23. Promettimi
Il giorno dopo fu un insieme di caos e confusione nelle menti dei miserabili, i quali la sera prima avevano alzato un po' troppo il gomito per passare una delle solite serate tra amici, al solito parchetto di sempre.
Si ritrovarono (fortunatamente) ognuno nelle proprie case, dentro le loro comode coperte dei loro morbidi letti. C'era chi la sera prima preferì tornarsene con un altro di loro, magari perché si trovasse in mancanza di un passaggio o perché non fosse abbastanza lucido per mettersi alla guida.
Ciò non riguardava però il caso di Gabriele che quella mattina si risvegliò al fianco della sua ragazza, e non di uno dei suoi amici.
-buongiorno- si stracchiò quest'ultima stropiccinadosi gli occhi con una mano per poi coprire uno sbadiglio, che venne subito sostituito da un lieve sorriso.
-buongiorno, possibile che pure quando me'mbriaco ti sveji dopo de me?- la amorevolmente prese in giro prima di far schiudere le loro labbra in un bacio.
-a proposito! Se esci ancora di casa senza avvertirmi considerati morto- lo avvertì seriamente puntandogli un dito contro e reggendosi con l'avambraccio.
-ma io ti ho avvertita! Se nun me ascolti mentre parlo mica è colpa mia- si difese alzando le spalle
-era successo un casino a lavoro ed ero indaffarata, probabilmente non ci ho fatto caso...Però per sicurezza la prossima volta chiamami anche appena esci di casa, ok?- domandò suscitandogli una risata
-va bene mamma- acconsentí alzando gli occhi al cielo prima baciarle la fronte ed accendere il cellulare sopra il comò.
-beh ma com'è andata alla fine? Vi siete divertiti?- si interessò Priscilla alzandosi dal letto e cominciando a cambiarsi la maglia del pigiama.
-ma si alla fine era una cosuccia così tra noi per stare insieme capi'... Poi sono riuscito a convincere anche Niccolò per cui è- si bloccò improvvisamente spalancando gli occhi, avvertendo un'improvvisa mancanza di ossigeno ai polmoni.
-che c'è?- domandò preoccupata fermando ogni suo movimento e rivolgendosi completamente a lui
-cazzo Niccolò!- esclamò quest'ultimo all'improvviso, mettendosi subito in piedi e digitando il suo numero sullo schermo del cellulare.
-che ha fatto? Che è successo?- insistette la mora cominciando ad agitarsi di fronte gli atteggiamenti del ragazzo
-c'era anche lui con noi no?- la fece sembrare quasi una domanda, facendola sconvolgere più di prima
-a me lo stai a chiede? Sono settimane che non lo vedo e non lo sento!- si difese alzando i toni a causa dell'ansia immotivata che stava avvertendo -ma scusa perché? Mi dici che è successo?- era una ragazza molto ansiosa, se ne andava in paranoia per un nonnulla, ma allo stesso tempo era in grado di sapere esattamente come comportarsi in situazioni delicate, peccato che in quel momento non sapesse nemmeno cosa fosse accaduto e questo le metteva agitazione.
-c'era, lui c'era- decretò Gabriele poco dopo cercando di mettere in ordine le immagini dell'altra sera -c'era ma poi se n'è andato me sa...- borbottò pensieroso tenendosi la testa tra le mani
-scusa e qual è il problema? Sarà tornato a casa per qualche motivo ipotizzò cercando di tranquillizzarlo -ma poi chiamalo, no? Così ti togli ogni dubbio- propose poi
-ci sto provando, ma non risponde!- sbottò nervoso lanciando violentemente il telefono sul letto
-magari starà ancora dormendo-
-no ascolta, mejo se vado direttamente da lui, altrimenti non riesco a sta' tranquillo- rispose decidendo dunque di afferrare le chiavi di casa, infilarsi al volo una giacca di pelle e ringraziando di essersi coricato ancora vestito.
-In mutande?- la voce di priscilla lo fece bloccare sulla soglia della porta della stanza. Portò lo sguardo sulle sue gambe e sorrise imbarazzato afferrando al volo i jeans che gli arrivarono in faccia.
