perchè sarebbe stata la prima cosa che avrebbe pensato lei.
Dopotutto, c'era ancora una guerra in corso.
E se la donna stesse pensando che Selena fosse una spia dei Greci mandata per trovare un modo per farli penetrare in città?
"Posso diventare un'ancella" propose lei, sperando di sembrare sicura di sè.
Non sapeva cosa avrebbero potuto farle i Troiani se avessero pensato fosse dalla parte dei nemici.
"Certo" Elena sorrise "però prima c'è qualcosa che vorrei visitassi. Credo sia opportuno che tu faccia de sacrifici agli dei, per averti permesso di trovare un tetto sotto cui ripararti. Abbiamo un bellissimo tempio al dio Apollo proprio fuori la città"
Selena annuì.
Era incredibile come la donna più bella del mondo antico avesse perfino una voce che ti indulgeva quasi a fare quello che ti diceva.
Sembrava una malia.
Elena si alzò.
"Delle ancelle ti accompagneranno al tempio, una volta che ti sarai vestita" indicò con il mento una tunica appoggiata ad una sedia vicino alla finestra.
"Grazie"
La donna si avvicinò alla porta in legno scuro e fece per uscire, poi si bloccò con la mano ancora allungata verso il pomello.
"A proposito" disse "il mio nome è Elena. Qual è il tuo, tesoro?"
La giovane sorrise.
"Selena" rispose.
***
L'ancella che la attendeva fuori dalla porta non era un'ancella.
Selena lo aveva capito dal modo in cui era vestita.
Ringraziò mentalmente sua madre per tutte le sue estenuanti lezioni sulla letteratura greca e specialmente il modo in cui le persone si vestivano in base al grado sociale.
E ciò con cui era vestita la giovane dai capelli scuri che la attendeva oltre la porta della stanza dove prima risiedeva era vestita come una sacerdotessa.
"Io sono Briseide, sacerdotessa di Apollo" le disse.
Aveva un lieve accento delle regioni più a nord.
Selena non ricordava esattamente da dove provenisse.
Temeva di sapere in che punto dell'Iliade fosse: quando propriamente il poema non era ancora inziato.
Briseide doveva ancora essere rapita e portata all'accampamento greco dove poi sarebbe diventata il gèras di Achille.
Sperava di non doverlo incontrare.
"Criseide, la mia compagna, ci aspetta al tempio" le spiegò.
Aveva degli splendidi occhi castani, con leggere pagliuzze dorate al loro interno.
Selena annuì, apprestandosi a seguire l'altra.
Quante probabilità c'erano che fosse proprio quello il giorno in cui gli Achei avrebbero attaccato il tempio di Apollo, facendo schiave le due sacerdotesse?
Uscirono dal palazzo, camminando per le strade dell'immensa città di Troia.
Nonostante il commercio florido che i Troiani vantavano, le case che costituivano la parte bassa della città non avevano niente a che fare con la sontuosità del palazzo reale.
Si trattava più che altro di capanne messe alla bell'e meglio intorno alla piazza principale.
Briseide dovette accorgersi dello sguardo di Selena perchè decise di parlare.
"Il popolo non è sempre vissuto in capanne così dismesse" spiegò "è la guerra. Ha impoverito la città e ha indebolito il nostro commercio"
"Come ogni guerra, del resto, no?" Selena le rivolse un sorriso, che però la sacerdotessa non ricambiò.
Giurò di averla vista stringere i pugni sotto la veste color pergamena.
"Le guerre sono una cosa così stupida" continuò.
Sembrava che non fosse sua abitudine sfogarsi, come se fosse un'attività a lei preclusa, ma ora che aveva cominciato non riusciva più a trattenersi.
"Sai perchè siamo in guerra da quasi dieci anni? Perchè uno dei figli di re Priamo, il principe Paride, ha avuto la splendida idea di infatuarsi della moglie del re di Sparta e portarla qui, buttandoci tutti sul lastrico"
Era naturalmente frustrata, lo si intuiva dal tono di voce.
E come non esserlo?
Chissà quanti fratelli aveva perso in guerra.
"Mi dispiace" disse Selena.
"A volte vorrei che i Greci vincessero, solo per porre fine a questo supplizio"
La giovane le posò una mano sulla spalla, sorridendole gentile.
"Sono sicura che tutto finirà per il meglio" le disse.
Briseide scosse la testa.
Erano arrivate davanti ad un imponente tempio, che dava sulla spiaggia.
In lontananza si scorgevanon i falò dell'accampamento acheo e poco lontano da lì, Selena, solo qualche ora prima, era misteriosamente comparsa.
Come avrebbe fatto a tornare indietro?
Il tempio era stupendo.
Tre paia di colonne in stile ionico si ergevano all'entrata di esso, bianche come le perle più candide dentro le ostriche.
C'era un'altra fila di colonne, che costeggiava tutto il perimetro del luogo sacro.
Selena si lasciò sfuggire un'escamazione di stupore.
Di sicuro a Londra non c'erano chiese così belle.
"E' bellissimo, non è vero?" sussurrò la sacerdotessa.
L'altra annuì.
Salirono la piccola scalinata che si ergeva davanti a loro.
Alla fine di essa, l'enorme statua di un uomo con l'arco teso – chiara raffigurazione di Apollo, anche detto il dio arciere – sembrava voler dare loro il benvenuto.
"Andiamo nella parte più interna del tempio" disse Briseide "Criseide ci sta aspettando lì"
Ma era chiaro come il sole che ci fosse qualcosa che non andava.
Un tempio dovrebbe essere costantemente in religioso silenzio, come Selena sospettava essere il Vaticano a Roma.
"Qualcosa non va" sussurrò la sua compagna, come portando alla luce i suoi pensieri.
Ci fu un grido di guerra.
Poi una miriade di soldati con il pennacchio degli Achei sbucò fuori da ogni dove.
Nel tumulto generale, Selena scorse un lampo biondo mentre cominciava a gridare perchè un soldato prendeva Briseide.
"Lasciatela!" gridò, sapendo bene che fosse tutto inutile.
Era così che doveva andare no?
Solo che non sapeva cosa ne sarebbe stato di lei stessa.
Lei non faceva parte dell'Iliade.
Non fece in tempo a pensare a nulla, perchè qualcuno la colpì e lei cadde a terra, vedendo tutto intorno alla sua figura cominciare a vorticare per la seconda volta in quella giornata.
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