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29. Questione di minuti.

-disgraziati!- la voce di Francesca, la madre di Alessia,  rimbombò per tutta la casa alle 7:00 del mattino facendo sbuffare silenziosamente la ragazza seduta a malavoglia al tavolo della cucina in attesa che la macchinetta del caffè fischiasse.

-che succede mamma?- domandò passandosi stancamente le mani tra i capelli e poi dietro al collo.

-ci hanno fatto seriamente causa quei...que- provò ad esprimere tutto il suo odio represso, ma nessun aggettivo esistente al mondo pareva in grado di riuscire ad assumere il pieno significato che avrebbe voluto dargli.

-ho capito, mamma...ho capito- la interruppe la figlia notando i suoi inutili sforzi nel provare a spiegare.

-il motivo non me lo dirai mai, vero?- domandò rassegnata conoscendo già la sua brutta abitudine di tenere chiunque fuori da quel discorso.
Non ottenne nemmeno risposta, semplicemente si girò di spalle e si accese una sigaretta aspirandone il fumo.

"chi tace acconsente" pensò tra sé e sé evvertendo poi il forte fischio del caffè e si alzò frettolosamente tentando di versarlo nelle tazzine senza scottarsi.

-non si può andare avanti così- continuò il suo monologo attirando l'attenzione di Alessia che le lanciò un breve sguardo in silenzio prima di rimettersi a tavola e dare il buongiorno a suo fratello che nel frattempo si era svegliato e le aveva raggiunte in cucina.

-dovrei essere io a fare causa a loro, anzi ma che dico? Denunciarli direttamente! Ecco che ci vuole, una bella denuncia altro che! Gli faccio vedere io a sti pezzenti, non sanno proprio con chi hanno a che fare...- e mentre blaterava nervosa, nuvole di fumo fuoriuscivano dalla sigaretta che stringeva tra i denti, innebbiando la stanza, tanto che Alessia si dovette rialzare per aprire le finestre.

-cerca di calmarti adesso, ok? Non fare mosse troppo avventate perché da come penso stiano andando le cose è possibile che ce la becchiamo noi la denuncia!- le consigliò poi avvicinandosi a lei, anche per non farsi sentire dal piccolo Liam che al momento era troppo preso a guardare la televisione per starle a sentire.
Non aveva poi tutti i torti considerando che se avessero cambiato direttamente cambiare ospedale, come aveva consigliato lei stessa all'inizio, sicuramente si sarebbero evitate la maggior parte dei problemi che stavano affiorendo adesso e sua madre, invece di smettere di vivere la sua vita per continuare questa (a suo parere) inutile lotta contro di loro, sarebbe sicuramente più serena e riposata.
Sono state proprio le sue mosse avventate cariche di rancore a portarle dove si trovavano adesso e sicuramente continuare in quel modo avrebbe soltanto peggiorato la situazione.

-ma che ne sai tu? Pensa a studiare piuttosto e a trovarti un lavoro stabile, non sappiamo quanto altro ancora ti terranno lì dentro- ignorò palesemente le sue parole continuando ad aspirare il fumo che emanava quella maledetta stecchetta.

-non hai neanche ascoltato quello che ho detto vero?- domandò Alessia guardandola rammaricata. - e poi sì, sì sto studiando, è normale ti pare? Vado regolarmente a scuola tutti i giorni, sto studiando per tutto il tempo che mi è possibile e passo ogni sera all'ospedale tentando di concludere qualcosa e sai? Sapere che tu pensi che io stia buttando le mie giornate così, a occhio, mi fa incazzare- terminò così il suo discorso e gettò la tazzina ormai vuota nel lavandino, prima di chiudersi nel bagno e lavarsi e prepararsi per l'ennesimo giorno di scuola.

-ah e prima che ti sforzi di fare la solita domanda "con Kevin come va?" e rimanere nel copione sappi che va da Dio.- cazzata. Quante settimane erano che non si sentivano? Quanti giorni erano passati  dall'ultimo "ci sentiamo domani"? Non lo sapeva e al momento saperlo era l'ultimo dei suoi problemi e sí, sentiva tremendamente in colpa per questo.

-mi piacerebbe invece che concludessi seriamente qualcosa, hai dato l'ultimo esame?- domandò ancora la madre sistemandosi i bottoni della sua camicia, come sempre al contrario del resto della famiglia era sempre la prima a prepararsi ed essere già pronta con ore di anticipo.

