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8. Colpa del destino

Se ne stava lì, ad un passo dalla porta vetrata del locale a fissarlo stupefatto. Non era cambiato di una virgola: stessa forma degli occhi, stesso naso a patata, stesso colore dei capelli, stessa abbronzatura e stesso modo di vestire. L'unica differenza che lo divideva dal Gabriele di 5 anni orsono, erano il pizzetto e i pochi baffi che gli coprivano leggermente il viso, e una ragazza dai lunghi capelli mori al suo fianco che gli teneva la mano, per il resto era identico, impossibile da non riconoscere.
Niccolò lo fissava da dietro le lenti scure dei suoi occhiali, senza compiere un minimo movimento nei suoi confronti tranne che per lo scrutarlo attentamente, stando attento ad ogni sua possibile mossa. Non sapeva cosa provare in quel momento, un tempo gli sarebbe andato in contro e l'avrebbe abbracciato calorosamente per poi finire la serata con due o tre birre sul tavolino in sua compagnia a parlare del più e del meno, mentre adesso era indeciso se provare agitazione e quindi prepararsi psicologicamente ad una reazione esagerata da parte sua; oppure provare serenità e allegria di fronte un viso amico che non vedeva da ormai troppo tempo.
Alla ramanzina non ci pensò molto, dopotutto l'avrebbe dovuta subire in entrambi i casi, da parte di tutti i miserabili, che lui lo volesse o meno.
Da una parte si sentiva fortunato, dopotutto Gabriele era quello che nel gruppo coi messaggi c'era andato più cauto e non sembrava mostrare nessuna forma di rancore nei suoi confronti, ma non sapeva come sarebbero potute andare a finire le cose.
I due si fissarono a lungo fino a quando non fu proprio Gabriele a spezzare il silenzio che si era creato.

-se po sape' che stavi a fa? E soprattutto dov'eri finito in tutti sti anni?- domandò avanzando leggermente verso di lui che, inconsapevolmente, indietreggiò.
Ormai gli occhi dei presenti su di loro erano diminuiti e solo alcuni restarono in allerta del discorso, incuriositi dallo svolgersi della situazione, mentre la maggior parte continuò a fare quel che stava facendo poco prima.
Gabriele notò la sua reazione e sospirò pesantemente, prima di sussurrare qualcosa alla sua ragazza e accompagnarla al tavolo che aveva prenotato.

-m'accompagni a fuma' fuori?- si rivolse poi a lui facendogli intendere chiaramente che quella conversazione l'avrebbero continuata e conclusa quella stessa sera.
Niccolò sospirò e senza proferire parola uscì dal locale, allontanandosi abbastanza da non essere infastidito dal caos che fuoriusciva da lì e aspettò quello che sarebbe dovuto essere ancora il suo migliore amico.

-allora inanzitutto...come stai?- domandò quest'ultimo raggiungendolo e infilandosi le mani in tasca. Non lo chiese per educazione, lo sapevano entrambi, era sinceramente interessato di sapere come stesse, soprattutto sapendo le condizioni con cui si erano lasciati l'ultima volta.

"mi manca" avrebbe voluto rispondere. "penso costantemente a lei e non c'è cosa al mondo che non me la faccia ricordare. La notte dormo sul divano poiché sul letto mi sento solo e mi dà fastidio sentire la sua parte del letto vuota e fredda. Mi sono dissociato leggermente dall'alcol ultimamente, ma non del tutto. Certo non arrivo più ubriaco fino al pomeriggio del giorno dopo, ma ammetto che non riesco a rimanere sobrio per più di due giorni a settimana. Faccio schifo, ne sono consapevole, ma non riesco ad andare avanti e non penso di riuscirci mai".

-si tira avanti- rispose invece con un mezzo sbuffo, con lo sguardo rivolto verso il basso o altrove, dappertutto pur di non incrociare i suoi occhi.

-non è cambiato niente, vero?- domandò in risposta capendo che stesse mentendo e il ragazzo tacque accendendosi forse la decima sigaretta della giornata.

