Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

31. Hold on.

Can you hear me screaming "Please don't leave me"
(riesci a sentirmi urlare: per favore non lasciarmi")
Hold on, I still want you
(aspetta, ti voglio ancora)
Come back, I still need you
(Torna indietro, ho bisogno di te)


-Allora! Niccolò, giusto? Sono la dottoressa Lisa, con me potrai esprimerti liberamente senza problemi e spero di poterti aiutare in qualche modo- si presentò dolcemente la psicologa con un sorriso forse fin troppo tirato, allungando una mano verso il ragazzo che la strinse diffidente.

-Niccolò, sì- diede solo conferma del suo nome. Non era la prima volta che si trovava in uno studio come quelli, sapeva come funzionava, aveva avuto la possibilità di appenderlo già da bambino. Tu ti sedevi là, o meglio, ti sdraiavi, se riusciva a metterti più a tuo agio, e cominciavi a parlare di quello che volevi. Di cosa ti assillava durante la notte, nel caso soffrissi d'insogna; di quello che succedeva a scuola, se subivi bullismo; di quello che accadeva a casa, se ti sentivi nato nella famiglia sbagliata; oppure di quello che succedeva dentro di te, di come ti sentivi oppresso, nel caso di stress; del vuoto che provavi ogni giorno e non sapevi nemmeno il perché, nel caso di solitudine; se soffrivi di attacchi di panico, di disturbo della personalità, se odiavi te e il tuo corpo, qualsiasi cosa. Di qualsiasi cosa tu avessi bisogno di parlare ed essere ascoltato.
Erano diversi gli argomenti che si potevano trattare, eppure nella maggior parte dei casi finiva sempre con un "ci vediamo la prossima volta, mi raccomando stai attento/a"

-allora Niccolò, che succede?-

"E mo? Come glielo dico?" Si ritrovò a pensare il moro. Chi le avrebbe detto del tentato suicidio? Delle scatole di medicinali sui comodini, dei periodi in cui era più brillo che sobrio, dell'assenza costante del padre dopo il divorzio dei suoi, della costante preoccupazione da parte di sua madre e la compassione di ogni giorno. Della strana situazione con il suo gruppo di amici e della terribile assenza che ogni giorno lo faceva sentire sempre più perso?
Decise di cominciare con calma, senza entrare troppo nello specifico e tralasciare molti dettagli. Parlò del vuoto che provava da quando avvenne la perdita della ragazza, avendo appurato che ormai si stava quasi abituando a quell'argomento non più tabú. Raccontò della perdita del lavoro, di qualche pillola "ogni tanto", della mancata voglia di uscire o fare qualsiasi cosa di produttivo e dell'incertezza costante che si portava dietro da chissà quanto tempo.
La vide segnare tutto sul suo taccuino e seguirono varie domande a cui rispose in modo superficiale.
Non erano riusciti gli amici a portarlo a galla, non ci erano riusciti i genitori, perché mai avrebbe dovuto riuscirci una sconosciuta? Ok, era specializzata ma che ne sapeva lei all'infuori di quello? Le importava sul serio di come si sentiva lui? Non lo sapeva, sapeva solo che di queste cose non si fidava.

L'ora passò velocemente.
Salutò cordialmente ed entrò in auto. Controllò i messaggi e diede subito appuntamento ad Alessia per parlare. Ne aveva bisogno, si sentiva pronto. Senza tralasciare nessun dettaglio questa volta, sentiva di farlo con la persona giusta.

Arrivò puntuale sul luogo prefissato e la vide in lontananza appoggiata ad un palo della luce, su quel ponte.

-Ehi- lo salutò appena, rivolgendogli un piccolo sorriso quasi trasparente, ancora ferma alla discussione avuta dopo il rientro scolastico.

-Come stai?- le chiese dopo aver ricambiato il saluto con un leggero cenno della testa e lei annuì semplicemente.

-famo una passeggiata?- propose nuovamente e anche questa volta la ragazza si limitò ad annuire.

