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37. Mi stai sfidando?

JIMIN

Guardai fuori dalla finestra un po' malandata, pensando che, effettivamente, avendo speso la maggior parte dei miei risparmi per l'appartamento a Seoul, il monolocale dov'ero finito in quel momento era la cosa migliore che potessi permettermi.

Vi starete chiedendo dove fossi andato. Beh, non mi ero allontanato più di tanto. Non avevo nè la voglia nè la forza di guidare con le lacrime agli occhi.
E, quindi, mi sono bellamente fermato a Incheon, dormendo in un albergo scadente le prime tre notti e, poi, riuscendo a raccattare il monolocale di cui vi ho parlato qualche parola più su.

Non sentivo Jungkook, nè tutti gli altri miei amici, dal momento stesso in cui avevo deciso di uscire dal portone di quel condominio con la valigia in mano.
Ma, giustamente, sarei solo sembrato uno stupido incoerente se avessi tentato di ricontattarli, quindi...

In quel momento decisi di averne abbastanza di stare lì seduto su quel divano consunto a pensare a cose che mi avrebbero solamente fatto tornare a piangere di nuovo. Così, mi cambiai rapidamente ed uscii dalla mia nuova casa momentanea, facendomi un rapido giro per il centro città.

Mi fermai nella pasticceria dove ero capitato per caso il giorno precedente, intrattenendo una conversazione piuttosto interessante con la ragazza in cassa mentre mandavo giù, a piccoli morsi, la crostata di frutta che avevo ordinato.
E, non appena pagai ed uscii da quell'edificio, continuai a camminare senza una meta precisa, con la musica nelle orecchie e gli occhi persi nella strada davanti a me.

Non so come spiegarvi come mi sentivo in quel momento. Era...come se mi stessi guardando da fuori, non riuscendo a controllare le mie azioni.
Non riuscivo a smettere di camminare, non riuscivo a cambiare canzone, non riuscivo a distogliere lo sguardo dal marciapiede...

Ma, poi, qualcosa riuscì ad attirare la mia attenzione, tanto che mi fermai di scatto, guardando il modesto teatro davanti a me quasi come se fosse un vecchio amico.
Iniziai a ripensare a quanti teatri avevo girato nel corso della mia vita, e, effettivamente, a quanto mi mancasse anche solo assistere ad uno spettacolo.

"Ciao! Scusa se ti disturbo. Sono Katy, una ballerina della compagnia emergente che si esibirà stasera in questo teatro. Visto che è la nostra prima rappresentazione con un pubblico il biglietto sarà gratuito.
Posso lasciarti l'opuscolo nel caso in cui fossi interessato?" sentii dire improvvisamente alla mia destra, trovandomi davanti una ragazzina che avrà avuto al massimo diciassette anni, con un sorriso radioso sul volto.

"Certo" le risposi con garbo, afferrando l'opuscolo che mi porse e, poi, salutandola con educazione.
Fu in quel momento che decisi che la monotonia dei miei ultimi giorni sarebbe stata spezzata da quello spettacolo di ballo.

*******

Sei ore più tardi, ero seduto in platea, insieme ad un'altra cinquantina di persone, che guardavo quei ragazzi ballare con una nostalgia che non mi era mai salita prima al ricordo dei miei momenti legati al mondo della danza.

E, per quanto fossero una compagnia emergente e probabilmente composta da ragazzi "piccoli", erano veramente bravi.
Quei movimenti sinuosi, quell'emozione sul loro volto, quelle linee a dir poco perfette della prima ballerina...

Mi scappò anche una lacrima alla fine dello spettacolo. Ma non so se, effettivamente, fosse dovuta all'esibizione in sè oppure a tutti i ricordi che questa mi stava facendo salire dalla bocca dello stomaco.

Rimasi ad applaudire per un po', più di molti altri che, invece, scapparono subito, prendendomi, poi, il mio tempo per ricompormi leggermente e per uscire da quel teatro.

Ma quando notai una figura fin troppo familiare conversare animatamente con, probabilmente, due reclutatori poco vicino all'ingresso mi resi conto che, forse, avrei dovuto andarmene ben prima.

I nostri occhi si incontrarono per un millesimo di secondo, ma solo quello bastò per farmi capire che dovevo correre in ritirata, dirigendomi verso il primo bagno libero più vicino ad una delle velocità più rapide che ho mai usato in vita mia.
Stavo per chiudermi in uno di essi, dicendomi che, in realtà, non era lui e che non poteva essere, quando sentii la porta dietro di me aprirsi con uno scatto.

"Jimin" sentii mormorare alle mie spalle all'improvviso da una voce che, ormai, avrei riconosciuto ovunque, sentendomi, inoltre, afferrare il polso per farmi fermare.
"Che vuoi, Minkun?" gli chiesi in tono gelido, strattonando il mio braccio per liberarmi dalla sua presa e girandomi molto lentamente, per, poi, fissarlo negli occhi.

