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Storia n.1: La forza dell'amore


PREMESSA:

Questa storia nasce come progetto per il contest musicale ideato da _ElvisPresley_

Chiunque la leggerà potrà eccepire il fatto che i temi narrati non siano ben strutturati, che il racconto sia lacunoso o non venga dato il gusto spazio alle emozioni. Vi do ragione su tutta la linea.
Sebbene la prova di scrittura non prevedesse alcun limite di lunghezza, non potevo tuttavia scrivere 50 capitoli (anche perché non ne avrei avuto il tempo, visto il termine di consegna), pertanto vi consiglio di vedere questo scritto, un po' come se fosse una work-map.... Sì, consideratalo alla stregua di una bozza, uno schema di partenza da cui, un oggi o domani, potrebbe prendere spunto un vero e proprio romanzo (se mi concedete il termine).

Grazie per l'attenzione prestatami.

Buona lettura.

23 Dicembre 2015
(Ore 18 circa):

Pioveva talmente forte da rendere quasi impossibile ai tergicristalli di svolgere il proprio lavoro. Le spazzole non riuscivano infatti a percorrere quella piccola porzione di vetro che l'acqua, prepotentemente, tornava a inondare il parabrezza.

Sembrava il finimondo.

Devo proseguire, non posso fermarmi si ripeteva Francesco procedendo a passo d'uomo lungo la strada.

Conosceva a memoria ogni singolo tornante di quella via percorsa miliardi di volte, per tale ragione, nonostante vedesse poco o nulla, non arrestò quel lento incedere.

Era quasi giunto a destinazione, quando, la già esigua visibilità, gli venne tolta del tutto.

Un improvviso fascio di luce lo accecò.

Non ebbe il tempo di fare nulla.

Da una curva, sbucò un camioncino privo di qualsiasi controllo e lo scontro fra i due veicoli fu inevitabile.

L'autista rimasto illeso si apprestò a chiamare i soccorsi: il conducente dell'altro mezzo era incastrato fra le lamiere della propria BMW.

L'autore del sinistro, un romano di quarant'anni, non aveva assunto né droga né alcool come sarebbe risultato dai test effettuati dalle forze dell'ordine, una volta giunte sul luogo dell'incidente. L'impatto, come in seguito venne appurato, doveva ascriversi a un guasto meccanico. La pioggia battente aveva poi fatto il resto.

«Non volevo! Amico, ti prego resisti!» ripeteva l'uomo disperato e inginocchiandosi sull'asfalto, infilò una mano all'intermo dell'abitacolo.

«Non mollare! Ho telefonato al 118, presto l'ambulanza sarà qui» lo rassicurò percependo una stretta molto flebile attorno alle proprie dita.

«Rimani sveglio!» gridò accarezzando la pelle di quello sconosciuto.

«Come ti chiami?» gli chiese nel tentativo di non farlo addormentare.

«Fra... Francesco» sussurrò a fatica con un filo di fiato.

Dopo avergli rivelato età, professione, segno zodiacale e altre sciocchezze, il trentenne cominciò a sentire le palpebre farsi troppo pesanti, per riuscire a sorreggerne il peso.

«Sei sposato?».

«A... Ales... Alessia» ansimò prima di chiudere gli occhi. Da lì in avanti, qualunque altra domanda di Giovanni, smise di ricevere risposta.

«Francé nun ce prova'» urlò il romano, venendo assalito dal panico.

«Non morire. Ti prego non morire» lo supplicò.

Sotto il diluvio, tremante per il freddo, e schiacciato dal senso di colpa, il capitolino si ritrovò a piangere e pregare.

All'arrivo di sanitari, vigili del fuoco e polizia, l'architetto era incosciente.

Quella specie di nubifragio, non accennava a placarsi rendendo ancor più complicate le già difficoltose operazioni di soccorso.

Quando i pompieri riuscirono finalmente ad estrarre il giovane da quanto restava dell'automobile, le sue speranze di sopravvivenza erano appese ad un filo.

Capodanno 2015:

«Smettila!» esclamò Alessia, allontanando da sé con una spinta l'uomo.

