Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

25. Allora te movi?

Giunse la sera e Adriano si trovava già in compagnia dei miserabili a casa si Gabriele, tutti allegri e contenti del ritorno del loro amico e ognuno con mille cose da raccontare.

-allora che ce racconti ao? Come mai sei tornato?- iniziò Alessandro dandogli una forte pacca sulla spalla

-che c'è nun so tornato manco da du giorni e già nun me volete più?- scherzò Adriano cercando di allontanare l'attenzione dal discorso principale, non riuscendo per nel suo intento.

-no è che dalle prime telefonate e da come raccontavi te le cose sembrava andare tutto a meraviglia, cioè sembrava stessi ar paradiso e che saresti rimasto là a vita, com'è che adesso ti trovi di nuovo qua a Roma?- rifece la domanda uno di loro e lì Adriano si ritrovò ad annuire per dargli ragione, nonostante non fosse poi di così grande urgenza avevano bisogno di spiegazioni.

-all'inizio andava realmente tutto a meraviglia, dovete credermi ero convinto che fosse la volta buona che mi sarei sistemato, ma come sempre ho rovinato tutto, nulla di nuovo- raccontò in breve bevendo un sorso di birra alla fine, sotto il silenzio di Gabriele che si asteneva dall'intervenire e le attenzioni del resto dei compagni.

-in che senso hai rovinato tutto?-

-c'era una ragazza, Camilla. Sembrava fosse una cosa seria, poi ho conosciuto la sorella una sera e...e non so come o perché ma ci siamo baciati, da lì in poi è inutile che vi racconti- spiegò scompigliandosi nervosamente i capelli, più volte lo raccontava e più si sentiva un cretino, e forse meritava di sentirsi così.

-caspita frate' io 'o sapevo che eri scemo, ma nun pensavo fino a sto punto!- esordí Valerio, seguito poi dagli altri che si aggiunsero in coro con frasi del genere, tranne Gabriele che non faceva altro che accendere e spegnere il display del cellulare in attesa di qualche notizia da parte di Niccolò, il quale non si era ancora presentato.

-grazie regà voi sì che sapete come risollevare il morale alla gente- ringraziò ironicamente il ragazzo sfoggiando un falso sorriso

-è sempre un piacere!- stettero al suo gioco facendo urtare i colli delle bottiglie di birra per simulare il classico cin cin.

-Cocco ma che stai ad aspetta'? È un'ora che stai a fissa' o sfondo der cellulare tuo- si incuriosí Tiziano attirando di conseguenza l'attenzione del resto del gruppo.

-sto ad aspetta' Niccolò, nun si è ancora fatto vivo e vojo sape' che sta a fa- spiegò semplicemente riprendendo il cellulare tra le mani per digitare il numero del moro.

Al nome del ragazzo, i miserabili si scambiarono uno sguardo d'intesa, escludendo però Gabriele che si ritrovò a chiedere cosa significasse.

-eddaje gabrie'...O sai pure te che non si presenterà stasera- provò Alessandro a dirglielo nel modo più pacato possibile, ma il moro si limitò a scuotere la testa in segno di disaccordo.

-no, lui verrà. Ne sono sicuro- affermò convinto ponendo il telefono sul tavolo dopo l'ennesimo squillo andato a vuoto.

-e come fai ad asserne sicuro?- questa volta fu Tiziano ad intervenire -non si parla più del Niccolò di dieci, quindici anni fa che era disposto pure ad uscire dalla finestra per raggiungerci, qui si tratta del Niccolò che ormai da cinque anni non si fa sentire se non per inventare una scusa per annullare l'uscita, del Niccolò che passa le sue giornate collassato sul divano e le serate al cimitero ai piedi di una lapide; cazzo si parla del Niccolò che è in lutto da cinque anni e chissà se si riprenderà più- sfogò gran parte dei suoi pensieri e preoccupazioni prima di rinchiudersi nel suo silenzio, sperando che nessuno prendesse a male le sue parole.

-Adriano...-iniziò titubante Alessandro convinto che il ragazzo fosse ancora all'oscuro di tutto e che avesse accolto tali notizie così all'improvviso tutte d'un botto.

-lo sa, gliel'ho detto stamattina dopo averlo preso dalla stazione- intervenne Gabriele al posto suo, facendogli tirare un sospiro di sollievo.

-sì perché t'è sfuggito, altrimenti stasera la prima cosa che gli avrei chiesto sarebbe stata "come sta Wendy?"- sputò acido il riccio non riuscendo a togliersi dalla mente quella brutta figura che avrebbe potuto fare se solo non l'avesse saputo in tempo.

-ma non è successo ok? Ora lo sai, non rompere- rispose svogliato, convinto di avere altri problemi più importante per la testa, per esempio: che fine aveva fatto Niccolò?

Quest'ultimo era a casa sua, stravaccato sul divano e con la solita bottiglia di birra in una mano e il cellulare nell'altra, con una gamba sopra il bracciolo del sofà e un'altra che penzolava verso il pavimento.
Era praticamente nella stessa situazione di tutti i giorni, con l'unica differenza che quel giorno c'era la voce di sua madre a ronzargli nelle orecchie e non solo, anche intorno al divano.