-me dici che c'hai?- le ridomandò vedendola camminare con lo sguardo basso e, stranamente, in totale silenzio. Atteggiamento che assumeva solo quando le cose non andavano bene, e lo sapeva.
Non sarebbe riuscito a parlare con il dubbio che lei fosse messa peggio di lui, si sarebbe sentito solo un problema in più e la sua intenzione non era per niente questa.

-Dovevi parlarmi, giusto?- domandò in risposta, tralasciando la domanda che l'era stata posta.

-se mi dici cos'è successo ti prometto che ti svelerò il segreto degli occhiali- promise Niccolò ormai pronto a confidarsi una volta per tutte con lei, facendole sgranare gli occhi sorpresa.
In questo modo era convinto che entrambi avrebbero detto la verità all'altro e, sperava, si sarebbero sentiti entrambi più leggeri.

-ne sei sicuro? Non mi stai prendendo in giro? -

-sarò sincero, te lo prometto-

-va bene allora... È che tutti si lamentano della mia voglia inefranabile di parlare, tutti tranne te e il mio ragazzo. O perlomeno questo è quello che mi ha fatto credere fino ad oggi...- raccontò prendendo un sospiro

-che intendi?-

-ci siamo lasciati- confessò spiazzandolo

-abbiamo discusso talmente tanto che mi fa ancora male la testa solo a pensarci e...ha ammesso che non ha mai sopportato tutto il mio parlare, anzi lo vedevo sbuffare ogni volta che aprivo bocca e questo non è possibile mi dispiace...- raccontò con voce tremante scuotendo la testa

-mi ha detto tante di quelle cose...e forse aveva anche ragione- affermò tirando su col naso

-non dire così, qualsiasi cosa ti abbia detto tu non devi essere d'accordo. Chiaro? - la rimproverò sospirando. Conosceva alcuni difetti di Alessia, uno di questi era sicuramente che parlava troppo, ma a lui non aveva mai creato tutti questi problemi. Bastava dirglielo, bastava farle notare che ad una certa la pazienza finiva e lei si zittiva, ringraziandoti per la sincerità. Qualsiasi cosa le fosse stato detto, non poteva essere più terribile di questa, che poi di terribile aveva ben poco.

-io...io mi rendo conto di sbagliare-continuò il suo racconto buttando fuori un singhiozzo

-sbaglio sempre, in ogni cosa che faccio. È vero che sono imbranata, è vero che dedico poco tempo ai miei cari perché sto sempre fuori casa, è vero che parlo troppo, è vero che prendo confidenza col primo che passa ed è vero che mi piace parlare con tutti di qualsiasi cosa! È uno sbaglio! Sono sbagliata! Io...io non dovevo...non sono stata fatta per questo- borbottò fermandosi e portandosi le mani sul viso, asciugandosi le lacrime

-no Alé non è affatto vero...aspe.. Che vuoi dire con "non sono stata fatta per questo"?- domandò confuso fermandosi anche lui

-sono nata muta Niccolò- confessò fissando il terreno, facendogli mancare il respiro per un secondo.
Ora era lei ad aver sganciato la prima bomba.

-non te lo saresti mai aspettato, vero? La ragazza che passa le giornate a parlare e straparlare con la gente, inizialmente non doveva parlare per niente.- continuò ad ironizzare, usando un tono simile alle notizie dei giornali da prima pagina.

-mi ricordo ancora la mia prima parola dopo l'operazione, è stata "mamma" solo perché volevo renderla felice per una volta, dato che erano anni che cercava di farmelo pronunciare, altrimenti sarebbe stata "grazie". Immagina che strano ogni volta che mamma parlava con le sue amiche e uscivano le solite domande del tipo: "a che età ha iniziato a camminare?" "quando la sua prima parola?" "ha detto prima mamma o papà?" e lei che era indecisa se tenerselo per sé e inventare una bugia, oppure ammettere che sua figlia aveva detto la sua prima parola a 12 anni- raccontò immedesimandosi in sua madre, nel mentre il ragazzo aveva sempre meno parole da dire di fronte una notizia che non si aspettava di ricevere.