-lo darò il mese prossimo- rispose seccamente uscendo dal bagno e dirigendosi a passo svelto nella sua camera da letto per scegliere l'outfit della giornata. Non che le importasse particolarmente ma desiderava almeno che i capi fossero abbinati.

-e stai studiando?- rifece la stessa domanda che fece all'inizio, per poi sentirla sbuffare pesantemente.

-sì.- fu la risposta più breve che diede quella mattina, chiudendo le ante dell'armadio e infilandosi il cappotto che aveva scelto.

-accompagnalo tu Liam a scuola stamattina, io devo dirigermi nuovamente all'ospedale da tuo padre- si sentí ordinare poi dal corridoio della cucina.

-di nuovo? Scusa e a lavoro quando ci torni?- le domandò confusa

-ho preso qualche giorno di malattia, settimana prossima ritorno, se non fosse per voi due avrei sostato direttamente là evitando di sprecare ore e benzina...cosa non si fa per i figli- la sentí borbottare alla fine con tanto di sospiro e non poté fare a meno che alzare gli occhi al cielo. "molto di più" sarebbe stata la risposta, ma decise di ignorarla e lasciar cadere lì la discussione.

-comunque il mio pullman non porta alla scuola di Liam, dovrei prenderne un altro e arriverò tardi- l'avvisò solo dopo aver realizzato quel minuscolo e all'apparenza insignificante problema che l'avrebbe condannata all'ennesimo ritardo nell'ora di biologia; e chi ci avrebbe creduto che si trattava solo di uno dei tanti innocui ritardi?

-se ti sbrighi fai in tempo a prendere il 7 che dovrebbe passare proprio adesso- le rispose la madre guardando l'orologio raffinato che portava al polso.

-incredibile...- borbottò Alessia raccogliendo lo zaino da terra e afferrando la mano di suo fratello accompagnandolo alla fermata del bus che, fortunatamente, non distava poi tanto da casa loro.

Passarono 20 minuti dall'arrivo di quel pullman tanto atteso. 20 minuti nei quali Alessia non faceva altro che sbuffare e controllare l'ora sul suo cellulare, cercando di non innervosirsi agli innumerevoli messaggi che le arrivavano da parte dei suoi amici per avvisarla che mancasse all'appello.

"lo so, idioti. È passata quasi mezz'ora, vuoi che quella non cominci a fare l'appello?" rispondeva tra sé e sé ignorando le notifiche.

"poi lo saprò pure io che manco all'appello, no? Non c'è bisogno di un avviso per farmelo notare" eppure tutto ciò non fece che aumentarle l'ansia che si portava dentro da quando aveva messo piede fuori casa, consapevole che anche quella mattina si sarebbe conclusa nello stesso modo di tutte le altre: pessimo.

-oh merd- sbottò poi all'improvviso alzando il capo di colpo, attirando l'attenzione di suo fratello che nel frattempo si era seduto sui bordi del marciapiede.

-che c'è?- le chiese quest'ultimo temendo quasi la risposta.

-no, no, no, no. Fa che non l'abbia dimenticato ti prego, fa che non l'abbia dimenticato, fa che non l'abbia dimenticato!- continuava ad implorare nel mentre scavava nello zaino, uscendo poi la testa affranta da esso.

-il quaderno di quella di biologia- lo degnò poi di una risposta prendendo un respiro -non c'è, l'avrò lasciato a casa sul letto, ieri sono stata fino a tardi a ripetere e non me ne sarò accorta.- cercò di trovare una soluzione plausibile passandosi una mano sul viso.

-cazzo lì c'erano tutti gli appunti e gli esercizi di recupero...se non li porto sono finita!- si disperò infine tirandosi le punte dei capelli.

-è sempre quello che ti dimentichi- rise il fratello attirando l'attenzione di sua sorella che lo fulminò con lo sguardo.

-se tornassi a casa per riprenderlo sarebbe troppo tardi?- riflettè ad alta voce guardandosi intorno

-ma ormai il pullman è arrivato- le fece invece notare Liam indicando il veicolo venire verso di loro.

-se ti lasciassi andare da solo sapresti raggiungere da solo l'entrata?- giunse poi alla più folle delle idee, alternando lo sguardo tra il fratello e il pullman che nel frattempo si era fermato dinanzi a loro.

