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2. Hai qualche sogno?

-quindi...uhm...ti chiami Niccolò, giusto?- domandò retoricamente la ragazza in preda al l'imbarazzo, provando ad aprire un qualsiasi discorso pur di spezzare il silenzio opprimente fra i due.

Niccolò annuì silenziosamente, continuando a sorseggiare la sua birra dietro al bancone, senza degnarla di uno sguardo.

-quanti anni hai?-

-22-

-17- rispose a sua volta la ragazza serrando le labbra come se avesse detto una cosa fuori luogo, probabilmente perché la vergogna la stava divorando.
Era seduta dietro ad un bancone in compagnia di un totale sconosciuto di cui conosceva solo il nome, oltre l'età, incontrato su una panchina sotto la pioggia. Non avrebbe mai dovuto attaccare quella conversazione, eppure c'era qualcosa in lui che la incuriosiva, qualcosa di lui che non voleva raccontare, e lei voleva sapere cosa.

-questa conversazione non ha senso- decretò il moro posando la birra sul bancone, ordinandone successivamente un'altra. "l'ultima per stasera" si disse, non volendo esagerare come tutte le altre volte, soprattutto davanti la sconosciuta con cui stava bevendo.

-hai ragione è ridicola e inutile, ma mi è difficile interagire con te se tu non parli!- si difese la mora, alterandosi alla schiettezza delle parole del ragazzo.

-sono Niccolò e ho 22 anni, questo ti basta-

-no, non basta perché sembra la presentazione degli alcolisti anonimi. Guarda stiamo anche bevendo per giunta!- la buttò sull'ironia, riuscendo ad intravedere un piccolo sorriso divertito sulle sue labbra, che però venne immediatamente nascosto.

-scusa, è che non mi piace parlare di me- confessò a tono molto più calmo, puntando lo sguardo verso l'interno della bottiglia, come a cercare le parole adatte da dire.

-e ok ma tu sai già tutto di me...sai come mi chiamo, quanti anni ho, cosa studio e cosa vorrei diventare...-

-hai qualche sogno?- azzardò Niccolò, propenso a continuare la conversazione. Il fatto che non avesse voglia di fare amicizia non significava che doveva mostrarsi antipatico e scorbutico con tutti.

-te l'ho detto, diventare medico- rispose prontamente lei, sorseggiando il suo drink

-solo quello?-

-beh si ne avrei altri, ma sono tutti impossibili e per nulla ragionevoli- liquidò il discorso alzando gli occhi al cielo

-talvolta i sogni più impossibili sono quelli più interessanti-

La ragazza non seppe più che dire, colpita dalla profondità che si celava dietro quel ragazzo, all'apparenza così solo e misterioso.

-tu invece? Hai qualche sogno?- domandò poi, riprendendosi dallo stato di trans nel quale era caduta.

-lo vedi quel pianoforte laggiù?- le indicò un pianoforte a coda nera in fondo alla sala, illuminato da una luce ad occhio di bue dall'alto.

-un tempo lo suonavo tutte le sere e con me c'era una ragazza favolosa che cantava armoniosamente, seduta sopra esso. Mi sentivo terribilmente vivo in quel momento, così dannatamente in sintonia col mondo, con me stesso.- raccontò senza staccare gli occhi di dosso allo strumento

-e adesso? Non lo suoni più?-

-la notte, quando non c'è nessuno, il gestore del locale mi lascia le chiavi e mi dà il permesso di utilizzarlo. Altrimenti ne ho uno a casa tutto mio che suono tutto il giorno, anche lì mi accompagnava nel canto quella ragazza, che ad oggi sarebbe dovuta diventare la mia attuale moglie- rispose sprigionando tutta l'amarezza che esprimeva quella frase, non nascondendo quanto tutto quello gli mancava terribilmente.

-quindi prima sognavi di poter continuare a suonare così per sempre, giusto?- chiese per capirci meglio, ottenendo un cenno di conferma

-ci spero ancora, magari di arrivare più in alto, di raccontare alla gente ciò che sono e cosa sono diventato, di portare piccole emozioni in grande platee. Ma se smetto di esibirmi e mettermi in gioco è tutto inutile, come posso pretendere di essere conosciuto se poi non mi faccio conoscere?- domandò retoricamente rivolgendole per la prima volta lo sguardo. Portava ancora gli occhiali da sole, ciò lo rassicurava sul fatto che la ragazza non potesse incrociare i suoi occhi che, nel mentre, si stavano facendo sempre più lucidi.

-per quello c'è sempre tempo, la vita è lunga e anche se non ti ho mai sentito suonare sono sicura che prima o poi troverai la tua strada- cercò di rassenerarlo, ignara di quanto quella frase l'avesse destabilizzato

-no, non è vero. La vita è lunga abbastanza da farti illudere di poter vivere felice e sereno con i tuoi miseri sogni realizzati, per poi accorciarsi all'improvviso portandoti via tutto- sputò con rabbia, mantenendo però un tono di voce basso, poiché le forze per urlare gli mancavano.

Alessia s'accorse del cambio d'umore improvviso del ragazzo e si scusò, non capendo però a cosa fosse dovuto questo suo cambiamento.

-e sogni impossibili? Ce ne hai?- domandò poi riprendendo il discorso, non volendo chiudere la conversazione così bruscamente. Finalmente il ragazzo si stava aprendo con lei e non avrebbe mai voluto interrompere quel momento.

-mi piacerebbe riascoltare la sua voce- rispose quasi in un sussurro, lasciandola in balia di mille domande che però si tenne per sé.