-però la cosa bella è che lei non se lo teneva mai per sé, lo raccontava a tutti ogni volta che usciva l'argomento. "mia figlia ha iniziato a parlare a 12 anni e non me ne vergogno, anche perché la sua prima parola è stata mamma!"- aggiunse con un sorriso, menzionando alcune parole che ripeteva sempre sua madre.

-ecco perché ad oggi non riesco a starmi zitta.- spiegò -ho passato l'intera infanzia in silenzio. Ho provato l'orribile sensazione di tenersi tutto dentro controvoglia e non poter riuscire ad urlare al mondo cosa provi. Se stavo male, se ero felice, se ero triste, se ero arrabbiata, nessuno lo sentiva, nessuno lo capiva. Se avevo qualcosa di importante da dire non c'era nessuno in grado di ascoltarmi, nessuno in grado di capirmi. E invece adesso...adesso che ne ho l'opportunità non perdo mai l'occasione di dire quello che penso, quello che provo e di far notare cose a cui nessuno prima aveva mai fatto caso.- raccontò con lo sguardo basso, seduta a terra con la schiena contro il ponte, col ragazzo seduto di fianco.

-È bellissimo far ridere o emozionare la gente con delle semplici parole, Niccolò. È bellissimo non avere qualcuno che parli al posto tuo; è bellissimo poter contrabbattere e far valere le proprie idee... è bellissimo ma ho sbagliato. È tutto sbagliato, io non dovevo spiccare parola e mi dispiace non pensavo vi creasse tanto disturbo...non pensavo di essere così fastidiosa, io...io non lo faccio apposta, voglio solo qualcuno a cui poter raccontare i miei problemi, le mie gioie e i miei dolori... Voglio solo qualcuno che mi ascolti, che mi consigli cosa fare e che rida con me.- raccontò mentre le sue guance venivano rigate da altre lacrime e il cuore del ragazzo, a quelle parole, perse un battito.

-Ale' ascolta, te l'ho già detto una volta e spero che questa sarà l'ultima che te lo ripeto: sei perfetta così come sei, ok? Io...io non posso capire o provare a pieno quello che hai provato tu, ma fidati che non mi dai fastidio. Alé prima che arrivassi tu io ero sull'orlo del suicidio, non riuscivo più a ridere, a pensare, a parlare, a mangiare...con te ho ricominciato a vivere, più o meno... cioè ce sto a prova' e penso che ti sarò sempre grato per questo, davvero. Non dire mai più che sei sbagliata o che il tuo destino era che non dovevi parlare, perché è stata forse la cosa migliore che poteva capitarci! E sì, sì parli tanto, sul serio non so dove le trovi tutte quelle parole e tutti quegli argomenti, ma è da apprezzare, sei l'unica che riesce a tenere viva l'atmosfera senza far cadere silenzi imbarazzanti, sei stata l'unica a starmi accanto quando intorno non avevi nessuno, sei l'unica che è riuscita a farmi smettere di fumare e addirittura la prima a farmi assaggiare la carbonara con la pancetta!- esclamò forzando una risata sull'ultima frase, tentando di strapparle un sorriso e ci riuscì. Solo che quel sorriso non era causato solo dall'ultima frase, ma dall'intero discorso.

-lo pensi davvero? Per favore sii sincero, dimmi che non ti stancherai di me e che seriamente il mio parlare non ti dà fastidio, promettilo e giura che non l'hai detto solo per farmi smettere di piangere perché peggioreresti solo la situazione- lo implorò guardandolo nelle lenti scure e lui abbozzò un sorriso

-lo prometto- affermò vedendola asciugarsi le lacrime.

-ora tocca a te, alza gli occhiali!- lo spronò poi provando a levarglieli, ma lui la fermò. evidentemente parlare per lei sembrava più terapeutico di quanto pensasse.

-va bene, va bene hai vinto. Ma lo farò io- premise prima di sfilarsi le lenti scure con lentezza, mostrando (oltre alle borse di occhiaie nere che contornavano gli occhi) due grandi lividi appena sopra gli zigomi, i quali lasciarono stupefatta la ragazza

-è per questo che li porti? Per coprire gli ematomi sotto gli occhi? Ma chi te li ha fatti?- domandò curiosa quanto preoccupata, senza staccare gli occhi dalle macchie viola

-sì, li porto anche per questo. Questi lividi qua sono stati causati dalle troppe lacrime. Lo so, ti sembrerà una cazzata, ma quando piangi troppo, i capillari si rompono, creando dei lievi lividi sotto gli occhi che, oltre a bruciare maledettamente, ti ricordano la causa che le ha formate- spiegò indicandone una con leggera amarezza nella voce.