«Non hai sentito la signorina? Ti ha detto di andartene» disse il giovanotto appoggiato con un piede al muro di cinta. Uscito in giardino per fumare, aveva inavvertitamente finito coll'assistere alla lite.

«E tu chi saresti?» bofonchiò il tizio ubriaco.

«Io sono uno che rispetta la volontà di una donna» rispose espirando il fumo della sigaretta e guardando in faccia l'individuo che barcollante gli si era nel frattempo avvicinato, aggiunse: «Io, quando prendo un due di picche come hai appena preso tu, sono capace di ammettere la sconfitta e andarmene... Io!».

Quel tipo allora allungò un braccio per colpirlo, ma il ragazzo bloccò il pugno intrappolandolo nel palmo della mano e spingendo indietro l'arto del molestatore/aggressore, siccome costui aveva i riflessi annebbiati dal troppo alcool, cadde a terra.

«Me la paghi... Te lo giuro!» ciangottò rialzandosi a fatica da sopra il manto erboso.

«Ti ringrazio!» mormorò la giovane, non appena quell'individuo fu fuori dal suo campo visivo e, strusciandosi un polso, tirò un profondo sospiro di sollievo.

«Non ho fatto nulla, ma... fossi in te starei attenta la prossima volta. Sai... di 'sti tempi...» le sorrise lui. «Ti fa male?» chiese poi, notando come si sfregasse la pelle.

Lei scosse il capo in segno di negazione.

Solo allora, i loro occhi s'incrociarono e... subito furono brividi per entrambi.

«Comunque, io sono Francesco!» mormorò, deglutendo a fatica e nel tentativo di celare l'imbarazzo, aspirato l'ultimo tiro della sigaretta, con la scusa di lasciar cadere il mozzicone dentro a un bicchiere, abbandonato da chissà chi sul prato, distolse lo sguardo da quegli smeraldi.

«Alessia, piacere di conoscerti!» e proprio mentre si stava presentando i fuochi d'artificio illuminarono il cielo, dipingendo di mille colori quella buia notte.

«Buon Anno Ale» le augurò avvertendo un piacevole turbamento.

Inaspettatamente la ragazza lo abbracciò.

«Buon 2015 anche a te Francesco» gli sussurrò in un orecchio, col cuore in gola per l'emozione.

6 Gennaio 2015:

«Se ti azzardi a dire che oggi è la mia festa giuro... ti do un cazzotto!» sbuffò Alessia, incrociando le braccia sotto al seno.

«Te lo hanno mai detto che sei irresistibile, quando metti il broncio?» le confessò Francesco, stringendola a sé. «... e per la cronaca, non ho mai visto una Befana tanto sexy».

Vestita con un maglioncino color cipria, una minigonna svasata in velluto nero, calze velate dello stesso colore della mini, e uno stivale scamosciato alto fino al ginocchio... tutto gli faceva venire in mente, tranne la vecchietta che, volando a cavallo di una scopa distribuiva le caramelle ai bambini.

Notte fra il 14 e il 15 Febbraio 2015:

Nella stanza si respirava odore di sesso, però quella con Alessia, non era stata solo l'unione fisica di due corpi. Per la prima volta nella vita, Francesco sentì di provare qualcosa che potesse durare molto più di qualche ora. Poco avvezzo alle relazioni, infatti non amava dormire assieme alle donne con cui andava a letto, pertanto subito dopo aver consumato, tendeva ad andarsene o a trovare una scusa per invitare, gentilmente, la lei di turno a farlo. Stavolta invece... non solo trascorse quel poco che restava della nottata aggrappato alla moretta, ma avvertiva anche un'insolita sensazione di serenità, semplicemente guardandola dormire.

Distesa in posizione supina con il volto poggiato sulle braccia nascoste sotto al cuscino, gli sembrava una Dea. Distendendosi dunque su di un fianco, puntò il gomito contro al guanciale e poggiando l'orecchio sul palmo della mano, rimase incantato a osservarla.

I lunghi capelli castani, completamente arruffati, ricadevano sparpagliati sulla federa e sulle sue spalle. Il seno schiacciato sopra al materasso.
Il lenzuolo, attorcigliato fra le gambe, le copriva il fondoschiena lasciando intravedere il solco dei glutei.