-e tu che ci facevi sotto la pioggia prima, in piena sera?- azzardò Niccolò rompendo per la millesima volta il momento di imbarazzo che si era venuto a creare. Aveva intuito che quella ragazza fosse diversa, completamente diversa da lui, o meglio, da quello che era diventato. Era solare, gioiosa, confidenziale e all'apparenza anche gentile. Anche se non poteva giudicarla dopo una serata passata assieme, sperava di poter instaurare un rapporto d'amicizia con lei senza affezionarsi troppo per non rimanere ferito una seconda volta.

-ero appena uscita dall'ospedale dopo aver finito il mio turno di "lavoro", sai lì più che un lavoro dò una mano agli infermieri e/o a mia madre, dato che lavora lì- spiegò svuotando il cocktail dentro al suo bicchiere e Niccolò, ricordandosidell'abbigliamento comodo e sportivo e dello zaino in spalla, dedusse che si fosse diretta all'ospedale subito dopo l'uscita dall'università.

-caspita ma è l'una passata! Scusami, devo tornare assolutamente a casa. Magari se torno prima possibile e invento qualche scusa, i miei mi lasciano vivere- si concedò alzandosi di fretta dal piccolo sgabello, rovesciando la birra rimanente del moro sul bancone

-oddio no scusa! Che sbadata! Rimedio subito!- si affrettò a scusarsi e a pulire il danno causato con un fazzoletto preso dallo zaino.

Niccolò rimase qualche minuto ad osservarla, non riuscendo a non trovare nessuna differenza tra lei e lei.
Esteticamente potevano essere diverse, ma caratterialmente sembravano essere la stessa persona. Stessa goffaggine, stessa gentilezza, stessa confidenza.

-accidenti scusa! Non volevo sporcarti e... Oddio rimedio subito, davvero scusa sono mortificata!- la rossa continuava a scusarsi, mentre il ragazzo non poté fare a meno di ridere divertito di fronte a tale scena.

-tranquilla, la camicia se po' lavà! Come te chiami? -

-Wendy, piacere.- rispose prontamente la ragazza portandosi una ciocca di capelli fuori posto dietro l'orecchio, cercando poi di dare un garbo a quella coda scombinata prima di porgere la mano al ragazzo, che la strinse immediatamente

-Niccolò, piacere mio-

-ehy tutto ok? Terra chiama Niccolò?- il suo flusso di flashback venne interrotto dalla voce di Alessia che nel mentre gli passava una mano di fronte agli occhi

Nah impossibile, nessuna potrà mai essere uguale a lei.

-mh? Sì, sì tutto ok.- rispose distrattamente, riprendendosi dal suo stato di trans

-certo che ti perdi spesso nei tuoi pensieri, eh?- lo beffeggiò con un sorriso divertito, usando un tono per nulla offensivo

-è uno dei miei vizi purtroppo- sbuffò il ragazzo in risposta, passandosi una mano sul viso e coprendo uno sbadiglio.
Anche stanotte si dorme domani.

-porti sempre gli occhiali?- domandò incuriosita mettendosi in piedi, seguita dal ragazzo che inconsciamente copiò il suo gesto.

-quando sto fuori casa sempre, mi servono- rispose solamente, alzandoseli sulla punta del naso

-anche al coperto? Sei cieco per caso?- azzardò mettendosi il cappuccio sulla testa, preparandosi all'umidità che aveva lasciato la pioggia

-sì, anche al coperto e no, non sono cieco-

-allora perché?- domandò ancora ma cambiò idea quando vide il ragazzo fermarsi e lanciarle un'occhiata che interpretò come "sei seria?"

-ho capito, ho capito. Non sono cazzi miei- alzò le mani colpevole e sorrise divertita, mentre Niccolò si lasciò sfuggire un lieve sorriso dalle labbra.
Il secondo della giornata... Pensò stupito.

-come torni a casa?- domandò Niccolò ormai fuori al locale, anche lui col cappuccio della felpa tirato sopra la testa per paura di una possibile otite, data la sua forte ipocondria.

-col pullman-

-dubito passino i pullman a quest'ora- le disse sinceramente per poi vederla voltarsi impanicata.
Lui lo sapeva, erano anni che percorreva quelle strade agli stessi orari e non aveva mai visto un pullman passare per le strade a quell'ora.

-mi tocca farmela a piedi allora!- sbuffò tirando la testa all'indietro

-t'accompagno- aveva scoperto trattarsi di una ragazza tranquilla e cordiale, certo non si fidava ancora del tutto, ma non poteva lasciarla vagare da sola nel buio.

-no tranquillo, posso andare da sola tanto è qui vicino davvero...-cercò di rifiutare gentilmente, restando stupita dal suo gesto. Senza volerlo si stava aprendo sempre di più e nonostante questi fossero solo piccoli gesti, alla ragazza fecero solo che piacere, peccato che non volesse causargli troppi fastidi.

-se era vicino non ci andavi col pullman, fatte accompagna'. Poi è tardi e co sto buio nun se vede gnente- spiegò, ignorando la luce fioca dei lampioni lungo la strada.

-grazie- ringraziò stranita, ma allo stesso tempo contenta dell'iniziativa presa dal ragazzo. Magari per lui l'unico intento era accompagnarla per non lasciarla sola, per educazione, ma per lei significava minimo un'altra mezz'ora di conversazione con una persona che non vedeva l'ora di conoscere a pieno.

Ciao ciao ❤️
-Fla :)

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