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19. Il sole esiste per tutti


Nego i ricordi peggiori
Richiamo i migliori pensieri
Vorrei ricordassi tra i drammi più brutti
Che il sole esiste per tutti

-Mamma sono a casa!- urlò Alessia varcando la soglia della porta di casa. Aveva appena terminato l'ultimo suo turno di lavoro per quella giornata e, come ogni giorno nelle ultime due settimane, si ritrovò a percorrere la strada di casa con la testa affollata da mille pensieri.
Continuava a chiedersi come stesse il ragazzo dopo quella sera, perché non avesse chiamato e soprattutto se avesse chiamato qualcun altro.
Sapeva che tutta quella preoccupazione era dovuta a molto più che alla sbronza, magari alla sua costante espressione rabbuita e desolata, alla sua poca voglia di uscire e reagire col mondo, alle sue poche ma sempre ben spese parole, ai suoi occhi sempre nascosti e coperti da quelle lenti scure o, molto più probabilmente, al suo atteggiamento scorbutico e misterioso delle ultime volte, alle sbronze sempre più frequenti e ai tagli che ebbe la sfortuna di notare sul suo polso marchiato dai tatuaggi.
Questi l'avevano segnata più di tutti gli altri particolari messi assieme e bastò poco per trarre alcune conclusioni e giungere all'idea che si trattasse molto più di una semplice tristezza repressa.

Non aveva mai sfiorato il limite della depressione e si riteneva molto fortunata a riguardo. Ciò non toglie che l'immagine di quelle ferite le occupavano la mente in maniera disarmante e non perché fosse sconvolta o impressionata, anzi, a parer suo chi mira alla laurea in medicina non può permettersi di lamentarsi per una cosa a cui sicuramente prima o poi andrà in contro. L'unica cosa che l'aveva scombussolata era venire a conoscenza che quel particolare apparteneva a Niccolò. Perché ne faceva un dramma? Si chiadeva e ogni volta le risposte erano le stesse: lo è, e Niccolò non lo merita.
Già, conoscevano poco e niente dei particolari dell'altro, ma lei sentiva già di volergli un gran bene, troppo bene per ignorare questo enorme particolare.
Sì, magari si era solo fermato a quelli, ma chi l'accertava che non l'avesse potuto rifare di nuovo? Chi le dava la certezza che quelli erano solo l'inizio di un incubo che il ragazzo stava passando da chissà quanto tempo?

Qualche idea, ad essere onesti, Alessia se l'era già fatta dai primi giorni della loro conoscenza. Aveva intuito che in lui si celasse qualcosa di troppo grande per rimanere nascosto ancora a lungo, aveva intuito che non se la spassasse poi così bene, aveva intuito che centrasse qualcosa, o meglio, qualcuno.
Era per questo che le veniva naturale stargli accanto, magari finendo spesso col stressarlo ed opprimerlo, ma non se ne faceva una colpa. Si sentiva quasi in dovere di stargli vicino, ne sentiva il bisogno, come se si tranquillizzasse al solo pensiero di saperlo vivo e vegeto al suo fianco.
"sto esagerando" si ripeteva "ha 22 anni, non 5, non ha bisogno di una babysitter" ma lo sentiva fragile ogni giorno di più, lo sentiva distante ogni giorno di più.
All'inizio sembrava solo una sua impressione, ma giorno dopo giorno le sue supposizioni venivano confermate. La sua assenza si sentiva, la fragilità era percepibile ad occhi chiusi e orecchie tappate, la sofferenza traspariva da ogni poro della sua pallida pelle e la paura della ragazza cresceva ogni instante di più.

-alla buon'ora!- le rinfacciò la madre non appena varcò la soglia della porta

-oh andiamo! Ormai sai che il mio orario è quello! Sai che finisco tardi di lavorare!- si giustificò sbuffando all'ennesimo richiamo da parte sua

-com'è possibile che il mio turno finisca allo stesso orario del tuo eppure mi trovi già qui a preparare la cena e mettere a letto i tuoi fratelli? Eh?- le ribadí con i pugni sui fianchi

-la non lo so magari prendo un'altra strada! Sai che mi fermo a parlare con la gente- si difese ancora togliendosi l'impermeabile ormai zuppo per via della forte pioggia all'esterno.

-ma chi vuoi che ci sia fuori a quest'ora?-

-le strade non sono mai desolate cara mamma- rispose strizzandosi i capelli tra le mani per far uscire quel poco d'acqua che avevano preso.

-come ti pare, ti ho lasciato un po' di carne nel forno così non si fredda, mi raccomando cambiati le scarpe prima di entrare dentro e mangia in silenzio altrimenti svegli Pietro. Io vado a letto che domani devo passare dalla posta, devo prelevare altri 700.000 euro- la raccomandò sbuffando spazientita e Alessia si limitò a fare come le venne detto, raccogliendo la pazienza di non rispondere, ormai consapevole dello stress che opprimeva costantemente la donna.