E, lo giuro, le sue iridi marroni ed i suoi soliti capelli scompigliati non mi fecero assolutamente alcun effetto. Sarà stato perchè, fino a pochi giorni prima, avevo condiviso una cosa molto più grande di quella che c'era stata tra Minkun e me con Jungkook?

"C-che ci fai qui?" mi domandò quasi sussurrando, guardandomi come se avesse appena visto un fantasma.

Ma, a pensarci bene, eravamo diventati un po' tutti e due il fantasma dell'altro...

"Potrei farti la stessa domanda. Tu non stai a Taegu, scusa?" gli risposi con frustrazione, credendo che avrei potuto incontrare chiunque in quel luogo, tranne lui.
"Dopo...quello che ti ho fatto mi sono sentito tanto in colpa da non riuscire più a ballare. Così, almeno, ho sfruttato la mia passione per la danza per diventare coreografo, mettendo su la compagnia che hai visto ballare sta sera" mormorò con vergogna e rabbuiandosi in volto, abbassando lo sguardo.

"Non mi interessa la storia della tua vita, sinceramente" gli dissi in tono secco, cercando di sorpassare il suo corpo magro per uscire da quella stanza e, successivamente, da quel dannatissimo teatro.

"Jimin, aspetta. Io...senti, mi dispiace per quello che è successo quel giorno.
E so che queste scuse, arrivate in ritardo e per caso, non bastano, ma, ti giuro, che mi sono pentito per tutti questi mesi a venire dell'averti spezzato la caviglia e, probabilmente, il cuore.
So che magari non mi crederai, però...non ti ho buttato giù da quella scala perchè non mi è mai importato niente di te. Io ti amavo, tantissimo. Poi, però, ho iniziato a pensare che tu eri un ostacolo al mio successo ed alla mia carriera, tanto da diventare ossessionato dal pensiero di non essere abbastanza bravo per sfondare e da farmi fare quello che ho fatto.
Non so che altro dire, quindi...ti chiedo scusa ancora una volta" mi spiegò in tono sofferto, facendomi scuotere la testa con insistenza.

"Come puoi pensare che io possa credere alle tue parole? Tu mi hai solo distrutto la vita" gli domandai con rabbia, puntandogli un dito addosso.
"Lo so, fidati. E convivo con i sensi di colpa dal giorno dopo che ho scoperto che ti avevo addirittura rotto la caviglia" sussurrò ad un tono di voce bassissimo, stringendosi tra le spalle.
"Però non ti sei mai scusato fino a questo momento. E solo perchè mi hai incontrato per caso..." constatai in tono amaro, allontanandomi da lui appurando che da quella conversazione non avrei concluso assolutamente niente.

"Balli ancora?" mi domandò dopo qualche secondo di silenzio, facendomi alterare, di nuovo, visibilmente.
"Certo che no. La mia caviglia non reggerebbe" sputai in tono gelido, rivolgendogli uno sguardo quasi intimidatorio.

"Lo sai che è solo una scusa che stai usando per non ammettere che hai paura, giusto?" mi rispose lui in tono quasi di scherno, provocandomi appositamente.
"Mi stai sfidando?" gli chiesi con rabbia, cercando, però, di controllarmi almeno un minimo.

"No, ti sto mettendo alla prova. Sappi che se vuoi tornare a ballare avrai sempre un posto nella compagnia per cui faccio le coreografie. Penso sia il minimo che ti devo".

Quelle parole mi misero curiosità. E...una gran voglia di tornare almeno ad accennare qualche passo.

"Dove vi allenate?" domandai titubante, cercando di capire quale sarebbe stata la sua reazione.
"Qui" rispose lui semplicemente, alzando le spalle.

Annuii ripetutamente, forzandomi, poi, a dire le parole che mi stavano vorticando in testa da qualche secondo.

"Ti propongo io una sfida, allora. Io mi unisco alla tua compagnia e tu, da bravo coreografo ed insegnante, tenterai di farmi tornare com'ero prima dell'infortunio in sei mesi.
Ovviamente tutto gratuitamente" gli proposi con un sorriso sardonico in faccia, torturandomi, però, le mani dietro la schiena.
"Okay" rispose lui semplicemente, non facendo nemmeno una piega.

"E, giusto per la cronaca, non ho intenzione di tornare con te. Nemmeno tra mille anni" conclusi in tono secco, mantenendo sul volto quel sorriso compiaciuto di poco prima.
"Già lo sapevo. Non pensavo che sarei stato così fortunato da poterti avere per due volte...".

"Bene. Allora è andata?" gli domandai per confermare tutte le parole che ci eravamo detti precedentemente, con un pizzico di euforia addosso.
"Sì".

Ecco, fu dopo quella risposta affermativa che, finalmente, il mio corpo si rese conto di quanto gli mancasse seguire il ritmo della musica.

SPAZIO AUTRICE:

Probabilmente tutti voi vi aspettavate il gran ritorno di Minkun prima o poi, quindi...beh, eccolo qua.

Detto questo, grazie per le 9mila letture e ci sentiamo sotto al prossimo capitolo. Un grande bacio a tutti🥺❤️.

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