Davanti a tanta bellezza, Francesco non fu capace di resistere, e con la nocca di un dito cominciò ad accarezzarla.

Alessia si svegliò, senza tuttavia muoversi né aprire gli occhi. Le piacevano le sensazioni che quel tocco dolce, quanto delicato, le generavano dentro. Soltanto nel momento in cui lui infilò la mano sotto al telo in cotone, scivolando lentamente verso la sua intimità, la giovane si decise a guardarlo.

15 Febbraio (tardo pomeriggio):

«Smettila!» ansimò la ragazza, staccandosi a malincuore dalle labbra del trentenne.

«Però stanotte, sotto di me, mentre ansimavi e ti contorcevi dal piacere, mi dicevi ben altro» ribatté con un'espressione malandrina stampata sulla faccia.

«Shh!» tappandogli la bocca, con ambo le mani lo invitò a tacere: «Parla piano! Sono al lavoro, qualcuno ti potrebbe sentire».

«Perché? Mica l'abbiamo fatto qui, in pasticceria!» scherzò, divertito dall'imbarazzo della commessa.

«Te l'hanno mai detto...» ma non ebbe il tempo di terminare la frase che lui le sussurrò in un orecchio: «Quando arrossisci, mi fai impazzire!».

In quell'istante Alessia capì di essersi follemente innamorata.

5 Aprile 2015:

«Perché mi vuoi portare a cena dai tuoi?» chiese voltandosi, affinché potesse tirarle su la cerniera del vestito.

«È Pasqua...» disse sfiorandole coll'indice ogni millimetro della carne sopra a cui scorse la lampo.

«Appunto! Non sarebbe meglio rimandare a un altro giorno?».

«No! Proprio perché è Pasqua, credo sia giusto presentare a mamma e papà, la donna con la quale, da mesi, scopo praticamente ogni notte» ironizzò abbracciandola da dietro la schiena.

«Ecco! Magari se non glielo dici proprio con questi termini... Forse è meglio» mormorò, venendo attraversata da una scarica di brividi. Se le parole del "fidanzato" da un lato la mettevano a disagio, dall'altro lato il calore del suo respiro, lambendole la pelle, la mandava in estasi.

°°°

«Bentornato signorino Francesco!» esclamò il maggiordomo, aprendo la porta e, trovandosi davanti l'architetto sottobraccio ad un'attraente moretta, si rallegrò.

«È sempre un piacere vederti Elia» gli rispose il giovanotto, ricambiando il tenero sorriso con cui era stato accolto, con un caloroso abbraccio.

Nonostante l'uomo provasse un enorme affetto per il figlio dei padroni di casa, davanti a tale gesto s'irrigidì. Conscio dell'esistenza di una scala sociale e del gradino da lui occupato su di essa, sapeva perfettamente che un simile atteggiamento sarebbe stato giudicato inopportuno.

«Francesco l'etichetta! L'etichetta... quante volte te lo devo ripetere!» puntualmente i timori del lacchè trovarono conferma. Una voce proveniente dal corridoio, rimproverò il giovane, quindi, raggiunto l'ingresso, l'austera "Signora" rivolgendosi all'anziano domestico, disse:«Elia può andare».

Appese le giacche all'appendiabiti, il trentenne tentò di presentare la fidanzata, ma Donna Eulalia senza dilungarsi in convenevoli, a suo avviso superflui, si limitò ad accennare un tiepido sorrido di circostanza.

«Immaginati la mia infanzia!» rivelò a mezza voce Francesco, cingendo la vita della ragazza per avvicinarla a sé.

Due cubetti di ghiaccio erano decisamente più calorosi dei coniugi Vescovi.
Lei, intransigente e severa non mostrava alcuna dolcezza nei confronti del marito né tantomeno del figlio. Lui, burbero e arcigno, invece incarnava alla perfezione la figura del padre-padrone.

Ora capisco, perché sei scappato da questa gabbia dorata sospirò Alessia dispiaciuta per il moroso e, davanti a una simile realtà, la sua famiglia, per quanto sgangherata e squattrinata potesse mai essere, le sembrò meravigliosa.

