Epilogo. Andrà tutto bene
"Per tutti gli dei, i Troiani sono dei tali zoticoni quando festeggiano" commentò Diomede.
"Abbassa la voce, Diomede!" lo rimproverò Ulisse, scuro in volto.
L'altro fece una breve risata.
"Sono tutti a dormire" si difese "nessuno farà caso a noi se ridiamo un po'. E se sentiranno qualcosa daranno la colpa al vino"
Achile si voltò di lato, mentre il re di Itaca replicava qualcosa all'altro.
Sbirciò attraverso le fessure del ventre del cavallo di legno e vide che ormai la città di Troia era piombata nel buio e nel silenzio più assoluto.
Solo qualche torcia che il vento serale non aveva ancora spento ardeva mandando bagliori.
Ancora quasi non credeva al fatto che nessuno degli uomini presenti in quel cavallo – e a dir la verità nessuna delle persone che conosceva – fossero personaggi di un poema.
Si sentì come un burattino, come se tutte le scelte che aveva compiuto durante la sua breve vita fossero state opera di qualcun altro.
A quanto pare, non aveva mai avuto voce in capitolo.
Ciò che doveva fare, provare e dire era impostato, pensato da qualcun altro.
Anche il suo amore per Selena era tutta una sceneggiatura?
Scosse la testa.
Impossibile.
Lei era come... entrata nel libro.
Non era qualcuno creato dalla piuma di un autore – un certo Omero, gli sembrava di aver capito.
Era qualcosa che non era stata programmata.
E allora forse nemmeno i suoi sentimenti per lei lo erano.
Erano autentici.
La sera prima, le aveva detto addio.
D'accordo, a dirla tutta, non lo aveva fatto.
Era scappato.
I giudici infernali lo avrebbero considerato un codardo – sarebbe andato lo stesso negli Inferi? Dopotutto, non credeva che le sue vicende nei Campi della Pena, perchè di sicuro lì sarebbe andato, fossero state narrate anch'esse – ma non aveva avuto altra scelta.
Come poteva dirle addio?
Se non avesse saputo di essere il personaggio di un libro, avrebbe aspettato pazientemente che anche lei lo raggiugesse – il più tardi possibile per il suo bene – nel regno dei morti.
Ma ora anche questo gli era stato negato.
Forse Selena lo avrebbe odiato per sempre, ma almeno sarebbe stata al sicuro insieme alle altre schiave lontano dalla città.
Sarebbe tornata a casa, nella sua vera casa, dalla sua famiglia.
Si sarebbe sposata, avrebbe avuto dei figli... con un po' di fortuna, lui non sarebbe stato altro che il ricordo piacevole di un'avventura.
Aveva fatto così tante scelte sbagliate nella sua vita e forse quella era la sua punizione divina.
Quante volte Patroclo gli aveva detto di non sfidare gli dei, di non peccare di hybris?
Achille chiuse gli occhi.
Quella era la sua ultima battaglia.
E sarebbe morto combattendo.
"Signori" sussurrò Ulisse "il momento è giunto"
Il Pelide fece un respiro profondo.
Sfiorò l'elsa della sua spada di bronzo celeste nel fodero.
Aveva inciso un nome in greco antico: Anaklusmos.
Vortice.
Mise il suo scudo nuovo, fabbricato da Efesto in persona, davanti a sè e aprì la botola.
Saltò giù dal cavallo di legno e si guardò intorno.
Come previsto, la città era deserta.
Il palazzo reale si ergeva nel punto più alto di Troia, come se osservasse tutto ciò che gli sottostava.
Achille sguainò la spada, mentre tutto l'esercito acheo che per dieci lunghi anni aveva dimorato presso la spiaggia davanti alla città entrava e si sparpagliava nelle vie di essa.
Entravano nelle case e uccidevano chiunque vi fosse all'interno.
Non fecero distinzioni.
Uomini, donne, bambini... non aveva alcuna importanza.
Aveva sfidato i Greci e ora ne pagavano le conseguenze.
Achille mirò al palazzo reale.
Menava fendenti e stoccate, contiuando a correre come una furia.
Chiunque cercasse di ostacolarlo, lo vedeva come ultima immagine.
Arrivò nel cortile del palazzo, insanguinato e imperlato di sudore.
Vide sul balcone del palazzo un giovane ragazzo avvolto da una nebbiolina dorata.
Selena gli aveva spiegato cosa significasse.
C'era un dio con lui.
Non gli aveva detto come sarebbe morto e Achille non aveva voluto saperlo.
Ma temeva di starlo per scoprire.
"Vuoi combattere da lassù, figlio di Priamo?" lo schernì.