-ti amo- sussurrò dopo essersi allacciato le scarpe facendola ridere rassegnata e uscì finalmente da casa sua, per raggiungere quella del moro che al momento però risultava irraggiungibile.
-e 'nnamo Nicco rispondi...- borbottò nervoso sbuffando udendo nuovamente quel fastidioso squillo del cellulare, mentre muoveva nervosamente la gamba su e giù e tamburellava le mani sul volante della sua auto, in attesa che il semaforo di fronte a lui diventasse nuovamente verde.
A casa di Alessia la situazione si poteva definire l'esatto opposto.
Entrambi alla fine di Sanremo crollarono sul divano, nonostante i loro sforzi di rimanere svegli per rispetto dell'altro.
Niccolò fu il primo a chiudere gli occhi, non se ne accorse nemmeno e si lasciò cullare dalla strana atmosfera tranquilla che riempiva le pareti di quella casa, nonostante di tranquillo, i membri che vi abitavano, non avevano proprio niente.
Alessia non disse niente, si aspettava crollasse molto prima in realtà, considerando le occhiaie che gli uscivano dagli occhiali e il riposo di cui il suo corpo necessitava dopo quello che stava per succedere.
Restò a contemplarlo un paio di secondi e successivamente spense la televisione e si accomodò dall'altro lato del divano, addormentandosi anche lei qualche minuto dopo.
Quella mattina fu la prima a svegliarsi sentendosi, non sapeva neanche lei come, carica di energia e stava fissando da circa mezz'ora il display del cellulare del ragazzo illuminarsi e mostrare il nome di Gabriele circa un paio di volte.
Alternava lo sguardo tra il suo nome lampeggiande e lo sguardo ancora dormiente di Niccolò, dicendosi sul da farsi.
"probabilmente sarà preoccupato" pensava tra sé e sé "cioè probabilmente sarà stato con loro prima di dirigersi sul ponte... magari vuole sapere che fine abbia fatto o come stia adesso... Lui però dorme...no, non devo assolutamente rispondere io, non è giusto. E se fosse seriamente preoccupato? Forse dovrei svegliarlo...no non riesco, è troppo tranquillo mentre dorme, mi sentirei in colpa. Si ma povero Gabriele... Chissà cosa starà pensando... No ok basta lo sveglio" così terminò il suo flusso di coscienza, che però non diede buoni frutti.
-perché non risponde?- borbottò ancora Gabriele ormai giunto dinanzi la porta dell'amico, camminando avanti e indietro lungo il vialetto, in attesa che quest'ultimo gli aprisse la porta.
-Nic! So' io! Svejate!- provò a chiamarlo ancora, con l'ansia che man mano gli cresceva in petto, ignaro che dall'altra parte del citofono non c'era nessuno ad ascoltarlo.
Preso dal panico digitò il numero di Priscilla, speranzoso che la sua voce gli potesse dare conforto e magari qualche buon consiglio.
-non c'è, non è a casa- parlò subito in preda ai respiri troppo pesanti, portandosi una mano fra i capelli, forse per la decima volta in quella mattinata.
-allora innanzi tutto calmati, ok? Respira. Poi non lo so, chiama qualcun altro vedi se magari è a casa di Alessandro o di Valerio... Non lo so, chiama qualcun altro, informati. Io ho chiamato Laura e mi ha detto che non è con Tiziano- gli consigliò cercando di placare le sue ansie.
-Ho già chiamato tutti e tutti m'hanno dato la stessa risposta... Oddio aspe! Forse una speranza ce l'ho. Grazie- rispose velocemente prima di staccare la chiamata e digitare immediatamente l'ultimo numero della sua lista.
***
-Nic- lo chiamò nuovamente Alessia scuotendolo da un braccio e quest'ultimo socchiuse gli occhi prima di sbuffare leggermente e rivolgerle lo sguardo
-che c'è?- domandò con voce bassa, ancora roca e impastata dal sonno, passandosi due dita sotto la lente degli occhiali per stoppicciarsi gli occhi.