-papà come sta?- domandò uscendosi i capelli dal maglione ed entrando finalmente nel salotto, raggiungendo la cucina e uscendo la sua parte di cena dal forno, prima di accomodarsi a tavola.

-al solito, nessun cambiamento se non qualche piccolo peggioramento. È assurdo che non possa occuparmene io, quelli sono degli incompetenti!- rispose alludendo alla salute del marito e alla sua professione di medico, aspirando il fumo dalla sigaretta appena accesa, con l'avambraccio sul davanzale della finestra, sotto lo sguardo arreso della figlia.

-non è colpa loro, staranno facendo del loro meglio. A te farebbe piacere sentire queste voci in giro sulla tua nomina?- provò a prendere le loro difese, cercando di farla immedesimare nei loro panni

-tze, ma fammi il piacere!- sbuffò gettando via del fumo prima di scacciare via una finta mosca dal viso. -il mio nome non è minimamente paragonabile al loro e tu dovresti saperlo- ribatté accorciando sempre di più la sigaretta che stringeva tra le dita.

-con chi hai parlato stasera?- cambiò poi discorso incuriosita

-con un amico- rispose vaga portando alla bocca un pezzo di carne.

-con Kevin tutto bene?- continuava a fare domande come se fosse la prima volta che la vedeva dopo tanto tempo, probabilmente stava solo cercando di recuperare il tempo con sua figlia, dati i continui impegni che le dividevano durante la giornata.

Alessia si limitò ad annuire e puntò lo sguardo sullo schermo del telefono, come se stesse aspettando una notifica.

-lava il piatto quando finisci, ci vediamo domani, forse. Buonanotte- si congedò così la madre, spegnendo quel che rimaneva della sigaretta nel posacenere e salì le scale per raggiungere la camera da letto, lasciando Alessia sola tra i propri sospiri.

-"forse"- ripeté con sarcasmo sotto voce e in maniera frettolosa e svogliata sparecchiò la tavola, prima di affacciarsi alla finestra e portare lo sguardo verso l'alto ripensando all'incontro con cui aveva avuto a che fare poco prima.

-va bene, allora ci vediamo sabato, ok, okok, ciao ti amo- chiuse la telefonata e raggiunse la fermata per aspettare il solito taxi che l'avrebbe portata verso casa, quando una voce conosciuta le giunse alle orecchie.

"ormai ho deciso Gabrie' è inutile che cerchi de smuovermi....no, no cos...ma che stai a di'? Vabbo sta' a senti' io mo vado che c'ho da fa. Cia, si si... Ah Gabrie' ascolta avvisa gli altri per piacere che me scoccia chiama' a tutti...semplicemente perché ce metterei du ore Gabrie' ma che domande fai? Si... Grazie. Ah Gabrie'! Io... Grazie, te vojo bene"

Era palese che stesse parlando anche lui al telefono e non si chiese quale fosse il discorso principale poiché convinta che non fossero impicci suoi.
In lontananza le luci dei faretti del taxi bianco cominciavano ad ingranddirsi sempre, ma la tentazione di parlarci e sapere come stesse era di gran lunga più forte, così mandò all'aria il pensiero di prendere il taxi e sbuffò all'idea di dover tornare a piedi. "è per una giusta causa" si disse prima di svoltare l'angolo di corsa e incrociare il solito viso imbronciato e spento del moro seduto per terra con le spalle contro un muro di un vicolo cieco, affiancato da qualche sacco della spazzatura.

-ciao!- disse con una punta di sollievo nella voce mentre un ampio sorriso si faceva largo sulle sue labbra.

-te ce mancavi- ricambiò con un cenno del capo, ma non sembrava rivolgersi ad una disgrazia o altro, aveva l'aria pensierosa come se fosse indeciso su quale strana decisione prendere.

Alessia ignorò questa frase e senza pensarci ulteriormente gli si sedette di fianco, stranamente senza spiccicare parola.

-hai fatto er voto der silenzio?- fu proprio il ragazzo ad interrompere il silenzio vari secondi dopo, strappando una risata alla ragazza che scosse la testa divertita.

-sai per una volta volevo essere io la seconda a parlare- rispose ironicamente vedendo un angolo della sua bocca curvarsi leggermente all'insù.

-come ti senti?- gli chiese tornando seria, dando ascolto alle preoccupazioni che in quei giorni la assillavano.

Egli sospirò e ci mise un po' per rispondere.

-vuoto- disse -talmente vuoto da non riuscire più a dare un senso a quel che faccio o a quel che sono- rispose in totale onestà, trovando inutile nasconderlo ancora per molto.

-solo perché tu non lo trovi non significa che tu non ce l'abbia- rispose puntando lo sguardo fisso sul cielo troppo azzurro data la mancanza del sole.

-per favore risparmiate ste frasette fatte qua che so serio- la bloccò immediatamente riutilizzando quel solito tono burbero a cui la ragazza aveva fatto l'abitudine.