-e secondo te perché mamma ha deciso di farmi accompagnare da te?- le fece notare ancora una volta la risposta ovvia che le si presentava davanti, facendola sbuffare e abbassare il capo sconfitta.

Raccolsero gli zaini da terra e salirono sul pullman, dove ancora una volta la ragazza si ritrovò vittima di uno scherzo del destino notando che tutti i posti a sedere erano occupati.
Afferrò la mano del fratello e raggiunse il fondo del pullman per timbrare il biglietto, ottenendo un'occhiata da un'anziana signora seduta lì davanti.
Ancora una volta il tempo trascorso lungo il tragitto si alternò tra Alessia che controllava spazientita il cellulare ogni due per tre e il fratello che alternava quale gamba tenere alzata a mo' di fenicottero e quale no per non stare troppo tempo in piedi.
Mentre smanettava al cellulare, si soffermò sulla chat della sera precedente con Niccolò, chiedendosi come fosse finita e se almeno per una sera si fosse lasciato alle spalle i suoi problemi che tanto lo turbavano.
Evitò di chiederglielo via chat e decise che gliene avrebbe parlato direttamente dopo scuola, prima di passare per l'ospedale e fare il suo turno di lavoro.

-alé- la richiamò il fratello tirandola dalla manica del cappotto

-sono stanco di stare in piedi- si lamentò sbuffando e guardandola scocciato

-scordati che ti prenda in braccio Liam, ho già entrambi gli zaini che pesano e nel caso non l'avessi notato sono in piedi anch'io- gli rispose guardandolo comprensiva, prima di vederlo sbuffare nuovamente e incrociare le braccia al petto imbronciato.
Lei alzò gli occhi al cielo e dopodiché si guardò attorno tra le persone sedute, in cerca di qualche buon'anima che facesse posto non a lei ma almeno ad un bambino dieci anni.

-scusi, le dispiacerebbe fare un po' di spazio al bambino? Questione di secondi siamo quasi arrivati- si riferì gentilmente ad una donna sulla quarantina d'anni rivestita dal classico profumo forte da farti storcere il naso.

-e io dove dovrei poggiarla la borsa mi scusi?- le rimandò la domanda acida, quasi sbigottita dalla domanda che le pareva assurda.

-mh...non lo so, può tenersela sulle gambe magari...tanto le ho detto è questione di minuti siamo quasi arrivati- propose la ragazza, implorandola con tutte le buone maniere di questo mondo. La giornata era partita male ed era cosciente che sarebbe finita anche peggio, non le andava però di iniziare una lite con una donna quarantenne solo per un posto sull'autobus.

-ma mi si rovina la gonna!- contrabattè ancora più sbigottita di prima, ritirando indietro la testa e squadrandola dalla testa ai piedi un paio di volte, come per accertarsi che appartesse al suo stesso pianeta.

In tutta risposta Alessia serrò palpebre e labbra per un secondo e dopo aver sospirato profondamente si dileguò.
-va bene, ho capito lasci stare, grazie lo stesso-

-resisti tanto siamo quasi arrivati, questione di minuti- ripeté 'sta volta al fratello che si limitò ad annuire arreso.

"Nella speranza che le tue gambe non ne risentano..." Si ritrovò a pensare poi la ragazza, lanciandogli uno sguardo preoccupato per qualche secondo. Presa dalla solita fretta mattutina si era scordata della possibile malattia trasmessibile del padre e che, anche se al momento non si era manifestato nessun problema fisico, era sempre meglio stare sicuri al cento per cento.

Il pullman finalmente si fermò permettendo ai passeggeri di scendere alla loro fermata. Ancora una volta Alessia afferrò la mano di Liam, tentando di accelerare il passo per fare in modo che almeno lui non facesse ritardo.

-mi raccomando, buona giornata- lo salutò con le solite raccomandazioni e, dopo un bacio sulla guancia, si mise alla ricerca del suo pullman da prendere, nella speranza di fare in tempo almeno per la seconda ora, nonostante le mancassero ancora 30 minuti per la prima.