-ti sta squillando il cellulare e data l'insistenza del mittente credo sia abbastanza importante- lo avvertí passandogli l'aggeggio
-da quant'è che squilla?- domandò in uno sbadiglio riducendo gli occhi a due fessure per leggere bene il nome del mittente della chiamata
-mezz'oretta quasi- rispose quasi vergognandosene stringendosi nelle spalle
-e me sveji solo adesso?-
-avevo timore di farlo ok? Pensavo ti desse fastidio!- si giustificò ottenendo solo un sospiro come risposta, prima di vederlo accettare finalmente la chiamata e portarsi il cellulare all'orecchio.
-Gabrie'?- lo chiamò trattenendo uno sbadiglio. Successivamente allontanò il cellulare dall'orecchio guardando confuso il display nero - ha chiuso- affermò confuso, scambiandosi uno sguardo con la ragazza che inarcò un sopracciglio.
-ora è il mio che squilla- borbottò quest'ultima afferrando il cellulare per rispondere alla chiamata per poi leggerne il mittente.
-ehi Gabri dimmi- rispose immediatamente portandosi il cellulare all'orecchio e poté benissimo intuire il sospiro di sollievo grande quanto una casa, che il ragazzo tirò dopo quelle parole, portandosi una mano sul petto.
-Ciao Ale' scusami per l'orario ma davvero sto 'mpazzi- dalla voce si poteva benissimo avvertire la preoccupazione e l'agitazione che stava provando.
-che è successo?-
-Niccolò, so che sembra assurdo chiedertelo ma...non è che per caso l'hai visto nelle ultime ore o sai dov'è? No perché stav- cominciò ad esporre tutte le sue preoccupazioni quando venne interrotto
-è qui con me- e a quelle parole poté giurare di averlo sentito sussurrare un "grazie al cielo" sotto voce.
Niccolò invece sentendosi improvvisamente chiamato in causa alzò lo sguardo e tenne ben aperte le orecchie
-te lo passo?- domandò poi la ragazza ottenendo un "no" come risposta, giustificayo dal fatto che ne avrebbero parlato dopo con calma faccia a faccia.
Chiuse la chiamata e incrociò lo sguardo curioso del ragazzo.
-beh?- domandò quest'ultimo
-era per te, era preoccupatissimo sembra che ieri tu glielo abbia detto francamente che volevi gettarti di sotto per quant'era preoccupato- la buttò sul ridere pensando fosse impossibile una cosa del genere, ma la faccia imbarazzata del ragazzo che serrò le labbra e distolse lo sguardo la fece ricredere.
-Non dirmi che gli hai detto davvero così!- esclamò incredula
-può darsi che mi sia lasciato sfuggire qualcosa, avevo bevuto quindi qualcosa avrò detto sicuro- rispose grattandosi la nuca
-oddio poverino non immagino l'ansia che avrà avuto tutto questo tempo! -si impietosí la ragazza portandosi le mani sul viso, facendolo sentire leggermente in colpa
-menomale che domani gliene parlerai come si deve- aggiunse attirando la sua attenzione
-cosa?-
-sì, gli devi qualche spiegazione direi- affermò convinta mettendo a posto il cellulare nella tasca dei jeans con cui aveva dormito la notte, non avendo avuto la possibilità di cambiarsi.
-e tu sai a chi dovresti delle spiegazioni? Al tuo ragazzo. Sarà da ieri mattina probabilmente che non vi sentite, possibile che non ti abbia chiamato nemmeno una volta?- rigirò la frittata Niccolò con tono stranito.
Lui e Wendy non erano una di quelle coppie che necessitavano di sentirsi ogni cinque minuti, soprattutto perché convivendo assieme la maggior parte delle volte non c'era alcun bisogno di ricorrere agli squilli per attirare l'attenzione dell'altro; ma a distanza di giorni sì, a distanza di ore se uno dei due era uscito sì e proprio non riusciva a capacitarsi del fatto che Alessia e Kevin, al contrario, sembravano fossero in grado di non sentirsi e non vedersi per delle settimane.
Forse in quel momento gli sembrava così assurdo solo perché nelle sue condizioni si ritrovava a rimpiangere ogni ora e ogni singolo minuto passati a non risponderle al cellulare perché stava lavorando o perché non aveva sentito, o a non parlarle durante le liti. Ora li rimpiangeva tutti quei fottuti minuti, minuti che avrebbe potuto vivere a pieno con lei e non sentirne il rimorso.
-noi ci telefoniamo solo la sera in realtà...ci inviamo qualche messaggio nell'ora di pranzo e se ci va bene ci incontriamo la mattina- spiegò quasi imbarazzata di fronte lo sguardo sconvolto del ragazzo. Era consapevole che tutto ciò all'interno di una coppia fosse raro e potesse risultare assurdo, ma se nessuno dei due sentiva l'urgenza di sentirsi con l'altro lei che poteva farci? Sapeva che vista da fuori non sembrava poi una cosa tanto bella, anzi, forse non lo era nemmeno, e questo le faceva male. Le faceva male perché anche a lei molte volte sarebbe piaciuto sentire la mancanza dell'altra persona talmente forse da spingerla a chiamarla, chiamarla col cuore e non per abitudine; chiederle come stesse per davvero e non solo per educazione; sentirsi dire che è amata e ricambiare perché lo sente davvero e non per abitudine.
Forse avrebbero dovuto parlarne, forse avrebbe dovuto aprire un discorso, ma se questo avesse peggiorato la situazione? Se questo volesse dire perderlo per sempre e quindi perdere forse l'unica persona che in qualche bizzarro e assurdo modo la faceva sentire almeno un po' amata? Meglio non rischiare. Così si rispondeva.
A questi pensieri un sospiro di rammarico le uscì spontaneo dalle labbra.
-Alé- si sentì chiamare dalla solita calda voce che l'aveva accompagnata per tutte quelle ore.
-se te senti de di' qualcosa, dillo. Se te manca, chiamalo. Se non ce la fai più, baciamo. Se sei indecisa parlargliene. Insomma Alé parla, falle adesso le cose, a prescindere da come potrebbe andare, che poi i rimpianti sono peggio. T'ho dico io- le consigliò sinceramente e se non avesse gli occhiali a coprirgli gli occhi, poté giurare di avere una strana luce dentro di essi ad infonderle quella piccola sicurezza che le serviva per prendere una decisione.
In tutta risposta lei annuì silenziosamente, prima di vederlo alzarsi dal divano e stiracchiarsi come si deve.
-dove vai?-
-a casa, posso? O devo rimane' segregato qua ancora a lungo?- rispose quasi ironicamente avvicinandosi alla porta.
-Nic aspetta- bloccò i suoi parsi e la stretta alla maniglia, proprio come l'altra sera.
-promettimi che parlerai con Gabriele-
-te lo prometto- rispose frettolosamente ritentando le stesse azioni di prima, ma anch'esse furono bloccate.
-e promettimi che non lo rifarai più- questa volta la richiesta arrivò con un tono talmente forte e serio da sembrare quasi una minaccia se non fosse che si trattava per il suo bene.
-te lo prometto- rispose con un'alzata di occhi al cielo e con due secondi di riflessione su ciò che aveva appena promesso, prima di rivolgerle un ultimo sguardo ed uscire chiudendosi la porta alle spalle.
Nel frattempo si erano fatte le undici e un quarto del mattino e proprio in quell'istante il capotreno del vagone in cui era seduto Adriano, avverte i passeggeri di cominciare a preparsi e a mettersi in fila per scendere dinanzi la prossima stazione.
Subito si crearono un ammasso di gente che si spintona tra loro e c'era addirittura chi alzava la voce per avere la precedenza sulle proprie valigie. Passano un paio di minuti e, tra uno spinone e l'altro, finalmente scende da dal treno.
Subito riuscì ad intravedere delle file crearsi di fronte all'entrata del McDonald's e altri di fronte all'entrata di altri negozi per qualche souvenire.
Ignorando gli stimoli della fame e cominciando a sospirare per la mancanza di voglia, cominciò a farsi tutta Roma-Termini a piedi, per poi chiamare un taxi, sbuffare per il tempo d'attesa e salire sull'auto bianca che lo porterà finalmente nel centro della sua città natale.
Ciao ciao ❤️
-Fla :)
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