Lo aveva riconosciuto, affilando la vista.
Era Paride, colui che aveva causato la guerra.
Un moto d'odio gli montò dentro.
Se Paride non avesse rapito Elena dando inizio al conflitto, Patroclo sarebbe stato ancora vivo.
Vide il principe tendere l'arco e incoccare una freccia.
Fu in quel momento che Achille capì che la sua ora era giunta.
Lasciò cadere a terra la spada e guardò in alto, mentre la freccia sibilava verso di lui.
I suoi occhi azzurri erano fieri.
Prese a camminare, mentre la freccia gli si conficcò proprio sopra il cuore.
Si fermò di botto, barcollando.
Chinò la testa, studiandosi la ferita come un archeologo che studia un reperto nuovo appena scoperto.
Alzò una mano e la tolse, provocandosi una fitta.
Fece un sorriso a Paride, notando che la nebbiolina si faceva più intensa.
E poi la vide.
Selena che gli correva incontro, guardandolo con gli occhi sgranati di terrore.
Era sporca di fuligine in viso, come la prima volta che l'aveva vista.
Cosa ci faceva lei lì?
Doveva essere lontana dalla città, al sicuro.
Non lì a rischiare la vita, nel campo di battaglia.
Fu in quel momento che la freccia lo colpì al tallone.
Sentì una fitta acuta diffondersi in tutto il suo corpo.
"Achille!" gridò Selena.
Ormai lo aveva raggiunto.
"No, no, no" farfugliava "ti prego..."
Achille cadde in ginocchio.
"Va tutto bene" sussurrò "Selena scappa, non farti trovare qui, ti uccideranno... ti prego mettiti in salvo"
"Io non ti lascio! Tu non arrenderti, ti prego... resisti ancora un po'. Aiuto! Aiuto!"
Ormai le lacrime le rigavano le guance, mentre lei tentava di sostenere il peso del semidio.
"Non piagere" le prese il volto tra le mani, facendole un sorriso dolce e guardandola incoraggiante "va tutto bene"
"Achille..."
"Mi avevi detto che oggi una volta finita la battaglia, avrei potuto finire quello che avevo stavo per dirti ieri"
"Risparmia le forze, ti prego"
Il Pelide scosse la testa, mentre il sague cominciava a colargli ai lati della bocca.
"La mia battaglia è finita" disse con voce roca "ti amo, Selena, ora lo sai"
"Non lasciarmi" sussurrò ancora lei.
Un antico orologio, con la cornice in stile corinzio, cadde.
Il vetro si infranse, speragendo frammenti di esso lungo il cortile sabbioso.
Le lancette cominciarono a ruotare e a ruotare.
Un senso di gelo pervase Selena.
"Andrà tutto bene" promise Achille.
Un sorriso sereno gli si dipinse sulle labbra, mentre il figlio di Peleo si afflosciava a terra e la giovane scompariva in una nuvola di fumo, gridando il nome del principe, cercando di tendere invano una mano per afferrarlo.
Achille venne avvolto dalle tenebre e l'ultima cosa che vide fu la figura di Patroclo che gli tendeva una mano.
***
Erano passati due anni da quando Selena aveva perduto Achille.
E non c'era giorno nel quale lei non pensasse a lui.
A come fosse stato amarlo, sentirsi protetta tra le sue braccia, perfino battibeccare con lui.
Ricordava chiaramente il sorriso che gli si era dipinto sul volto mentre cadeva in avanti, mentre lei veniva avvolta in una nuvola di fumo e si ritrovava seduta sul suo letto.
Selena aveva tentato di tendere una mano verso il Pelide, per afferraro, per trascinarlo con sè: ma non ci era riucita.
Si era ritrovata sul suo letto, sopra il copriletto blu, con davanti a sè l'orolgio del signor Wright come nuovo.
Niente a rammentarle l'avventura appena vissuta, tranne i suoi ricordi.
Aveva chiuso la porta a chiave e si era rannicchiata ai piedi di essa, piangendo tutte le sue lacirme.
Non aveva avuto il tempo nemmeno di dirgli che anche lei lo amava.
Non avrebbe raccontato a nessuno, negli anni a venire, ciò che aveva vissuto.
Non avrebbe raccontato a nessuno di come si era innamorata del principe Achille, di come gli avesse donato il suo cuore.
Ci sarebbero stati altri ragazzi, lo sapeva, era impossibile evitarlo.
E li avrebbe amati, alla fine ci sarebe riuscita, ma nessuno sarebbe mai stato come Achille.
Una parte del suo cuore, quella che custodiva più gelosamente e non mostrava a nessuno, lo avrebbe amato per sempre.