-allora te movi? Nun hai detto che dovevi andare dagli amici tuoi stasera? Sei anche in ritardo Niccolò!- lo rimproverava esausta cercando di farlo smuovere dal divano, come quando da piccolo cercava di farlo alzare dal letto per andare a scuola.

-se ne saranno già dimenticati tranquilla, lasciame sta', nun c'ho voglia de anna'- rispose sbuffando con la solita voce roca causata dall'alcol e dal silenzio passato durante la giornata.

-Nic non puoi andare avanti così, lo capisci questo?- si accomodò di fianco a lui, rinunciando a levargli la bottiglia dalle mani notando che ormai fosse vuota.

-sì, è la cosa che mi ripetete tutti ogni volta, non sono stupido- sbuffò nervoso gettando la bottiglia vuota per terra, sotto l'occhiataccia fulminea della madre che non perse tempo a raccoglierla e riporla nella pattumiera.

-non sto dicendo che sei stupido, sto dicendo che vorrei che tornassi a vivere, a sorridere e a suonare. Quanto ti piaceva suonare... Ti ricordi? Quanto ci hai fatto penare a me e a tuo padre per la scuola col fatto che volevi suona'? Dov'è finita questa tua voglia Niccolò? Questa tua determinazione, questo tuo bisogno di farti sentire, di urlare al mondo cosa senti?- domandò quasi disperata, senza distogliere lo sguardo dal viso sciupato del figlio, che sospirò mettendo via il cellulare.

-il bisogno di farmi sentire e il sogno di arrivare in alto non sono passati- si limitò a rispondere dopo un po' senza guardarla negli occhi

-la voglia sì però- continuò dispiaciuta lei, afferrando che fosse solo un "effetto collaterale" dell'odiosa malattia emotiva che lo stava man mano divorando.

-la voglia di fare qualsiasi cosa- precisò quest'ultimo sbuffando, consapevole di star dando un ennesima delusione non solo a lei, non solo ai suoi amici, ma anche al vecchio sé stesso.

"ripensa al bambino che eri e chiediti se sarebbe felice dell'uomo che sei diventato". Questa frase se la ritrovò scritta sul suo taccuino un paio di mesi prima con la sua stessa grafia e d'allora non riuscì più a levarsela dalla testa.
"no" si rispondeva da solo ogni volta, "no che non sarebbe felice". Quando era bambino i suoi progetti futuri riguardavano un palco, una band e un coro che formava un'unica voce, non di certo buttare le sue giornate collassato sul divano disordinato di casa sua e pensare unicamente a quale sarebbe il miglior modo per andarsene da quel mondo che non gli apparteneva più.
Probabilmente se il bambino che era l'avesse visto in quelle condizioni gli avrebbe urlato di darsi una mossa e mostrare quanto realmente valesse.
Il problema era che non era più sicuro di poter valere qualcosa, non più.
La sua fortuna era però che non tutti la pensavano come lui, che nonostante non se ne accorgesse o non se ne volesse accorgere, nessuno l'avrebbe mollato in quelle condizioni.

-alzati e fila in bagno a cambiarti, se non ti viene la voglia, te la farò salire io. Su forza che è già tardi, non posso permetterti di rovinarti così- ordinò Anna risvegliandolo dai suoi pensieri e poco prima che se ne accorgesse si ritrovò senza più la bottiglia tra le mani e uno sguardo confuso in viso.

-ma che m'hai preso per un bambino?- domandò scontroso mettendosi seduto sotto il suo sguardo indifferente. Gli sembrava di rivivere le mattinate prima di andare a scuola.

-sono tua madre Niccolò ed è giusto che ti aiuti. Ho provato a starti accanto e appoggiarti in alcune decisioni ma ora basta, quando è troppo è troppo- decretò decisa, sicura che spronandolo avrebbe ottenuto dei risultati, perlomeno ci sperava.

-ah e per domani ti ho prenotato la visita dallo psicologo, se vuoi ti fai accompagnare da qualche tuo amico o posso venire io...non lo so, ma così non si può andare avanti- aggiunse cercando di rimettere un po' di ordine in quella casa trascurata da troppo tempo.

-te sei stancata?- si sentí domandare dalla voce bassa e triste del figlio. Si voltò cercando il suo sguardo e sospirò nel vederlo abbattuto.
Gli si avvicinò nuovamente e si inginocchiò all'altezza del divano.

-mi sono stancata ma non di starti accanto, mi sono stancata di vederti così! Io lo faccio per te, va bene? Voglio che torni a stare bene, a ridere, scherzare e addirittura a fare casino per casa come un tempo. Perché se non stai bene tu, come posso esserlo io?- rispose accarezzandogli il volto e guardandolo dritto negli occhi sempre socchiusi e assopiti.