-sai l'ultima volta ti mentii, non è vero che sono fidanzato... Non più almeno. Io e la mia ragazza fummo costretti a separarci circa 5 anni fa, è questa fu la cause delle mie prime macchie sotto gli occhi. Lei era bellissima, sembrava essere uscita da una favola. Aveva dei lunghi capelli rossi, un viso semplice e candido, un naso leggermente a punta e due grandi occhioni blu. Il paradiso praticamente. Era sempre allegra e sorridente, sembrava di vedere il sole quando rideva, te lo giuro. La sua risata era la mia suoneria preferita e lei era il motivo per cui mi alzavo la mattina- raccontò con occhi sognanti e un sorriso gli si dipinse lievemente e inconsciamente sulle labbra, ripensando al sorriso contagioso della rossa. Alessia sorrise intenerita dal sorriso innamorato del ragazzo e tornò a concentrarsi sul suo racconto.

-Wendy era il suo nome ed io non facevo altro che paragonarla alla Wendy di Peter Pan, dato che per lei io...io ero il suo Peter appunto. Era iniziato come un gioco all'inizio, ma alla fine sono diventati i nostri soprannomi praticamente- rise leggermente, sentendo la nostalgia di quei momenti, di quando alla tv vedevano il cartone sdraiati sul divano, mentre indicavano lo schermo pronunciando le parole "questo sei tu!" e iniziando a scherzare come bambini, o di quando recitavano le battute impersonando i vari personaggi, sentendosi ritornati alle recite che facevano all'asilo.

-da come ne parli deduco vi siate lasciati in brutti rapporti...- commentò tristemente Alessia.

-mi lasciò lei, ma non volutamente. Si ammalò, le venne un tumore al cervello.
Cioè aspetta, si ammalò due volte, la prima al seno e riuscì a sconfiggerlo, la seconda al cervello ed è stata la volta letale. Ancora non ho capito se era per via delle sigarette che ultimamente aveva iniziato a fumare o per altro... Io ho sempre dato colpa alle sigarette, dato che erano le uniche cose con cui potevo prendermela.
Sai cosa ci tradì? Che lei me lo disse troppo tardi. Aveva iniziato ad intraprendere le cure da sola, avvertendomi della situazione solo quando ormai la situazione era peggiorata, tanto che aveva pure interrotto le cure presa dallo sconforto.- raccontò iniziando a sentire le mani formicolare per il fastidio che provava ogni volta che ci ripensava.

-nonostante ciò continuammo a vivere assieme e a supportarci a vicenda, qualche mese dopo la convinsi addirittura ad intraprendere di nuovo le cure, le quali però, come aveva detto il medico, non portarono nessun risultato positivo. Mi lasciò il 13 novembre, l'anno non te lo dico perché sarebbe solo un altro dettaglio inutile, e quel giorno me lo ricordo come se fosse ieri...- continuò venendo annebbiato dal triste flashback di quel giorno.

-siamo desolati, ma la ragazza non ce l'ha fatta- annunciò dispiaciuto il dottore uscendo finalmente dalla stanza, distruggendo con 9 semplici parole il mondo di Niccolò, che sbattè ripetutamente le palpebre incredulo, boccheggiando per cercare le parole e l'ossigeno che gli mancavano.

-n...no- rispose accennando uno sbuffo divertito, sperando fosse uno scherzo-...n...non è possibile- continuò forzando una risata nervosa

-ci...ci dev'essere stato un errore...lei...lei non...- borbottò guardandoli speranzoso mentre gli occhi si riempivano di lacrime

-ci dispiace, sul serio abbiamo fatto il poss- ripeté il medico realmente desolato. Ormai la maggior parte dei dottori ed infermieri conoscevano Niccolò e vedevano in Wendy più di un semplice paziente; pronunciare quelle parole e assistere al possibile crollo del ragazzo creava terrore e dispiacere persino tra di loro, tant'è che tardarono a comunicare i risultati proprio poiché nessuno si sentiva di sganciare una bomba così grande.