La commessa si sentiva sotto esame, ogni suo gesto veniva osservato e qualsiasi parola analizzata. In particolare il Signor Ruggero per tutta la sera non le staccò mai gli occhi di dosso, pronto a sottolineare qualunque errore lei commettesse.

«Fra' ho qualcosa che non va?» bisbigliò ad un certo punto. Messa in soggezione dallo sguardo indagatore dell'anfitrione, cercò delle rassicurazioni.

«Tu sei perfetta. Il problema casomai è loro» esclamò Francesco stufo della superbia e l'alterigia dimostrata da padre e madre e alzandosi da tavola, esortò la partner a fare altrettanto.

«Dove vorresti andare?» lo sgridò la padrona di casa.

«Ovunque, purché sia lontano da qui!» le rispose senza lasciarsi intimorire.

«Tu non vai da nessuna parte o perlomeno, non con quella lì» pronunciò contrariata.

«Quella lì, come la chiami te, ha un nome.
E Alessia, è la donna che amo e con la quale voglio creare una famiglia» gridò ferito da tanta cattiveria.

Detto ciò, trascinò l'amata fuori da quel covo di vipere.

°°°

«Mi dispiace!» pronunciò il trentenne, una volta saliti in auto.

«Non è colpa tua» sorrise lei, stampandogli un tenero bacio sulle labbra.

«Ti sbagli, è solo colpa mia. Io li conosco, ma nonostante ciò speravo che almeno per una volta potessero essere felici per me. Invece... » sbuffò, lasciando la frase in sospeso.

«Se quanto hai detto prima è vero... E mi vuoi davvero...» mormorò la moretta cercando lo sguardo di Francesco. «Io... sarò la tua famiglia» sussurrò con un filo di voce.

Udendo tali parole, il cuore dell'architetto esplose di gioia.

10 maggio 2015:

«Avrei bisogno di parlarti» disse Alessia, mentre si preparava per andare in pasticceria.

«Anch'io dovrei dirti una cosa importante».

«Prima tu» e senza avere il tempo di aggiungere altro, la commessa dové correre in bagno a vomitare.

«Ti ricordi il progetto del ponte a cui stavo lavorando?» le rammentò lui seguendola e raccogliendole premurosamente i capelli, affinché non si sporcassero, aggiunse «... ha vinto!».

«Ma è magnifico» esclamò un volta alzatasi da davanti la tazza del WC e, dopo essersi sciacquata mani e bocca lo abbracciò.

«Non è affatto una bella notizia!».

Quella risposta spiazzò la giovane.

«Ma come? Non hai neppure dormito la notte, pur di riuscire a rispettare i termini di consegna» rammentò, non capendo la ragione per cui Francesco dicesse una cosa del genere.

«Non posso volare a Copenaghen... perlomeno non adesso!».

«Cosa te lo impedisce?» gli domandò accarezzandosi istintivamente la pancia.

«Lui, o lei» rispose sovrapponendo la propria mano a quella della compagna.

«Come l'hai capito?».

«Ale! Sarò anche un uomo, ma non sono uno stupido. Quando hai il ciclo non me la fai vedere neanche in cartolina, invece... fin'ora ho sempre avuto il via libero» ironizzò, facendole un malizioso occhiolino. «Che ad una caffeinomane come te il solo odore del caffè desse la nausea mi ha insospettito» continuò, tornando serio. «Inoltre da giorni non fai altro che vomitare... Mi sono semplicemente limitato a mettere insieme i tasselli» concluse stringendosi nelle spalle.

«Prima di dirtelo volevo esserne sicura... Ieri ho ritirato le analisi del sangue».

«Non lo vuoi tenere?» chiese l'architetto con voce tremante. Se Alessia gli avesse detto di non voler il bambino, gli sarebbe caduto il mondo addosso.

«Sei matto! Non potrei mai sbarazzarmi di nostro figlio».

«Menomale!» esclamò, tirando un istintivo sospiro di sollievo.