-non era una frasetta fatta giusto per farti stare meglio. Lo penso davvero, tutti abbiamo un senso e ogni cosa che facciamo ce l'ha a prescindere che tu lo trovi o no.-

-e allora cosa dovrei fare? Penso se ne siano accorti tutti che ormai non ho più niente che m'appartiene nsto mondo- domandò cercando di trovare una soluzione, anche s'era cosciente che non l'avrebbe mai seguita.

-lasciar perdere, semplicemente lascia perdere. Cerca di viverti il presente come meglio puoi, se fossi un personaggio di un videogioco lasceresti incompiute le tue missioni?-

-preferisco stringere piuttosto, se poi lascio perde' na cosa questa non la ritrovo più e se tratta de tante cose assieme che è difficile da spiegare, figuriamoci da dimenticare- sbuffò cercando di farle capire il suo punto di vista -e poi cosa dovrei fare? Come fai a sapere che "ho delle missioni da compiere?" - domandò con una punta di curiosità.

-tutti ne abbiamo almeno una, ti faccio un esempio: io sono Alessia, amica e infermiera e il mio compito è quello di far star bene la gente, te compreso- spiegò meglio il suo ragionamento

-quindi te stai qua perché te senti obbligata?- domandò tornando diffidente

-no! Assolutamente no, ho detto che uno dei miei compiti sarebbe quello, ma a me esce spontaneo ecco...oddio mi stai seguendo vero?-

-ma secondo me nun te stai a capi' manco te- sputò sincero giocando con gli anelli che portava alle dita

-oh insomma il punto è...il punto è che il mondo è talmente grande che c'è per forza qualcosa da fare, hai anche tu un posto nel mondo, ok? Devi solo trovarlo. Tipo la sera che ci siamo conosciuti mi hai detto che suonavi il pianoforte in quel locale, vero? Allora potresti menzionarlo nel tuo mondo, mi hai detto anche che ti senti vivo quando suoni quindi che problema c'è?-

-c'è che tra npo' chiude- rispose secco mantenendo lo sguardo fisso sugli anelli, sorprendendo la ragazza al suo fianco

-non ha ancora chiuso però- gli fece notare facendogli alzare lo sguardo confuso

-ma lo farà, che glie devo di'? "scusa Genna' ma nun puoi chiude er locale perché è l'unica fonte da vita mia" - disse una caricatura di un discorso inventato al momento, prima di alzare svogliato gli occhi al cielo

-si, si! Oppure che ne so...ci saranno altri locali qua in giro, no? Dubito che nessuno necessiti di un po' di musica dal vivo, sarebbe una fonte di guadagno sia per te che per il gestore!- espose le sue idee, riuscendo a convincerlo in una minima parte.

-è che...mi sento come se fossi arrivato al livello finale, avessi completato tutte le missioni e adesso, all'improvviso per una disconnessione del server mi ritrovo a dover rifare tutto da capo..- raccontò sospirando, cominciando ad apprezzare quella metafora.

-vorrà dire che uno di questi giorni mi unirò in play e ti aiuterò a completare qualche missione, con l'aiuto di qualche compagno di squadra-

-tu...che?- domandò non capendo nemmeno una parola di quel che avesse detto

-ti aiuterò io! Insieme a qualcun altro ovvio e non accetto contraddizioni- rispose alzandosi da terra

-tu rimani qui?- gli chiese poi vedendolo ancora per terra e con lo sguardo perso tra le stelle.

-dove merito di stare, no?- rispose retorico facendole alzare gli occhi al cielo

-alzati e ricorda che il sole esiste per tutti- gli ricordò prima di voltare le spalle e andarsene, ma venne richiamata poco dopo

-Ale!-

-si?-

-sei te "infermiera personale"?- domandò dando voce ai suoi sospetti alludendo al numero di telefono che si ritrovò in rubrica non appena si riprese e controllò il cellulare.

-oh beh ecco io...no! Cioè perché pensi sia io? Ci sono tante infermiere nel mondo- fece finta di niente, ma la sua faccia sorpresa la tradì e Niccolò, senza aggiungere una parola, chiamò quel numero, sorridendo all'udire della suoneria del cellulare della ragazza, come solo Sherlock dopo aver trovato il colpevole di dieci vittime potrebbe fare.

-beh ora che sai a chi appartiene usalo- consigliò imbarazzata notando un altro angolo della bocca inarcarsi verso l'alto

-sicuro- fu la risposta e non riuscì a capire se fosse ironica o meno, per evitare ulteriori figuracce decise di dileguarsi, lasciandosi il ragazzo alle spalle dopo avergli augurato la buonanotte.

-spero non fosse ironica- sbuffò spazientita  lanciando un ultimo sguardo sul cellulare. E chiudendo la finestra prima di andare a letto e dormirci su, ignara che proprio in quel momento il ragazzo stesse prendendo forse una delle decisioni più importanti della sua vita.

Ciao ciao ❤️
-Fla :)

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