-Posso...posso vederla un'ultima volta?- domandò a fiato corto, era palese che stesse facendo di tutto per mantenere quel briciolo di controllo che gli era rimasto.

-guardi non credo che...- provò ad obiettare portando lo sguardo sulle cartelle cliniche, non avendo il coraggio di fissarlo negli occhi.

-la prego! Un'ultima volta, lasci che le dica addio...- lo implorò con il viso ormai ricoperto da lacrime che scendevano da occhi increduli e lì l'uomo dal camice bianco si sentí toccare nel profondo e cedette, accompagnandolo nella sala operatoria per poi far uscire il resto dei colleghi, lasciandoli soli.

-Wendy!- urlò Niccolò precipitandosi sul suo corpo inerme, mentre la scuoteva, un po' troppo violentemente, nella speranza di svegliarla.

-Wen amore - si lasciò sfuggire un singhiozzo nell'osservare i suoi occhi serrati, mentre con una mano tremante le accarezzava il volto.

-sarebbe dovuto andare tutto bene...avevi detto che sarebbe andato tutto bene!- cercò di alzare la voce ma gli uscì solo un urlo strozzato, non accorgendosi di star perdendo via via sempre più fiato.

-e allora...e allora perché ti sento distante Wen? Perché ho l'impressione che non stia andando tutto bene?- domandò retoricamente, tirando su col naso e asciugandosi qualche lacrima che gli offuscava la vista

-"va tutto bene" dicevi, "sarà perché stanotte ho fatto ta...tardi"- ripeté le frasi che spesso la ragazza gli diceva per tranquillizzarlo ogni volta che la vedeva stanca o pallida

-"è ok" ripetevi... "tranquillo è normale"...."magari...magari sono incinta...!" all'ultima frase singhiozzò più forte e si lasciò andare in un pianto disperato, accasciandosi sul suo petto dove l'assenza del battito cardiaco gli creò una fitta atroce allo stomaco tale da mozzargli il fiato, cercando con le mani che tremavano quelle della ragazza.

-non doveva finire così Wendy...non lo meritavamo...tu non lo meritavi- borbottò tra i singhiozzi, cercando di calmare il suo pianto disperato fallendo miseramente.
Andò avanti così per qualche mezz'ora, fino a quando non ne ebbe più le forze e si limitò a tirare su col naso in silenzio, mentre con i pollici continuava ad accarezzare il dorso della mano della ragazza.

-a...andiamo a casa!- la supplicò ancora, questa volta senza cantare, una semplice supplica strozzata dai singhiozzi, il fiato corto e la paura.

Non sentendo la stretta ricambiata, un vuoto lo avvolse, facendolo sprofondare nel dolore. I respiri si fecero sempre più corti, fino a scomparire del tutto.

-Nicco santo cielo!- sentí esclamare prima di non poter percepire più alcun suono. Vide l'ombra offuscata di sua madre e tre o quattro medici entrare nella stanza preoccupati e si sentí stringere forte. Si staccò dall'abbraccio e la vide mimare qualcosa, ma non capí cosa. Urlava, gesticolava con le braccia, probabilmente cercava di invogliarlo a respirare, ma ormai era troppo tardi. La figura di sua madre si offuscò sempre di più, fino a scomparire del tutto ed essere inghiottita nel buio.

-eri svenuto?- domandò Alessia interessata quanto preoccupata dal discorso

-ero caduto nel panico, non...non ricordo perfettamente com'è andata. Solo che dopo npo' credo m'abbiano dato delle gocce d'averio, na cosa del genere, per famme rilassà. Me so svejato in un altro lettino d'ospedale, con mia madre che mi guardava con uno sguardo che non esprimeva altro che compassione. Te giuro nun ce stavo a capi' più ncazzo. La prima cosa che feci non appena aprii gli occhi? Scoppiare in un pianto silenzio. Te rendi conto? Me so messo a piagne di nuovo. Non ho fatto altro per giorni!- spiegò con la voce carica di nervoso, passandosi una mano tra i capelli frustrato. Ricordare dava sempre una tacca di dolore in più.