«Tu e questo scricciolo» siete il bello della mia vita, e io non voglio perdermi nulla della tua gravidanza. Desidero vedere il tuo pancione crescere e farsi, via via, sempre più grande» dichiarò commosso.

La commessa lo interruppe.

«Se adesso tu non partissi, prima o poi finiresti col rinfacciarmelo e io... non lo sopporterei. Non devi rinunciare ai tuoi sogni a causa nostra» dicendo ciò premette le loro mani sopra al proprio grembo.

«Io non rinuncio a nulla. Adesso la mia priorità siete voi due» confessò prima di stamparle un bacio sulle labbra, quindi inginocchiandosi davanti a lei, le baciò la pancia ancora piatta.

Di fronte a tanta dolcezza, ormoni e felicità si fusero e Alessia si abbandonò a un pianto di gioia.

«Hanno inventato Skype... no?» domandò retoricamente. «... poi ci sono gli aerei, i cellulari...» mormorò tirando su col naso, neanche fosse una bambina. «Troveremo un modo per azzerare la distanza» mentì, consapevole di mentire. Se avesse seguito i propri desideri mai l'avrebbe lasciato partire, ma sapeva anche che quello non sarebbe stato amore, ma puro egoismo e ciò non era giusto. «Voglio vederti volare, non tarparti le ali».

23 Dicembre 2015
Ore 23:00 circa:

Alessia avvisata da Elia dell'incidente avuto da Francesco, si precipitò in ospedale.

«Dov'è lo devo assolutamente vedere, ansimò in lacrime».

«Datti un contegno» la rimproverò Donna Eulalia.

«Cazzo! Possibile che anche in un momento come questo lei pensa solo alla fottuta etichetta!» rispose con rabbia accarezzando il pancione.

«Si calmi! Pensi al suo bambino» le consigliò un'infermiera, invitandola a sedersi.

«Devo sapere come sta» ripeté piangendo disperata e, allontanandosi dai suoceri, si diresse verso il distributore dell'acqua.

«Immagino lei sia Alessia» le arrivò alle orecchie, una specie di rantolo. Istintivamente si voltò, ritrovandosi davanti un uomo sulla quarantina. Sembrava sconvolto, parlava a fatica. La moretta frastornata, aguzzò la vista per capire chi fosse, ma nonostante si sforzasse di dare un nome a quel volto, alla fine dové concludere di non conoscerlo.

«Mi dispiace! I... io non volevo! Ho provato a frenate... glielo giuro. Se potessi prenderei il posto di Francesco» cominciò a subissarla di informazioni, pronunciate a singhiozzi.

Capendo che fosse l'investitore del compagno, Ale gli pose una domanda sicuramente stupida, ma per lei importante.

«Come fa a sapere il mio nome?».

«È stato lui. Gli ho fatto una decina di domande per tenerlo sveglio... ma ad un certo punto non ha più risposto» farfugliò, abbandonandosi al pianto

«Si spieghi meglio, la prego!».

«Il suo nome signora... È l'ultima cosa detta da Francesco prima di perdere i sensi».

alba del 24 Dicembre 2015:

Il trentenne venne portato in terapia intensiva.

I coniugi Vescovi, nemmeno nel momento del dolore mostrarono un briciolo di sensibilità e siccome fra la giovane commessa e l'architetto, non esisteva alcun legame giuridicamente riconosciuto, i due manifestarono in maniera chiara e categorica, fin da subito, la propria volontà di escluderla. Non solo minacciarono di denunciare chiunque dello staff medico le avesse fornito notizie riguardo alle condizioni di salute del figlio, ma nemmeno si erano degnati di telefonarle per informarla dell'incidente. A darle la tragica notizia, seppur con mille riguardi visto il suo stato, aveva infatti provveduto il caro, buon vecchio Elia, al quale oltretutto era stata negata la possibiltà di recarsi in ospedale.

Alba del 31 Dicembre 2015:

«Da giorni quella povera ragazza trascorre le proprie giornate qui dentro» osservò un'infermiera, notando la gestante seduta in corridoio. Divenuta una presenza costante da quasi una settimana, la moretta sembrava ormai una parte dell'arredamento.