-ascolta...mi dispiace, a nome di tutti i miserabili, di averti lasciato solo quando ne avevi più bisogno- si scusò prendendo un sospiro e mettendo da parte l'orgoglio

-sono stato io ad escludervi e a tenervi fuori dalla mia vita improvvisamente, sono io a dovervi delle scuse, semmai- si prese le colpe buttando fuori del fumo.

-e noi non avremmo dovuto ascoltarti, avremmo dovuto aiutarti e non lasciarti cadere nell'oblio- rispose lanciandogli uno sguardo che però non venne ricambiato. Ormai tutti, avevano capito che era caduto nell'oblio, tutti ripetevano sempre la stessa frase. E allora perché nessuno faceva niente?

-ormai- rispose solamente spegnendo la sigaretta col piede e scrollando le spalle con disinteresse.

-No Ní, penso...penso tu abbia letto i messaggi sul gruppo- introdusse un altro discorso, nonostante fosse convinto della risposta

-sì, ho letto tutto- rispose brevemente

-ci dispiace Niccolò, siamo pentiti ed incontrarti questa sera è stato un segno del destino- provò a convincerlo facendolo solo sbuffare

-ah guarda nun parlamme de destino che questa sera s'è superato- commentò alzando gli occhi al cielo di fronte il sul sguardo confuso

-a proposito che è successo stasera? Perché te stavi a mena' cor capo tuo? E che centra er destino? -

-lunga serata. Me ne sono successe de tutti i colori per colpa de sto bastardo ed è tutta colpa sua se Wendy nun ce sta più. Mo ce manca pure che perdo er lavoro, l'ultima cosa che mi era rimasta e semo a posto!- esclamò nervoso calciando dei sassolini sulla strada.

-pensi ancora a lei, eh?- domandò comprensivo trattenendosi dal non dargli una pacca sulla spalla per confortarlo.

-tutti i giorni Gabrie'. Da quando me svejo a mattina fino a quando nun me vado a corica'. Penso tutto il giorno a lei e per quanto io mi imponga di non farlo, non riesco a fare altrimenti. Penso che la cosa che più mi infastidisce de tutta sta storia è che mi è stata portata via senza una ragione, così, per colpa del destino. Non è che dici "vabbe ce semo lasciati per vari motivi e ora siamo rimasti amici" No! Nemmeno quello! Io non la rivedrò mai più e questa cosa mi fa male! Me fa male Gabrie', nun sai quanto. Non sono riuscito a superarla in 5 anni figuramose adesso!- si sfogò, forse per la prima volta in tutti quegli anni, buttando fuori tutto quello che provava e sentiva, e sta volta non sulla carta scrivendo spartiti e sentimenti.
Gabriele vedendolo prendere dei respiri intuì che sotto gli occhiali i suoi occhi stessero cercando di non cedere alle lacrime e, apprezzando il fatto che finalmente il suo amico si fosse confidato con lui, lo abbracciò accarezzandogli la schiena.

-me sei mancato- borbottò con voce ovattata dal tessuto della giacca di Gabriele che sorrise lievemente

-anche tu, quindi sono perdonato?- domandò ironicamente facendolo annuire e lo sentí tirare su col naso

-senti io ora devo annà che ce sta a pischella mia che me sta ad aspetta'. Un giorno te la presenterò, ci sentiamo ok?- salutò staccandosi dall'abbraccio e per poco Niccolò non si dimenticò del fatto che adesso il suo amico si era fidanzato.

-va bene, ciao- salutò brevemente prima di incamminarsi verso casa con una leggerezza strana sul petto. Ora non era più solo, aveva ritrovato qualcuno con cui confidarsi e sfogarsi liberamente senza essere giudicato. Alla fine quella serata sembrava essersi conclusa per il verso giusto, nonostante l'inizio non fu uno dei migliori e ne era grato, era grato che l'universo almeno per qualche minuto avesse provato pietà nei suoi confronti e gli avesse concesso un po' di tregua.