-è normale- lo rassicurò posando il suo sguardo sul suo.

-lo so ma... Non doveva anna' così... Non ho fatto altro che piagne pe giorni, fino al giorno del suo funerale...-

Mai avrebbe pensato di ritrovarsi in quel luogo così presto, in attesa di celebrare un funerale che non avrebbe mai voluto celebrare.

"Saremmo dovuti ritornare in chiesa solo per celebrare il nostro matrimonio, solo per questo."

Si avvicinò al lettino con sopra il suo corpo pallido, coperto da un vestitino in seta e curato come se dovesse andare ad una festa. La madre della rossa era lì, le stava di fianco e le accarezzava la testa in nostalgia dei lunghi boccoli rossi, facendosi sfuggire qualche lacrima di nascosto e sopprimendo i singhiozzi.
Non appena incrociò gli occhi del moro, questa cambiò faccia e si avvicinò prepotentemente a lui

-che ci fai qui?- domandò nervosa a denti stretti

-sono venuto per Wendy, che domande fa?- rispose in modo altrettanto nervoso

-tu? Tu saresti venuto qui per Wendy? La mia Wendy? Quella che ora si trova su quel sudicio letto e che presto occuperà una bara per colpa tua?- domandò retorica fissandolo con quegli occhiacci grigio-azzurri che al contrario di quelli di Wendy, esprimevano tutt'altro che rasserenità e le sue parole, per quanto cattive e schiette, ferirono l'animo del povero ragazzo che nel giro di pochi secondi si ritrovò con gli occhi bagnati.

-non l'ho uccisa io- si difese tendendo i muscoli e serrando le labbra, non aveva la minima intenzione di fare sceneggiate al funerale della sua ragazza.

-sappiamo entrambi che ho ragione- ribadí la donna squadrandolo con disprezzo prima di sorpassarlo con una spallata e lasciarlo indietro, a qualche metro dal corpo della ragazza e in balia dei sensi di colpa

-non sono stato io...non è stata colpa mia- sussurrò con rabbia stringendo i pugni, prendendo grossi respiri a pieni polmoni e alzandosi gli occhiali da sole sulla punta del naso, prima di avvicinarsi alla ragazza e afferrarle la mano.

Al contatto con la pelle fredda, dei brividi percorsero la superficie del suo corpo, facendolo deglutire a fatica. Sembrava di star toccando una bambola di porcellana, ma non ci fece caso, non ci diede peso, non doveva darci peso.

-hey baby rossa- la salutò come al suo solito, chiamandola col solito appellativo che tanto le piaceva, forzando un sorriso e accarezzando il dorso della mano col pollice mentre con l'altra mano le accarezzava delicatamente i capelli

-tu lo sai che non è stata colpa mia, vero?- domandò con un peso sul petto, cercando di nascondere il tremolio nella voce

-sei bellissima anche così comunque- si complimentò aggiustandole quell'inutile ciondolo che le avevano appeso al collo solo per fare scena.

-ci hai provato amore mio, sei caduta la prima volta e ci siamo alzati insieme, lottando nuovamente. Questa volta ha vinto lui, ma sappi che nulla verrà dimenticato- la consolò poi accarezzandole dolcemente il viso.

-cercherò di essere forte, te lo prometto-sussurrò asciugando le lacrime sentendo già una stretta allo stomaco.

-tieni, questo è tuo- disse infine infilandole l'anello di fidanzamento, quello che aveva usato per chiederle di sposarlo. -e lo rimarrà per sempre, come volevi tu- aggiunse lasciandole un bacio sul dorso della mano, prima di riporla con cura lungo il fianco della ragazza e allontanarsi con il petto che stava per esplodere.