«Hai sentito cosa ci hanno detto... » la mise in guardia la collega.

«Non mi importa nulla di quei due prepotenti, arroganti e presuntuosi» sbuffò prendendo una cioccolata calda dal distributore automatico, per portarla alla giovane.

«Tieni!» disse porgendole il bicchierino in plastica.

La moretta sollevò il capo e d'istinto sorrise di fronte a quel gesto gentile.

«Non voglio metterla nei guai. So che le è vietato darmi notizie... Mi dica solo se è vivo» singhiozzò.

Gli occhi gonfi e lucidi tradivano la stanchezza, la mancanza di sonno e il pianto della futura mamma.

«Mi segua» sussurrò senza pensarci due volte.

«Perché sta facendo tutto questo per me?» le domandò, quando, dopo averle fatto disinfettare le mani, e indossare guanti, mascherina, cappa sterile, cuffia e aiutata a mettere i sopriscarpe, le permise finalmente di entrare nella stanza del compagno.

«Non è giusto! ... Il modo in cui la stanno trattando è disumano. Lui è il padre del suo bambino e lei ha il diritto di stargli vicino... Anch'io non sono sposata, convivo e... Se fosse successa a noi una cosa simile... Di sicuro, sarei impazzita!» confessò fermandosi sull'uscio, in modo da avvisarla nel caso fosse arrivato qualcuno.

«Grazie!» mormorò, regalandole il più riconoscente dei sorrisi.

«Ciao amore!» bisbigliò, con un filo di voce.

A quel suono, il cuore di Francesco sussultò e, la macchina che monitorava il battito cardiaco, registrò sul tracciato un picco.

Lentamente, molto lentamente, Alessia percorse i pochi passi separanti la porta dal letto.

«Mattia ti ha salutato per primo» sorrise vedendo la pancia accarezzargli il corpo, mentre lei si chinava per stampargli un tenero bacio sulla fronte e così dicendo, non riuscì a trattenere le lacrime. «Ti amo, anzi ti amiamo» gli sussurrò in un orecchio, quindi senza pensare se potesse farlo, afferrò una mano del compagno e la poggiò sulla propria pancia. «Tutto è cominciato esattamente trecentosessantacinque giorni fa. La notte di San Silvestro dell'anno scorso, poco prima della mezzanotte» ricordò, accarezzandogli la pelle graffiata. «Noi due abbiamo bruciato tutte le tappe. Mattia è arrivato praticamente subito... la prossima settima potremmo già stringerlo fra le braccia» sorrise. «Io... però ho paura» gli confessò singhiozzando. «Non puoi lasciarci... Ti prego! Da sola... non ce la posso fare» aveva la voce rotta dal pianto e la vista appannata dalle lacrime. «Io ti ho promesso che sarei stata la tua famiglia» ormai il pianto era incontrollato. «Scusa se mi faccio vedere solo ora, ma...» singhiozzò. «...Sono sempre stata là fuori» sospirò pesantemente. «Non ti ho abbandonato... non potrei mai farlo» bisbigliò sentendosi in colpa. «I medici hanno detto che ora dipende tutto da te... Quindi, svegliati amore... Ti prego! Hai ancora mille cose da fare, ma soprattutto hai una ragione importantissima per aprire gli occhi» e neanche a farlo apposta, proprio in quell'istante il bimbo scalciò. «Lo senti... ti reclama! Maty vuole il suo papà!» e sollevando lo sguardo dalla pancia per posarlo su di lui, incrociò le iride cerulee di Francesco.

... mesi dopo:

«Mi hai salvato la vita! È solo grazie a voi due, se oggi sono qui! Tu e lui mi avete regalato la forza di cui avevo bisogno per continuare a vivere» confessò stringendo fra le braccia Alessia, intenta ad allattare il loro bambino.

°°°

Il percorso di guarigione del giovane architetto sarebbe stato ancora lungo, lo sapevano benissimo entrambi, ma assieme avrebbero potuto affrontare e superare qualsiasi difficoltà.

Se era vero che la forza dell'amore faceva miracoli, il loro, di amori, era riuscito a sconfiggere persino la morte.

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