Percorse il ponte che lo portò verso le vie del suo quartiere trasandato e adocchiando il manifesto del vicino che annunciava la mancanza del suo gatto deceduto non poté fare a meno che ricordarsi delle parole di Alessia quella mattina. Pensando a lei un dubbio affiorí nella sua mente: prima o poi avrebbe dovuto parlare di lei a Gabriele, e ai restanti amici se solo avesse fatto pace, e già immaginava le teorie e i film che si sarebbe/sarebbero fatto/fatti.
Lei però era fidanzata, per cui la scusa per distruggere ogni loro speranza ce l'aveva e fu felice di questo, gli rendeva le cose molto più semplici.
Inserire le chiavi nella serratura ed entrò a casa, in men che non si dica tutta quella poca gioia che aveva raccolto negli ultimi 20 minuti svanì, venendo divorata dalla nostalgia che quella casa racchiudeva. Solo in quel momento Niccolò capí che quest'ultima era la fonte primaria del suo male: troppi ricordi, non solo materiali (e quindi foto, oggetti e vestiti) ma anche emotivi come la camera da letto; la stanza del pianoforte; il divano del salotto su cui ultimamente dormiva e su cui prima invece ci vedevano i film; la cucina dove spesso la trovava a lavare i piatti e/o a preparare la colazione appena sveglio.
Manco a farlo apposta entrando nella stanza del pianoforte ecco che incrociò le solite foto che ci aveva messo sopra, tra queste ce ne stava una proprio dove la ragazza lavava i bicchieri, quando ancora le cose andavano bene.


-tu che lavi qualcosa? No scusa ma devo immortalare questo momento indimenticabile!- la prese scherzosamente in giro il moro vedendola lavata i piatti. Solitamente era lui a fare la maggior parte delle faccende a casa, o meglio, si dividevano i ruoli: lei lavava a terra e faceva il bucato, mentre lui si occupava di lavare i piatti e rifare il letto. Per quanto riguardava il cucinare si alternavano a giorni, non avevano una regola ben stabilita, eppure il ragazzo non perdeva occasione per rinfacciare e ironizzare continuamente sulla faccenda

-dai Nicco vedi che li ho lavati anche l'altro ieri perché tu avevi la febbre- gli fece presente nascondendo un sorriso divertito dalla continua vivacità del ragazzo, come i bambini.

-e tu aspetti che sto in punto de morte pe fa le faccende?- la provocò ricevendo lo straccio in pieno viso

-e tu cosa aspetti a lavare a terra al posto mio allora?- rigirò la domanda posando i piatti nel lavandino e incrociando le braccia sui fianchi, guardandolo con aria di rimprovero

-ripensandoci stai a fa un buon lavoro, brava amore- cambiò discorso non volendo rispondere, provocando risate da parte della ragazza. Le cinse la schiena e posò la testa nell'incavo del suo collo, prima di lasciare un dolce bacio su di esso. Sembrava come un bambino che dopo aver litigato con la propria madre richiede tutte le coccole del mondo per farsi perdonare. Lei si voltò leggermente verso di lui, il giusto per permettere alle proprie labbra di scontrarsi con le sue.

-ma hai davvero "immortalato il momento" prima?- gli chiese divertita e al col tempo curiosa

-e certo! E che te credi, mica so falso io. Guarda npo'! E m'a tengo pure- rispose mostrandole la foto soddisfatto

-scemo- rise rassegnata, ricevendo tanti piccoli baci sullo stesso punto del collo, prima di finire per fare l'amore su quel piccolo lavabo da cucina.

Per quanto fossero banali e semplici quei piccoli momenti, al ragazzo mancavano, eccome se mancavano.
Li amava nella loro semplicità, amava quella piccola dose di quotidianità che ogni giorni riempiva le sue giornate rendendole indimenticabili.

Ricorderò e comunque anche se non vorrai
Ti sposerò perché non te l’ho detto mai
Come fa male cercare, trovarti poco dopo
E nell’ansia che ti perdo ti scatterò una foto


Ciao ciao ❤️
-Fla :)

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