-va bene, se serve a farti stare bene andrò a casa di Gabriele- affermò Niccolò dopo un po', prima di vederla sorridere e ritrovarsi stretto tra le sue braccia. Ricambiò la stretta e chiuse gli occhi per godersi a pieno quel momento; non voleva deludere più nessuno.

Si alzò dal divano e si fermò davanti la porta della sua camera da letto. Gli servivano dei nuovi vestiti per cambiarsi e dato che quelli a disposizione gettati alla rinfusa per casa erano finiti, non gli restava che controllare nel suo guardaroba, peccato che questo volesse dire essere invaso da una marea di ricordi senza più uscirne.
Prese un bel respiro e prese la chiave della stanza che conservava gelosamente in un cassetto di un mobiletto del corridoio; infilò la chiave nella serratura e posò la mano sulla maniglia fredda e impolverata; già questo gli provocò vari brividi a cui dovette non fare caso.
Molto lentamente andò giù col polso ed entrò nella stanza che quasi gli sembrava sconosciuta. La puzza di chiuso invase le sue narici e dovette accendere la luce per orientarsi nonostante fosse mattina, dato che le serrande chiuse non permettevano a nessuno spiraglio di luce di illuminare la stanza.
Si avvicinò alla finestra tentando di ignorare i particolari che lo accervhiavano e tirò su le tapparelle, buttando fuori due colpi di tosse per la troppa polvere che c'era. Un po' gli si stringeva il cuore a vedere come quella stanza che un tempo accoglieva l'amore e la rasserenità si  fosse trasformata in una vecchia soffitta impolverata piena di polvere e oggetti vecchi che nessuno più usava.
Cartoni sigillati che portavano il nome e i vari ricordi di Wendy ricoprivano il pavimento, alcuni si trovavano anche sul letto e frammenti di vetro giacevano sul mobile sotto allo specchio distrutto e sul tappeto. Niccolò ne conosceva sia la causa che l'artefice ed è inutile specificare che lui centrasse con entrambe le cose.
A terra, ai piedi del letto, vari fogli ricoprivano la superficie della stanza e subito li raccolse e li sistemò ordinatamente sul comò di fianco al letto, consapevole che fossero carte importanti che racchiudevano la salute della sua ex ragazza e non carte volanti qualsiasi. Nel porle però si imbattè in altre foto incorniciate, rappresentante i loro momenti felici e subito gli venne una fitta al cuore, che si trasformò subito in un fascio di nervi che gli fece capovolgere le foto con rabbia in modo da non poter essere più visibili.
Si alzò velocemente da terra e aprí immediatamente l'armadio prendendo al volo le prime robe che gli capitarono davanti ed uscì, richiudendosi nuovamente la porta alle spalle e giurando di non volerla aprire mai più.

-Nicco hai fatto?- la voce preoccupata della madre gli ricordò di darsi una svelta, rispose velocemente con un distratto "mh, mh" e si chiuse nel bagno, preparandosi una volta per tutte.
Finí verso le 21:30 e nonostante l'appuntamento fosse iniziato già dalle 20:00, era convinto di essere ancora in tempo. Accompagnò Anna alla porta e la salutò prima di vederla tornare a casa sua. Si mise in auto e sfrecciò verso casa del suo amico, parcheggiando 20 minuti dopo.

-te l'avevo detto che non sarebbe arrivato- confermò sospirando Alessandro dando una pacca a Gabriele che ancora aspettava una notifica da parte sua.

-possiamo ordinare le pizze adesso?- protestò Valerio avvertendo i crampi della fame, ormai stanco della regola "aspettiamo Niccolò" imposta da Gabriele.

E proprio mentre quest'ultimo stava per annuire arreso, ecco che il citofono suonò, facendolo scattare subito all'inpiedi per aprire la porta, rivelando la figura del moro tutto incappucciato e dal volto nascosto dai suoi fedeli occhiali da sole.

-ce l'hai fatta alla fine ao!- si alzò un coro del genere da parte degli altri miserabili.

-sapevo saresti arrivato- si pavoneggiò Gabriele senza nascondere la gioia del momento e Niccolò si sentí un tantino in colpa nel sapere che c'era realmente chi lo stava aspettando con ansia, al contrario di ciò che pensava lui. "non ne sbagli una ma'" pensò tra sé e sé ringraziandola mentalmente per averlo spronato ad uscire, cosa che non accadeva quasi mai.

Salutò tutti e iniziò a levarsi alcuni strati di giacche, rimanendo solo con la felpa e i classici occhiali neri.

Si sistemò al centro della stanza, ma non appena riconobbe la figura di Adriano davanti a lui che lo guardava impietrito si bloccò immediatamente e ad entrambí il fiato si smozzò per vari secondi, mentre le palpitazioni aumentavano e l'ansia li faceva sudare.

-ciao- azzardò il riccio tentando di rompere il ghiaccio, mentre il moro non sapeva come comportarsi.

Buone feste e buon anno in ritardo guys🌟
Ciao ciao❤️
-Fla :)

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro