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22. Me parli de te?

La notte.
12 ore di buio e completo silenzio in cui il corpo cerca di riposare e il subconscio suggerisce alla mente strani immagini da proiettare e farti vivere senza nessun apparente motivo, anche chiamati sogni.
Molti sogni mettono ansia e non prospettono nulla di buono, magari il fallimento di un test, spargimento di sangue o un "semplice" inseguimento. Altri sono semplicemente strani, senza un filo logico. Per un momento ti trovi a tavola con i tuoi amici a ridere e scherzare come se nulla fosse e il secondo dopo ti ritrovi in Alaska inseguito da babbo natale e sette cani da slitta incavolati non si sa come mai.
Altri ti fanno sentire bene invece, ti fanno sentire amato, desiderato, felice. Ti mostrano il volto della persona che ti apre la mente, ti permettono di ascoltare la sua voce in grado di scaldarti il cuore, ti fanno credere addirittura di poterci avere un contatto fisico. Un contatto che però non va mai oltre ai 0,01 secondi, perché poi magicamente tutto finisce, tutto si interrompe e vieni riportato immediatamente alla brusca realtà, lasciandoti con l'amaro in bocca e un sogno incompleto, un sogno appeso.

Quella notte né Alessia e né Niccolò sognarono. Non ne ebbero né il tempo né la possibilità, dato che entrambi si erano ripromessi di restare svegli. Uno per fare la guardia all'altro, l'altro per non sentirsi a disagio addormentandosi a casa di qualcuno con cui aveva poca confidenza.
Si trovavano entrambi ancora nel salotto di casa della ragazza, entrambi stravaccati su quel divanetto in pelle a fissare il televisore che era regolato ad un volume talmente basso che risultava inascoltabile nonostante il silenzio che regnava in quella casa.
I loro respiri regolarizzati e le piccole vocine delle pubblicità. Solo questo.
Neanche i cellulari vibravano più, forse per l'orario, forse per la situazione, forse perché non dovevano vibrare e basta.
Ancora una volta però, nessuno dei due stava realmente prestando attenzione allo schermo che avevano davanti, ognuno perso tra i propri pensieri.

La discussione che avevano avuto prima, il disperato intento di Alessia nel parlare pacificamente con Niccolò del problema, si era conclusa lì. Con il suo sorriso imbarazzato e lieto di essere stato d'aiuto, anche se non completamente, e il cuore del moro un po' più leggero.
A spezzare la quiete che si era creata, ovviamente, fu proprio Alessia che si alzò dal divano, attirando così anche lo sguardo del ragazzo che pochi istanti prima gli era seduto di fianco  con il viso affossato nel palmo della mano e gli occhi socchiusi puntati sullo schermo illuminato, un misto tra rilassati e annoiati.
Non sapeva nemmeno lui come fosse possibile, ma la voglia di tornare a casa gli era passata del tutto, in quel momento preferiva mille volte starsene rinchiuso in quel silenzio che tornare a casa e ricordarsi il motivo per cui poche ore prima non avrebbe voluto trovarsi ancora in vita.

-mi faccio un caffè, te lo faccio anche a te o...?- domandò cortesemente la ragazza avviandosi verso la cucina rivolgendogli uno sguardo interrogatorio.

In tutta risposta lui scosse la testa e ritornò nella posizione di prima. Introdurre della caffeina nel suo corpo valeva a dire rompere quel circolo di pace che si era impostato e sinceramente stava bene così.
Stranamente, a distanza di anni e dopo una disgrazia dopo l'altra, poteva affermare di stare bene.
Eppure era cosciente che quella sensazione di benessere interiore sarebbere stata breve, più breve di quanto credesse e questo pensiero bastava per buttarlo di nuovo giù.

-ok ci sono- annunciò Alessia tornando nel salotto con una tazzina di ceramica tra le mani, mentre soffiava sopra di essa circa dieci volte al secondo.

-non è che mo te rimetti a parla' co' questo?- domandò Niccolò quasi preoccupato, trattenendo una qualsiasi reazione di fronte il suo salto sulla poltrona quando le sue labbra toccarono il liquido scuro.

-sarebbe un problema?-domandò quasi offesa cercando però di far fuoriuscire quella punta di ironia che l'aveva sempre tirata fuori dalle situazioni imbarazzanti

-no è che...lascia sta- lasciò cadere il discorso non avendo nessuna voglia di continuare o dare una minima spiegazione

-sei noioso- alzò gli occhi al cielo facendogli scrollare le spalle

-sono solo depresso- se ne uscì così, sparando la prima cosa che gli venne in mente, approfittando del fatto che ora non doveva più tenerselo dentro o inventare una scusa per nasconderlo.

-il fatto che ora entrambi ne siamo consapevoli non significa che tu lo possa sfruttare come scusa per lasciarti andare completamente senza neanche più provare a spiccare parola!- come se gli avesse letto nella mente, gli fece notare che questa sua strategia non avrebbe funzionato ancora a lungo, per cui l'unica cosa che riuscì a fare in quel momento fu sbuffare.

-ma che è? Sanremo?- domandò quest'ultimo dopo minuti di assoluto silenzio quando le immagini del televisore mostrarono Albano e Romina che cantavano la loro amata Felicità.

-a quanto pare, non mi stupisco stia ancora facendo, è capace che continui fino alle 2:00- rispose la ragazza controllando l'orario sul display del cellulare.

-chissà che si prova a cantare su quel palco, di fronte a tutta quella gente, con la consapevolezza che ce sta qualcuno da casa sveglio a guardarti e che probabilmente tifa per te e spera che porti a casa il premo per la finale...- pensò Niccolò ad alta voce, senza staccare gli occhi dal televisore e immaginandosi lui stesso calpestare quel palco tanto acclamato.

-io ti ci vedrei lì sopra- attirò la sua attenzione Alessia, anche lei con gli occhi centrati sullo schermo.

-ma che stai a di'? Davvero me ce vedi a me vestito tutto d'un pezzo a ricevere applausi da tutta quella gente?-

-non ti piacerebbe?- rigirò la domanda rivolgendogli un breve sguardo, vedendolo annuire impercettibilmente.

-sarebbe bellissimo-

-vuoi scommettere che l'anno prossimo ci sarai tu su quel palco?- disse sicura di sé e in un'altra occasione Niccolò le avrebbe creduto e probabilmente si sarebbe messo con lei ad immaginarsi tutta la scena, ma ora come ora si sarebbe solo messo a riderle in faccia, se solo ne avesse trovato la voglia.
Si limitò a fare una smorfia con il naso e restare in silenzio, facendole intuire benissimo quel che pensava.

-mi darai ragione, tu aspetta qualche anno e poi vediamo- affermò ancora più convinta, con una calma che la rendeva ancora più sicura di quel che diceva.

-ma te ci vedi?- domandò poi tutto a un tratto, cambiando radicalmente discorso e facendogli inarcare lo sguardo in modo confuso.

-che? Sì, perché non dovrei?-

-si ma...cioè non ti scoppia la testa a vedere sempre attraverso la penombra delle lenti?-

-ormai ce so abituato-

-secondo me se li levassi riusciresti a vedere meglio- disse con tono ovvio cercando di convincerlo ad aprirsi

-c'hai provato- troncò subito le sue speranze facendola sbuffare sconfitta

-se non ti aprirai con me dovrai aprirti per forza con una psicologa già da domani tanto, ne sei consapevole vero?- gli fece presente posando finalmente la tazzina ormai vuota sul tavolino in legno basso che si trovava al centro della stanza.

-ma tanto hai già capito tutto che altro te devo di'? T'ho detto che i motivi non te li racconto- s'impuntò distogliendo lo sguardo dallo schermo che illuminava la piccola stanza buia

-ma non per me, per te!- sottolineò alzando lievemente la voce -sei tu che dovresti alleggerire il peso che porti sulle spalle da chissà quanto tempo-

-è capace che così facendo aumenti e basta- decretò contrariato -piuttosto che mi dici de te?- rigirò la domanda quasi con tono di sfida, quasi come vendetta per essere entrata troppo nella sua vita, nonostante si trovasse ancora al confine.

-di me?- ripeté confusa -non sono io quella che stava per gettarsi da un ponte di 160 metri- fece presente voltandosi completamente verso di lui

-già te sei quella che zitta zitta se sta facendo tutti li cazzi mia senza spiccicare parola su di lei o su quel che ha vissuto- rispose rigirandosi gli anelli tra le dita, rivolgendole poi un lieve sguardo verso la fine.

-io mi sarei facendo tutti i cazzi tuoi? Nicco io ti sto salvando la vita! O perlomeno...è quel che sto provando a fare- si difese sporgendosi in avanti

-a proposito...grazie. E scusami per prima, per le condizioni in cui mi hai soccorso diciamo, me ne vergogno- ne approfittò per scusarsi grattandosi la nuca imbarazzato, riuscendo ad intravedere con la coda dell'occhio un piccolo sorriso illuminarsi sulle sue labbra.

-scusami anche tu, non avrei dovuto alzare la voce per convincerti a restare- fece altrettanto lei torturadosi le dita e puntando lo sguardo verso esse.

-bene, ora che ci siamo confessati me parli de te? Te sei soffermata così tanto su de me che manco te sei accorta che tua madre nun è tornata a casa- le fece presente per iniziare una conversazione, sperando di non essere stato troppo indiscreto con le parole.

-se per questo mia madre non sarà di ritorno prima di domani sera, è impegnata a...fare da sostegno morale a mio padre, o a minacciare qualche medico del posto non saprei- lasciò trapelare una risata nervosa sull'ultima frase, ma si accorse di dover essere più chiara di fronte lo sguardo confuso del ragazzo.

-mio padre è ricoverato in ospedale da qualche anno ormai, mia madre va da lui ogni sera dopo cena non appena finisce di mangiare, delle volte non mangia nemmeno, si limita solo a lasciarci qualcosa in frigo o nel forno, per poi scappare fuori la porta e prendere il primo taxi che la porti in ospedale dall'altra parte della città-

-non è dove lavori te quindi- intuì facendole scuotere il capo

-no, sia io che lei lavoriamo qui, ma lui è ricoverato fuori città e quindi ti lascio immaginare il casino per andare a fare anche solo mezz'oretta di visita. Per questo mia madre si ferma lì a lungo, non varebbe la pena rifarsi il viaggio di ritorno per così poco. Così si fa tutta una tirata, due o tre giorni, a volte anche una settimana intera e lascia la casa nelle mie mani- spiegò cercando di rendergli più chiare le idee.

-è in coma?- fece la domanda cruciale, facendola sospirare pesantemente

-no, gli è stato diagnosticata  un'eruzione cutanea costituita da papule ipercheratosiche- rispose lasciandolo ancora più confuso, omettendo il nome della malattia, trovandolo un dettaglio alquanto inutile.

-che tradotto in italiano sarebbe?- chiese infatti

-una specie di...come te lo spiego...una specie di...cioè un insieme di croste diciamo che si espandono lungo l'arto inferiore, quindi le gambe, e insomma la pelle si irrita, fatichi a muoverti...può portare alla morte... Non... È difficile da spiegare- decretò infine prendendo un respiro -fatto sta che colpisce le gambe, è una malattia rara che colpisce solo pochissime persone su...che ne so cento mila! E la cosa peggiore è che oltre ad essere terminale è genetica...come vedi grazie a Dio io sono stata fortunata ma...- senza volerlo puntò lo sguardo sul piano di sopra, facendogli intendere subito di chi parlasse

-tuo fratello...- continuò la frase dispiaciuto vedendola annuire

-I medici hanno detto che tra qualche anno sarà già costretto ad andare sulla sedia a rotelle...ci hanno preparati prima- raccontò buttando giù il magone che man mano le stava occupando tutta la gola

-però non lo so...è giovane, magari per lui un rimedio si trova, magari riesce a salvarsi- continuò facendo trapelare tutta la speranza che aveva in corpo, facendo diventare immediatamente gli occhi lucidi

-ve lo auguro, davvero- affermò sincero sentendo per la prima volta dopo anni di provare pena per gli altri e non per sé stesso.
Lei accennò un sorriso, prese un respiro e decise di proseguire col racconto, asciugandosi la punta degli occhi per bloccare le prime lacrime che minacciavano di scendere. Non l'avrebbe mai permesso.

-comunque mio padre come ti dicevo non è in coma, ma neanche sveglio e vegeto. Cioè...è come un vegetale, hai presente? È lì, immobile sul letto che ti fissa e forse ti ascolta pure. Tu gli chiedi di darti un segno, giusto per farti intendere che è davvero lì e che non stai parlando da solo come un cretino, ma nulla, zero. Non un'accenno di movimento delle punta delle dita, di un battito di ciglia... niente. Sembra imbambolato, tenuto in vita da un ago infilato nel braccio e chissà per quanto a lungo durerà questa messa in scena. -sbottò quasi con rabbia, sfogandosi e buttando fuori tutto il fastidio che quella situazione le provocava ogni giorno, pur se non lo dava a vedere.

-che vuoi dire con "messa in scena"?- chiese non capendo

-comincio a pensare che non sia nemmeno più in vita...quello non è mio padre, Niccolò, quell'uomo mi portava sulle spalle e mi faceva fare i giri intorno alla casa correndo come solo un pazzo potrebbe fare, mi aiutava a rialzarmi quando cadevo e mi medicava le ferite se mi facevo male. Mi metteva a letto se avevo la febbre, mi spiegava cos'è giusto e cos'è sbagliato e mi aiutava a capire quando ero io a sbagliare. Certo a volte ci urlavamo contro fino a perdere la voce, ma poi passava, passava e non rinnego quei momenti, anzi lo ringrazio per questo, perché mi hanno fatta crescere.- tirò su col naso un paio di volte e nemmeno fece caso al fatto che Niccolò in quell'intervallo di tempo le aveva afferrato la mano, come per darle forza, supporto, per non farla sentire sola.
Era rimasto toccato dal suo racconto e ad ogni sua parola sentiva sentiva il suo battito accelerare talmente forte da spingerlo ad aumentare la stretta.

-mia madre poi è costantemente infuriata con quei dottori e non capisco il perché! Non so cosa stiano complottando tutti e due ma non me la raccontano giusta, anzi non mi raccontano proprio niente! So solo che la situazione è critica, c'è qualcosa sotto che per un motivo o per un altro nessuno mi vuole dire e che sembra mettere in pericolo il nome di mio padre e come se non bastasse continuano a chiedere denaro su denaro! Cifre immense caratterizzate da zeri infiniti che ci svuotano ogni giorno di più! Così mia madre è costretta a fare avanti e indietro da casa all'ospedale da mio padre, ed io da scuola all'ospedale di qua, per poi tornare qui a casa a preparare da mangiare perché ho anche un fratello a cui probabilmente toccherà la stessa sorte di mio padre ed io ti giuro non ce la faccio più!- qui scoppiò in un pianto liberatorio. Uno di quei pianti che non faceva da tempo, che preferiva mascherare con un sorriso o con una semplice scusa del tipo "non c'è tempo". Ed ecco cosa succede quando rimandi una cosa per cui non si può più aspettare, quando continui a dare aria al palloncino nonostante questo sia abbastanza gonfio da non poter più accettare un solo soffio d'aria, quando riempi un vaso fino all'ultima goccia fino a farlo traboccare. La famosa goccia.
Questo succede. Il palloncino scoppia, il vaso trabocca e l'essere umano piange.

-oddio scusami- cercò di riprendersi subito, tentando di far sparire ogni minima traccia delle lacrime versate e di regolarizzare il respiro, credendo che non fosse il caso di ridursi in quel mondo proprio in quel momento.

-ehi, ehi, ehi, no fermate. Se c'hai bisogno de sfogarte va bene, è giusto così, io sono qua, d'accordo?- ironico come nonostante la sua situazione non fosse migliore di quella della mora, il suo animo docile e premuroso lo premeva a farsi carico dei problemi altrui, assicurandosi il meglio, nonostante in quel periodo a stento gli importava di sé stesso.

-non doveva finire così scusami, dovevo essere io a consolare te non è giusto!- si lamentò asciugandosi le lacrime e nascondendo un sorriso, facendolo sorridere a sua volta.
Alla vista del sorriso ad Alessia le si illuminarono gli occhi, gesto che non sfuggì al ragazzo.

-eh si, rido anch'io a volte nun fa quella faccia- la provocò alzando gli occhi al cielo, non riuscendo a cancellare però quella strana curva che gli era comparsa in viso

-quale faccia?- domandò fingendosi vaga e ricevendo un lieve spintone sul braccio

-proprio quella che c'hai adesso, anzi quella che c'hanno tutti. So' umano anch'io per vostra informazione- rispose ironico facendola ridere divertita

-scusa, è che è bellissimo quando lo fai- confessò sincera lasciandolo spiazzato per un secondo

-grazie- disse timidamente, mostrando quelle piccole fossette che da tempo sembravano essersi volatilizzate

-anche tu sei bellissima quando sorridi-

Ciao ciao ❤️
-Fla :)

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