E non ci sarebbe stata persona che conoscendola, non avrebbe conosciuto anche una parte di Achille.
Nel mondo reale non erano passati che cinque minuti.
Tutte quelle settimane, di felicità e sofferenza, valevano cinque minuti del tempo reale.
Che macabra ironia.
Erano passati due anni da quando aveva perso Achille e il suo dolore non era diminuito nemmeno di una virgola.
Ci sono dolori che ti porti dentro per il resto della vita e il lutto per il semidio era uno di quelli.
Ed ora si trovava nella terra natale di lui, sull'isola di Ftia in Grecia.
Quando le sua compagna di università, Faith, glielo aveva proposto era impallidita.
Eppure aveva accettato lo stesso.
Avrebbero fatto un tour che si ispirava proprio all'Iliade, visitando le tappe più caratteristiche del poema omerico.
Selena temeva che una volta arrivate dove un tempo sorgeva la città di Troia, sarebbe scoppiata in lacrime.
"Secondo la leggenda" stava spiegando la guida "qui è dove sorgeva il palazzo di re Peleo"
La donna fece un ampio gesto con la mano, indicando una zona adibita a mercato.
"Fantastico" mormorò Faith, estasiata.
Selena rimase zitta.
Gli occhi le erano diventati improvvisamente lucidi.
Tu non mi perderai, tornerò da te. E allora staremo insieme per davvero. Diventerai la regina di Ftia, mia moglie. Non ti sembra bellissimo?
"Selena?" l'altra si girò a guardarla, preouccupata "Va tutto bene?"
I suoi occhi verdi erano sinceri.
"Si si certo" bofonchiò lei, asciugandosi le lacrime e facendo un respiro profondo "sono solo emozionata"
"Sei sicura?"
"Si" la fissò negli occhi "devo solo bere un po' d'acqua"
Faith annuì e le sorrise incoraggiante, mentre un ciuffo dei suoi ricci biondi le cadeva sugli occhi.
Se lo scostò e prese a braccetto Selena, trascinandola verso un bar lì vicino.
La ragazza dai capelli corvini riuscì a ridere e si staccò dall'amica.
"Con tutta questa gente verremo spintonate se stiamo a braccetto" disse "ti sono dietro"
L'altra alzò gli occhi verdi al cielo, proseguendo spedita.
Selena si girò a lanciare un'occhiata al punto indicato dalla guida, immaginando un palazzo reale che si innalzava.
Immaginò anche Patroclo, poco più che un bambino, che se ne stava in disparte e Achille che invece lo notava e tentava di fare amicizia.
Non si accorse di star andando a sbattere contro un ragazzo fino a che il suo corpo non entrò in collisione con il suo.
"Oh scusami tanto" disse subito, arrossendo "non guardo dove cammino"
Selena scorse solo un lampo azzurro – pobabilmente gli occhi del ragazzo – ma non fece in tempo ad alzare lo sguardo che egli aveva già proseguito per la sua strada.
La ragazza scrollò el spalle, continuando a camminare.
Poteva anche dire qualcosa, pensò.
Poi si fermò di botto.
Si rese conto di aver visto bene gli occhi del ragazzo.
Di una particolare sfumatura di azzurro, come il mare al mattino, che nessuno che aveva mai visto possedeva.
Tranne una persona.
Con il cuore in gola si voltò di scatto.
"Achille?" sussurrò con il fiato che le mancava.
Qualcuno le lanciò un'occhiata curiosa ma non le importava.
Il suo cuore batteva troppo forte per pensare ad altro.
Cercò il ragazzo tra la folla, sicura al cento per cento che si trattasse del Pelide, ma ormai era scomparso.
Una lacrima le cadde dagli occhi grigi, mentre il cuore le si spezzava per la seconda volta.
"Selena!" la richiamò Faith "Vieni, ho preso una bottiglietta d'acqua!"
Selena si riscosse, asciugandosi la lacrima e si girò per raggiungere l'amica.
Si sentiva osservata, come se qualcuno la stesse guardando intensamente.
Non si voltò.
Non avrebbe retto un'altra delusione.
Se solo si fosse voltata, avrebbe visto di sfuggita un'ombra che seguiva il suo sguardo verso l'antico palazzo reale.
"Il mio palazzo laggiù?" borbottò quella in greco antico "Certo come no, come avremmo visto i nemici arrivare? Quell'Omero poteva dare indicazioni un po' più precise..."
L'ombra poi posò gli occhi che un tempo erano stati azzurri su Selena e si sentì il cuore più leggero.
Sorrise e scomparve nel nulla.
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