"ok ho mezz'ora, considerando che il pullman dovrebbe essere qui almeno tra 5 minuti e aggiungendo i 20 minuti di tragitto...dovrei arrivare in tempo per almeno la seconda ora di lezione" si fece i calcoli a mente mentre fissava l'orologio sul tabellone che aveva di fronte e si sorprese nel vedere che il pullman che stava aspettando arrivò con 5 minuti d'anticipo.
"10 minuti prima della seconda ora di lezione, meglio di niente".

-Lombardo alla fine si è fatta viva- l'accolse l'insegnante poco prima di lasciare la classe, incrociandola proprio sull'uscio della porta.

-buongiorno professoressa, mi scusi per il ritardo ma...ho avuto problemi lungo il viaggio ecco- cercò di giustificarsi mentre continuava a prendere fiato per lo spavento subíto.

-che tipo di problemi?- si insospettí la donna assottigliando gli occhi dietro le grosse lenti della montatura azzurra dei suoi occhiali.

-familiari- rispose sinceramente come aveva sempre fatto. "problemi di famiglia" era la risposta a tutte le sue giustifiche scolastiche e, a volte, anche a lavoro. Sapeva che esagerando queste parole avrebbero perso credibilità, ma lei cosa poteva farci? In fondo era la verità e si sentiva a posto così, o almeno si autoconvinceva di questo.

-faccia attenzione signorina, è già il terzo ritardo questa settimana e sempre e solo nella mia ora guarda caso, le faccio presente che ho il potere di rimandarla- le fece la solita ramanzina aggiustandosi la borsa blu che portava sulla spalla in tinta con gli occhiali.

-lo so, mi scusi giuro che non dipende da me-

-vedremo signorina, buona giornata- e così si dileguò anche lei, dando opportunità alla giornata della ragazza di continuare e di rovinarsi ogni secondo che passava.

-a lei- ricambiò quest'ultima quasi sottovoce, mettendo poi piede in classe e prendendo posto al suo banco.

Nel frattempo Niccolò era a casa di sua madre, avendo deciso di trasferirsi da lei almeno per qualche mese, "il tempo di rimettersi in piedi". Era chiuso nella sua vecchia cameretta, steso sul letto a contemplare i vecchi muri di quella stanza.
Era rimasta uguale a quand'era bambino. I poster di Vasco sul muro, vari palloni da calcio sparsi negli angoli della camera, scartoffie e bozze dentro i cassetti della scrivania e vecchie collezioni di figurine e CD.
Tutto come un tempo e fu grato a sua madre per questo, per non aver toccato niente.
Aveva dormito poco, come suo solito, e aveva iniziato la mattinata pensando alla sera precedente di cui non aveva fatto ancora parola con nessuno, no, nemmeno con sua madre.
Quel giorno sarebbe dovuto andare dallo psicologo, per cui aveva pensato che al massimo avrebbe accennato qualcosa alla dottoressa, anche se ciò lo turbava, dato che si trattava sempre di una sconosciuta della quale non aveva intenzione di fidarsi nemmeno al 50%.
Ella sapeva già le cose basilari, le radici che diedero vita alla sua depressione. Conosceva la morte di Wendy e sapeva a cosa l'aveva portato il lutto. Sapeva la storia, ma non sapeva i dettagli di essa. Niccolò d'altronde non aveva la minima intenzione di raccontarli, dato che si trattavano di dettagli troppo personali e importanti da raccontare a una sconosciuta della quale non si sarebbe mai fidato ciecamente.
C'era però una persona che riusciva a tirare fuori il meglio di lui, una persona a cui questi dettagli veniva facile raccontarli poiché sembravano venire fuori da soli.
Estrasse il cellulare dalla tasca e si soffermò sulla sua chat per qualche secondo, indeciso sul da farsi.
Poi una spinta di coraggio, la solita accompagnata da "ora o mai più", lo spinse a digitare parole sulla tastiera di cui sperò non se ne sarebbe pentito: "appena ti trovi un po' di tempo, finite le lezioni, scrivimi, ho bisogno di parlarti".

Non specificò di cosa, gli bastava che sapesse che al momento aveva quella necessità di parlarle. Non importava dove o quando, quello gli era indifferente, qualsiasi luogo e qualsiasi ora per lui, che di ore ne aveva buttate abbastanza, era indifferente; e sapeva che lei si sarebbe presentata, ovunque e a qualsiasi orario. Lei ci sarebbe stata.

Ciao ciao❤️
P. S. Buona pasqua 🕊️
-Fla :)

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