Cercò lo sguardo dei suoi amici, quei pochi che si presentarono al funerale e incrociò solo sguardi carichi di pena e rassegnazione, facendolo sentire sempre peggio.
Cercò gli occhi di sua madre, i quali erano leggermente velati di lacrime e cercavano di compatirlo il più possibile. Si avvicinò a quest'ultima e la pregò di accompagnarlo fuori per prendere una boccata d'aria, ignorando le occhiate che gli lanciavano da lontano e i possibili pensieri di poter passare da bambino in presenza altrui.

Ella naturalmente lo accompagnò senza tirarsi indietro e lo fece poggiare ad una colonna per prendere fiato, mentre gli accarezzava il volto per tranquillizzarlo.

-non ce la faccio ma'- confessò il ragazzo a fil di voce

-ma sì che ce la fai! Fallo per lei!- lo incoraggiò stringendogli la mano, usando il solito tono materno in grado di trasmettere pace a qualunque figlio.

Così Niccolò si ritrovò a prendere un ultimo respiro, prima di annuire e rientrare dentro, dove nel frattempo avevano già iniziato la commemorazione.

-beh ma devi avercelo avuto pur qualcuno al tuo fianco che ti dava conforto, no?- domandò speranzosa la mora facendolo sospirare verso il basso

-ricevetti solo migliaia di condoglianze finte e delle pacche sulla spalla. Gli unici abbracci che diedi durarono pochi secondi, il tempo di far durare il gesto- spiegò con tono apatico. -i miei amici cercarono di starmi accanto...ma forse l'unica che mi aiutò davvero fu mia madre, non so come ma solo la sua presenza mi dava conforto-rispose quasi imbarazzato e lei dovette trattenere un sorriso quasi intenerito.

-mi sfugge una cosa...se posso, perché la madre di Wendy ce l'aveva con te? O meglio, perché pensava che fosse colpa tua?- azzardò confusa

-perché le avevo fatto prendere io il vizio del fumo- rispose sbuffando e stringendo rabbiosamente i pugni e Alessia tacque, non sapendo cosa dirgli.

-lo sai che mi hanno detto pure da sopra poi?- le disse forzando una risata nervosa e la ragazza si limitò a negare col capo per farlo continuare

-dissero tante cazzate quel giorno...addirittura arrivarono a pensare che di me non importasse nulla, che prima o poi mi sarebbe passata che...com'era? Morto un Papa se ne fa un altro...- spiegò con la voce che cominciò a tremare e gli occhi che iniziarono a farsi lucidi, questa volta però purtroppo non c'erano gli occhiali a fargli da protezione, per cui la ragazza poté percepire tutta la tristezza e la disperazione che mostrava il ragazzo in quel momento e si trattenne dall'abbracciarlo.
Non riusciva a credere alle proprie orecchie, come si poteva essere così crudeli?

-si lamentarono tanto quel giorno solo perché non versai una lacrima, da lì partirono tutte le voci. Sempre meglio delle loro lacrime finte, avrei voluto urlargli. Ma che ne sanno loro? Eh? Chi cazzo glielo dice che io non abbia pianto una volta tornato a casa? Che non mi sia disperato talmente tanto da far preoccupare i vicini? Che non mi sia sgolato mentre le mie urla rimbombavano sulle pareti e che non abbia mandato all'aria tutti gli oggetti che trovavo davanti per la frustrazione? Eh? CHE CAZZO NE SANNO LORO?!- non si accorse di star urlando e per un secondo si dimenticò di trovarsi in mezzo alla strada, sotto gli occhi della gente e delle macchine che passavano.

Alessia, non potendo trattersi più, gli andò contro e lo strinse forte, passando una mano tra i capelli corvini e approfittandone per annusare il suo profumo che sapeva di buono, sapeva di casa.

-che...che stai facendo?- erano anni che non stringeva qualcuno, perciò il contatto a primo impatto gli parve strano, ma non si scostò, non ne ebbe il coraggio.

-so che ne avevi bisogno- rispose la ragazza, nascondendo un sorriso quando si sentí stringere delicatamente a sua volta.

-grazie- sussurrò Niccolò nascondendo il viso tra i suoi capelli e chiudendo gli occhi per qualche secondo, provando a rilassarsi e vivere a pieno quel frammento di tranquillità.

Ciao ciao❤️
-Fla :)

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro